Storia

<Possano le virtù guidare il vostro animo, e Aerk il vostro cammino. Amen>

Ed anche questa messa si concluse con le tipiche parole che Paul Doyna, sacerdote di Aerk, pronunciava solitamente alla fine della celebrazione, nel tempietto della divinità, a Britain. L’uomo aveva una lunga barba bianca, gli occhi erano quasi coperti da grosse sopracciglia dello stesso colore, anche i capelli erano folti e bianchi. Erano ormai passati molti anni da quando l’anziano diede la sua prima eucaristia, ma la gente che lo seguiva era rimasta quasi la stessa. I giovani pargoli che lo ascoltavano piangendo, perché volevano recarsi all’arena a guardare i tornei, piuttosto che ascoltare le lunghe prediche che per loro non avevano significato, erano cresciuti. Ormai erano loro a dare spettacolo in quei circhi, erano loro che venivano applauditi per le abilità belliche, ma erano sempre loro che si recavano spontaneamente al tempio. Accanto a loro stavano i padri e le madri ancora vive, anziani ormai quanto il parroco, e pochi altri fedeli.

Il giovane Sauron stimava molto Padre Doyna, ammirava la saggezza delle sue parole, la sua immensa fede in Aerk, le sue doti di retorica e la sua benevolenza nei confronti di Lord Donovan, sovrano del regno. Ambedue reputavano le virtù l’unica fonte di giustizia rimasta, ambedue le seguivano. Ultimamente accanto a Sauron spesso sedeva un’uomo molto conosciuto su Sosaria per le sue gesta malvagie più che per la sua abilità in battaglia, quell’uomo era Wallace Soulblade, e di certo non era passato inosservato a Donya, in parte felice della redenzione del malfattore, in parte preoccupato, poiché la notizia non gli era giunta così tanto tempo fa da potersi fidare pienamente. Ma Sauron lo trattava ormai come un amico d’infanzia, e questo rassicurava molto il prete, che conosceva bene la maturità del giovane e si fidava di lui, quasi fosse suo figlio.

<Padre…> la forte voce di Sauron rimbombò nelle marmoree mura del tempio, che si stava man mano svuotando.

<Dimmi fratello > rispose prontamente Donya, la cui voce era invece roca e affaticata dagli anni.

<Io e Wallace volevamo parlarle di un nostro proposito…un’idea che ci era venuta da quando lui si era convertito ad Aerk, un nostro proposito del quale volevamo renderla partecipe…e per il quale volevamo chiederle partecipazione…>

L’insicurezza e la paura di una risposta negativa era chiara nella voce del giovane, il quale però conosceva bene la disponibilità della persona che gli stava di fronte.

<Si, certo, sono qui per ascoltarvi, > disse il monaco sorridendo <prego, seguitemi, andiamo in un luogo più fresco, qui si muore di caldo. >

Il sole estivo infatti splendeva alto nel cielo, accompagnato dall’umidità rendeva l’estate pesante e faticosa. I tre si incamminarono verso la locanda, a piedi, e dopo pochi minuti di cammino la raggiunsero. L’oste salutò Sauron, che spesso si recava là per ascoltare i pettegolezzi del giorno o per gustare qualche buon vino. Il giovane rispose, e notò il disappunto del mercante all’entrata del redento, la cui faccia era conosciuta quanto la sua vecchia fama di assassino. Donya prese con calma un posto ad un tavolo piuttosto isolato, e ordinò una caraffa del miglior vino che si vendeva e tre bicchieri. Anche i due amici si sedettero, e aspettarono l’arrivo della bevanda per iniziare a parlare. Mentre una smorfia apparve sul volto di Wallace al primo sorso di vino, Sauron aveva iniziato:

<Vede, sono ormai molti anni che alle nostre messe compare sempre un gruppo di persone, tutte miei ottimi amici, la maggior parte da lei conosciuti fra l’altro. Questa comunità di persone è nata già dalla mia infanzia, quando lei era ancora giovane, e noi ci divertivamo a giocare con le spade di legno che i nostri padri usavano per allenarsi tra di loro. Purtroppo però sono pochi ora i ragazzini che vengono ad assistere alle vostre messe, sono per lo più uomini di mezza età o anziani. La fede che unisce il nostro gruppo però è molto grande, e noi siamo ancora giovani. >

Il volto del vecchio era sorridente, le parole di Sauron gli avevano ricordato i tempi passati a istruirlo alla fede di Aerk e le sue marachelle. Interessato al discorso, ascoltò attentamente le parole del giovane, che sembrava molto cauto nel pronunciare frasi ben scandite e chiare, che potessero convincere uno che di retorica, ne sapeva molto più di lui.

<Ebbene, è proprio la nostra gioventù e lunghe vite che ancora ci attendono, che ci da speranza nel poter attirare più gente possibile al tempio, più giovani che possiamo, per poter portare avanti una cultura che lei ha insegnato e che deve essere appresa da più persone possibili.>

Fiero delle parole del suo pargolo, il quale aveva aiutato a crescere, Donya iniziò ad intuire quali sarebbero state le frasi successive che sarebbero uscite dalla bocca del cavaliere, ma piuttosto che anticiparlo, decise di attendere. Wallace proseguì inaspettatamente il discorso:

<Tuttavia ora i giovani sono attratti più dalle armi che dalla fede, io stesso sono stato preda della smania di combattere, e fin troppo il mio passato è macchiato di sangue. L’unico modo che può attirare giovani è trovare un compromesso, trovare qualcosa che possa allo stesso tempo istruirli nella fede e nell’arte della guerra.>

<Le tue parole sono veritiere > Disse prontamente il Padre, guardando dritto negli occhi Wallace, quasi a cercare ancora qualche pizzico di malvagità nel profondo del suo animo, cosa che però, soddisfatto, non trovò.

<Avete quindi intenzione di creare una sorta di setta, nella quale vorreste arruolare giovani inesperti ed abili cavalieri, per aumentare il numero di fedeli e per poter combattere il male che si diffonde su Sosaria, facendo un favore sia a me che al Re allo stesso tempo.>

I due giovani si guardarono un attimo, cercando di ripetere la frase nelle loro menti per capirne il significato. Il primo a raggiungerne il senso fu Wallace, che annuì, poi fu il turno di Sauron che rispose al prete sorridente:

<Si esatto, avete spiegato in una semplice frase quello che io avrei potuto dire solo in molto più tempo. Vogliamo creare una sorta di compagnia, nella quale possiamo sia trovare nuove forze per proteggere il Re, sia insegnare la fede in Aerk…>

<Creando in questa maniera > riprese Wallace, che aveva gia pensato la frase ed era ansioso di dar dimostrazione che anche lui sapeva discutere <una comunità basata sul trapasso delle nozioni e sull’apertura delle menti, così da potere seguire le virtù e darne dimostrazione al popolo.>

<Voi volete quindi che io alla fine della messe faccia luogo di questi vostri progetti…> Rispose pensieroso l’anziano.

<Beh, non solo questo…a noi serve anche un luogo di ritrovo…ove poter discutere, dare lezioni di combattimento e fare dottrina…> Disse Sauron stringendo i denti, impaurito da una possibile reazione di Donya. Quest’ultimo rimase fermo e pensante per un po’ di tempo.

Il sole era ancora alto nel cielo, la taverna si era riempita di gente che cercava riparo all’afa esterna. I vassoi che portava l’oste erano carichi di bicchieri pieni di sidro e altre bevande rinfrescanti. D’un tratto il capo del monaco si alzò, e pronto con una frase rispose:

<Ebbene ragazzi miei, io vi darò di più. Oltre a concedervi il tempio per poter dare le vostre sessioni di allenamento, > si soffermò un attimo per rendere esplicito il suo proposito <suppongo che avrete anche bisogno di qualcuno che conosce la dottrina meglio di voi giovani scansafatiche.>

I due si guardarono sorridendo, un po’ perché erano felici delle parole finora dette dall’amico, un po’ perché quel “giovani scansafatiche” rispecchiava abbastanza bene la loro immagine. <e quel qualcuno sarò io, ho intenzione di dare a voi e agli altri membri che si uniranno a voi delle lezioni settimanali di dottrina al tempietto, dopo la messa. In questa maniera potrò assistere personalmente alle vostre gesta e al vostro lavoro, e se vedrò che le cose si metteranno nel verso sbagliato, vi taglierò i viveri.> disse Donya sorridendo.

I giovani, stupiti e affascinati da quelle parole, balzarono in piedi, abbracciarono il parroco, e dopo averlo ringraziato partirono prontamente per dare la buona novella ai loro compagni. Il prete rimase pensieroso alla locanda, e disse fra se e se: <Dovrò avvertire Donovan che nuovi combattenti sono pronti a servire lui e il nostro Dio…e temo che dovrò riprendere in mano quella spada che da tanto tempo è ferma sull’altare del tempio. Possa Aerk vegliare sul futuro di quei giovani, ma sono certo di aver fatto la mossa giusta.>

Detto ciò il vecchio si alzò, andò a pagare il vino che lui stesso aveva ordinato, e che durante il discorso si era esaurito, e si incamminò verso il tempio, pronto a ricominciare il suo lavoro. Sulla soglia della porta si girò, guardò i cavalieri nella locanda, sospirò e disse:

<I cavalieri di Aerk… speriamo che il loro nome non resti una storia da raccontare ai bambini la sera, ma che diventi qualcosa di più grande delle loro aspettative.>

Poi richiuse la porta, e affannato dal caldo, iniziò il suo cammino.  

 

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