DIABETE MELLITO

Attualmente il diabete mellito ha assunto importanza sociale per il progressivo aumento dell'incidenza della malattia. Ciò è legato anche ad un regime di vita che in seguito al benessere economico è sempre più sedentario ed ha favorito un'alimentazione eccessiva rispetto al fabbisogno energetico.
Solo negli Stati Uniti si è calcolato che ne sono affette 15 milioni di persone. In Italia quasi 2 milioni di persone.

Cenni storici

Si ha notizia di questa malattia già presso gli Egizi, nel 500 a.C., dove veniva descritta come una condizione morbosa caratterizzata da sete estrema e dalla produzione di grande quantità di urina dolce. Poiché tale disordine colpiva preferibilmente i ricchi, si pensava fosse dovuta a peccati di gola.
Nella Grecia del primo secolo si utilizzò il termine di Diabete (passaggio attraverso un sifone) per indicare il passaggio del materiale energetico attraverso le urine: carne e membra che si sciolgono nelle urine. Successivamente, nel 1700 circa, venne aggiunto il termine Mellitus, termine latino che significa miele per differenziare la eccessiva produzione di urina dolce dalle altre cause di diuresi eccessiva. Nel 1900 il diabete venne riprodotto sperimentalmente nei cani e si individuò il difetto nel pancreas. Nel 1920 venne scoperta l'insulina. Dal 1960 in poi vennero sempre più chiariti i meccanismi e le cause di questa complessa patologia. Le terapie utilizzate fino agli inizi del 1900 erano basate sull'uso di svariate diete fino all'utilizzo del digiuno. Solo nel 1921 si utilizzò l'insulina, consentendo finalmente la sopravvivenza a chi ne era colpito. Nel 1950 vennero introdotti agenti ipoglicemizzanti orali.

Definizione

Il diabete mellito è una malattia cronica caratterizzata da iperglicemia, cioè da un aumento degli zuccheri (glucosio) presenti nel sangue, causata da una ridotta secrezione di insulina da parte del pancreas o dalla combinazione di ridotta secrezione di insulina e di resistenza dei tessuti periferici all'insulina.

Il glucosio è normalmente presente nel sangue e rappresenta la nostra principale forma di energia per i muscoli ed altri organi.
Per il cervello è addirittura l'unica fonte di energia. Le altre fonti energetiche sono le proteine e i grassi.
Il glucosio è fornito dall'alimentazione al momento dei pasti. L'utilizzazione di questo "carburante" è possibile solo in presenza di Insulina.
L'Insulina è un ormone prodotto dal pancreas, esattamente dalle cellule beta delle isole di Langerhans.
L'insulina ha molte funzioni, una di queste è quella di trasportare i carboidrati ai tessuti. L'insulina quindi promuove il trasporto del glucosio all'interno delle cellule dove questo viene utilizzato od immagazzinato. Ad esempio, l'insulina trasporta all'interno delle cellule muscolari il glucosio, che viene utilizzato durante l'esercizio fisico intenso.
L'insulina non agisce solo sul metabolismo dei glucidi ma agisce anche sul metabolismo delle proteine e dei grassi. Durante i pasti il glucosio assorbito e riversato nella circolazione sanguigna provoca un rialzo della glicemia, il pancreas secerne una quantità di insulina sufficiente a determinare una rapida assunzione, immagazzinamento o utilizzazione del glucosio da parte di quasi tutti i tessuti dell'organismo, ma specialmente del fegato, dei muscoli e del tessuto adiposo.
La glicemia viene quindi riportata a valori normali( 80-100 mg/dl).
Il fegato immagazzina circa il 60% del glucosio presente nel pasto per reimmetterlo nel sangue in condizioni di bisogno: digiuno, attività fisica intensa, situazioni di stress.
Nel diabete questo non avviene. La glicemia sale, una parte dello zucchero in eccesso viene eliminato dal rene con le urine, si ha cioè glicosuria.
La glicemia però non si alza solo dopo i pasti, ma anche durante il giorno perché viene prodotto glucosio dal fegato. Nel diabete perciò si ha un rialzo della glicemia postprandiale ma anche della glicemia a digiuno. L'iperglicemia può provocare danni praticamente a tutti i tessuti.

Tipi di diabete

Dal 1979 in poi la classificazione è basata in parte sull'eziologia (causa) in parte sulla terapia farmacologica utilizzata per il trattamento della malattia. 
In pratica esistono principalmente due principali forme di Diabete:

il diabete di tipo 1 che colpisce una popolazione giovane, che necessita di insulina in quanto il pancreas non ne produce;

il diabete di tipo 2 che colpisce una popolazione prevalentemente anziana, caratterizzata (spesso ma non sempre) da un eccesso di peso, trattata con antidiabetici orali e dieta, in alcuni casi è necessario un trattamento insulinico.

Il Diabete di tipo 1 (o insulino-dipendente, IDDM ) è caratterizzato dalla distruzione delle cellule beta di Langerhans pancreatiche che producono insulina.
Sono stati individuati più fattori che contribuiscono alla sua comparsa:

1 - fattori genetici, cioè ereditati nella nostra costituzione
2 - fattori immunitari
, cioè legati ad una particolare difesa del nostro organismo contro le infezioni
3 - fattori ambientali, che dipendono dall'azione contro il nostro organismo di batteri, virus, sostanze chimiche.

I dati attualmente disponibili indicano che la distruzione delle cellule pancreatiche avviene in soggetti geneticamente suscettibili. Tale suscettibilità è sicuramente poligenica, cioè coinvolge più geni del codice genetico. 
La distruzione avviene per un meccanismo autoimmune. Un evento precipitante di natura ambientale (virus, tossine, ecc) inizia il processo autoimmune, cioè vengono formati anticorpi contro le cellule pancreatiche. Si dice che l'organismo ha perso la tolleranza immunitaria nei confronti delle cellule pancreatiche, produce quindi autoanticorpi, cioè cellule di "autodistruzione".

Il Diabete di tipo 2 (diabete mellito non insulino-dipendente, NIDDM) è caratterizzato da una residua secrezione insulinica che però è inadeguata al fabbisogno dell'organismo; esiste inoltre una resistenza dei tessuti corporei all'azione dell'insulina ancora prodotta dal pancreas. In questo caso sono più importanti i fattori genetici, acquisiti ed ambientali. La predisposizione genetica necessita del concorso dei fattori acquisiti ed ambientali per manifestare la malattia. 
Per fattori acquisiti si intende: età, dieta, sovrappeso e obesità, distribuzione centrale del grasso, dislipidemia, stress, farmaci, abuso di alcool, ridotta attività fisica, modernizzazione dello stile di vita, meccanizzazione, urbanizzazione.
Quanto maggiore è la componente genetica tanto minore è l'esposizione ai fattori acquisiti necessaria ad esprimere lo stato di malattia. Il perdurare della esposizione di un individuo a questi fattori spiega l'importanza dell'età.
DiabeteL'importanza dei fattori dietetici è dimostrata dal rapido aumento del numero di persone affette da Diabete di tipo 2 con la comparsa del benessere economico. Lo si osserva ad esempio nella migrazioni di gruppi etnici da aree povere ad aree opulente. L'aumento dell'apporto calorico globale, insieme alla ridotta attività fisica, comporta obesità, dislipidemia (alterazione dei grassi, colesteroloe trigliceridi, nel sangue), insulino-resistenza. Forse anche l'eccesso di zuccheri semplici, proteine, grassi saturi, o la carenza di antiossidanti, vitamina E, ecc, possono essere responsabili di una alterazione della sensibilità all'insulina o della secrezione insulinica.
L' importanza dell'obesità con l'incremento del grasso nell'ambito addominale è un fattore ben apprezzabile: ad esempio nel periodo postmenopausale, dove si assiste all'aumento della prevalenza del diabete nel sesso femminile. 
Il Diabete di tipo 2 è molto diffuso e si calcola che fino al 3% della popolazione ne sia affetto.

Nuova classificazione

Dal 1997 l'Associazione Diabetica Americana ( ADA ) ha rivisto la classificazione precedente, in uso dal 1979, eliminando i termini insulino e insulinodipendente e i relativi acronimi IDDM (diabete mellito insulino-dipendente) e NIDDM (diabete mellito non insulino- dipendente), al loro posto vengono mantenuti i termini diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2.
I termini IDDM e NIDDM precedentemente usati rappresentano una classificazione basata sul trattamento e non sull'eziologia (causa) e forniscono un quadro contraddittorio in quanto anche il diabetico di tipo 2 (indicato in precedenza con la sigla NIDDM) può richiedere un trattamento con insulina.
Attualmente la Società Italiana di Diabetologia (SID) ha deciso di allinearsi al criterio diagnostico suggerito dall' ADA e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Questi sono i nuovi criteri di classificazione.

Diabete Mellito di tipo 1, viene suddiviso in:

Diabete Mellito Autoimmune
E' causato dalla distruzione delle cellule pancreatiche ad opera di autoanticorpi. Questi si trovano in più del 90% dei pazienti al momento della diagnosi. Picco d'esordio è durante l'infanzia e l'adolescenza, ma nella maggior parte dei pazienti compare entri i 30 anni.

Diabete Mellito Idiopatico
E' una forma rara, presente negli afro-americani, si riferisce alle forme di Diabete di tipo 1 caratterizzate da ridotta riserva insulinica, ma residua risposta ai test di sensibilità all'insulina.

Diabete Mellito tipo 2, viene suddiviso in:

Non obesità

Obesità

Diabete Mellito Gestazionale

Si riferisce ad un diabete che esordisce durante la gravidanza.

Ridotta tolleranza al glucosio (IGT) e alterata glicemia a digiuno (IFP)

La diagnosi di IGT viene posta quando una persona ha valori glicemici compresi fra la normalità e il diabete, cioè glicemia postprandiale a distanza di 2 ore tra 140 e 200 mg/dl. Questi pazienti hanno normalmente una glicemia a digiuno normale o modestamente elevata, mentre hanno iperglicemia solo quando ricevono un carico orale di glucosio.
L'alterata glicemia a digiuno è una nuova categoria diagnostica. La diagnosi di IFP viene posta quando le glicemie a digiuno sono comprese tra 110 e 126 mg/dl.

Altri tipi di Diabete

Questa categoria comprende un'ampia varietà di disordini che non possono essere classificati nella categoria precedente e che riconoscono una causa nota. Comprende il diabete precedentemente conosciuto come diabete secondario (un esempio è il diabete secondario a malattie del pancreas), oppure il MODY, un diabete del giovane che in precedenza veniva collocato nel Diabete di tipo 2.

Diagnosi di Diabete Mellito

Secondo i nuovi criteri, la diagnosi può essere stabilita sulla base di uno dei seguenti tre parametri:

  1. sintomi di diabete più una glicemia a caso superiore o uguale a 200 mg/dl;
  2. glicemia a digiuno superiore o uguale a 126 mg/dl;
  3. glicemia a 2 ore durante il test di tolleranza al glucosio somministrato per via orale (OGTT) superiore o uguale a 200 mg/dl

La modifica dei criteri diagnostici della precedente classificazione riguarda i punti 2. e 3. 
La glicemia a digiuno doveva essere superiore o uguale a 140 mg/dl. Il valore è stato ridotto per poter slatentizzare numerosi casi di diabete non diagnosticato fino alla comparsa delle complicanze.
La glicemia a 2 ore durante il test di intolleranza, richiedeva la conferma di un'altra glicemia.
Essenzialmente la nuova classificazione si basa sullo studio delle complicanze della patologia diabetica che compaiono precocemente anche con valori di glicemia diagnostici nella precedente classificazione.

Diagnosi per la ridotta tolleranza al glucosio ( IGT )

Secondo i nuovi criteri la diagnosi di IGT viene posta se:

  1. glicemia a digiuno minore di 126 mg/dl;
  2. glicemia a 2 ore durante il test di tolleranza maggiore o uguale a 140 mg/dl e minore di 200 mg/dl

Anche in questo caso è diminuita la glicemia a digiuno, inoltre venivano richieste successive misurazioni della glicemia dopo il carico orale.

Diagnosi per l'alterata glicemia a digiuno ( IFP )

Viene definita da una glicemia a digiuno maggiore o uguale a 110 mg/dl ma minore di 126 Mg/dl.

Diabete mellito gestazionale

I criteri rimangono invariati. Tutte le donne gravide devono eseguire durante la 24 - 28 settimana di gravidanza un carico orale di glucosio di 50 grammi, seguito a distanza di un'ora dalla determinazione della glicemia. Il test può essere eseguito in qualsiasi momento dalla giornata, indipendentemente dai pasti. Se la glicemia è maggiore o uguale a 200 mg/dl si dovrà eseguire un test di tolleranza al glucosio orale da 100 grammi, con tre misurazioni a distanza di un'ora l'una dall'altra.

Sintomi 

I sintomi di insorgenza nel Diabete di tipo 1 sono:

poliuria (consistente aumento della quantità di urine prodotta nelle 24 ore)

polidipsia (aumento della sete e della introduzione di liquidi secondario alla poliuria)

polifagia (aumento dell'appetito e dell'assunzione di alimenti)

calo ponderale (perdita di peso)

Agli esami di laboratorio:

iperglicemia a digiuno e soprattutto dopo i pasti

glicosuria (glucosio nelle urine)

Tali sintomi insorgono rapidamente ed il paziente spesso necessita di un ricovero ospedaliero per evitare l'insorgenza di complicanze pericolose per la vita conseguenti allo scompenso metabolico (chetoacidosi diabetica).

Il Diabete di tipo 2 viene spesso diagnosticato casualmente nel corso di esami di laboratorio. La malattia si instaura lentamente ed occorre molto tempo prima che sia manifesta iperglicemia e glicosuria. Spesso si fa diagnosi quando è presente una complicanza diabetica.

Complicanze Diabetiche

Aterosclerosi, cioè un ispessimento ed indurimento della parete arteriosa caratterizzato dalla deposizione di lipidi. Per questo motivo i diabetici sono a rischio per coronaropatie, disturbi ischemici cerebrali, insufficienza arteriosa degli arti.

Retinopatia diabetica, alterazione dei capillari a carico della retina.

Nefropatia diabetica, alterazione dei capillari a carico dei reni.

Neuropatia diabetica, sofferenza del sistema nervoso periferico che si manifesta con crampi e disturbi della sensibilità, ma può colpire anche il sistema nervoso vegetativo con disturbi diffusi ai vari organi interessati.

Ulcera diabetica, comparsa di ulcere agli arti inferiori.

Aumentata suscettibilità alle infezioni, ad esempio cistiti, vaginiti ecc.

Nei pazienti affetti da Diabete di tipo 2 sembra esserci una associazione tra resistenza all'insulina, iperinsulinemia (elevati livelli di insulina in circolo), obesità, ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, vasculopatia aterosclerotica, tale affezione viene chiamata sindrome X.

Terapia

Il diabete di tipo 1 necessita di terapia insulinica.
Esistono vari tipi di Insulina (ad esempio regolare ed intermedia a seconda della durata di azione); di solito si usa  una terapia intensiva, con quattro somministrazioni al giorno, cioè tre insuline regolari ai pasti ed una intermedia a più lunga durata d'azione per tutta la notte, in modo da ottenere una situazione il più possibile vicina al comportamento del pancreas sano.

Il diabete di tipo 2 viene trattato con diete ipolidiche, antidiabetici orali, in rari casi necessitano di trattamento insulinico (se hanno controindicazioni all'uso degli antidiabetici orali, se è esaurita la riserva di insulina prodotta dal pancreas, in condizioni particolari quali ad esempio l'insorgenza di malattie con importante rialzo glicemico).
Gli antidiabetici orali sono farmaci ipoglicemizzanti che agiscono secondo più meccanismi d'azione. 
Due sono le classi più importanti:
1 -la classe delle Sulfaniluree: agiscono stimolando la liberazione di insulina residua del pancreas e diminuendo la liberazione in circolo del glucosio immagazzinato nel fegato;
2 - la classe delle Biguanidi: agiscono principalmente aumentando la penetrazione intracellulare del glucosio a livello periferico; 
... anche se attualmente esistono delle nuove categorie di farmaci ipoglicemizzanti.
L'uso dell'insulina, ma anche degli antidiabetici orali può causare crisi ipoglicemiche, cioè abbassare troppo la glicemia nel sangue. Il paziente se ne accorge per la presenza di sintomi quali stanchezza, sudorazioni, tachicardia. In questi casi è importante eseguire una glicemia capillare per valutarne la gravità, in ogni caso è sempre bene assumere dei zuccheri veloci (zolletta di zucchero, latte, succo di frutta) per riportare a valori normali la glicemia. 
Tutti i diabetici devono possedere dei reflettometri, strumenti che permettono la facile esecuzione di glicemie capillari a livello delle dita delle mani.

Obiettivi del trattamento del Diabete

L'obiettivo è la prevenzione delle complicanze diabetiche. Ciò si ottiene seguendo una corretta igiene di vita.
Ciò significa seguire la dieta impostata, fare attività fisica, non fumare, non assumere gli alcolici (è consentito un bicchiere ai pasti, ma se ne sconsiglia l'uso perché può mascherare l'insorgenza di ipoglicemie), mantenere un peso normale, curare il proprio corpo, in particolare i piedi per la prevenzione delle ulcere.
Le complicanze croniche spesso si manifestano 10 - 15 anni circa dopo l'esordio del diabete. Numerosi studi hanno dimostrato che un rigido controllo glicemico, quindi il frequente monitoraggio a casa delle glicemie, riduce l'incidenza delle complicanze diabetiche.
La prevenzione deve essere fatta anche mediante frequenti controlli agli esami di laboratorio del compenso glicemico (mediante il dosaggio dell'emoglobina glicosilata), del quadro lipidico (colesterolo, trigliceridi nel sangue), della funzionalità renale (proteinuria delle 24 ore).
Inoltre sono necessari controlli cardiologici per la valutazione del rischio cardiovascolare, dell'insorgenza di ipertensione arteriosa, e oculistici per lo studio della retina.
In questo modo si può mantenere una buona qualità della vita ed evitare o rallentere l'insorgenza delle complicanze diabetiche.