Tratto da: TESI DI DIPLOMA I.S.E.F. “LA SCUOLA CALCIO: ORGANIZZAZIONE E PROGRAMMAZIONE ANNUALE”
INTRODUZIONE

1. IL SETTORE GIOVANILE
2. I VALORI DELLA SCUOLA CALCIO
3. ORGANIZZAZIONE SOCIETARIA
4. LE FIGURE DIRIGENZIALI
5. L’ABBANDONO PRECOCE

 

 

di Prof.Damiano Bernasconi

INTRODUZIONE

CAP. 1 – IL SETTORE GIOVANILE, LA SCUOLA CALCIO E LA SUA ORGANIZZAZIONE



INTRODUZIONE

Il Settore Giovanile delle Società di calcio esiste per favorire la formazione dei GIOVANI CALCIATORI. Questo non è il solo scopo, in quanto la Scuola Calcio si pone degli obblighi morali nei confronti dei bambini. La crescita di questi ultimi deve avvenire in modo sano e secondo seri principi morali per far formare non solo dei buoni calciatori ma soprattutto delle persone corrette, leali e responsabili, capaci di riconoscere non solo le regole del campo di calcio ma anche quelle poste dalla società in cui si vive.

La Scuola Calcio è una particolare fascia dove si distinguono tre categorie:

1) PICCOLI AMICI: svolgono attività puramente ludica vista la tenera età (da 6 ad 8 anni). Il calcio e le prime esercitazioni sono introdotte sottoforma di gioco così come lo sviluppo delle abilità e capacità motorie.

2) PULCINI (8/10 anni): oltre ad esercitazioni per migliorare la tecnica e le capacità motorie già acquisite in precedenza, si inseriscono anche esercitazioni più complesse, in relazione alla crescita sia fisica che calcistica. In questa categoria vengono fatte svolgere le partite, i giochi a confronto per misurarsi non solo sulle basi dell’incontro di calcio ma anche dal punto di vista della tecnica calcistica.

3) ESORDIENTI (10/12 anni): in questa categoria sono già consolidate le capacità motorie e che comunque vanno allenate per migliorarle. Le capacità calcistiche tecniche e tattiche non devono essere tralasciate, in quanto le partite diventano dei confronti agonistici. Le nuove regole della categoria, l’arbitro ufficiale, giocare sul campo “dei grandi” fanno si che i giovani calciatori si sentano maggiormente responsabilizzati nell’ambito della partita.

Perché il Settore Giovanile sia funzionale è necessaria una buona struttura organizzativa; principalmente ci deve essere stabilità all’interno della società: il progetto che riguarda il Settore Giovanile richiede tempo ed i risultati tangibili si possono ottenere da un periodo che va dai tre ai cinque anni di lavoro continuativo in un gruppo solido, affiatato e che gode di piena fiducia da parte del sodalizio calcistico.

Oltre alle figure “classiche” inserite nella società calcistica, si devono riconoscere delle figure specifiche: principalmente va distinto il calcio dei grandi dal calcio dei giovani. Per i più piccoli esistono delle figure e dei ruoli particolari, con delle caratteristiche ben delineati e con capacità particolari, in grado di seguire i bambini nella crescita calcistica ma soprattutto umana.

Il RESPONSABILE del SETTORE GIOVANILE è una persona qualificata, preparata, esperta e competente. È colui che delinea il PROGETTO TECNICO, sceglie il PERSONALE QUALIFICATO, tiene i rapporti con ISTRUTTORI, GENITORI, ALLIEVI, FEDERAZIONE, ENTI LOCALI, SCUOLA, …
È consigliabile che il Responsabile della Scuola Calcio e del settore giovanile siano due persone differenti ma che operano per conseguire lo stesso scopo: la crescita caratteriale e calcistica dei giovani.
Il Responsabile Tecnico dovrà affidare le varie squadre a persone competenti e responsabili, con le capacità adeguate alla crescita dei bambini.

Gli ISTRUTTORI che operano nelle Scuole Calcio sono da ricercare tra gli ALLENATORI di BASE, formati dai corsi F.I.G.C. e tra gli INSEGNANTI di EDUCAZIONE FISICA.
Gli istruttori dovranno comunque essere dotati di buona comunicabilità, di pazienza e di motivazione per seguire i bambini e la loro crescita. L’attività da svolgere è prevalentemente a scopo ludico: il gioco è uno dei bisogni primari dei bambini, per aiutarli a socializzare, relazionarsi con sé stessi e con gli altri, per la formazione della personalità, per la collaborazione con i compagni, per imparare a rispettare gli avversari, favorendo così lo sviluppo delle capacità motorie ed intellettive.
Il progetto tecnico si fonda su più elementi da tenere in considerazione, in quanto legati tra loro, determinanti per modi e tempi di realizzazione e per conseguire gli obiettivi.

Per sviluppare il progetto tecnico si dovranno analizzare e valutare:
- le STRUTTURE SPORTIVE ed ORGANIZZATIVE già ESISTENTI;
- ANALISI dei QUADRI ESISTENTI (dirigenti, allenatori, istruttori, giocatori, …);
- OBIETTIVI SOCIALI;
- OBIETTIVI SOCIETARI;
- DEFINIRE MODI E TEMPI di REALIZZAZIONE;
- DEFINIRE L’ATTIVITA’ ed il NUMERO DELLE SQUADRE;
- PERSONALE E RISORSE.

I DIRIGENTI sono coloro che offrono il loro tempo, i loro mezzi e il loro denaro per fare in modo che si realizzino i progetti societari.

I GENITORI sono importanti per gli stimoli che possono fornire ai figli che praticano sport: incoraggiamenti ed utili consigli fanno crescere lo sportivo con sani principi morali ed etici, con il rispetto delle regole del FAIR – PLAY. L’importante è che i genitori non siano troppo oppressivi e che non intervengano insistentemente nella vita della squadra e nella vita della società.
Il genitore non deve fare troppe pressioni psicologiche sul rendimento sportivo; è importante anche che i genitori non riversino sui figli le proprie aspettative mai realizzate.



La formazione di un giocatore di alto livello si compie attraverso il superamento di “gradini (STEP) che si sviluppano per mezzo di una serie di cicli di lavoro strutturati in modo che uno sia la naturale prosecuzione dell’altro.
Non è possibile raggiungere alti livelli se non si sono apprese, stabilizzate ed integrate tra loro le abilità di ogni singolo ciclo.
Uno dei punti fondamentali è la programmazione a lungo termine è di stabilire e definire in modo preciso quali sono gli obiettivi prioritari da conseguire nei diversi periodi. Gli apprendimenti si sviluppano dal “saper fare individuale” e si compongono di “difficoltà” che aumentano in relazione all’età del soggetto e che dipendono dallo sviluppo della motricità di base e dalla motivazione ad apprendere dell’ allievo.
Niente può sostituire l’osservazione continua e costante dell’istruttore, perché nessuno può definire in anticipo quali sono le capacità future di un giovane atleta.
La valutazione iniziale deve essere la predisposizione naturale di un istruttore. Non è corretto rapportarsi ad un ciclo senza aver preso coscienza dell’intero percorso didattico – formativo generico e specifico dell’allievo.
È inoltre riduttivo per un istruttore considerarsi istruttore di una singola categoria biennale (PICCOLI AMICI, PULCINI, ESORDIENTI, … ), poiché le proprie conoscenze devono andare oltre ed espandersi nell’intero ciclo formativo.
Non si devono possedere solo conoscenze di tipo tecnico – tattico ma anche ed in modo più particolareggiato, motorie e psicopedagogiche.
Per ogni categoria si devono prendere in esame: gli obiettivi didattici ed educativi da realizzare nella relativa fascia d’età, la traccia del lavoro annuale, lo sviluppo operativo realizzato in microcicli e la scheda di osservazione che permette di valutare l’andamento del lavoro.
· PROGRAMMAZIONE ANNUALE si sviluppa in UNITA’ DIDATTICHE (U.D.) nelle categorie Piccoli Amici, Pulcini ed Esordienti.
· La categoria Piccoli Amici si contraddistingue per l’attività generale e polivalente; per questo è meglio sviluppare delle proposte in modo elastico e libero, facilmente adattabili alle situazioni operative.
· Nelle categorie Pulcini ed Esordienti ci sono le basi del “saper fare” individuale e collettivo, che nelle fasi successive si arricchiscono di nuovi particolari e sfumature.
· Per ogni categoria si considera l’attività globale come l’insieme del “saper fare” tecnico e motorio, stimolando e riordinando i fondamentali tecnici incontrati e sviluppati negli “step” precedenti.
· Nelle varie U.D. si darà rilievo al “saper fare” collettivo, a cui si associano le capacità individuali, dedicando il tempo necessario alle componenti della preparazione calcistica: capacità motorie, tecniche e tattiche.
· Per ciò che riguarda il ruolo del PORTIERE si dovrà riservare uno spazio opportunamente studiato all’interno della seduta allenante. Succede spesso che dopo l’allenamento di squadra il portiere si trova in posizione svantaggiata, perché costretto a lavorare da solo, con cali di stimoli, di tensione e con momenti di inattività fisica. Solo negli ultimi periodi alcune società si sono interessate al ruolo del portiere, affiancando all’allenatore il preparatore dei portieri, che si occupano della crescita tecnica e tattica dei giovani che si avvicinano a questo bellissimo ma delicato ruolo.

Nell’evoluzione dei giovani calciatori, l’azione dell’allenatore dovrà offrire agli allievi il maggior numero di opportunità didattiche per accrescere il loro patrimonio motorio. La capacità didattica dell’insegnante – educatore – allenatore, è quella di mettersi in sintonia con i propri giocatori.


CAPITOLO 1

IL SETTORE GIOVANILE,
LA SCUOLA CALCIO
E LA SUA ORGANIZZAZIONE



1. IL SETTORE GIOVANILE
2. I VALORI DELLA SCUOLA CALCIO
3. ORGANIZZAZIONE SOCIETARIA
4. LE FIGURE DIRIGENZIALI
5. L’ABBANDONO PRECOCE



1. IL SETTORE GIOVANILE

Si parla spesso del calcio dei campioni che da un lato rappresenta un veicolo promozionale ma dall’altro comprende solo una piccola minoranza rispetto al gran numero di soggetti che praticano il gioco del calcio.
I professionisti sono circa 2500 mentre i dilettanti sono intorno ai 200.000 ed i giovani calciatori in attività sono circa 500.000.
Le società sportive che organizzano l’attività agonistica e promozionale in Italia sono oltre 8000 e trovano posto almeno 40.000 dirigenti.

All’inizio di una nuova stagione sportiva quando si rinnovano le cariche sociali, si assistono a proclami di rilancio del settore giovanile. I dirigenti delle società si pongono la fatidica domanda se sia meglio “allevare” calciatori oppure andare sul sicuro pescando nei vivai di società minori con l’intenzione di risparmiare e di diminuire le preoccupazioni derivanti dalla gestione di un settore giovanile.

Il Settore Giovanile è un costo o un investimento?
Tutto dipende dalla motivazione che ha la dirigenza di una società, dagli obiettivi che si pone e dal tempo in cui si mantengono le cariche. Capita spesso che l’ambizione e la fretta dei dirigenti portino gli investimenti in direzione della prima squadra, impoverendo le risorse naturali. Poche società credono veramente nella politica dei giovani e che vantano una organizzazione efficiente nel settore giovanile.
Spesso ci si scontra con delle difficoltà notevoli: mancano il personale direttivo, istruttori, attrezzature, infrastrutture.
La società che decide di puntare sui giovani dovrà investire una disponibilità finanziaria che dovrà garantire per un periodo che va almeno da tre a cinque anni, il tempo minimo necessario per attuare il progetto.
Già dopo un paio di stagioni si dovrebbero verificare i primi risultati: squadre costituite da giocatori di buona e discreta qualità che si distinguono nei propri campionati e tornei.
Il compito essenziale del settore giovanile, oltre a formare degli uomini corretti, leali e rispettosi, è anche quello di fornire dei giocatori di livello adatti a giocare in prima squadra. Anche il tecnico della prima squadra dovrà essere coinvolto nel progetto, cercando di occuparsi della crescita e della valorizzazione dei giovani calciatori che si formano in seno alla società.
 



 


Figura 1 – Relazione tra Prima Squadra e Settore Giovanile all’interno del progetto societario.



Da questa interazione si capisce come una società deve contare su persone competenti, preparate, esperte, motivate e che sappiano indirizzare le risorse in direzione del compimento di una struttura in grado di auto – sostenersi, grazie ai prodotti del proprio vivaio.
La società di calcio dovrà quindi tener conto del personale da coinvolgere, selezionandolo accuratamente, che abbia la capacità di trasferire la fiducia del progetto ai ragazzi, soggetti principali dell’attività, e nei primi anni di pratica sportiva anche ai genitori.

 


 

Figura 2 – Filosofia della politica societaria.




2. I VALORI DELLA SCUOLA CALCIO

INDIRIZZO EDUCATIVO

L’insegnamento del gioco del calcio offre agli adulti che seguono i giovani calciatori, varie opportunità di “insegnare lezioni di vita” ed esempi positivi da imitare. I ragazzi che vanno al campo hanno bisogno di “divertirsi ed imparare”.
Questi bisogni devono essere tenuti in considerazione da dirigenti, tecnici e genitori. Il solo “fare calcio” non è educativo. Tutti i momenti vissuti con i compagni sono altamente formativi: gioiosi ma anche ricchi di aspetti di crescita personale.

 

L’esperienza calcistica in alcuni momenti investirà il bambino in modo anche più intenso di quella scolastica coinvolgendolo nella sua globalità psico – fisico – cognitiva.
I giovani calciatori hanno le seguenti opportunità educative:
· rispettare regole, avversari e compagni, sviluppare l’attenzione, rendersi utile;
· dare il meglio di sé, non sentirsi mai arrivati;
· saper accettare i limiti propri e dei compagni;
· capire l’importanza dell’umiltà e della generosità.

IL VALORE FORMATIVO DEL GIOCO

Nella formazione dell’uomo il gioco viene prima del lavoro: ha grande valore nello sviluppo della personalità ed alto significato pedagogico. Il gioco inteso come piacere, divertimento, espressione libera e ludica della personalità ed è un bisogno primario del ragazzo.
Il valore formativo del gioco realizza e sviluppa alcuni fondamentali obiettivi educativi:
· favorisce la socialità e la collaborazione con i compagni ed il rispetto degli avversari;
· permette al ragazzo di manifestare la propria “reale e spontanea” personalità;
· favorisce lo sviluppo delle capacità motorie;
· sviluppa le capacità intellettive, richiedendo continui adattamenti a nuove situazioni (processo di formazione del pensiero tattico).
Facendo giocare i ragazzi, l’istruttore/educatore compie una parte essenziale nella formazione globale del giovane.

AGONISMO, VIOLENZA, FAIR PLAY

La competizione è il confronto come occasione di misurare le proprie abilità, rapportandole a quelle degli altri. L’agonismo sfrutta la competizione per manifestare un desiderio interiore, spesso esagerato, di raggiungere l’altro atleta impegnato nel confronto. Gli eccessi si trasformano in fatti negativi come l’inganno, la scorrettezza, la provocazione dell’avversario. Da questo nasce il bisogno di imporsi delle regole etiche e morali di comportamento, avallate dalla FIFA che caratterizzano la pratica dello sport giovanile. L’agonismo stimolato con equilibrio e naturalezza è una componente non trascurabile: il bambino coinvolto nel gioco, si impegna già per dare il meglio di sé.
È poi compito dell’istruttore stimolare in modo naturale la competizione, intervenendo se si superano dei livelli considerati pericolosi.

 

LE REGOLE DEL FAIR - PLAY
Fare di una gara un momento privilegiato di incontro e di festa con i coetanei.
Adattarsi alle regole ed allo spirito del gioco.
Rispettare gli avversari così come vogliamo sentirci rispettati.
Accettare le decisioni dell’arbitro sapendo che, come i giocatori, ha diritto all’errore anche se fa di tutto per non commetterlo.
Evitare la cattiveria, le aggressioni nelle azioni di gioco e nelle parole.
Non usare artifizi e inganni per ottenere il successo.
Tenere un atteggiamento dignitoso ed equilibrato nella vittoria come nella sconfitta.
Prestare soccorso a ogni giocatore ferito o comunque favorirlo.
Essere un ambasciatore della lealtà sportiva, perseguendo con il proprio comportamento i principi elencati.


IL TALENTO

È una attitudine o un’abilità naturale che permette ad un soggetto di primeggiare e di differenziarsi dalla media in un’arte, professione, scienza o attività sportiva. Nel calcio si possono individuare vari tipi di talento: atletico, tecnico, tattico, agonistico e della personalità. Quando in un ragazzo si trovano associate più di una di queste qualità, il giovane si trova in possesso di un potenziale più alto.
Chi è il “talento calcistico”? È colui che manifesta facilità nel rapportarsi con la palla e riesce a “leggere” prima degli altri l’evolversi del gioco.
Nel calcio giovanile si parla di talento dopo i quattordici anni, quando si sono consolidate anche le abilità atletiche, la personalità, lo spirito agonistico e la fantasia.
L’allenatore non deve trattare il giocatore come un fenomeno o pretendere che ogni volta che tocca il pallone faccia una giocata vincente; i dirigenti e la famiglia devono essere coscienti ma non dovranno riversare troppe aspettative né caricare di eccessive responsabilità il ragazzo.
Il giovane talento deve imparare a mettersi a disposizione della squadra le proprie qualità.

I GENITORI

Il giovane che sceglie di impegnarsi in qualsiasi sport merita rispetto e stima da parte dei genitori i quali lo dovranno stimolare ed incoraggiare, facendo comprendere che lo sport è divertimento, voglia di stare insieme, senza gelosie o false ambizioni, di ostacolo alla crescita sportiva e di individuo.
Tra i sei ed i quattordici anni, il genitore di solito assiste alla pratica calcistica del figlio. A volte i genitori sono protagonisti di situazioni spiacevoli, che creano problemi ed ostacoli per una attività sportiva serena.
Chi osserva attentamente un incontro di settore giovanile si rende conto che il vero protagonista delle partite è il genitore: è il più carico di tensioni, si dispera se la squadra sbaglia un tiro in porta, esulta per la segnatura di una rete, … . Il bambino rimuove quasi subito l’errore o la sconfitta, dispiaciuti solo per l’idea di dover ascoltare una “predica” quando arriverà a casa. Al genitore può capitare inconsciamente di vedersi realizzato attraverso il proprio figlio, proiettando su di lui i desideri che non è riuscito a realizzare da giovane. I genitori sono convinti di farlo per il bene dei figli ma possono arrivare a condizionare negativamente il rendimento, alterando lo sviluppo psicologico del ragazzo.
L’attività sportiva è uno dei mezzi migliori per maturare e crescere: lo sport spinge il giovane ad impegnarsi, a migliorare, a mettersi alla prova, stringendo rapporti sociali, comprendendo il sacrificio e l’umiltà, assumendosi delle responsabilità e diventare membro di una collettività dove esistono diritti e doveri.

L’esperienza calcistica in alcuni momenti investirà il bambino in modo anche più intenso di quella scolastica coinvolgendolo nella sua globalità psico – fisico – cognitiva.
I giovani calciatori hanno le seguenti opportunità educative:
· rispettare regole, avversari e compagni, sviluppare l’attenzione, rendersi utile;
· dare il meglio di sé, non sentirsi mai arrivati;
· saper accettare i limiti propri e dei compagni;
· capire l’importanza dell’umiltà e della generosità.

IL VALORE FORMATIVO DEL GIOCO

Nella formazione dell’uomo il gioco viene prima del lavoro: ha grande valore nello sviluppo della personalità ed alto significato pedagogico. Il gioco inteso come piacere, divertimento, espressione libera e ludica della personalità ed è un bisogno primario del ragazzo.
Il valore formativo del gioco realizza e sviluppa alcuni fondamentali obiettivi educativi:
· favorisce la socialità e la collaborazione con i compagni ed il rispetto degli avversari;
· permette al ragazzo di manifestare la propria “reale e spontanea” personalità;
· favorisce lo sviluppo delle capacità motorie;
· sviluppa le capacità intellettive, richiedendo continui adattamenti a nuove situazioni (processo di formazione del pensiero tattico).
Facendo giocare i ragazzi, l’istruttore/educatore compie una parte essenziale nella formazione globale del giovane.

AGONISMO, VIOLENZA, FAIR PLAY

La competizione è il confronto come occasione di misurare le proprie abilità, rapportandole a quelle degli altri. L’agonismo sfrutta la competizione per manifestare un desiderio interiore, spesso esagerato, di raggiungere l’altro atleta impegnato nel confronto. Gli eccessi si trasformano in fatti negativi come l’inganno, la scorrettezza, la provocazione dell’avversario. Da questo nasce il bisogno di imporsi delle regole etiche e morali di comportamento, avallate dalla FIFA che caratterizzano la pratica dello sport giovanile. L’agonismo stimolato con equilibrio e naturalezza è una componente non trascurabile: il bambino coinvolto nel gioco, si impegna già per dare il meglio di sé.
È poi compito dell’istruttore stimolare in modo naturale la competizione, intervenendo se si superano dei livelli considerati pericolosi.

 

LE REGOLE DEL FAIR - PLAY
Fare di una gara un momento privilegiato di incontro e di festa con i coetanei.
Adattarsi alle regole ed allo spirito del gioco.
Rispettare gli avversari così come vogliamo sentirci rispettati.
Accettare le decisioni dell’arbitro sapendo che, come i giocatori, ha diritto all’errore anche se fa di tutto per non commetterlo.
Evitare la cattiveria, le aggressioni nelle azioni di gioco e nelle parole.
Non usare artifizi e inganni per ottenere il successo.
Tenere un atteggiamento dignitoso ed equilibrato nella vittoria come nella sconfitta.
Prestare soccorso a ogni giocatore ferito o comunque favorirlo.
Essere un ambasciatore della lealtà sportiva, perseguendo con il proprio comportamento i principi elencati.


IL TALENTO

È una attitudine o un’abilità naturale che permette ad un soggetto di primeggiare e di differenziarsi dalla media in un’arte, professione, scienza o attività sportiva. Nel calcio si possono individuare vari tipi di talento: atletico, tecnico, tattico, agonistico e della personalità. Quando in un ragazzo si trovano associate più di una di queste qualità, il giovane si trova in possesso di un potenziale più alto.
Chi è il “talento calcistico”? È colui che manifesta facilità nel rapportarsi con la palla e riesce a “leggere” prima degli altri l’evolversi del gioco.
Nel calcio giovanile si parla di talento dopo i quattordici anni, quando si sono consolidate anche le abilità atletiche, la personalità, lo spirito agonistico e la fantasia.
L’allenatore non deve trattare il giocatore come un fenomeno o pretendere che ogni volta che tocca il pallone faccia una giocata vincente; i dirigenti e la famiglia devono essere coscienti ma non dovranno riversare troppe aspettative né caricare di eccessive responsabilità il ragazzo.
Il giovane talento deve imparare a mettersi a disposizione della squadra le proprie qualità.

I GENITORI

Il giovane che sceglie di impegnarsi in qualsiasi sport merita rispetto e stima da parte dei genitori i quali lo dovranno stimolare ed incoraggiare, facendo comprendere che lo sport è divertimento, voglia di stare insieme, senza gelosie o false ambizioni, di ostacolo alla crescita sportiva e di individuo.
Tra i sei ed i quattordici anni, il genitore di solito assiste alla pratica calcistica del figlio. A volte i genitori sono protagonisti di situazioni spiacevoli, che creano problemi ed ostacoli per una attività sportiva serena.
Chi osserva attentamente un incontro di settore giovanile si rende conto che il vero protagonista delle partite è il genitore: è il più carico di tensioni, si dispera se la squadra sbaglia un tiro in porta, esulta per la segnatura di una rete, … . Il bambino rimuove quasi subito l’errore o la sconfitta, dispiaciuti solo per l’idea di dover ascoltare una “predica” quando arriverà a casa. Al genitore può capitare inconsciamente di vedersi realizzato attraverso il proprio figlio, proiettando su di lui i desideri che non è riuscito a realizzare da giovane. I genitori sono convinti di farlo per il bene dei figli ma possono arrivare a condizionare negativamente il rendimento, alterando lo sviluppo psicologico del ragazzo.
L’attività sportiva è uno dei mezzi migliori per maturare e crescere: lo sport spinge il giovane ad impegnarsi, a migliorare, a mettersi alla prova, stringendo rapporti sociali, comprendendo il sacrificio e l’umiltà, assumendosi delle responsabilità e diventare membro di una collettività dove esistono diritti e doveri.

 

LE “REGOLE” PER IL GENITORE DEL GIOVANE CALCIATORE

Stimolare ed incoraggiare la pratica sportiva, lasciando che la scelta dell’attività sia fatta dal bambino.
Instaurare un giusto rapporto con l’allenatore per fare in modo che al bambino arrivino dei segnali coerenti dagli adulti di riferimento.
Lasciare che il bambino sia libero di esprimersi in allenamento ed in gara, educandolo così all’autonomia.
Non esprimere giudizi sui compagni o fare paragoni: è una delle situazioni più antipatiche che si possano verificare tra i grandi ed i piccoli.
Evitare i rimproveri a fine gara. Dimostrarsi invece interessati a sapere come vive i vari momenti della gara ed evidenziare eventualmente i miglioramenti. Aiutarlo a porsi obiettivi realistici ed aspettative adeguate alle sue capacità.
Offrire più opportunità per una educazione sportiva globale: rispetto degli impegni e delle priorità (scuola), dei propri indumenti, degli orari, dei compagni, delle autorità, dell’igiene personale. Il genitore deve cooperare con l’allenatore per raggiungere questi obiettivi.
Essere presenti non solo fisicamente nei momenti di difficoltà: incoraggiare, sdrammatizzare, far capire gli aspetti positivi, salvaguardare il benessere psicologico del bambino.
Avere un atteggiamento positivo ed equilibrato in rapporto al risultato. Saper perdere è molto più difficile ed importante di saper vincere. Nello sport e nella vita non ci sono solo vittorie e dopo una caduta è importante sapersi rialzare.


3. ORGANIZZAZIONE SOCIETARIA

Una buona organizzazione è il presupposto per svolgere una attività di qualità che “produca” soddisfazioni e giocatori.
 



Figura 3 – Schema di azione di una moderna Società Sportiva


Il Settore Giovanile deve avere una propria autonomia tecnica e di gestione economica. Una autonomia ancora maggiore sarà concessa alla Scuola Calcio di base (Piccoli Amici – Pulcini - Esordienti), per i ragazzi dai sei a dodici anni.
Una moderna società deve avere dei dirigenti preparati e disponibili ad affrontare nuove tematiche indispensabili all’esercizio di un ruolo, con competenza e responsabilità. Il dirigente sportivo si può identificare come “manager”, con doti di organizzatore e “public relation man”.
Il dirigente sportivo deve saper coordinare, mediare, decidere con un obiettivo ben chiaro da raggiungere.
Per rispondere alle esigenze della società i dirigenti si devono specializzare per le varie funzioni, migliorando l’immagine del club nei confronti delle altre realtà con cui ci si rapporta.

 



Figura 4 – Interazioni della Società


La caratteristica essenziale per una società sportiva è la stabilità nel tempo: lavorando per uno scopo comune, con gli stessi uomini e con un determinato periodo, si potranno utilizzare al meglio le risorse a disposizione.
La professionalità di chi opera nel Settore Giovanile, deve essere un punto di partenza per operare nella società. Tutto ciò che si compie è svolto in funzione dei bambini: si deve agire, pensando prima alla crescita della persona e poi alla formazione di un buon giocatore di calcio.


4. LE FIGURE DIRIGENZIALI

I DIRIGENTI

Sono l’ossatura della Società: alcuni dirigenti portano il loro contributo economico, altri mettono a disposizione il loro tempo, lavoro e mezzi di trasporto. In alcune società si trovano dei dirigenti che si auto – coinvolgono in modo superficiale, non tenendo conto dell’influenza che possono avere nei confronti dei bambini.
Una situazione “imbarazzante” è la figura del dirigente – genitore, che si impegna a svolgere questo ruolo in funzione del figlio giocatore della società, complicando a volte, i rapporti tra l’allenatore ed il figlio – giocatore e tra i compagni di squadra nei confronti del figlio. Inoltre il dirigente – genitore è troppo coinvolto emotivamente in occasione delle gare.

IL RESPONSABILE TECNICO

La definizione del progetto ed il coordinamento dell’attività, devono essere affidati ad una persona con adeguata competenza: il responsabile tecnico.
In molte società questa figura non è ritenuta importante ed il compito è ricoperto da un dirigente che si distingue per le sue buone doti organizzative ma al quale manca la dovuta preparazione tecnica.
Il compito del responsabile tecnico è quello di stabilire i programmi, scegliere i collaboratori, coordinare e controllare le attività degli istruttori: è la figura portante della “sezione sportiva” del Settore Giovanile.
Il successo del Settore si deve basare su un reale rapporto di collaborazione e di stima, eliminando attriti, gelosie e polemiche. Il responsabile tecnico deve porsi l’obiettivo principale di creare la squadra di tecnici, allenatori, istruttori e collaboratori che operano in sintonia per raggiungere un obiettivo comune.
La presenza di insegnanti di educazione fisica e di istruttori preparati comporta il raggiungimento di due obiettivi importanti: la garanzia contro i pericoli di un precoce ed eccessivo agonismo ed il collegamento con il mondo della scuola.

IL PROGETTO TECNICO

È il modello di riferimento creato dal responsabile tecnico per determinare i modi e le necessità organizzative per stabilire i tempi di esecuzione e le tappe intermedie per conseguire gli obiettivi che la società si è proposta.
La realizzazione del progetto tecnico si baserà su regole organizzative precise, fissate da un organigramma con competenze individuali ben precise.
Un serio progetto tecnico si fonda su solide basi che prevedono uno sviluppo che va dai tre ai cinque anni.
Gli elementi caratterizzanti il progetto tecnico si individuano in:
à analisi delle strutture sportive ed organizzative già esistenti;
à analisi dei quadri sociali esistenti (dirigenti, istruttori, allenatori, giocatori);
à obiettivi sociali;
à definizione delle modalità e di tempi di realizzazione;
à definizione dell’attività da svolgere: numero delle squadre da allestire e la loro relativa logistica;
à personale e risorse necessarie.

SCELTA DEI COLLABORATORI

La società deve scegliere i propri collaboratori in assoluta libertà: deve metterli nelle condizioni di poter lavorare correttamente ed infondere loro fiducia. Le squadre giovanili devono essere gestite in modo diverso dalle “Prime squadre”: gli istruttori devono lavorare per far crescere i ragazzi, per aiutarli a maturare ed insegnar loro a non lasciarsi andare alle prime difficoltà.

GESTIONE DELL’ATTIVITA’

L’attività del settore giovanile si differenzia in due fasce di età:

- dalla categoria “Piccoli Amici” alla categoria “Esordienti” si parla di attività di formazione iniziale;
- dalla categoria “Giovanissimi” alla categoria “Juniores/Under 18” si parla di attività di specializzazione.
La programmazione del lavoro settimanale dovrà porre l’attenzione sul singolo individuo, sulla sua crescita e sulle modalità di esecuzione dei gesti tecnici.
È importante tenere un archivio periodicamente aggiornato, con le schede personali di ogni allievo, in quanto la valutazione obiettiva non è frutto di una singola gara o di una settimana di lezione ma di un periodo più esteso.

GESTIONE DEL PERSONALE

Gli istruttori e gli allenatori svolgono un lavoro di gruppo e devono agire in modo compatto ed unilaterale.
Nella gestione del personale sono da ricordare i seguenti consigli:
- un istruttore non dovrebbe seguire per più di due/tre anni lo stesso gruppo come soggetto “guida” principale;
- è importante favorire il lavoro in coppia degli istruttori, anche se per brevi periodi, per avere delle informazioni più dettagliate e viste da diversi punti di osservazione.



5. L’ABBANDONO PRECOCE

Con l’avvento delle Scuole Calcio si sono anticipati rispetto al passato i “tempi di reclutamento” ma si verificano anche più casi di abbandono precoce dell’attività.
Le cause fondamentali dell’abbandono precoce per motivi psicologici sono da ricercare tra:
- cattivo rapporto allievo/allenatore;
- pochezza del gruppo sportivo;
- emarginazione subita rispetto al gruppo dei pari età;
- mancanza di successi, gratificazioni, progressi sportivi, con il relativo senso di frustrazione dell’autostima;
- attuazione da parte degli istruttori della specializzazione precoce.

L’attività giovanile è caratterizzata dalla forma ludica, polivalente ed educativa. I giovani calciatori non devono migliorare solo l’aspetto tecnico, tattico, atletico ed agonistico ma deve essere curato anche lo sviluppo delle capacità cognitive, emotivo – affettive e motorie.
Una grave situazione è rappresentata dalla selezione effettuata dalle società di medio/alto livello, per allestire formazioni più competitive; questo non si verifica nelle società di paese o delle parrocchie. È fondamentale che si rispettino la passione ed i sogni dei ragazzi, i quali si abitueranno a rendersi conto da soli delle differenze motorie rispetto ai compagni e da soli cercheranno un nuovo contesto per proseguire la loro attività preferita. In questo caso al ragazzo che manifesta la volontà di abbandonare ed ha militato fin da bambino nella stessa squadra, la società potrà offrire un posto da aiuto – allenatore o gli potrà fornire supporti per seguire l’attività dei bambini più piccoli.








 




Prof. DAMIANO BERNASCONI

DIPLOMATO I.S.E.F. UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE - MILANO
INSEGNANTE ATTIVITA’ MOTORIE
SCUOLA MATERNA – SCUOLA ELEMENTARE
ALLENATORE DI BASE
RESPONSABILE “SCUOLA CALCIO”
CATEGORIE “PICCOLI AMICI” E “PULCINI”
U.S. TAVERNOLA – COMO