Sin dagli inizi il mercato dell’advertising on-line si presenta come estremamente appetitoso; le sue potenzialità sono grandi, il suo appeal irresistibile. Gli Usa sono i primi a sondarlo, seguiti poi dal Giappone e dagli Stati nordeuropei.
Nonostante
la percentuale della pubblicità su Internet sia minima rispetto a quella dei
canali classici, gli entusiasmi sono facili e le previsioni di fortissima
crescita nell’ immediato futuro portano le aziende, dalle più piccole alle
più grandi, ad una frenetica corsa verso la visibilità in rete. Fino al 1997
(fino al 1999 per i Paesi, come l’Italia, dove il fenomeno di Internet
esplode successivamente) si può dire che il business sia consistito nella
progettazione, realizzazione e gestione di web sites.
Nel
1999 gli Usa, da soli, assorbono più del 55% della spesa complessiva del
settore (cfr grafico 1), e le previsioni portano a ritenere che entro il 2002
la pubblicità on-line sarebbe arrivata a coprire almeno il 3% della spesa
pubblicitaria complessiva (cfr grafico 2).
Già
nel 2000 ci si accorge che le aspettative dovranno essere ridimensionate; ci
si aspetta comunque una forte crescita, anche perché si imputano della crisi
condizioni congiunturali come lo shock petrolifero e il rallentamento
dell’economia. Si pensa che il mercato stia entrando in una fisiologica fase
di maturità (cfr grafici 3 e 4).
Secondo
la Nielsen Media Research Italia gli investimenti pubblicitari mondiali hanno
registrato, nel 2001, una flessione del 5,2%.
La storia italiana della pubblicità on-line comincia nel 1997, quando Paolo Ainio fonda la Matrix, società controllata da Seat Pagine Gialle, e costituisce l’ Active Advertising, prima concessionaria italiana per la raccolta di pubblicità in rete. Nascono a ruota altre concessionarie; alcune sono “costole” staccatesi da agenzie già affermate che creano uno specifico reparto per la raccolta pubblicitaria su Internet, altre si formano in seguito alle esigenze del nuovo mercato (cfr grafico 5). Ben presto ad esse si aggiungono i portali, che sempre più cercano, negli anni successivi, di sganciarsi dalle concessionarie e di gestire in proprio la raccolta pubblicitaria.
Inizialmente (fino al 1999), i settori merceologici che investono di più sono l’high tech (sia hardware che software), le telecomunicazioni e la finanza; seguono editoria e autoveicoli. Mancano all’appello i settori della ristorazione, l’immobiliare e il manifatturiero. Due anni dopo le cose sono cambiate (cfr grafico 6).
Nel 2000 si costituisce l’ IAB Italia (Interactive Advertising Bureau), un osservatorio che si propone di monitorare la pubblicità on-line nel nostro Paese tramite rilevazioni sia di tipo qualitativo che quantitativo. A tale scopo questa società avvia una collaborazione con la Price-Waterhouse-Coopers, società leader nel settore dei servizi di revisione e oraganizzazione contabile, della corporate treasury e della corporate finance. Le previsioni dell’ IAB sono rosee, e si intravede un futuro difficile per le aziende che non andranno in rete (cfr grafico 7). La scelta giusta da fare è individuata in un adeguato mix di vecchi e nuovi media.
Nel novembre del 2000 si tiene a Milano il Convegno dell’ Osservatorio TuttiMedia, la cui conclusione è che Internet non viene considerata come un’avversaria preoccupante di tv e radio, almeno per il momento visto che nel 1999 il fatturato della pubblicità in rete è ancora nell’ordine di poche decine di miliardi. La nuova forma di advertising è comunque vista come il futuro.
Ci si aspettano forti crescite dal mercato italiano, e il confronto con la realtà che invece si propone è spiazzante. Molti attribuiscono il fallimento di queste aspettative al cattivo uso che degli strumenti della pubblicità on-line viene fatto; ciò per due ordini di motivi:
- Ancora nel 1999 il 68% degli investimenti pubblicitari italiani su Internet
vengono effettuati esclusivamente su campagne di tipo “banner”, mentre il restante 32% viene investito in progetti di sponsorship (cfr grafico 8). Non si sfruttano appieno le potenzialità del nuovo mezzo, tanto più che spesso i messaggi non sono creati ad hoc ma sono semplici riproposizioni di messaggi usati per altri canali. I banner-civetta (quelli che attraggono l’attenzione perché sono belli, colorati, mobili) non funzionano più con il navigatore smaliziato. Mettere nel banner un messaggio generico, con un’animazione casuale, non basta più ad attirare l’attenzione; occorre fare un discorso di posizionamento e di contenuti.
- La metodologia usata per verificare l’efficacia di una campagna in rete è
impropria: spesso le uniche tecniche usate sono quelle del clich-thruogh e dell’
impression, che frequentemente non danno una fotografia vera della redemption di una campagna banner. Si dovrebbe poi tener conto del feedback degli utenti, visto che il mezzo lo permette, in modo da essere pronti a cambiare la campagna nel suo divenire e a seconda delle necessità. Ciò tenendo poi ben conto dell’analisi del post-click, che permette di vedere cosa succede dopo il click del banner (se l’utente rimane sul sito, se si registra, se chiede info, etc.).
Finora si è spesso decretato l’insuccesso di una campagna dopo un brevissimo periodo di prova nel quale non sono giunti i fantascientifici risultati attesi, senza rendersi conto dell’ingenuità di questo presupposto e senza dare al progetto il tempo fisiologico per agire. Ora le cose sono cambiate….
Grafico
2 (da realizzare)
Grafico
3
Grafico
4
Grafico
5 (da realizzare)
Grafico
6
Grafico
7 (da realizzare)
Grafico
8 (da realizzare)
ALCUNI DATI:
Fonte: WEB MARKETING TOOL settembre 2002 dati IAB
…e
dove vanno gli Utenti
Top 5
Parent Companies- Month of October 2002, U.S.
WORK USERS
Parent |
Unique
Audience |
Reach
% |
Time for person |
1.
Microsoft |
39,896,340 |
82.39 |
1:48:13 |
2.
Yahoo! |
34,887,883 |
72.05 |
2:28:29 |
3.
AOL Time Warner |
34,383,567 |
71.00 |
1:13:18 |
4.
Unite States Government |
21,469,669 |
44.39 |
0:26:48 |
5.
Google |
20,291,943 |
41.90 |
0:26:58 |
Fonte:
Nielsen//NetRatings
Top 5
Parent Companies – Month of October 2002, U.S.
HOME USERS
Parents |
Unique Audience |
Reach
% |
Time for person |
1.
Microsoft |
67,162,158 |
57.19 |
1:02:52 |
2.
AOL Time Warner |
64,502,257 |
54.93 |
0:40:15 |
3. Yahoo! |
60,949,684 |
51.90 |
1:31:15 |
4. Google |
25,831,336 |
22.00 |
0:16:19 |
5. Terra Lycos |
23,773,643 |
20.25 |
0:16:33 |
Fonte:
Nielsen//NetRatings
LE PIU’ IMPORTANTI WEB PROPERTY DEL MONDO (dicembre
2001)
Fonte:
www.ipse.com
1)
MSN-Microsoft
2)
Aol Time
Warner Network
3)
Yahoo!
4)
Vivendi-Universal
5)
Google
Sia MSN che YAHOO! sono dei portali, strutture accentratrici in grado di sviluppare un traffico enorme attraverso una serie di servizi aggiunti ad ampio spettro. Al motore di ricerca (elemento base della Yahoo! delle origini), si aggiungono messanger, mail, chat, forum, comunità, c’è inoltre la possibilità di reperire informazioni collegate alla realtà territoriale dell’utente attraverso verticalizzazioni locali e transnazionali. Grazie a questo tipo di offerta, gratuita e fortemente personalizzata, tali siti si propongono quali punti privilegiati di accesso alla rete, cercando di creare una comunità, un gruppo di utenza fisso ad alto grado di fidelizzazione. Proprio questa caratteristica diventa il punto di forza del modello di business dei portali, una sorta di materializzazione economica della legge di Metcalfe in basa alla quale il valore di un network è pari al quadrato del numero dei suoi utilizzatori. Effettivamente all’inizio il modello funziona e arrivano le aziende che investono come inserzioniste pubblicitarie, poi però arriva anche la crisi: la rete si allarga diventando sempre più asciutta e darwinianamente più selettiva. Se ne risenta un player come MSN, dalle larghissime spalle informatiche, la forza dell’impatto è ancora più forte per aziende globali ma sviluppate sull’immaterialità del bit come Yahoo!. Il peso della pubblicità sul fronte dei ricavi passa nel 2001 dal 80% al 50% e le cose per il momento non sembrano migliorare, Terry Semel, CEO di Yahoo!, ha dichiarato di recente che ci saranno nuovamente dei forti tagli al personale. Le parole d’ordine diventano: diversificazione delle fonti dei ricavi e creazione di forti “reason why” per indurre i navigatori-consumatori a pagare. Nel contempo però si moltiplicano anche gli sforzi per sedurre gli inserzionisti, soprattutto le old industry. A tale proposito è interessante analizzare il modo in cui entrambi i siti hanno radicalmente rinnovato l’area dedicata alla pubblicità, trasformandola da semplice indirizzo mail in micrositi dedicati al Web Marketing con case history, filmati, ricerche. MSN Advantage Marketing e Digital Solution permettono una strutturazione ottimale della campagna pubblicitaria, individuando la più adatta strategia comunicativa in rapporto al prodotto, al target, al tipo di pagamento preferito dall’insersionista. Yahoo! ha poi presentato di recente negli Stati Uniti un sistema di tracking chiamato Iceberg con il quale è possibile valutare l’efficacia della campagna misurando, oltre al clic, l’indice di customer acquisition e l’impatto del banner sulla brand equity.
Altra storia è quella di Google che, attivo dal 1998 ed indicizzato in 86 lingue, è il motore di ricerca più utilizzato al mondo. La geniale idea dei due fondatori Larry Page e Sergey Brian, due studenti come i famosi inventori di Yahoo!, è quella di utilizzare un interfaccia estremamente usabile, dove la slot, che è l’elemento più rilevante, permette di interagire immediatamente con il motore. Alto elemento importante è la velocità con cui possono essere effettuate le ricerche, attribuibile in parte all’efficienza del software, in parte all’elevato numero di computer collegati in rete che contribuiscono a creare una sorta di motore di ricerca unico e superveloce. L’innovativa tecnologia di ricerca, il Page Rank ™ , sfrutta la vasta rete di collegamenti come strumento per “misurare” l’importanza della pagine in modo obbiettivo: interpreta il collegamento tra un sito A e un sito B come “voto” espresso dal primo al secondo e assegna un livello di rilevanza in base ai voti ottenuti. Sono questi gli elementi che hanno fatto la fortuna di Google, permettendogli di gestire oltre 150 milioni di ricerche al giorno. E’ facile comprendere come una massa così consistente d’utenza, motivata, alla ricerca di qualcosa di specifico, nella sua fase decisionale, in cui sta cercando informazioni o prezzi su cose di cui ha un bisogno magari anche impellente, possa essere utilizzata commercialmente. Proprio questo ha permesso a Google di riuscire ad ottenere in un solo anno di vita finanziamenti pubblicitari per oltre 25 miliardi di dollari. Il keyword advertising permette agli inserzionisti di visualizzare degli annunci testuali che compaiono, nella tipologia Premium Sponsorship (sopra i risultati) o Ad Word (alla destra dello schermo), grazie all’acquisto di parole chiave mirate, assicurando riduzione dei costi e risultati precisi. La particolare modalità fruitiva con il quale l’utente si rapporta al motore di ricerca permette di pubblicare annunci semplici, privi di immagini, con percentuali di clic 5 volte superiori agli standard di mercato.Inoltre fatto che Google abbia sempre chiaramente differenziato i risultati a pagamento, date le recenti direttive (settembre 2002) della Federal Trade Commision americana, chiamata in causa lo scorso anno per giudicare sulla liceità di motori che non utilizzavano indicizzazioni differenti per i siti paganti, non fa che aumentare la notorietà del sito aggiungendo un’aura di alta eticità al prodotto.
P&G
e Winnerland
: interattività all’ennesima potenza
La P&G (primo investitore pubblicitario del 2001 a livello mondiale con una spesa pari a 25 milioni di euro), ha tentato di utilizzare l’interattività proprio del web in una logica di relation marketing, cercando, in un contesto in cui diventa ancora più difficile conquistare la fedeltà del consumatore, di ridurre al minimo l’elemento critico clik away. Il vortale Winnerlnd nasce proprio per: a) dare ai consumatori ragioni per interagire con la marca rinforzando l’equity del brand sponsor; b) creare fedeltà; c) permettere di impostare programmi di Customer Relationship Management, per accedere è infatti necessario lasciare i propri dati. La struttura del sito, divertente e interattiva, permette all’utente di giocare e vincere all’interno di molteplici minisiti, creati intorno ai vari brand sponsorizzatori, che, oltre al gioco, contengono anche una sezione dedicata alla comunicazione diretta con lo sponsor. In un certo qual modo il lessico “semplice” di quei primi game che hanno creato le basi del linguaggio digitale, viene declinato in senso più esplicitamente commerciale. Ricerche condotte sui Winnerlanders a partire dal 1999 hanno evidenziato un alto grado di fidelizzazione e un rilevante aumento dell’uso e della conoscenza dei vari prodotti pubblicizzati. Proprio questi risultati positivi hanno spinto la P&G a creare lo spin off Digibrand spa che opera orai da un anno nel campo della comunicazione interattiva. Riuscirà la nuova azienda a espandere il progetto Winnerland a livello mondiale? I dati a nostra disposizione non ci permettono di dare giudizi certi. Certamente nel 1936 quando la P&G inventò la soap opera per pubblicizzare i propri saponi non erano molti a credere nella longevità del prodotto. Staremo a vedere!