Osservando il cielo, le stelle appaiono come migliaia di puntini
luminosi, diversi per intensità, colore e dimensione, che si trovano stampati
su di un'unica superficie a disegnare le piu' svariate forme. Sin dai tempi
antichi allora, nonostante esse occupino queste zone contigue del cielo solo per
effetto prospettico, essendo distanti fra loro a volte per migliaia di anni
luce, è stato possibile raggruppare le più luminose in modo da formare quelle
figure a cui si è dato il nome di costellazioni.
Le stelle si sono meritate inoltre nel corso dei secoli
l'appellativo di fisse, anche se in effetti, al pari di tutti i corpi del
sistema solare, si muovono (moto proprio), ma in maniera talmente lenta
che per notare degli spostamenti bisognerebbe attendere millenni. Questo perchè,
a differenza dei pianeti, si trovano ad una distanza talmente grande da rendere
l'angolo che deriva dallo spostamento quasi impercettibile.
Le stelle si distinguono in base alla magnitudine relativa
(luminosità apparente), una scala di valori centrata sullo zero, corrispondente
al valore della stella Vega, con i valori piu' alti espressi con numeri
negativi. La differenza fra le prime e le ultime è di circa 1 a 500, vale a
dire che le stelle di 1a magnitudine saranno 500 volte piu' luminose
di quelle dell'ultima classe (25a).
Un'attenta valutazione va posta dunque alle distanze ed alle
dimensioni stellari, che se non correttamente valutate possono portare a
considerazioni errate. Il Sole infatti, una stella di medie dimensioni, che è
anche la piu' vicina a noi (dista in media 149,6 milioni di chilometri, pari a 8
minuti luce), ci sembra ben piu' grande e luminoso di tante altre stelle, che
pur emettendo luce per migliaia di volte tanto, appaiono molto deboli e
minuscole a causa della loro lontananza.
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Per ovviare a questo problema, e considerando che l'intensità
della luce diminuisce col quadrato della distanza della sorgente, si usa allora
la magnitudine assoluta (luminosità effettiva), ossia si considerano i
corpi stellari come posti tutti alla stessa distanza, fissata per convenzione in
10 parsec, equivalenti a circa 32 anni luce.
Per risalire alla distanza stellare, un metodo molto usato è
quello che sfrutta il fenomeno della parallasse annua. Infatti,
considerando il nostro pianeta in un punto qualsiasi della sua orbita, e
puntando da esso una stella x, dopo sei mesi, quando la Terra sarà in un
punto esattamente opposto, si vedrà lo stesso astro spostato sullo sfondo
celeste di un angolo che sarà tanto piu' piccolo quanto esso sarà distante da
noi. Misurando dunque l'entità di tale angolo, e conoscendo il raggio
dell'orbita terrestre, 1 U.A., dalla trigonometria avremo la distanza D=1:
tgA espressa in parsec.
Tuttavia per le stelle piu' lontane, essendo l'angolo risultante
talmente piccolo da non poter essere misurato, si usano altri metodi come quello
spettroscopico o quello delle cefeidi.
Il primo consiste nello scomporre la luce della stella nelle sue
componenti fondamentali facendola passare attraverso un prisma. Analizzandola si
notano le bande colorate dello spettro che risultano separate da righe oscure,
che non sono altro che assorbimenti da parte dei gas che compongono il corpo
stellare. Da queste è dunque facile risalire alla composizione chimica ed alla
magnitudine assoluta delle stelle, che poi posta a confronta con quella
apparente ci darà la distanza.
Spesso si ricorre anche
alle cefeidi, da Delta Cephei, la prima stella con queste proprietà ad
essere stata scoperta, che hanno la caratteristica di variare in modo regolare
la loro luminosità secondo un periodo ben determinato che è direttamente
proporzionale alla stessa intensità luminosa. Dunque piu' lungo sarà questo
periodo, maggiore risulterà la magnitudine assoluta, dalla quale otterremo poi
quella apparente e quindi la distanza.
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