- Un tuffo in una piazza
-
- Mi piace correre con un dito su di una
cartina ed inseguire, come fosse scritto in braile,
quello che c'è dietro i segni. Ma i segni che mi piace
seguire, non sono necessariamente quelli disegnati sulle
mappe, ma possono essere quelli del tempo su di una
pietra. O sul viso di un uomo. La potrei chiamare "sindrome
da Sherlock Holmes" e mi spinge a correre dietro a
tutto quello che sento appartenermi e a cui sento di
appartenere.
-
- Trieste è stata fondata dai romani, che
ci hanno lasciato il nome (Tergeste) ed il teatro; ma è
solo con l'introduzione del porto franco, più o meno
alla fine del diciottesimo secolo, che è diventata una
città a tutti gli effetti. Già , una città cosmopolita...eh...il
punto d'incontro tra Oriente ed Occidente...già...queste
sono le cose che si dicono sul suo conto..."una
cortina di ferro è scesa da Danzica a Trieste, a
dividere l'Europa". Ma queste sono cose di oggi,
perchè ieri, Trieste era unione, l'unico porto
dell'Impero Austro-Ungarico...Trieste, d'accordo i
romani, ma l'hanno fondata i commercianti. Greci, turchi,
veneziani...metà del Mediterraneo confluiva sì a
Venezia, ma l'altra metà, l'altra metà , confluiva qui.
E questi costruivano i loro magazzini, con vista sul
Porto e sulle saline, che c'erano allora. Ovvio, meno
strada per scaricare e caricare le merci. E perché non
viverci? E così sopra al magazzino, ci costruirono le
loro abitazioni. Ed ecco il palazzo Carciotti e tutti gli
altri, che disegnano le Rive. Ma di cosa ha bisogno
l'uomo? Pane, vino e Santi. Non so se ci sono altre città,
con un simile numero di Chiese di religioni diverse,
racchiuse in uno spazio così piccolo. Il mare accarezza
i piedi ai Greci ortodossi; i Serbo ortodossi invece sono
spalla a spalla con San Antonio nuovo, cattolica, alla
fine del canale di Ponterosso. Un po' più in là c'è la
Chiesa Anglicana. Gli Ebrei sono più in dentro, loro non
avevano bisogno del mare. E dall'alto, a fianco al
castello, la Cattedrale di San Giusto domina e vigila su
tutto.
-
- E allora, come fai a riconoscerti
triestino, quando i suoi abitanti non lo sono? Oggi, è
ancora una città austriaca, anche se con i vecchi, sta
morendo anche questa sua caratteristica. Se parlo con
loro, coi vecchi...eh...si stava meglio allora! Anche se
non erano ancora nati. Eppure si sentivano italiani!
Molti hanno combattuto contro. Contro agli italiani,
perché chiamati alla leva dagli austriaci. Ma si sono
presto resi conto che traballavano troppo, tra loro e
l'Italia...e allora li hanno mandati su altri fronti, in
Francia o sul fronte piemontese. Altri invece, richiamati
dall'Austria, sono scappati e sono venuti a combattere
sul Carso, ma con gli Italiani. Tra questi Scipio
Slataper, diventato famoso con "Il mio Carso" a
venticinque anni. Età a cui è morto, combattendo per
una patria che sulle carte non era ancora la sua. Nel
1918 dopo mesi di combattimenti, durante i quali le
truppe italiane vedevano la città lì... ma gli
austriaci non mollavano... finalmente i bersaglieri sono
sbarcati per primi sul molo Audace e sono entrati in una
piazza Unità d'Italia, esplodente di bandiere tricolori.
La guerra era vinta, Trieste era italiana. Trieste sì ,
ma i suoi cittadini?
-
- Il vero triestino è di fuori. E' un
commerciate, un marinaio, è greco, fenicio, turco... E
allora chi meglio di me, che ho il padre che viene da
Gemona del Friuli (UD), piccolo borgo letteralmente sulle
pendici del monte Chiampon, nelle Prealpi giulie, noto
per il terremoto del '76 e dai locali per il passaggio di
Federico Barbarossa, che gli aveva concesso anche qualche
privilegio, tra cui una legge che imponeva ad ogni
pellegrino che passasse da quelle parti di fermarsi per
la notte; e la mamma nata a Cervia (RA), sul mare e
incontratesi proprio qui?
-
- Eppure i triestini esistono...ma basta
poco, per non esserlo. Non so se sia la lingua, o se
preferisci il dialetto, che ballandoti in bocca, senza
che nessuno te lo abbia mai insegnato, se sia proprio
questo che ti stringe questo legame. E lo senti! E lo
senti uno, che parla veneto, non è di Trieste,... un
"bisiacco", forse di Monfalcone o di Pieris...
20 chilometri più in là. Basta poco per non essere
triestino. Bastano venti chilometri, ma basta anche l'età.
Molte volte sento amici, che si sentono stretti qui e
vogliono andarsene. Nessun legame con la città. Eh, la
frustazione dei giovani... No, non è quello. Hanno
ragione loro. Se è vero, come ci dicono, che viviamo in
anni di assestamento, in vista della creazione
dell'Europa unita. Quel futuro, che dalle parole di certi
farneticanti politici attuali, appare come la moderna
visione dell'Impero romano, un dominio che si espande
dall'Atlantico alle steppe dell'est, dal nord, alla costa
dell'Africa. Dentro, la civiltà, fuori...la barbarie. Se
questo è vero, e perché questo sia vero, patria, paese,
lira,...sono tutte cose che devono scomparire. Ma come
fai a cancellarle dalla mente di chi per queste parole ha
dovuto combattere? Aspetti, non ti preoccupare, si
cancellaranno soli.
-
- Spesso, se passo di là, faccio una
cappatina sulle Rive...sono il limite della città sul
mare. Sarà il riflesso del sole sulle increspature del
vento, sarà quella nave di pietra bianca, casa di
Carlotta e Massimiliano, che spinge la prua a infrangere
l'onda, laggiù, lungo la costa, che è il castello di
Miramare, o forse sono solo i pomeriggi della prima
infanzia passati qui. Ma ci torno spesso. E qui ritrovo i
visi degli anziani, a coppie, gruppetti, solitari, che
cercano di convincere qualche rara seppia ad abboccare o
forse cercano solamente la compagnia degli amici o...
piuttosto che stare a casa.
- Qui almeno si sentono vivi. E se fosse
nostalgia del mare? Hanno la pelle, segnata dal sole e
dalla salsedine, come il protagonista de "Il vecchio
e il mare". E gli occhi spesso si fermano a guardare
l'orizzonte, a inseguire quella vela, che probabilmente
da giovani hanno guidato e che li ha portati lontano. E
poi si guardano nei visi, come a cercare, nel volto e
negli occhi degli altri, un qualche segno, per capire,
che per loro è lo stesso. E li vedo seduti qui, e mi
piace immaginare che in tasca abbiano ancora un sogno,
quello di tornare su quella barca, a rivivere le
avventure del mare e dei vent'anni.
- Mi affascinano, coi loro volti abbronzati,
non hanno la ruga del sorriso, ma molte sulla fronte,
quelle della fatica e del sudore. Ma gli occhi, gli occhi
brillano di luce quando guardano il mare...hanno una
luce, una luce...la luce...la luce del sole al tramonto
riflessa dall'onda. E in quegli occhi, leggo
l'impossibilità di vivere in un mondo, da cui non puoi
guardare il riflesso verde della nostra montagna, il
Carso, nel vasto azzurro del mare.
-
- Ecco, è di questo che sono innamorato ed
è per questo che non posso immaginarmi lontano da
Trieste. Ed è questo, forse che mi fa sentire triestino.
-