settembre 2001

In Italia succede di tutto ma non se ne parla
La trappola del terrorismo: una sospensione della normalità


E nel frattempo
nel Belpaese...


di MICHELE SERRA

(fonte: repubblica.it)

E NEL frattempo? Bisognerebbe istituire, sui giornali come nei nostri cervelli, uno spazio fisso intitolato "nel frattempo": perché, nel frattempo, succede di tutto, ma siccome è un frattempo di guerra non c'è quasi più modo di parlarne. E quando se ne parla ci si sente futili. E scatta l'autocensura. Nel frattempo abbiamo assistito alla morte in culla di una rete televisiva nazionale, soffocata di miliardi purché il neonato tacesse per sempre. Nel frattempo hanno levato la scorta a un po' di magistrati anti-mafia e anti-corruzione, trattati come vecchie glorie capricciose che vogliono ancora la limousine. Nel frattempo, come se fossimo una satrapia ribelle dell'Impero, il nostro governo confeziona un suggestivo stralcio pro-domo-sua al Nuovo Ordine Mondiale, e impallina quelle rogatorie internazionali che l'amico Bush vorrebbe facili, ma l'amico di Bush preferisce difficili.

Nel frattempo si varano leggi antiimmigrazione che spacciano per severità la xenofobia strapaesana, e in Piemonte la Lega chiede di abbassare il ponte levatoio solo per i migranti cattolici (chissà i valdesi, che sono più piemontesi di Macario, come saranno contenti). Nel frattempo il cantante Gigi Dalessio, per avere celebrato qualche comunione e battesimo tra valentuomini, passa per camorrista, e chi lo trova il tempo (nel frattempo) per chiedersi se è un Tortorabis o una riuscitissima "operazione chirurgica"? Nel frattempo il nostro ultimo premio Nobel, per giorni, passa per filoterrorista sulla base di una sua dichiarazione pubblicata sbadatamente a rovescio da un giornale, e commentata a rovescio, di conseguenza, da tutti i commentatori che commentano i commenti dei giornali.

Non si sa quanto sarà lungo, questo frattempo. Ma si pone il problema, già adesso, di come offrirgli asilo senza dare troppo disturbo alle evidenti emergenze mondiali (dunque anche nostre, s'intende). Non si era giustamente detto, del resto, sul ciglio annerito del Ground Zero, che i pompieri dovevano subito tornare a fare i pompieri, gli impiegati riaprire gli uffici, la Borsa riaprire i cordoni, i carrettini di hotdogs tornare ai loro angoli di strada? Se c'è una trappola che il terrorismo vorrebbe far scattare, è quella della sospensione indeterminata della normalità. Vivere sotto schiaffo, con la paura che detta i palinsesti e limita le facoltà critiche e financo la vivacità d'opinione. Con nubi (speriamo solo allegoriche) di gas nervino, e antrace, e atomiche, che aleggiano sulle nostre teste suggerendoci la sconvenienza, la meschinità di ogni altra preoccupazione. Mutata in senso di colpa, la normalità non è più rivendicabile.

Ci si sente stravaganti e pure fresconi, in tempo di guerra, a parlare anche d'altro. Ma poiché l'altro accade egualmente, giorno dopo giorno, in Parlamento, nelle stanze dei bottoni, nei consigli d'amministrazione, forse bisognerebbe darsi una piccola e dignitosa scossa, e correre il rischio (come è capitato da Vespa a Giovanni Berlinguer quando ha tirato in ballo la faccenda delle rogatorie) di raccogliere solo qualche sorriso di commiserazione: ma guarda questo, con tutto quello che succede, cosa ti va a dire....

Il problema è che, con tutto quello che succede, governo e politica continuano (come è giusto) a fare il loro mestiere. E se nessuno è così malvagiamente dietrologo da pensare che è proprio perché sta succedendo di tutto che il governo trova utile approfittarne per sbrigare le sue faccende, è però evidente che una sospensione del giudizio non è tra le manifestazioni di compattezza nazionale che si richiedono, in democrazia, sia pure in un frattempo di guerra. Quando poi, come nel caso delle rogatorie internazionali, l'attività di governo si rivela curiosamente sghemba rispetto al vento impetuoso dell'emergenza antiterrorismo, allora è proprio il diritto della critica a poter legittimamente indossare i panni dell'interesse comune. O si devono fermare a Chiasso le esigenze di Law and Order che già premono a ridosso di remoti confini orientali?

Fondiamo un Comitato di frattempisti. Con un occhio rivolto all'atlante geografico, l'altro al cortile di casa. Il rischio dello strabismo è meno grave del rischio della cecità.

(27 settembre 2001)

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