FALDINI DON GINO

 

APPUNTI STORICI RIGUARDANTI LE CHIESE DI CAMPAGNATICO

 

CAMPAGNATICO è uno dei paesi più antichi della Maremma. Infatti vi si trovano tracce evidenti di cultura e civiltà etrusche, come lo dimostra il ritrovamento di due Fibule (cioè spille) in luogo detto “Manzinelli” ed altre tracce sparse nella campagna.

D’altra parte rimane evidente che questa zona così vicina all’etrusca ed importante città di Roselle, ne subiva certamente tutta l’influenza sia nella lingua come negli usi e costumi.

Campagnatico appare della storia medievale per la prima volta nel 973 come dice l’ormai noto documento dello stesso anno conservato nell’Archivio di Stato di Siena:

Essendo quindi così antiche le origini di questo paese, così antiche sono le sue Chiese, anche se di epoca diversa. Oggi la più importante, perché parrocchiale, è la Chiesa di S. Giovanni: una bella costruzione romanica nella facciata, goticheggiante nell’interno, che risale alla prima metà del sec. XIV (1300), fatta erigere dalla repubblica senese, come dimostra la Campana sull’arco della porta principale, campana che era il distintivo del Gran Magistrato senese che sopraintendeva alla costruzione delle opere pubbliche.

Oltre ad essere un bel monumento architettonicamente parlando, si deve dire che essa ha pure un certo valore storico in quanto porta tracce inconfondibili di essere stata costruita sopra le rovine di un’antichissima fortificazione, probabilmente uno dei primi castelli costruiti dagli Aldobrandeschi in maremma.

Di questa antichissima costruzione rimangono tracce ben visibili nei fondi della casa canonica come pure porte e locali adiacenti alla Chiesa stessa.

Anche il campanile era una Torre di questa antica fortificazione, come dimostrano la sua architettura, le sue porte e una "segreta” alla sua base.

Altri elementi che dimostrano la verità di quanto asserito sopra sono: la porta della sagrestia, la sagrestia stessa e accanto a questa altra porta che doveva certamente ammettere in altro locale della stessa fortificazione.

Questa Chiesa venne costruita, come si è detto,  nella prima metà del 1300; circa poi la prima metà del 1500 venne trasformata secondo il deteriore gusto dell’epoca; vennero chiusi i due finestroni delle cappelle absidali, la magnifica bifora centrale, come pure i quattro finestroni in mattoni lungo la navata.

Così accecata è stata trovata dall’attuale Parroco il quale, con l’aiuto generoso di tutta la popolazione, nei lontani anni 50-60 riuscì a ripristinare prima i due finestroni dell’abside, poi la bifora centrale arricchendoli di appropriate vetrate istoriate.

Al termine degli anni 60 e all’inizio del 70, lo stesso parroco riuscì a far approvare ed eseguire, dalla Soprintendenza ai Monumenti di Siena, un piano di ripristino di ben 30 milioni, che ha riportato questo monumento alla sua originaria bellezza.

Per ciò che riguarda la Chiesa di S. Maria il discorso è un po’ diverso. In origine questa Chiesa era un semplice luogo di devozione, una “CELLA” come allora si diceva, dedicato alla Natività della Madonna. I primi documenti che parlano di questa “cella” risalgono al principio del sec. XI e si trovano in vari diplomi di Imperatori diretti all’antico e celebre Monastero del SS. Salvatore sul Monte Amiata (oggi Abbadia S. Salvatore), diplomi che elencano i beni posseduti da questo stesso Monastero; tra i tanti beni elencati possedeva, dicono questi diplomi, anche un podere (grancia) a Galliano (vicino Campagnatico ma di cui si è perduta l’ubicazione precisa) e insieme a queste terre possedeva anche la “cella S. Mariae” in Campagnatico.

Dato che questo Monastero venne fondato con certezza storica nella prima metà del sec. VIII, si deve arguire che questa “cella” di S. Maria risalga almeno a quell’epoca.

Che questa Chiesa sia stata realmente posseduta ed officiata da quel Monastero lo prova anche il fatto che adiacente alla stessa esiste una costruzione che il popolo chiama ancora: “il Convento” e le cui caratteristiche dimostrano infatti origini ben antiche, risalenti certamente verso il sec. XI. Ci sono documenti attestanti che qualche secolo dopo (1300) era divenuta Chiesa parrocchiale della “corte”, cioè della campagna (attorno al paese murato) documenti che risalgono alla fine del 1200.

Non sappiamo le ragioni per le quali il Monastero dell’Amiata, ad un certo punto, abbia abbandonato il Convento, la Chiesa e la parrocchia di S: Maria in Campagnatico, ma si può azzardare un’ipotesi e cioè: nella prima metà del 1200, questo importantissimo e potentissimo Monastero (aveva perfino proprie milizie!) passò dai religiosi Benedettini ai Cistercensi; può darsi quindi che durante la fase di questo passaggio i nuovi religiosi abbiano rinunciato a questa Chiesa e a questa parrocchia, anche per ragione della lontananza, e sia subentrato il clero “secolare” venendo così a far parte della Diocesi di Grosseto.

A favore di questa spiegazione gioca il fatto che nelle “Rationes decimarum” della fine del 1200 e dell’inizio del 1300 questa Parrocchia della corte di Campagnatico viene nominata insieme ad altre parrocchie, senz’alcun appellativo particolare. Ripeto, è solo un’ipotesi, ma spiegherebbe il perché del passaggio di questa antichissima parrocchia dal celebre Monastero, alla diocesi, conservando sempre l’antica denominazione: di S. Maria, denominazione che ancora conserva.

Purtroppo non sappiamo, perché ne è stata distrutta ogni traccia, quale fosse l’architettura di questo antichissimo luogo sacro, in quanto verso la fine del XIV secolo venne distrutto e sullo stesso posto venne edificata la chiesa attuale la quale ripete la pianta e le stesse misure di quella di S. Giovanni ma ne differisce completamente nella struttura muraria.

La data di questo rifacimento ci viene da un’iscrizione scoperta durante i lavori di distacco degli affreschi dell’abside; oltre a portare il nome della bottega, l’iscrizione porta  pure il nome del maestro e perfino degli “operai” (cioè degli incaricati della manutenzione di questa Chiesa).

Anche per questa Chiesa, durante il sec. XVI, avvenne ciò che successe a quella di S. Giovanni, come abbiamo veduto sopra, durante il XVI secolo.

La suddetta parrocchia di S. Maria venne soppressa verso la prima metà del 1700 e la sua Chiesa e il suo territorio vennero uniti alla Pieve di S. Giovanni la quale divenne in questa occasione innalzata al grado di Propositura che ancora conserva.

Da questo periodo, dietro una disposizione del Granduca che sopprimeva tutte le piccole confraternite, pie associazioni ecc. e ordinava la costituzione di un’unica Associazione caritativa, in ottemperanza appunto a questa Legge sorse in questa Chiesa un’Associazione che si chiamò “CONFRATERNITA DI S. MARIA DELLE GRAZIE”.

Il motivo di quest’appellativo fu la devozione che questo popolo portava all’antica e pregevolissima immagine della Vergine che da secoli quivi veniva venerata.

Questa Confraternita tuttora esiste e svolge una limitata opera caritativa sia col trasporto degli ammalati attraverso una propria ambulanza, sia con il trasporto dei defunti.

Oltre alle due Chiese descritte esisteva pure un’antichissima Chiesa dedicata a S. Antonio Abate. La sua facciata è rimasta quasi intatta (?), ma l’interno ha perduto ormai ogni caratteristica, sebbene, con opportuni restauri se ne potrebbe ancora salvare qualcosa.

Questa Chiesa, per i suoi motivi architettonici, è stata giudicata un bel monumento del XIII secolo, e quindi la Chiesa più antica del paese.

Dato che la Chiesa di S. Giovanni risale al sec. XIV e il paese al sec. X, si deve supporre che, spostandosi l’abitato da Galliano posto più in basso, su questa collina, ed essendo ancora la popolazione non molto numerosa, si costruirono questa Chiesa secondo lo stile e le caratteristiche del tempo e tale è rimasta, almeno all’esterno, fino ad oggi.

Aumentando in seguito la popolazione (lo storico Pecci dice infatti che questa terra era “ in antico ricca di … e di popolazione”), sentirono il bisogno di una Chiesa più grande e così sorse la Pieve di S. Giovanni.

Questa Chiesa però non perse del tutto la sua importanza, tanto è vero che nel secolo passato (1800 n.d.r.) vi si faceva ancora la benedizione degli animali, come in antico, con l’intervento degli abitanti che vi portavano gli animali, le sementi, e un campione di foraggi che servivano alla loro alimentazione.

L’interno, come riporta lo storico mancianese Ademollo, era decorato con affreschi pregevoli del pittore Mattia da Narni,[1] affreschi fatti eseguire dagli “operai” di questa Chiesa, nell’anno 1429.

Con le Leggi approvate dopo l’annessione della Toscana al Regno d’Italia, questa Chiesa venne ceduta dal Comune ad una Società Filodrammatica che la convertì in Teatro a struttura lignea.

Dopo l’ultima guerra, tra il 1946 e il 1950 divenne proprietà comunale e trasformata in sala per spettacoli, conferenze, convegni ecc. come lo è tuttora.

Sarebbe augurabile che, d’accordo il Comune e la Soprintendenza ai monumenti, tornasse di nuovo luogo sacro, tanto più che essendo la sua ubicazione al centro dell’abitato, rimarrebbe oltremodo comodo, per tutta la popolazione, raggiungerla da entrambe le estremità del paese.

Un augurio questo, con la speranza che divenga una realtà

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] O Mattia di Nanni?