Articolo tratto dal manifesto - 25 Febbraio 2003 pagina 02
I pacifisti frenano i treni armati
L'Unico convoglio partito ieri da Vicenza per Camp Darby non ha avuto vita
facile: bloccato da presidi e frenate d'emergenza. Gli Usa si arrendono e
chiedono il passaggio dai Balcani. Domani mobilitazione nazionale
COSIMO ROSSI
Iboicottaggi stanno riuscendo a impedire il viaggio ferroviario della guerra
attraverso l'Italia. Ieri l'unico convoglio partito dalla caserma Ederle di
Vicenza (sede della 173esima brigata aviotrasportata statunitense) è stato
diviso in due tra la stazione di partenza di Grisignano e quella di Verona,
proseguendo poi la sua corsa a ostacoli verso la base toscana di Camp Darby. E
la prova del fatto che la mobilitazione sta proseguendo con successo - comprese
le frenate d'emergenza contro la guerra per mandare in tilt i tragitti dei
convogli - sta nel fatto che ieri gli Stati Uniti hanno chiesto al governo
sloveno il permesso di transito per 20 treni carichi di mezzi militari blindati,
che dal Veneto dovrebbero raggiungere la Turchia attraversando appunto Slovenia,
Ungheria, Romania e Bulgaria. Mentre per domani il Social forum europeo annuncia
una grande giornata di smilitarizzazione dei binari, a cui parteciperanno in
forme diverse tutte le facce del movimento pacifista: chi con sventolando le
bandiere, chi digiunando, chi volantinando alle stazioni e chi occupando le
massicciate; dal nord-est alla base di Camp Darby nei pressi di Pisa, dov'è
prevista la manifestazione più numerosa. A ostacolare il viaggio dell'unico
treno partito ieri sono state anche le frenate d'emergenza contro il viaggio. I
disobbedienti del nord-est hanno infatti promosso la campagna «un freno alla
guerra». Ovvero: tirare il freno d'emergenza dei convogli civili per mandare in
subbuglio la rete. Un'operazione che non crea enormi disagi ai passeggeri -
visto che la fermata è di una decina di minuti - ma che manda in tilt gli
apparati di sicurezza di Trenitalia: nella giornata di ieri le frenate sono
state una decina, tutte tra il Veneto e l'Emilia. A Milano, invece, un gruppo di
pacifisti ha occupato l'ufficio movimenti della società ferroviaria chiedendo di
incontrare la dirigenza per sapere in base a quali accordi vengono trasportati i
carichi bellici.
Da parte loro, i ferrovieri di Verona si sono rifiutati di movimentare il
materiale bellico, rallentando ulteriormente il viaggio del carico militare. Per
tutta la giornata di ieri residi di pacifisti hanno atteso il convoglio su tutti
gli svincoli ferroviari tra il Veneto e la Toscana: intorno a Padova, Reggio
Emilia, Mantova, Empoli, Aulla, Firenze, Fornovo, Massa. Fatto sta che il
troncone partito da Verona (Porta nuova)intorno alle 20,10 di ieri sera, alle
21,15 non era ancora passato da Dossobuono, dove un nutrito gruppo di
manifestanti lo stava aspettando.
Per quanto il comandante della base di Camp Darby, il colonnello Ilio Venuti,
assicuri che i carichi sono quasi tutti giunti alla base, quello di ieri è al
massimo il quinto o il sesto convoglio partito da Vicenza. Venuti conferma anche
che il materiale dovrà poi essere imbarcato al porto di Livorno (per dirigersi
verso le basi di supporto alla guerra all'Iraq nel sud del Meditterraneo). Ma i
lavoratori hanno già anticipato che si rifiuteranno di maneggiare i carichi di
guerra.
Dato anche che l'Austria ha condizionato il via libera ai mezzi statunitensi a
una seconda risoluzione delle Nazioni unite, sta perciò prendendo consistenza
l'opzione slovena, anticipata ieri dal quotidiano fiumano in lingua italiana La
voce del popolo. Il premier sloveno, Anton Rop, dichiara che entro questa
settimana sottoporrà al parlamento la risoluzione, in modo da avere un preciso
mandato. La Slovenia è infatti tra i dieci paesi dell'Europa centro-orientale
che hanno firmato la la Dichiarazione di Vilnius in appoggio incondizionato a
Bush. E questo rende sempre più probabile il cambiamento di percorso dei treni
che devono ancora partire da Vicenza (l'ordine di sevizio iniziale, poi
secretato, parlava di 26 convogli) e il loro transito attraverso la stazione di
Aurisina, vicino Trieste. «Forse questo è il segnale che per noi tutto sta
funzionando, mentre loro sono in grande difficoltà», osserva dunque Luca
Casarini annunciando che i Disobbedienti concentreranno la loro attenzione sul
confine italo-sloveno.
Per domani, invece, è indetta la giornata di mobilitazione del Social forum
europeo per boicottare i preparativi di guerra. «Lo faremo come in questi giorni
- spiegano i promotori - Senza mettere a rrepentaglio la sicurezza nostra e degli
altri, senza creare disagi alla cittadinanza, senza cedere a nessuna
provocazione, cercando di favorire la massima partecipazione e il massimo
consenso». Esprimendo cioè solidarietà ai lavoratori, con la presenza ai
passaggi a livello nelle stazioni delle bandiere della pace, con l'occupazione
dei binari. Dai disobbedienti ai beati costruttori di pace, ciascuno secondo la
propria cultura e pratica politica.