Costanzo Preve su Grimaldi
Intervento sul pezzo messo in rete da Fulvio Grimaldi il
28.9.03 intitolato “Fascisti sinistrati”
di Costanzo Preve
Ho letto l’interessante pezzo di Fulvio Grimaldi (d’ora in
poi F.G.) intitolato “Fascisti sinistrati”. Altri , in sede giudiziaria,
chiederanno a F.G. di rendere conto di menzogne integrali come quella sul Campo
Antimperialista covo di fascisti infiltrati e di agenti segreti. E’ giusto che
gli facciano pagare la diffamazione fino a ridurlo con le pezze al culo. Per
quanto mi riguarda, invece, non mi sento affatto offeso. L’odio teologico di
F.G. è infatti un prodotto storico, meritevole di riflessione. Il fatto che se
la prenda con me non è per nulla rilevante, ed è anzi accidentale. Vale invece
la pena di trasformare i deliri teologici di F.G. in oggetto di riflessione.
Non intendo affatto confrontarmi con F.G., e dico questo
senza nessuna presunzione ed arroganza. Ci si può confrontare solo con chi, pur
dissentendo anche radicalmente, presenta in modo il più possibile credibile ed
oggettivo le tue posizioni. Si tratta di un’etica della comunicazione che
esiste da millenni, e che F.G. ignora.
F.G. ritene evidentemente che un fuoco retorico e
pirotecnico possa sostituire la riflessione. In questo, purtroppo, è erede di
una lunga tradizione negativa della sinistra, per cui la “battuta” è scambiata
per argomento.
Per farla breve, toccherò solo sei punti, più un’appendice
dedicata al signor Stefano Garroni, che mi ha chiamato simpaticamente in causa.
Ripeto, si tratta solo di un’occasione per qualche riflessione.
1. Grimaldi, le Torri Gemelle e la concezione
paranoico-complottista della storia
Un’utile introduzione al pensiero di F.G. può essere il suo
articolo sulle Torri Gemelle pubblicato dall’”Ernesto”, n° 4, 2003. In esso
F.G. sostiene che le Torri Gemelle se le sono fatte gli USA da soli, che hanno
pianificato un “trauma di massa” per poter giustificare la teoria imperiale
della “guerra preventiva”, che hanno giocato in borsa prima ancora dell’11
settembre sulle sue conseguenze prevedibili, che (come sostiene il francese
Mayssan) l’attacco al Pentagono non è neppure mai esistito, e che tutto questo
è stato “provato”(?) dall’informazione antagonista, che però è stata
silenziata, eccetera.
Ho deciso di partire da qui, perché so bene come (purtroppo)
teorie del genere sono diffuse anche in insospettati ambienti, ed a mio avviso
sono colpevolmente tollerate. Si tratta di una concezione complottistica della
storia, non dissimile da quella del complotto mondiale ebraico a suo tempo
diffusa dai Protocolli dei Savi di Sion, cui lasciarono spazio non solo dei
futuri nazi, ma anche molti socialisti cretini dell’epoca. Io faccio parte
invece di quella parte ingenua della sinistra anti-imperialista che pensa
invece che sostanzialmente le Torri Gemelle le abbia fatte Bin Laden ed il suo
gruppo, anche se non si possono escludere connivenze di settori di servizi
segreti.
Vorrei dire anche il perché non credo alla teoria
dell’auto-attentato del gruppo di Bush. Non credo alla teoria
dell’auto-attentato non certo perché il gruppo di Bush non sia teoricamente
capace di tutto. Io penso che, in quanto gruppo messianico-fondamentalista che
si crede direttamente alleato con Dio e pertanto non vincolato dalla morale
comune la cricca di Bush sarebbe capace di tutto, e dunque anche di questo. Ma,
appunto, il sistema politico americano non è il gruppo Spectre, e non esiste di
fatto la possibilità di un vertice di fare una cosa simile in segreto. Pensiamo
al fatto che i cialtroni del gruppo Bush non sono ancora riusciti a portare da
fuori delle armi di distruzione di massa in territorio iracheno per legittimare
l’aggressione, eppure gli converrebbe farlo, e non sono certamente remore
morali a fermarli. E perché non riescono a farlo? Ma perché sono controllati
dal gruppo Clinton, da altre cricche democratiche e repubblicane dissidenti,
eccetera. Ecco perché, pur astrattamente volendolo, non sono ancora riusciti a
portare armi di distruzione di massa. Ecco perché, pur magari volendolo, nessun
gruppo di potere americano potrebbe organizzare le Torri Gemelle senza che un
gruppo rivale venisse a saperlo ed a denunciarlo.
Come mai un cretino come Grimaldi non riesce a capire una
cosa del genere? Qui sta il punto più interessante. In prima istanza, ogni
teoria di tipo complottistico nutre quella concezione poliziesca della storia
che produce un rapido orgasmo intellettuale in tutti i paranoici (e con questo
non escludo, ovviamente, un ragionevole fattore complottistico nella storia,
sia pure secondario). Ma non è questo il punto essenziale. Il punto sta
altrove, e vale la pena di capire dove.
Come il 95% dei presunti marxisti della sua generazione e
come il 100% degli operaisti, dei potereoperaisti negriani e dei
lottacontinuisti, F.G. non ha un concetto di Capitale come un campo di
battaglia plurale fra gruppi strategici in concorrenza reciproca mortale, ma ha
un concetto di Capitale come centro poliziesco unificato di riproduzione
complessiva. Si tratta della trasposizione in categorie (pseudo) marxiste di
una concezione monoteistica ed antropomorfica di tipo religioso. Non pretendo
che questo sciagurato riesca a capire una cosa tanto difficile. Ma il lettore
di queste note forse comincerà a riflettere sul fatto che persino una cosa
tanto astratta come il concetto di capitale, se non è ben inteso, porta a
concezioni del tutto stravolte della storia contemporanea. Ed in questo senso
l’esempio negativo di F.G. può essere utilissimo per “rettificare” una
concezione sbagliata dell’attualità politica e storica.
2. Grimaldi e la concezione diabolica e demonologica del
fascismo
La prima parte del pezzo di F.G. è una godibilissima
immagine surreale del fascismo universale che parte da Bush, passa per Fini e
Berlusconi, per giungere (sic!) ad un “rancoroso filosofo torinese”, e cioè
Preve. Non esagero, leggere per credere.
Metto in guardia il lettore benevolo dal pensare che si
tratti solo di deliri di un paranoico. Non è così. Qui F.G. si innesta su di un
terreno culturale che non è mai stato bonificato in mezzo secolo, e cioè l’uso
terminologico “alla cazzo di cane” (mi si scusi l’espressione volgare) della
parola “fascismo”. F.G., non dimentichiamolo mai, viene dall’eletta schiera dei
grandi teorici di Lotta Continua, che definivano Fanfani “fascista” e coniarono
il termine di “fanfascismo”. Qui Grimaldi è peraltro contiguo ai girotondisti
che considerano Berlusconi un “fascista”. Questi sciagurati non si rendono
neppure conto di segare lo stesso ramo in cui sono seduti, perché se tutti sono
fascisti allora nessuno più è fascista. Bush, D’Amato, Bossi, Le Pen, Julius
Evola, Preve, tutti fascisti. Ma allora anche Rutelli, D’Alema, Sofri, Rosy
Bindi, eccetera, sono anch’essi fascisti, perché nessuno può negare che abbiano
fatto e voluto la guerra del Kosovo del 1999. Chiunque non sia del tutto
rincoglionito dal settarismo teologico si renderà conto che un simile uso del
termine “fascismo” è la tipica notte hegeliana in cui tutte le vacche sono
nere.
Anche qui però lo sciagurato, certo senza sospettarlo, si
ricollega ad una antichissima tradizione, che è quella della Demonologia. In
tutti i trattati demonologici per esorcisti il Maligno si traveste in molte
forme, dal denaro alla fica, dal libro filosofico proibito alla ricerca di
onori mondani, eccetera. Ora, basta mettere al posto del Maligno il Fascismo ed
il gioco e fatto. Essendo metamorfico e proteiforme, il fascismo si incarna in
Bush come in Preve, in Berlusconi come in Mazzei, in Bossi come in Pasquinelli.
Che cosa dire? Bisogna prendere sul serio questo delirio
demonologico, perché il problema non è l’irrilevante personalità empirica
dell’energumeno, ma è il fatto che, se può dire queste cose con un certo
consenso, ciò è dovuto ad un ritardo ormai intollerabile nell’abbandono di un
uso demenziale di una categoria storico-politica che invece è estremamente
determinata storicamente e politicamente. E questo ci riguarda tutti.
3. Grimaldi e la sacralità della dicotomia Destra/Sinistra
F.G. mi piomba addosso con furore teologico sulla questione
sacrale della dicotomia Destra/Sinistra, e ci mette insieme alla rinfusa i
poveri, le sue irrilevanti esperienze bambinesche, eccetera. Ma non ci vuole
molto a ristabilire i termini razionali del problema , e cioè che la Sinistra e
la Destra non sono categorie metafisiche, idealtipiche e trascendentali, ma
sono integralmente categorie storiche. Ed in quanto categorie storiche come
tutte le categorie storiche hanno un inizio, un’evoluzione, un’involuzione ed
anche una possibile fine, o quanto meno una trasformazione che le rende ormai
irriconoscibili, almeno in alcune situazioni storiche particolari.
E’ ovviamente possibile non concordare sulla fine di questa
dicotomia. Persone ragionevoli ed intelligenti come Bobbio lo hanno fatto, in
base ad esempio al parametro della “eguaglianza”. A queste ragionevoli
obiezioni si può ragionevolmente obiettare che la sinistra neoliberista e
neoimperialista, che resta elettoralmente nei paesi occidentali europei la
parte maggioritaria e decisiva della sinistra (che l’ernestiano Grimaldi
sostiene anche elettoralmente, alla faccia non solo dell’anti-imperialismo ma
della stessa logica elementare), ha completamente abbandonato la difesa di
questo parametro. In ogni caso, con Bobbio si può discutere perché ci si pone
entrambi su di un terreno razionale di scambio di argomenti. Io ammetto
apertamente che si possono portare buoni argomenti per difendere ancora la
dicotomia, e conto amici e compagni fraterni e stimati che la difendono e che
non sono affatto d’accordo con le mie tesi.
Ma qui appunto si starebbe ancora su di un piano razionale.
Ma per F.G. chi sostiene l’obsolescenza della dicotomia storico-politica nelle
attuali condizioni italiane non è il portatore di una tesi discutibile, ma un
peccatore, un subdolo fascista infiltrato. Il solo sollevare il problema è per
questo energumeno un indizio inequivocabile di infiltrazione. E allora è
evidente che non è più possibile discutere niente.
Riassumiamo. Non ho nulla in contrario a che si respinga
razionalmente la tesi della fine progressiva della dicotomia. Considero ogni
tesi del mantenimento strutturale della dicotomia un errore teorico e politico,
più esattamente un errore teorico che comporta poi un ancora più grande errore
politico, e cioè l’auto-subordinazione, magari coperta con frasi estremistiche
ed anti-imperialiste, alla banda dell’Ulivo fortemente dipendente da oligarchie
finanziarie (Prodi, Fazio, Monti, eccetera). Ma con chi fa degli errori si può
sempre discutere. Non si può invece discutere con energumeni che trasformano il
mantenimento della dicotomia in preventivo giuramento religioso di
appartenenza. E con questo spero di essere stato chiaro.
4. Grimaldi e l’interpretazione viscerale del sessantotto
Chi scrive, e cioè il filosofo “fascista” torinese Preve, è
nato nel 1943, ed aveva dunque 25 anni nell’anno mirabile del Sessantotto. Il
nostro F.G. non ha dunque il monopolio della conoscenza diretta del sacro
evento. C’ero anch’io, e gliene potrei anche raccontare delle belle. Ma solo
uno sciocco cita i compagni Poldo, Asdrubale, Carmelo e Filippo insieme con la
loro indiscutibile buona fede rivoluzionaria, per motivare una tesi storica, e
cioè quella della rivoluzionarietà strutturale di questo evento. L’intenzione
soggettiva di Pancrazio e di Gaspare non coincide con il significato storico
oggettivo dell’evento. Con i parametri di F.G. la disponibilità a farsi
mangiare dai leoni nell’arena dei primi martiri cristiani sarebbe una prova
dell’esistenza di Dio e della divinità del Cristo. Ma come tutti i primitivi
che si lanciano nei dibattiti teorici F.G. cade nel difetto logico cui metteva
già in guardia Port-Royal, e cioè prouver ce qui n’est pas en question
(traducendo per Grimaldi : dimostrare ciò di cui non si sta discutendo).
Non si sta discutendo infatti della buona fede soggettiva di
gran parte (non tutti) dei partecipanti del ciclo di lotte del Sessantotto.
Decine di studi hanno fatto l’ipotesi che il Sessantotto, vissuto
soggettivamente dalla stragrande maggioranza dei suoi partecipanti come
rivitalizzazione della rivoluzione comunista, fu in realtà un momento di
modernizzazione postborghese del costume, o almeno che quest’ultimo aspetto
finì sul medio periodo con il diventare l’aspetto principale. E qui la faccio
breve solo per motivi di spazio.
Si può discutere. La tesi può essere vera o falsa, eccetera.
Ma il solo argomento che non si può decentemente usare è che gli amici di
Fulvio, e cioè Antonino, Luigino e Addolorata erano bravi compagni. Un pò di
primitivo naif è buono per la pittura etnica, ma non per la comprensione
dialettica degli avvenimenti.
5. Grimaldi e la teoria complottistica dell’infiltrato
Adriano Sofri
La concezione complottistica della storia e del Sessantotto
di F.G. si manifesta in modo solare quando parla di Adriano Sofri come di un
“infiltrato” nel movimento del Sessantotto. Ho dovuto leggere molte volte la
riga per verificare di non avere male agli occhi. Eppure è così. Sofri è un
infiltrato. Per dimostrare (si fa per dire) l’infiltrazione di Sofri F.G. parla
delle sue posizioni, e cioè “il PCI come nemico principale, il
socialimperialismo sovietico, le imprese editoriali realizzate insieme ad un
rampollo della CIA, la soppressione di Lotta Continua (comprese molte vite) ed
il rivelarsi facinoroso pannelliano, bombarolo, provocatore, sionista,
iperatlantico, uomo d’ordine, bambolotto di Giuliano Ferrara”.
Stupendo. Credevo che non ci fosse in Italia nessuno cui
Sofri fosse più antipatico del sottoscritto. Bombardatore umanitario, sionista,
tutto il peggio del peggio. Un Pannella leggermente più colto e brillante. Un
nichilista puro che utilizza la vecchia retorica letteraria tipica della
tradizione provinciale toscana. Per aumentare la dose, ho sempre avuto il convincimento
che il sottoproletario rancoroso Marino dica sostanzialmente la verità e che la
pervicace “volontà di non sapere” di gruppi politicamente corretti di letterati
rimbambiti sia un esempio di diseducazione storica e filosofica delle nuove
generazioni. C’era una strada aperta, quella della scarcerazione di Sofri per
un’amnistia politica sacrosanta di fatti lontani. Ma non si è voluto
percorrerla, perché avrebbe implicato un bilancio razionale di tipo storico, e
si è preferito la sacra rappresentazione del Grande Intellettuale Bombardatore,
che non può che dire la Verità, contro l’Operaio Primitivo e Rancoroso, che non
può che essere manipolato dai carabinieri, per cui i Giudici sono sinceri
quando condannano Berlusconi, e sono invece Insinceri quando condannano Sofri.
Pagliacci. E tuttavia la mia disistima per Sofri, appena
moderata dalla sua spiacevole condizione di carcerato che qualunque paese
normale non in preda a veti incrociati avrebbe già scarcerato da tempo, non è
nulla rispetto alla teoria della “infiltrazione” di F.G.
In effetti, se Sofri è stato un infiltrato in Lotta
Continua, anche Preve può essere un infiltrato nel movimento antimperialista.
Naturalmente, Sofri non fu un infiltrato, solo un energumeno paranoico può
sostenerlo. Sofri aderì sinceramente al comunismo nei primi anni Sessanta,
diresse sinceramente Lotta continua dal 1969 al 1977, aderì sinceramente a
Martelli ed a “Reporter” dopo il 1978, ed infine aderì integralmente al
sionismo ed ai bombardamenti detti “umanitari” negli anni Novanta. Sofri è un
personaggio weberianamente ideal-tipico, la cui traiettoria spirituale è
sostanzialmente la stessa di gran parte della sua generazione. Ed allora Sofri
è anche un personaggio tragico, perché la dissoluzione politica e lo spappolamento
spirituale di una parte rilevante di quella generazione (che poi è anche la
mia, ed ecco perché emozionalmente mi esprimo un po’ sopra le righe) è un fatto
tragico, e ricchissimo di insegnamenti.
Capisce qualcosa di tutto questo F.G.? Ma assolutamente
nulla. L’energumeno è contento di aver trovato la categoria tuttofare di
“infiltrato”, e la usa continuamente come fanno i bambini quando usano le
parolacce perché in questo modo sono al centro dell’attenzione.
6. Il Grimaldi filosofo, l’Islam e l’universalismo
umanistico
Abbiamo visto come il Grimaldi storico usi esclusivamente la
categoria di complotto, ed il Grimaldi politico la categoria di infiltrazione.
Finiamo ora con il Grimaldi filosofo, che assomiglia ad un ubriaco che decida
di pattinare sul ghiaccio sottile. L’effetto comico è assicurato.
Leggendo che il filosofo infiltrato Preve parla di
universalismo umanistico, F.G. sulla base di lontane letture del Bignami di
storia associa l’umanesimo con Pico della Mirandola e ne conclude che
l’infiltrato vuole riportare lo statuto del marxismo al Quattrocento. Infame!
Una breve segnalazione. Da circa un secolo, anche se F.G.
non lo sa, esiste una discussione sullo statuto filosofico migliore per la
teoria di Marx. Sono stati proposti il materialismo dialettico, la teoria
neokantiana della giustizia, lo storicismo assoluto, l’ontologia dell’essere
sociale, l’epistemologia althusseriana, eccetera. So bene che questo per F.G.
non è inglese o francese, in cui sa probabilmente chiedere un bicchiere
d’acqua, ma è armeno e georgiano, in cui certamente non lo sa fare. Allora
faccia un breve corso domenicale, magari con il grande filosofo romano Garroni,
e saprà che la discussione sullo statuto dell’umanesimo moderno, in cui alcuni
sono per (Preve) ed alcuni sono contro (l’infiltrato veneto La Grassa) fa parte
della discussione mondiale del marxismo.
Ma F.G. è una miniera di sorprese. Afferma infatti che per
Preve ( e per altri infiltrati come Martinez e Langthaler, che avendo cognomi
stranieri sono sicuramente cosmopoliti sospetti) l’universalismo umanistico è
l’Islam. Ho paura che F.G. scambi Preve con Garaudy o l’ayatollah Khomeiny. Io
ho un grande rispetto per la cultura islamica, ma chi voglia leggere anche un solo
mio breve testo (ad esempio quello pubblicato su “Praxis”, n° 34, ottobre 2003,
la rivista dell’infiltrato Pasquinelli) vedrà agevolmente che le mie fonti
filosofiche sono la filosofia greca, l’illuminismo europeo ed il giovane Marx.
Leggere per credere.
Le incursioni filosofiche di F.G. sono purtroppo solo il
sintomo di un malcostume duro a morire. E cioè che per quanto riguarda la
filosofia, che tanto non può essere dimostrata con equazioni o esperimenti,
chiunque possa sparare le cazzate incontrollabili che vuole.
F.G. è solo un esempio pittoresco di rozzezza, ma bisogna
riconoscere che purtroppo nel campo della filosofia (per la storia, l’economia
o la sociologia c’è più controllo) tutto è permesso.
Concludo qui su Grimaldi. Io non so se F.G. sia un libero
sparatore di cazzate oppure sia un losco individuo manovrato da Allam o da
oscure forze che vogliono far fallire una promettente iniziativa politica.
Fedele alla mia concezione ottimistica dell’essere umano ed al mio rifiuto
metodologico della complottite faccio l’ipotesi più benevola, e cioè che sia
solo un libero sparatore di cazzate. Ma allora la cosa, lungi dall’essere meno
grave, è in realtà più grave. Su questo so che molti amici e compagni non mi
seguono, ma voglio essere chiaro in proposito.
Se infatti F.G. fosse solo un corrotto che provoca per conto
di forze oscure la cosa non sarebbe per nulla grave. Smascherato un agente
segreto, si passa all’ordine del giorno. Persino nella direzione bolscevica
(caso Malinovsky) c’era un agente provocatore. Ma la cosa è più grave. F.G. non
fa che esprimere in forma pittoresca un fondo limaccioso di luoghi comuni e di
oscuri fantasmi che si agitano nel subconscio del militante rimasto invischiato
in forme ideologiche ormai morte e che lo tengono prigioniero e disponibile ad
ogni manovra ambigua.
Questo, e solo questo, è il problema Grimaldi.
APPENDICE
Nel teatro antico, dopo la tragedia veniva il dramma
satiresco. E dopo la tragedia Grimaldi viene il dramma satiresco di un signore
rancoroso e bilioso chiamato Stefano Garroni. Vorrei citarlo.”…ho scritto una
critica ironica e sprezzante contro il signor Preve, non citandolo perché egli
non aspetta altro, se non che marxisti noti e riconosciuti polemizzino con
lui…il signor Preve è un evidente cialtrone anche in sede propriamente
filosofica, ed è facilissimo dimostrarlo. Evidentemente, il quarto d’ora di celebrità
che ha avuto nel nostro giro deve essere stato costruito da quegli stessi
ambienti che gli consentono oggi (ipotesi mia) di dare appoggi economici al
gruppo di Pasquinelli e alla rivista di Mazzei”.
La pittoresca dichiarazione di Garroni può essere messa nel
genere letterario “niente di personale”. Il lettore noterà l’olimpica
obiettività del nostro pensatore. Mi limito ad alcune osservazioni.
In primo luogo, rispetto il dramma esistenziale in cui si
trova Garroni. Da un lato, afferma che sarebbe facilissimo dimostrare la mia
evidente cialtroneria (immagino significhi ignoranza) filosofica, e fa capire
che per lui sarebbe un gioco da ragazzi. Dall’altro per dimostrare la mia
cialtroneria dovrebbe leggermi e citarmi, ma non può farlo perché io non
aspetto altro. Un bel dilemma. Persino Engels dovette citare a suo tempo
l’infiltrato Duhring. Bravo Garroni. Ancora uno sforzo.
In secondo luogo, Garroni parla di “quegli stessi ambienti”
che, se ho capito bene, mi danno soldi perché io possa passarli a Mazzei e
Pasquinelli. C’è dunque un triplice passaggio: oscuri ambienti/Preve/Mazzei e
Pasquinelli. E tutto questo complicato casino sarebbe fatto per inquinare
l’alto livello filosofico marxista di Garroni.
Cosa dire? Sul piano fattuale, io purtroppo non ho ambienti
che mi finanziano. Vorrei averli, naturalmente, ma purtroppo non li ho mai
trovati. Inoltre non ho mai dato un soldo (e me ne dispiace) a Mazzei e
Pasquinelli, ed è vero anzi il contrario, perché il Campo Anti-Imperialista ha
finanziato integralmente la stampa di ben due miei libri presso l’editrice CRT
di Pistoia, nota casa editrice finanziata dalla CIA e dalla Confindustria.
Riassumiamo. Preve è (1) un cialtrone anche in sede
propriamente filosofica, e (2) un corrotto (da ambienti non meglio
identificati) ed un corruttore (dei semplici militanti sprovveduti Mazzei e
Pasquinelli).
Ora, la prima accusa è un’opinione personalmente non
rilevante, mentre la seconda, trattandosi di un falso diffamatorio da
dimostrare, ritengo che sia anche penalmente rilevante.
Ma il lettore si rassicuri. Non seguirei questa strada
neppure se fosse facile ed ovvia. Al di fuori della sua attività citatologica,
limitata cioè alle citazioni, il mediocrissimo Garroni è costretto a sputare il
suo veleno con insulti pittoreschi (cialtrone, corrotto, corruttore, eccetera).
Ancora una volta non è Garroni il problema. Il problema è un’intera cultura
politica.
Il problema, e non mi stancherò di ripeterlo, è che Garroni
si colloca in una gloriosa tradizione di origine staliniana per cui il
pensatore che a torto o a ragione non la pensa come noi è un infiltrato ed un
nemico del popolo da cui mettere in guardia. I tipi umani che scrivono come
Garroni sono gli stessi che nel 1938 a Mosca o nel 1948 a Praga mettevano in guardia
le autorità di polizia. Certo, nella nostra epoca postmoderna uno come Garroni
è una curiosa sopravvivenza da giardino zoologico come gli ornitorinchi e i
lemuri del Madagascar. Immaginatevi uno che nel 2003 mette in guardia contro
gli infiltrati nel grande castello della ortodossia marxista. Altro che Good-by Lenin!
Ma l’elemento pittoresco Garroni non deve trarre in inganno.
Se questi iguanodonti sono sopravvissuti tanto a lungo ciò è dovuto ad una
colpevole tolleranza propria del più vasto ambiente di sinistra e della stessa
comunità di studio e di pensiero marxista. In fondo non si sa mai. Possono
sempre fare comodo un giorno o l’altro dei brontosauri che riprendono il
vecchio armamentario diffamatorio (cialtrone, corrotto da oscuri ambienti peraltro
non menzionati, corruttore di onesti militanti, eccetera).
E qui posso veramente concludere. I casi Grimaldi e Garroni
non sono interessanti in sé, ma sono interessanti come sintomo di uno stato
generale di arretratezza ormai grottesca: paranoia, complottite,sindrome
dell’infiltrazione, odio per l’innovazione, ripiegamento identitario, abitudine
alla diffamazione non dimostrata, eccetera. Ahimè, non ce ne libereremo presto.