Notizie dalla lotta di classe

Febbraio 2001

 Torna all'Archivio

Unire quello che il capitalismo divide.

 

 

01 febbraio ’01

 

SCIOPERI ALLA MARELLI

Un'assemblea dei lavoratori della Marelli di Bologna e Crevalcore si è trasformata, con voto all'unanimità, in uno sciopero di protesta contro la vendita del settore componentistica da parte della Fiat. Un altro sciopero è avvenuto nello stabilimento di Venaria, in Piemonte, dove vengono prosotti sistemi di scarico per le auto e in cui lavorano circa 500 addetti.

2 MORTI SUL LAVORO

Un giovane operaio di Torre Annunziata, Carlo Diglio di 26 anni, padre di 3 figli, è rimasto folgorato mentre lavorava alla manutenzione dell'impianto di illuminazione dlla tangenziale di Salerno est. Osvaldo Izzo, di 38 anni, è invece morto, a Sorrento, mentre lavorava ala costruzione della bretella sotterranea che deve consentire ai bus turistici di spostarsi da viale degli Aranci verso il parcheggio di un albergo cittadino.

CONTRO LA PRECARIETA' A MASSA CARRARA


Dopo un’assemblea svoltasi tra i lavoratori socialmente utili è stata votata all’unanimità la decisione di cercare di unire in una manifestazione tutte le componenti del mondo del lavoro precarie e senza futuro. Nella provincia di Massa-Carrara è massiccio il ricorso al lavoro precario ed atipico: sia nell’industria che nel turismo l’impiego è ormai diventato un "non-lavoro", sempre più flessibile e incerto. Di fronte a tutto questo "hanno grande responsabilità", è scritto in un comunicato, "coloro che hanno lasciato che realtà produttive come la Imeg, la Ferroleghe ed ora Synthesis, Bsi ed altre entrassero in crisi portando ad una nuova emorragia di posti di lavoro. Ancora più grave è la decisione di procedere alla precarizzazione del lavoro del pubblico impiego e dei servizi pubblici. In particolare è ingiustificabile la decisione di non procedere ad una stabilizzazione dei precari Lsu/Lpu. Il governo locale e nazionale danno contributi di decine di milioni alle imprese che assumono Lsu ma non destinano nessuna risorsa alla loro stabilizzazione nei servizi pubblici in cui hanno operato". Una manifestazione contro il lavoro precario è stata indetta il 1 febbraio.

BIELLA CONTRO LE MORTI BIANCHE

Cinque mila persone, in larga maggioranza operai tessili, hanno sfilato per le vie del capoluogo laniero. Decine di Rsu, con le bandiere e gli striscioni, per ricordare le tre vittime del rogo alla Pettinatura italiana di Vigliano.
Tanta gente in piazza nel Biellese non si vedeva dal '94, dai tempi dei tagli alle pensioni del governo Berlusconi. A Biella dall'inizio dell'anno sono già morti quattro lavoratori. Nella provincia gli incidenti sul lavoro nel 2000 sono aumentati del 30%.
La manifestazione ha dato un segnale forte soprattutto per la vasta partecipazione della base. A fianco delle grandi Rsu - Cerruti e Zegna - c'erano anche quelle delle piccole aziende con 50 dipendenti. Scuole, ospedali e impiegati pubblici hanno risposto in massa allo sciopero di quattro ore.

 

02 febbraio ’01

 

GENERAL ELECTRIC: 75 MILA LICENZIAMENTI

Business Week, autorevole rivista economica, nella sua edizione on line ha anticipato - senza essere smentita - che la General Electric taglierà 75.000 posti di lavoro, il 15% dell'intera forza-lavoro del gruppo. Nel calcolo non sono compresi i 28.000 posti che andranno persi a causa della chiusura della catena al dettaglio Montgomery Ward, sussidiaria della GE. La "colpa" sarebbe della fusione con la Honeywell, ampiamente celebrata come una delle operazioni più "geniali" degli ultimi anni, che andrà a conclusione nelle prossime settimane. Si pensa che Honeywell, per non esser da meno, dovrà "liberarsi" di 50.000 lavoratori.
Tagli di questa portata non si vedevano da oltre 20 anni. Questo è il segno che i problemi alla base del "rallentamento" sono di natura e dimensione non governabile con i soli strumenti della politica monetaria.

GOVERNO E PADRONI SI GIOCANO IL TFR


Il messaggio della Conferenza nazionale sul lavoro organizzata dal governo di centrosinistra vorrebbe essere rassicurante sventolando il risultato dell'occupazione, quei posti di lavoro, "un milione", che Berlusconi aveva promesso, e che invece questo esecutivo ha prodotto. E in più, appunto, i toni: la promozione di un'immagine di buona, pacata, amministrazione.
Ma ci pensa il presidente del consiglio Amato nelle conclusioni a mettere pepe sul piatto con un frontale al presidente della Confindustria Antonio D'Amato. Il quale risponde con veemenza scagliandosi sulla Cgil. L'attacco gli brucia. L'accusa agli imprenditori è infatti di "arcaicità", l'oggetto è la mancata riforma del Tfr (la liquidazione dei lavoratori, soldi che le imprese hanno in mano e gestiscono) che doveva far decollare i fondi pensione. Ma Antonio D'Amato ha impedito la riforma, perché voleva in cambio "contropartite in termini di flessibilità, modifiche dello statuto dei lavoratori e licenziamenti"; mentre - sottolinea il premier - i fondi pensione sono una "contropartita in sé", perché sviluppano un mercato finanziario, oggi carente, che avvantaggerebbe il sistema delle imprese, gli industriali.

Per lor signori questa è la positività dell'uso che vogliono fare del TFR che, come le pensioni, sono soldi dei lavoratori. Quindi i nostri soldi devono secondo Amato avvantaggiare gli industriali! Ancora!!!

Come si vede, c'è poco da stare allegri sulle rispettive intenzioni dei duellanti, ma le polemiche infuriano, e gli schieramenti si compattano, quando D'Amato accusa la Cgil: "C'è stato il suo veto fin dall'inizio, nonostante sia noi che la Cisl e la Uil fossimo disponibili a un tavolo di trattativa al contempo su flessibilità, sommerso e tfr". Il segretario della Cgil, e il segretario della Uil Luigi Angeletti, danno ragione a Giuliano Amato contro gli industriali "miopi". Il segretario della Cisl Pezzotta si chiama fuori, ossia dà ragione alla Confindustria: "Noi siamo sempre pronti ad aprire il tavolo".

Eccoli qua pronti a dividersi la torta dei Fondi Pensione!
Il presidente del consiglio dice anche qualcosa sul lavoro "sommerso", nero, e il sud affermando che ci sono aziende che "non possono emergere" alla legalità, neppure con tutti gli sconti fiscali e contributivi concessi ai padroni: perché competono coi "paesi terzi" grazie al nero. A quelle aziende, è meglio far cambiare indirizzo, "verso i servizi e una produzione qualificata". Al che il presidente della Confindustria reagisce accusando il governo di "compiacenze" con l'illegalità.

FIAT E ALPITOUR

A Torino la Fiom protesta per il fatto che la Fiat (Ifil) ha deciso di investire 200 miliardi nell'acquisto della nota agenzia di viaggi, proprio mentre rende pubblica la messa in vendita dell'intera Magneti Marelli (26.500 lavoratori produttivi), poco dopo essersi liberata della Ferroviaria e, temono, poco prima che anche il Comau subisca la stessa sorte. Alpitour sembra così rientrare nel core business decantato dalla multinazionale dei trasporti: con Alpitour si vola e dunque i trasporti c'entrano. Una vecchia pubblicità della Fiat recitava più o meno così: "in cielo, in mare, in terra". Senza dimenticare che la globalizzazione impone grandi spostamenti, e qualcuno che prenoti i viaggi aerei è pur necessario.


2.600 FUORI DEUTSCHE BANK

La seconda banca del mondo si ristruttura dividendosi in due - clientela privata e imprese - tagliando 2.600 posti di lavoro, ma garantendo per il 2003 un dividendo più alto del 15% per gli azionisti. La decisione arriva dopo una crescita record degli utili del gruppo, ma inferiore alle attese degli analisti. Db sfrutterà le possibilità cncesse dalla legge tedesca, che consente alle banche di dismettere le partecipazioni industriali senza pagare tasse.

LAVORATORI DELLE PULIZIE

La categoria dei "pulitori" (meglio sarebbe dire delle "pulitrici", data la prevalenza femminile), sembra ricnoscersi nel film di Ken Loach, Bread and Roses, storia agrodolce di lotta dei janitors a Los Angeles. Un modo per dire: vogliamo il pane, le rose e anche il contratto (le trattative languono da quasi due anni). E per dare visibilità agli invisibili che puliscono - spesso di notte - palazzi, uffici, ospedali, aeroporti.
"Non siamo al grado zero come a Los Angeles, dove il sindacato per entrare in un'azienda deve fare una fatica dannata, però le somiglianze sono parecchie", dice la delegata della Pedus Service, appalto di pulizie all'ospedale di Cuggiono. "Alla fine del mese ti manca sempre qualcosa in busta paga, se non sei mobile come vogliono loro ti fanno i dispetti come i bambini, la tredicesima te la calcolano sul part time di 20 ore anche se ne lavori 40 e per la mensa ti danno 3 mila lire. Al mese, sia chiaro, non al giorno".
Isolabella è una delle imprese di pulizie più vecchie sulla piazza milanese. Tra i tanti appalti ha quello per le pulizie all'Eni di San Donato. Dove, dice un lavoratore, "siamo un po' più rispettati che a Los Angeles, però gli stipendi sono bassi, un milione e mezzo per un tempo pieno. Non so spiegarmelo perché ogni volta per fare il contratto si debba fare così tanta fatica. Sarà perché la maggior parte dei lavoratori tiene la testa nel sacco". "Gli impiegati dell'Eni non ci filano, c'è un abisso tra noi e loro", afferma un altro. Isolabella tre anni fa ha vinto la gara al massimo ribasso, poi ha subappaltato pezzi di lavoro a delle cooperative "che la gente la paga la metà di noi". Perentoria l'indicazione di Maria Grazia, delegata Filcams all'Isolabella: "Per fare il contratto ci vuole la lotta dura, l'oretta di sciopero ha come unico effetto dieci mila lire in meno in busta paga. Voglio vederli sommersi dalla spazzatura questi manager con la 24 ore. Allora sì che Milano si fermerebbe".
Per i 450 mila lavoratori delle imprese di pulizie (70% donne, 80% a part time) il contratto viaggia sempre in ritardo. Le trattative sono in corso da 22 mesi, la scorsa volta durarono 36 mesi e fu necessario un lodo ministeriale (nel '97) per portare a casa 70 mila lire d'aumento (unico scatto salariale in 7 anni) e la clausola che garantisce il mantenimento del posto di lavoro quando cambia l'impresa che si aggiudica l'appalto. Clausola che ora le imprese vogliono cancellare. Come contorno a una politica del gambero che pretende di rimangiarsi anche il pagamento dei primi 3 giorni di malattia, le associazioni datoriali aggiungono una sequela di no. No all'aumento mensile di 70 mila lire, no a retribuire il 28% in più le ore "supplementari" (quelle che si aggiungono al part time, lo straordinario scatta solo quando si superano le 40 ore settimanali), no all'estensione dei diritti contrattuali ai soci-lavoratori delle cooperative. Con un un costo del lavoro più basso, le cooperative riescono più facilmente ad aggiudicarsi appalti al massimo ribasso e ciò spiega il moltiplicarsi delle cooperative "di comodo".
In Italia operano circa 35 mila imprese di pulizia. Il confronto con la Germania, dove se ne contano 5 mila, rende l'idea della polverizzazione del settore. A Milano e provincia sono registrate 3.735 imprese di pulimento, la dimensione media è di 3 addetti (nell'81 era di 12). Si va dalle imprese familiari che puliscono i condomini, alle multinazionali come le tedesche Pedus service e Markas con più di 5 mila dipendenti. Ancor più grandi le "emiliane" Manutencoop e Coopservice con appalti su tutto il territorio nazionale. Poi ci sono le cooperative "bianche", dove la parte del leone la fa la Compagnia delle opere.

 

6000 LICENZIAMENTI NEL GALLES

La produttrice di acciaio anglo-olandese Corus ha annunciato ieri una revisione radicale delle sue operazioni nel Regno unito e il taglio di 6050 posti di lavoro nei prossimi due anni. I tagli (che lasceranno Corus Uk con 22 mila lavoratori) riguardano tutte le acciaierie inglesi del gruppo e soprattutto saranno trasversali: a risentirne saranno i colletti bianchi come gli ingegneri, gli operai specializzati come quelli di linea. Lo stabilimento più colpito dai tagli sarà quello gallese di Llanwern, con 1340 dipendenti a rischio. Per i sindacati, la decisione di Corus "taglia le vene a comunità intere che già si trovano in aree dove la disoccupazione è molto alta". Il riferimento è al Galles dove verrà bloccata la produzione di ferro e acciaio, lasciando a terra non solo i dipendenti dello stabilimento Corus di Llanwern, ma anche migliaia di lavoratori dell'indotto. Il Galles sarà colpito anche negli stabilimenti di Ebbw Vale, Deeside, Teeside e Bryngwyn, per i quali si parla di chiusura.
La compagnia Corus è stata creata nel 1999 con la fusione di British Steel e l'olandese Hoogovens. L'anno scorso aveva tagliato 4500 posti di lavoro, ma aveva annunciato che non sarebbero stati gli ultimi. British Steel è stata creata nel 1967, quando l'allora governo laburista nazionalizzò le quattordici maggiori acciaierie. La crisi nella domanda di acciaio e la recessione degli anni Ottanta, durante i governi Thatcher, ridusse la forza lavoro in maniera impressionante: da 142 mila dipendenti nel 1980, British Steel è passata a 52mila nel 1988, quando la Lady di Ferro decise la privatizzazione. La fusione con Hoogovens era stata salutata dal governo Blair come la salvezza delle acciaierie britanniche dall'oblio. Previsione sbagliata: nell'estate del 2000, a meno di un anno dalla nascita, Corus perdeva 20 milioni di sterline al mese.

 

3 febbraio ’01

 

LA UIL VUOLE "INGABBIARE" I SALARI AL SUD

Ridurre del 30% il costo del lavoro nel sud per attrarre circa 10 mila imprese che ogni anno abbandonano l'Italia per andare in zone più competitive. E' questa, in sintesi, la ricetta rilanciata dal comitato centrale della Uil. "Siamo di fronte - ha spiegato il segretario Luigi Angeletti - a un bivio: o creaiamo le condizioni per rendere il meridione appetibile per le aziende che invece scelgono di lasciare il paese, utilizzando le risorse dell'Unione europea, o tra quattro anni, nel momento in cui vi sarà l'allargamento dell'Unione europea, quei fondi non saranno più a disposizione per ridurre il divario nord-sud". Per gli imprenditori italiani, secondo il segretario della Uil, investire al sud deve essere "interessante". "Per questo bisogna puntare su una strategia di rottura che permetta di risalire la china". Per la Uil si dovrebbe ridurre del 30% il costo del lavoro intervenendo sul cuneo fiscale, "il che permette all'industriale di trovare, anche se non a parità di spesa, più interessante investire nel meridione che non in Romania".

 

Vertenza "call center"

Il Cobas delle telecomunicazioni ha intenzione di organizzare una vertenza nazionale dei call center di Telecom Italia. "Le condizioni di lavoro in questi call center (187,181,191,182,183, ecc.) sono ormai degenerate. I ritmi sono più che stressanti, le mansioni parcellizzate e ripetitive. L'attività è quasi sempre circoscritta alla risposta telefonica, con l'imposizione di tempi massimi di attesa e conversazione, con sempre meno contenuti professionali".

MIRAFIORI SI FERMA CONTRO 147 LICENZIAMENTI

Quando la direzione della Fiat manda i capi officina a consegnare a 147 ragazzi in contratto di formazione-lavoro la lettera di benservito, del tipo: "non intendiamo più avvalerci della vostra prestazione", Mirafiori si ferma. Prima la Lastratura: spontaneamente un corteo di 500 tute blu ha attraversato le officine. Alle 12 si ferma Verniciatura, e poi tutti i settori, Montaggio compreso. Poco prima delle 14 sono entrati in fabbrica gli operai del secondo turno, hanno indossato la tuta e sono andati a ingrossare il corteo interno che ha raggiunto dimensioni inedite, almeno negli ultimi decenni. Prima due, poi tremila operai sono infine usciti dalla porta 3 di Mirafiori e hanno bloccato il traffico in corso Agnelli dove si è tenuta una grande assemblea.
Alle 16,30 l'assemblea davanti ai cancelli è finita, il serpentone operaio ha ripreso forma e gli operai del secondo turno sono rientrati in fabbrica. Avrebbero dovuto votare per il referendum sulla piattaforma contrattuale di Fim, Fiom e Uilm, ma il voto è stato spostato a lunedì: "Ora discutiamo di come proseguire la lotta: scioperiamo fino alle 22, oppure decidiamo le fermate per la prossima settimana?" La risposta all'assemblea al Montaggio è stata unanime: "Sciopero fino a fine turno, e lunedì si ricomincia". Ed è ripartito il corteo interno.
Non è la prima volta che la Fiat butta fuori in blocco tutti i ragazzi alla scadenza del contratto, nonostante le garanzie ripetutamente date al sindacato e ai lavoratori sulla loro assunzione a tempo indeterminato. Si sono comportati come l'estate scorsa, tutti a casa. Ma in quel caso si trattava di interinali, operai in affitto.
Il blocco produttivo di ieri ha provocato massicce mandate a casa, per esempio alla Lear dove si fanno i sedili per le auto assemblate a Mirafiori. E anche alla Lear cresce la protesta, i lavoratori non hanno gradito la politica feroce (o solo di mercato) della Fiat. A Mirafiori i lavoratori non sono sufficienti, perché alla produzione di Panda, Multipla e Punto hanno aggiunto quella della Marea, trasferita da Cassino dove si sta allestendo la nuova Brava.

 

6 febbraio ’01

 

LA FIAT IN SCIOPERO CONTINUO

La protesta spontanea dei lavoratori Fiat contro 147 licenziamenti di giovani in contratto a termine ha paralizzato di nuovo la produzione. Alle Carrozzerie hanno incrociato le braccia in massa, si è formato un corteo che ha attraversato i reparti e infine il serpentone di tremila tute blu è uscito dalla fabbrica. Alla porta 3, ad attenderlo c'erano i 147 ragazzi che la Fiat ha deciso di punire per dare una lezione a tutti. Bloccato corso Agnelli, il corteo è arrivato alla porta 5, quella dei 35 giorni dell'80 e qui vecchi e giovani lavoratori hanno tenuto un'assemblea insieme ai sindacalisti. Un'assemblea contro i licenziamenti, e una riflessione collettiva sugli strumenti necessari a difendersi da una pratica selvaggia della flessibilità, in una fabbrica dove i vecchi operai Fiat lavorano fianco a fianco con operai di ditte "terze" e con giovani precari assunti per 6 o 12 mesi, o affittati da un'agenzia, o in formazione-lavoro. Una frantumazione che divide, ma che può ricomporsi in una scelta di lotta comune.
La protesta continuerà nei prossimi giorni, e così il presidio che durerà finché la Fiat non accetterà di "incontrare le rsu e ritornare sui suoi passi". Scioperi di solidarietà anche alle Meccaniche e alle Presse di Mirafiori, alla Comau, Marelli e Tnt.9

 

TELECOM: CGIL CISL UIL CI RIPENSANO

Meno di un anno fa si concludeva una lunga trattativa a tre, presente anche il ministro del lavoro Salvi, con la fuoriuscita di 13.500 lavoratori dall'azienda. Oggi la CGIL si ricorda della parola "conflitto".
Cgil, Cisl e Uil hanno confermato lo sciopero di 4 ore per giovedì 8 febbraio; il primo di un pacchetto che, se qualcosa non muta nelle relazioni sindacali, potrebbe raggiungere le 12 ore complessive. La motivazione è davvero semplice: dell'accordo di un anno fa Telecom ha preso la parte che le interessava (le uscite dall'azienda finanziate anche con soldi pubblici) guardandosi bene dal dar seguito alla promessa di 6.200 assunzioni, concentrate soprattutto al sud. Ma tutte le mosse di Colaninno, in ogni caso, stanno a indicare che l'azienda fa ormai volentieri a meno del contributo del sindacato. Su tutto, dicono i sindacalisti, regna la certezza che quelli in testa al presidente sono piani "fondamentalmente finanziari", senza alcun respiro o logica industriale. E' una scoperta tardiva - le stesse valutazioni erano possibili già da qualche tempo, e infatti i sindacati di base in Telecom si erano mossi con questa consapevolezza - ma comunque questo dice solo che nel giusto erano questi ultimi e che i sindacati filo istituzionali le fanno proprie.
Lo sciopero precede e prepara la ripresa del confronto con l'azienda, il 9 febbraio.
Particolarmente sentito il problema del settore informatico: in teoria il punto di forza tecnologico, ma in fase di scorporo verso Telesoft (con problemi anche contrattuali seri: il passaggio forzato dal contratto metalmeccanico a quello, peggiorativo, delle tlc, incluse le norme previste dal "contratto di armonizzazione", rifiutate dai lavoratori e applicato unilateralmente dall'azienda).
E a Firenze quasi 500 dipendenti Telecom - con una manifestazione convocata da Flmu, Cobas e Snater - hanno provato ieri a raggiungere palazzo Corsini, dove Colaninno stava intrattenendo la comunità finanziaria, ma non gli è stato permesso. E per di più hanno raccolto la voce che nel convegno si sarebbe parlato di altri 28.000 "esuberi" a breve termine. Ce n'è insomma d'avanzo perché anche la linea sindacale più "morbida e partecipativa" si traduca in una ripresa di mobilitazione. Per far recedere Telecom, però, si ha l'impressione che il "conflitto" non sarà sufficiente minacciarlo. E che 12 ore di sciopero non basteranno a cambiare di molto la situazione.

LONDRA, SCIOPERA LA METROPOLITANA

Lo sciopero dei lavoratori della metropolitana è riuscito, in barba a chi, nel governo e nell'azienda dei trasporti londinesi, per tutta la giornata di domenica aveva giocato al ribasso; a cercare di convincere i londinesi che lo sciopero sarebbe stato di pochi "irriducibili". Col passare delle ore, la situazione si è fatta ancora più critica, con le linee principali della tube paralizzate. Un bollettino nerissimo per l'azienda che governa la metropolitana, London Underground, che aveva cercato di bloccare lo sciopero dei macchinisti, ricorrendo anche al tribunale. L'Alta corte aveva concesso all'azienda un'ingiunzione nei confronti dell'altro sindacato dei macchinisti, Rmt, che ieri era legalmente obbligato a non partecipare allo sciopero.
Ma Aslef, il sindacato che rappresenta l'80% dei conducenti, aveva promesso braccia incrociate. E così ha fatto. Le parole d'ordine di questo sciopero di 24 ore sono sicurezza e posti di lavoro. Sicurezza, perché i turni massacranti provocano stanchezza e stress, mettendo a rischio la lucidità dei macchinisti. Posti di lavoro, perché la ventilata privatizzazione dell'azienda, anche se parziale, in partnership con il pubblico (come vorrebbe il governo Blair), significa, secondo i sindacati, che molti lavoratori dovranno fare le valige e lasciare il posto ai cosiddetti temps, i lavoratori temporanei che piacciono di più ai privati.
Quello di ieri è stato il primo sciopero programmato dai macchinisti, che ne hanno annunciati altri due a breve, il 12 e il 19 febbraio.
Alle stazioni capolinea della metropolitana ieri mattina all'alba si sono formati i primi affollati picchetti di lavoratori. La maggior parte dei macchinisti è rimasta ferma; molti dipendenti, nonostante le pressioni della direzione, si sono rifiutati di forzare i picchetti.

PUBBLICO E PRECARIO

Il 75% degli Enti pubblici fa ricorso al part tima e il 72% al lavoro a termine. E' quanto emerge da un questionario, cui hanno risposto 24 amministrazioni, presentato ieri dal Dipartimento funzione pubblica. Il relatore, il sottosegretario al lavoro Raffaele Morese, ha vantato le politiche per la "competitività" nel settore pubblico. E il primo degli strumenti è appunto la "flessibilità" della forza lavoro, grazie al ricorso al "lavoro atipico". Unico "neo", la scarsità di interinale. Forza modernizzazione.

PULIZIE AL QUIRINALE

Sono stati riassunti i 5 operai che il consorzio di cooperative Cis, appaltatore del servizio di pulizie alle Scuderie papali del Quirinale, non voleva "rilevare" dal precedente appalto. La vertenza si è conclusa positivamente. In gennaio era avvenuto il passaggio delle pulizie all'azienda vincitrice dell'appalto. Secondo il contratto, l'impresa entrante deve rilevare i lavoratori del cantiere; il Cis, però, voleva solo "soci", non dipendenti. Dei sette operai, due avevano "aderito" alle pressioni, accettando il penalizzante passaggio a "soci"; gli altri cinque scelsero la vertenza. Ora il Cis ha ceduto e tutti e sette i lavoratori verranno assunti come dipendenti.

 

7 febbraio ’01

 

MIRAFIORI: LOTTE E SOLIDARIETA'

147 è il nome dell'ultimo modello Alfa Romeo che tira le vendite della casa del Biscione, ma 147 sono anche i ragazzi e le ragazze di cui la multinazionale dell'auto ha deciso di liberarsi. Sono tutti di fronte alla porta 2 di Mirafiori Uno striscione appeso ai cancelli spiega il senso della manifestazione: "Vogliamo la conferma di tutti i neoassunti".
Giovani operai e anziani delegati si intendono perfettamente nonostante culture e linguaggi tanto diversi. Ma linguaggi e chiacchere stanno a zero: 147 operai e operaie a cui scadeva il contratto a termine sono stati cancellati con un colpo di spugna. Oggi solo un presidio alla porta 2, in attesa che la multinazionale italo-americana risponda alla richiesta di incontro avanzata dalle rsu della Carrozzeria. Ma alle 15, poco dopo che gli operai del secondo turno hanno finito di sciamare dal tunnel nel piazzale delle Carrozzerie e quelli del secondo hanno timbrato da un'ora il cartellino, squillano i telefonini e dalle officine i delegati annunciano ai sindacalisti e ai ragazzi: "Abbiamo ricominciato in Lastratura e stiamo attraversando le officine in corteo". Non c'è tregua, non c'è differenza tra la rabbia di quelli fuori e l'incazzatura di quelli dentro. Dentro fino a quando? Per volere "di Agnelli o del signor General Motors"?
"Tu mi vedi? Eppure sono invisibile, gli altri giornali e le tv non mi vedono. Gli operai sono diventati trasparenti e siccome non si vedono non fanno notizia. Anzi, c'è né solo uno visibile, la sua faccia è nei manifesti appesi ai muri. E' uno che dice di essere 'Un presidente operaio'". Scherza ma è incazzato nero, il giovane cancellato che se la prende con il silenzio stampa sulla prima grande protesta spontanea a Mirafiori da vent'anni, anzi da ventuno. "Nella linea dov'ero io chiedono gli straordinari, segno che di lavoro ce n'è. E di operai giovani hanno bisogno. Vuoi una prova? Ho incontrato personalmente sia venerdì che lunedì altri ragazzi alla porta 7 con in mano una lettera per il colloquio e la visita. Vogliono buttar fuori noi per prenderne altri". Chi sono questi 147 ragazzi arrabbiati, pronti a tutto pur di tornare a fare "un lavoro di merda, pesante, ripetitivo, stressante. Ma era il mio lavoro". "Io lavoravo all'Euromercato, mi sono licenziata da un posto fisso perché tutti mi dicevano che una volta entrata alla Fiat, se non scioperi durante il contratto a termine non esci più. Alla faccia. Certo il lavoro alla pinzatura è più duro di quello che facevo prima, ma io ho stretto i denti lo facevo bene, subivo ricatti e dovevo fare gli straordinari per un milione e seicento mila lire al mese. Mi hanno buttato fuori lo stesso. Ma fuori non ci voglio restare, voglio tornare in officina con i compagni e le compagne vecchie e giovani con cui mi sono trovata benissimo". "Un lavoro di merda, e con questo licenziamento immotivato mi hanno umiliata. Io non ci torno lì dentro - la interrompe una sua collega, vent'anni o poco più - neppure se vinceremo questa battaglia". "Io si che ci torno - interviene un altra - e il giorno dopo l'assunzione mi metto in mutua". Le ragazze sono le più determinate, un po' più defilati i ragazzi. Ma qualcuno di loro parla, racconta di quando faceva chi "l'operaio in una fabbrichetta dell'indotto auto", chi "l'artigiano, ero fisso e mi sono fregato da solo con la storia di mamma Fiat".
Dei vecchi operai dicono: "Stupendi, una solidarietà straordinaria, ci trattano come figli e si incazzano come se qualcuno, il padrone, avesse fatto un torto ai loro figli". "A me un vecchio mi ha detto: 'Perché non mandano a casa me che non ce la faccio più a sputare sangue in questa galera?". Raccontano le rassicurazioni dei capi: "Preparate la torta che è fatta, mi ha detto il repo un giorno prima. Poi mi ha consegnato la lettera. Eccolo, guardalo là quel bastardo, sta entrando adesso. E' venuto a vedere se c'eravamo al presidio. Ci siamo e ci resteremo, bastardo". I vecchi sindacalisti e i delegati sopravvissuti dall'80 ascoltano a bocca aperta queste ragazze determinate, qualcuno a bassa voce aggiunge: "Non li possiamo abbandonare, non sarebbe giusto. Ma sarà dura riportarli dentro". Sarà duro perché la Fiat è sorda.
E se non fanno notizia 147 ragazzi, a chi volete che interessino i 142 operai e impiegati degli Enti Centrali di Mirafiori, messi in mobilità proprio ieri?

 

08 febbraio ’01

 

MELFI: LA FIAT TERZIARIZZA

In una lettera aperta la Fiom Cgil denuncia la riorganizzazione delle scelte strategiche della Fiat rispetto allo stabilimento lucano. "La riorganizzazione del modello della fabbrica integrata attraverso le terziarizzazioni", con cessione di pezzi del processo produttivo e relativi lavoratori a micro-aziende appositamente costituite; le nuove assunzioni, da due anni a questa parte, avvengono unicamente con contratti a termine di 5 mesi; viene negato il rinnovo del contratto aziendale, costringendo i lavoratori a un gap salariale rispetto agli altri dipendenti del gruppo e a un orario lavorativo (sui turni) ampiamente penalizzante.
Una strategia che non dovrebbe avere motivazioni valide, visto che gli indici di produttività sono superiori a quelli che si registrano in altri stabilimenti. E' evidente, conclude la Fiom locale, che si punta a fare di Melfi un semplice terminale produttivo, impoverendone le funzioni.

 

9 febbraio ’01

 

ZANUSSI LICENZIA

L'anno scorso, i lavoratori degli stabilimenti Electolux Zanussi avevano bocciato con un referendum le pretese dell'azienda, già accettate dai delegati, di ricavare produttività e guadagni con carichi e ritmi di lavoro impossibili, "lavoro a chiamata", salari di "ingresso" infinito. Ma l'azienda famosa per il sistema partecipativo chiarisce una volta di più al sindacato che il "sistema" implica un comando unilaterale, il suo. E dichiara 246 licenziamenti.
A Susegana la Zanussi si è presentata con la richiesta di un "recupero di produttività" ottenuto con tagli delle pause, aumento dei ritmi di lavoro. Sulle linee di montaggio 80 pezzi all'ora; lavoro al sabato su due turni "in flessibilità", un'ora di "flessibilità" in più ogni sera dalle 10 alle 11, per un totale di oltre 80 ore per operaio, da farsi tra aprile e lugliio; non più di 2 settimane di ferie, e altri particolari in lista. I sindacati hanno tentato altre vie, ma la Zanussi dice che se il sindacato si permette di fare una sua proposta, vuol dire che nega il principio stesso del piano industriale per il 2001 scritto dall'azienda. E su quello, a quanto pare non è prevista alcuna negoziazione, discussione partecipata. Così, mercoledì sera, i dirigenti Zanussi hanno dichiarato che la trattativa era chiusa, e che perciò loro, sentendosi liberi di agire, dichiaravano 246 licenziamenti.
Per Mel e Rovigo la Zanussi si era presentata dicendo che vuole recuperare "il 40%" di costo del lavoro - il "differenziale" rispetto ai concorrenti stranieri - e che questo si può ottenere con il "recupero di produttività"; e ha presentato il conto di "406 esuberi".

ANCORA LOTTA A MIRAFIORI

"Senti che freddo, siamo congelate. Ma da qui non ci muoviamo, ci puoi scommettere". La maggior parte dei 147 giovani spediti a casa dalla Fiat dopo 15 mesi di onorato lavoro, sta scoprendo il sindacato e la politica. Ogni giorno, dalle 13 presidiano la porta 2 di Mirafiori e mantengono aperto il confronto con gli operai del secondo turno che entrano e quelli del primo che escono, che hanno scioperato per tre giorni di seguito e sono pronti a ricominciare. I 147 sono fiduciosi, combattivi, non hanno esperienze di lotta ma neppure antiche ferite da leccarsi. Se ne rendono conto i vecchi operai, i delegati e i sindacalisti, capiscono la potenzialità di questi "nuovi quadri" e sentono pesare su di sé la responsabilità, quasi il dovere, di strappare un risultato positivo.
La prossima settimana, in assenza di risposte positive della Fiat, riprenderanno gli scioperi. Già oggi non è escluso che un gruppo di lavoratori dei Cobas decidano di anticipare la protesta con quattro ore di sciopero: se riuscirà, il giudizio sull'iniziativa sarà positivo, altrimenti rischierà di rompere una mobilitazione unitaria senza precedenti recenti a Mirafiori.

Osservazioni sulla lotta alla Fiat da parte del SinCobas
(lettera a Liberazione)
Caro Curzi, ti scriviamo in qualità di Rsu e di lavoratori iscritti al S. In. Cobas della Fiat di Mirafiori, appartenenti ai vari circoli di Rifondazione comunista. In questi giorni, come tu saprai e come abbiamo potuto leggere sul nostro giornale "Liberazione", alla Fiat sono ripresi gli scioperi spontanei contro la flessibilità, contro "i licenziamenti" dei 136 lavoratori con contratto a termine. Ora, mentre le organizzazioni sindacali confederali davanti ai cancelli della Fiat pensano solo a curare la propria immagine non dando seguito alla spontaneità delle lotte e nello stesso tempo le loro Rsu firmano con la Fiat l’accordo sugli straordinari (che tra l’altro prevede per quanto riguarda i 136 lavoratori il seguente passaggio: "… si è convenuto che in caso di necessità di inserimento di personale dall’esterno presso il Sito stesso saranno presi in considerazione in via prioritaria, a parità di mansioni, i lavoratori che già vi hanno operato con l’apporto di lavoro a tempo determinato e il cui contratto di lavoro sia scaduto nel corso dei 12 mesi precedenti), il solo S. In. Cobas assieme ad alcune (4) Rsu confederali organizzano all’interno la lotta. Sempre il S. In. Cobas assieme alle 4 Rsu confederali hanno guidato i cortei all’occupazione di corso Traiano lunedì 5 e di corso Orbassano martedì 6. Sfogliando il nostro giornale ci accorgiamo con un certo stupore misto a malumore che, pur trattando la notizia in prima pagina e in più pagine interne, non c’è una sola riga sulle occupazioni delle vie della città e sul lavoro svolto dai compagni del S. In. Cobas. Anzi a malincuore scopriamo che tutte le pagine sono occupate dalle "battaglie" dei confederali, in particolare dei compagni della Fiom (gli stessi che hanno firmato l’accordo sopra citato). Eppure questo è il terzo comunicato stampa che inviamo a "Liberazione", e nei precedenti c’erano tutte le azioni sopra riportate, nel dettaglio. Non vogliamo credere che il nostro giornale voglia mettere il bavaglio ai comunicati del S. In. Cobas per favorire la "sinistra Cgil". In ogni caso ti diciamo sin d’ora che non ci sentiamo affatto comunisti di serie B solo per il fatto di appartenere a un sindacato alternativo come il S. In. Cobas e di non fare parte della "grande" Cgil, e come comunisti di serie B non vorremo essere trattati.

 

SCIOPERO TELECOM

Scioperi Telecom, comparto informatici: la prima tornata di 4 ore è andata bene. Il pacchetto prevede altre 8 ore, che probabilmente verranno utilizzate la settimana prossima. Ieri, secondo i sindacati, hanno aderito a Roma il 60% dei 1700 dipendenti ex Finsiel. A Napoli, l'80% (sono in tutto 270). I dipendenti del neonato gruppo Tiit (Telecom Italia Information Technology, "partorito" nello scorso novembre) sono preoccupati dal nuovo piano industriale presentato da Roberto Colaninno. Tiit è oggi il più grosso fornitore di servizi di Information Technology in Italia: 44 società, oltre 12.000 dipendenti, 4300 miliardi di ricavi, il 20% del mercato nazionale. Circa 8500 sono lavoratori metalmeccanici, gli altri 4000 sono inquadrati come telefonici.
Rientreranno in Telecom Italia, a partire dal 15 marzo, 622 lavoratori in Cig.

SIEMENS

Mara da 25 anni fa l'operaia alla Siemens di Cassina de' Pecchi (Milano) e ha un figlio di 9 anni. I suoi tempi di vita sono incompatibili con i nuovi turni che l'azienda vuole imporle e per questo da lunedì si rifiuta di entrare in fabbrica alle 6 di mattina. Si presenta, come sempre, alle 8,30, dopo aver accompagnato il figlio a scuola. Le prime due ore e mezza fa sciopero e con lei scioperano gli aderenti alla Flmu, il sindacato a cui Mara è iscritta.
L'azienda si fa forte di un accordo siglato con le Rsu che ha introdotto i doppi turni e che ha costretto molte donne a fare i salti mortali per tenere insieme il lavoro di cura e quello fuori casa. Si prenda una baby sitter, "suggerì" uno dell'ufficio del personale a Mara il 13 novembre, quando iniziò il braccio di ferro. No, rispose la donna, disposta a cambiare reparto pur di mantenere l'orario a giornata. "Allora ci divertiremo" fu la replica minacciosa. Lunedì è scaduto l'ultimo rinvio e Mara è passata all'azione. Sulla quale la Rsu ha fatto calare il gelo.
Non un cenno di solidarietà per una lotta considerata individuale e fastidiosa. Rompe il silenzio la presa di posizione di Luigi Gariboldi (Rsu della Siemens Business Service) e di Giacinto Botti (Rsu Italtel Castelletto). Scrivono i due delegati della Fiom: "Mara non merita solo solidarietà, ma il rispetto per quello che tenacemente sta difendendo. Se sarà calpestata e offesa nella dignitò di donna e lavoratrice, se soccomberà alle esigenze aziendali a discapito dei suoi bisogni, avremo perso tutti dignità e libertà... La lotta di Mara non è di questa o di quell'altra sigla sindacale, dovrebbe essere di tutti i lavoratori e di tutti i delegati".

 

FIAT: SCIOPERA CASSINO

Un'ora di sciopero nella mattinata e un'altra nel pomeriggio. Ieri alla Fiat di Cassino è tornato lo sciopero, sia contro la nuova organizzazione e il conseguente aumento dei carichi di lavoro, sia contro le intimidazioni e il comportamento antisindacale dell'azienda. Gli scioperi di ieri sono stati infatti decisi dopo le intimidazioni nei confronti dei lavoratori. I sindacati dei metalmeccanici Fim, Fiom, Uilm e Fismic, insieme alle Rsu avevano chiesto ai lavoratori di protestare contro alcuni episodi che si sono verificati nei giorni scorsi. Dopo lo sciopero contro i carichi di lavoro e il mancato voto per la scelta dei cosiddetti "Team-Leader", la Fiat ha messo in atto delle vere e proprie intimidazioni.
Nel momento in cui i rappresentanti dei lavoratori in permesso sindacale stavano invitando gli operai dello stabilimento di Cassino a entrare in sciopero, sono intervenuti i cosiddetti "Repo", i rappresentanti dell'ufficio personale di officina che hanno "avvertito" tutti, lavoratori e sindacalisti. Guardate - hanno detto - che si sta "disturbando l'attività lavorativa". Ma le intimidazioni non spaventano.
"Ci conforta - si legge in un volantino sindacale distribuito a Cassino - oltre la positiva risposta dei lavoratori, anche la sensazione che siano scoppiate le contraddizioni nette tra officina e personale a proposito dell'impostazione unilaterale che la direzione del personale si è data".

ZANUSSI: ESUBERI E CASSAINTEGRAZIONE

I sindacati hanno raggiunto un accordo con l'Electrolux Zanussi che evita i 406 esuberi preannunciati negli stabilimenti di Mel e Rovigo dal gruppo. Il quale s'impegna a mantenere in produzione i due impianti sino al 2005. Questi i due risultati in cambio, e in nome del "recupero di produttività" richiesto da Zanussi - in soldoni, 36 miliardi di risparmi - partirà a marzo la cassa integrazione, la quale coinvolgerà, in due anni, a rotazione un migliaio dei 1600 dipendenti delle due fabbriche, con un minimo di 150 e un massimo di 180 unità per volta. In più, si interverrà, sempre da marzo, sul "recupero di efficienza e competitività".
Il sistema "partecipativo" Zanussi incastra ancora i sindacati, costretti comunque a venire a patti al ribasso, recuperando tutt'al più qualcosa. Ma non ricordano i sindacati confederali come andò la storia della sconfitta dell'80 alla Fiat? La Fiat chiese i licenziamenti per poi ottenere i cassaintegrati: era questo il suo vero obiettivo.

 

13 febbraio ’01

 

FIAT: A TORINO E A CASSINO CONTINUANO LE LOTTE


Alla porta 2 di Mirafiori continua il presidio per il reintegro dei 147 giovani licenziati e nello stabilimento di Cassino riprendono gli scioperi contro il peggioramento delle condizioni lavorative. Fiom e Fim ritengono che per costringere la Fiat al tavolo di trattativa per l'integrativo non ci si possa limitare a mantenere un generico "stato di agitazione": bisogna riprendere gli scioperi, già dalla prossima settimana. Su questo non concordano Uilm e Fismic, che si accontenterebbero di un nuovo incontro "formale" con la direzione della multinazionale, come se non fosse ancora chiaro il rifiuto a tutto campo espresso dalla Fiat sull'intero impianto della piattaforma sindacale.
A Cassino, gli scioperi contro la modifica unilaterale del sistema delle pause e dell'organizzazione del lavoro non si fermano e la Fiat risponde con gli strumenti classici della repressione: ieri, dopo tre "battute" di mezz'ora, la direzione ha mandato a casa tutti gli operai dello stabilimento e la stessa decisione è stata presa dalle aziende terziarizzate che operano nello stesso sito produttivo. A Torino manifestano davanti al palazzo della Regione i 147 giovani licenziati, insieme agli operai delle Meccaniche di Mirafiori in cassa integrazione, il cui futuro è nelle mani della joint venture Fiat-General Motors.


MENSE FIAT: IL GESTORE ANNUNCIA NOVANTA "ESUBERI"

I problemi, alla Fiat, non sono soltanto nelle linee di produzione, tra gli operai. Sempre più precario, ormai, è anche il lavoro nelle mense aziendali. Composto soprattutto da donne, con contratti di 8, 7 e 6 ore, ma sempre più spesso anche di 4 o 3. Sulla loro testa pesa la spada dei licenziamenti. Mirafiori, Rivalta, la Iveco, possono significare dolori, insomma, anche per chi lavora in cucina.
Dietro i piatti che gli operai mangiano in fretta, nella pausa di mezz'ora, ci sono storie di fatica simili alle loro. Nelle mense dei tre stabilimenti torinesi lavorano circa 600 persone. Magazzinieri, cuochi, addetti alla distribuzione. Non sono dipendenti Fiat, ma del gruppo che ha in appalto il servizio ristorazione, la multinazionale Onama, con sede a Milano, fondata nel 1967 dai fratelli Paolo e Mario Bianchi.
Un gruppo molto solido, che prevede di fatturare 1000 miliardi di lire nel 2001: fornisce 70 milioni di pasti al giorno in oltre 500 impianti, e da lavoro a 8.800 persone. E' esteso anche in Germania, e in Brasile serve i 20.000 operai Fiat locali. I conti, però, quando si chiudono i bilanci, devono sempre tornare: i 600 operatori del torinese subiranno un taglio al personale del 15%, avendo annunciato l'Onama ben 90 esuberi.
I dolori sono cominciati quando la Fiat ha messo mano alla "ristrutturazione" e perciò ai tagli di personale. I metalmeccanici, poi, hanno chiesto il passaggio dal pasto surgelato al fresco: nuovi metodi di preparazione, nuovi ritmi di lavoro nella catena di montaggio dei vassoi.
"La mole di lavoro - dice una lavoratrice - è notevolmente aumentata. Prima bastava riscaldare i pasti surgelati. Oggi bisogna servire ogni portata, e poi lavare i piatti e le posate. Chi ha contratti a tre ore, deve fare tutto più in fretta, e questo può danneggiare servizio e igiene. Con gli esuberi annunciati, tutto peggiorerà ulteriormente".
Nel settore mense ormai dilaga l'uso del part time a 15-20 ore settimanali, e i servizi peggiorano.

 

14 febbraio ’01

 

ALLEVATORI

Mentre viene sottoscritto il verbale di accordo che rinnova, per il biennio 2000-2001, la parte economica del contratto nazionale di lavoro per i 3000 dipendenti delle organizzazioni degli allevatori, la Flai-Cgil ha chiesto un incontro urgente con il presidente del consiglio Giuliano Amato per affrontare i problemi dei lavoratori addetti alla filiera delle carni bovine, dall'allevamento alla commercializzazione. L'ultimo decreto legge varato dal governo, secondo Chiriaco, non prende in alcun modo in considerazione gli effetti della crisi Bse sul lavoro dipendente. "Mentre è prevedibile un'accelerazione delle conseguenze negative sul lavoro e sull'occupazione - scrive Chiriaco - appare problematica, vista la destrutturazione del mercato del lavoro, l'adozione degli ammortizzatori sociali pur necessari".

BRITISH TELECOM ANNUNCIA TAGLI DI PERSONALE

British Telecommunications ha annunciato un taglio di un quinto delle forza lavoro nella sua divisione internet Openworld, ovvero 200 posti su 1000. La decisione è legata alla fusione di alcuni comparti e alle perdite registrate nel quarto trimestre, 107 milioni di sterline. Ai duecento dipendenti verrà offerto un posto di lavoro in un'altra società del gruppo Bt che riduce comunque il personale in tutti i settori. Si calcola che cinquemila persone abbiano già lasciato Bt.


FIAT CASSINO: SCIOPERO CONTRO I CARICHI DI LAVORO

Un altro sciopero alla Fiat di Cassino contro l'aumento dei carichi di lavoro nello stabilimento da riorganizzare. Lo sciopero dell'officina del montaggio è durato un'ora, ma nel pomeriggio ci sono stati vari contatti tra la direzione aziendale e i rappresentanti sindacali che promettevano altre agitazioni.
In particolare il contrasto più grosso c'è stato tra la Fiom e la direzione perché la Fiom chiede un aumento degli organici considerati insufficienti in presenza di un vistoso peggioramento dei carichi di lavoro. La prossima settimana i dipendenti Fiat saranno in cassa integrazione. Dal 26 rientreranno in fabbrica con il nuovo sistema organizzativo che non è stato concordato con i sindacati. Nella lotta di Cassino ci sono stati anche contrasti interni ai sindacati rispetto alla richiesta di integrazione dell'organico. E' probabile che il conflitto riprenderà dopo il 26.
Intanto si sciopera anche a Pomigliano. In questo caso si tratta degli impiegati dello stabilimento Fiat di Pomigliano che hanno effettuato un'ora e mezza di sciopero per protestare contro i licenziamenti annunciati dall'azienda. Si parla infatti di 56 licenziamenti, con la messa in mobilità dell'intero settore tecnologie montaggio. I lavoratori, informa la Fiom, hanno bloccato l'ingresso delle merci ai cancelli. L'adesione allo sciopero tra gli impiegati è stata pressocchè totale.

MONDADORI PRENDE ACI: 20 LICENZIAMENTI

Due periodici storici smantellati e ricreati artificialmente. Nove giornalisti e dieci amministrativi che potrebbero finire in mezzo a una strada. Un milione di indirizzi freschi freschi che passano da un ente pubblico, l'Aci, alla Mondadori di Silvio Berlusconi. Un bacino che fa comodo, dato che siamo in campagna elettorale.
Questa è la storia di alcune testate molto note agli abbonati dell'Aci, automobilisti e autotrasportatori: L'Automobile, Club dell'Automobile e Hp Trasporti. Nello scorso settembre, l'Automobile Club Italia proprietario delle tre riviste attraverso la società Lea srl, ha realizzato una joint venture con la casa editrice Mondadori. Primo risultato: nasce la Aci Mondadori, presieduta da Pasquale De Vita (già presidente dell'Unione Petrolifera). Secondo risultato: la Lea non editerà più le suddette riviste, indirizzate agli abbonati Aci (house organ) o destinate alla vendita in edicola. A questo punto, partono i licenziamenti per i dipendenti.
Ma l'Aci rinuncia ai suoi periodici? Niente affatto. Per non riassumere i dipendenti, basta registrare due riviste con nomi leggermente diversi, ma comunque house organ dell'ente: ecco che nascono Automobile Club e Hp Trasporti Club. A rimanere dentro, sono soltanto tre degli ex redattori e uno dei grafici, mentre per gli altri dipendenti della Lea si profila un futuro assolutamente incerto. Nasce anche Cambio, dove vengono messi a scrivere, loro malgrado, i giornalisti di un altro periodico Mondadori, Auto Oggi.
Il primo numero del nuovo Automobile Club è un inno a Forza Italia, dato che viene intervistato il deputato azzurro Franco Frattini, sotto forma di "esperto di sicurezza stradale". Per carità, Frattini è presidente di una Commissione parlamentare sul tema, ma la sua foto campeggia incomprensibilmente in formato maxi accanto al titolo, mentre le automobili (tema effettivo dell'intervista) compaiono come fotine di contorno. Il giornale è inviato al milione di famiglie abbonate all'Aci, che, si ricorda, è un ente pubblico.
Nel passaggio dalla Lea all'Aci Mondadori, sarebbe stato aggirato l'articolo 2112 del codice civile, che regolamenta la cessione d'azienda e obbliga la nuova impresa ad assorbire i dipendenti della vecchia. La registrazione con nomi diversi, insomma, avrebbe permesso al nuovo soggetto editoriale di non riassumere tutti gli ex dipendenti Lea.

 

15 febbraio ’01

 

FIAT RESPINGE LA RIASSUNZIONE

E' terminato in fretta l'incontro che per dieci giorni i lavoratori avevano atteso, nella speranza che gli scioperi, i cortei interni e i presìdi avessero aperto una breccia nel muro Fiat. La notizia del rifiuto aziendale si è diffusa in fretta nei reparti, e la risposta non si è fatta attendere: al montaggio gli operai si sono fermati improvvisando uno sciopero spontaneo e a centinaia hanno attraversato lo stabilimento in corteo. Ancora una volta la protesta si estenderà agli altri settori, prima la lastratura e poi la verniciatura. Non si fermeranno le meccaniche, per la semplice ragione che i dipendenti della joint venture (motori e cambi) con General Motors sono in cassa integrazione. Già circolano voci di trasferimenti massicci da Mirafiori a Verrone (Biella), dove la Fiat chiede il lavoro su tre turni, e cioè anche il notturno.
Dal nord al sud, da Mirafiori a Cassino. Proprio nel giorno della presentazione della nuova vettura Fiat di fascia C, la Stilo, nello stabilimento laziale in cui sarà prodotta gli scioperi contro la modifica unilaterale dell'organizzazione del lavoro e delle pause mensa non si fermano, né si ferma la rappresaglia dell'azienda. Appena un settore della fabbrica viene bloccato da mezz'ora di sciopero, la Fiat decreta la mandata a casa di tutti i dipendenti dello stabilimento e delle aziende terziarizzate del sito. Per protesta contro una decisione "illegale in quanto antisindacale" i lavoratori sono andati a manifestare sotto la palazzina uffici. Nel pomeriggio due ore di sciopero (contro i carichi e le nuove rigidità che l'azienda vuole imporre) in tutta la fabbrica di Cassino, e nessuna mandata a casa. Oggi la fermata generale sarà di mezz'ora e domani di due ore con corteo esterno alla fabbrica lungo la strada statale.

IKEA, BOCCIATO L'ACCORDO

All'Ikea, l'accordo tra sindacati e azienda non passa. I dipendenti della catena svedese dell'arredamento lo hanno bocciato, e adesso si dovrà intavolare una nuova trattativa.
La multinazionale ha 7 punti vendita in Italia, e dà lavoro a 2000 persone. Hanno votato in tutto 543 dipendenti (poco più del 25%): 284 hanno detto no all'accordo, 173 sì e 68 si sono astenuti. Le trattative erano in piedi già dal marzo dell'anno scorso. Dopo qualche mese, l'azienda ha incassato un primo importante risultato, seppur provvisorio: l'apertura domenicale per cinque mesi l'anno, dallo scorso ottobre al prossimo marzo, nei 5 punti vendita (Torino, Bologna, Brescia e 2 a Milano) che non la prevedevano ancora. A Roma e Genova, si apre già tutte le domeniche dell'anno.
Ma perché i lavoratori hanno bocciato l'accordo? "L'aumento del premio di partecipazione era irrisorio - dice uno di loro - e poi avremmo voluto l'eliminazione dei part time a 16 ore, in modo che fosse concesso all'Ikea di fare i nuovi contratti soltanto a partire da 20 ore in su. Nell'accordo, invece, si confermavano le 16 ore per i prossimi 4 anni".
In effetti, quello del part time è un punto delicato della questione, perché i profitti Ikea ruotano proprio attorno al lavoro atipico. Come da McDonald's, i lavoratori sono spesso giovani al primo impiego. Per anni vengono ingaggiati soltanto con contratti a termine: un po' di giorni di pausa, e poi via con il nuovo contratto. Inoltre, ci sono moltissimi interinali, lavoratori presi in affitto anche soltanto per un giorno, per coprire turni di tre-quattro ore. Ad alcuni di loro, certamente, potrà fare comodo avere un orario più breve, perché sono studenti o impegnati in altre attività. Ma molti, invece, vorrebbero lavorare a tempo pieno. I full time spesso sono dirigenti e capetti, che concedono gli straordinari soltanto a chi non dà fastidio. A questo punto, è chiaro che sul tema i dipendenti Ikea non accettano il gioco al ribasso, e che molti di loro puntino a un accordo per contratti part time di 20 ore.
E sulle domeniche, chi ha votato "no", ha idee altrettanto chiare: "Il lavoro nei giorni festivi, ormai, è una realtà che si va consolidando un po' ovunque. In Ikea abbiamo maggiorazioni al 70%, ma quando si andrà a contrattare per le domeniche dei prossimi anni, si dovrebbe puntare su una diversa qualità del lavoro. Per esempio, stabilendo dei tetti massimi e delle turnazioni, e insistendo sulla volontarietà del lavoro domenicale".

 

16 febbraio ’01

 

INSEGNANTI: CGIL CISL UIL FIRMANO

E' stato siglato l'accordo per il per il biennio contrattuale della scuola. In soldoni si tratta di circa 300 mila lire lorde al mese in busta paga. In calce le firme di Cgil, Cisl e Uil; mentre i sindacati di base e lo Snals respingono risolutamente l'intesa.
L'accordo traduce in pratica l'intesa raggiunta tra governo e sindacati nel dicembre scorso. Tutto era iniziato nel febbraio dello scorso anno, quando i prof si sono rivoltati contro il famigerato "concorsone", quello che doveva attribuire aumenti si stipendio di 6 milioni lordi annui al 20% della categoria, mentre gli insegnanti italiani restavano nel complesso i meno pagati d'Europa. Da allora sindacati confederali e di base si sono trovati con diverse piattaforme in contrapposizione con il governo, fino ai tre scioperi generali dell'autunno scorso. Cgil, Cisl e Uil hanno poi siglato a palazzo Chigi l'intesa sulle risorse aggiuntive nella finanziaria 2001. Il governo ha messo a disposizione 850 miliardi per il 2001, 1.250 per il 2002 e 1.450 per il 2003. Sommati con le risorse accantonate del "concorsone" e quelle già disponibili per il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, gli stanziamenti complessivi sono diventati 3.760 miliardi per il 2001, 4.160 per il 2002 e 4.360 per il 2003. Cifre ancora lontane dall'allineamento europeo.
Alle scuole, nella loro autonomia, è inoltre destinata una cifra di 416 miliardi. Sono i fondi per il riconoscimento professionale nella didattica, legato all'ampliamento dell'offerta formativa e alla flessibilità dell'orario di lavoro. La decisione sulla loro attribuzione è affidata al collegio dei docenti, e su questo anche le Rsu dovrebbero essere soggetti contrattuali a pieno titolo. Questo è però uno dei punti su cui sono polemici i Cobas, secondo cui gli aumenti di merito voluti dai confederali "rientrano per la finestra". I Cobas osservano infatti che, secondo il contratto, i delegati "esterni" dei sindacati firmatari hanno gli stessi poteri dei tre delegati eletti "interni".
I Cobas sono stanno preparando la lotta contro l'accordo ritenuto un altro passo verso la "scuola-azienda" e comunque lontano dalle rivendicazioni economiche della categoria. Gilda e Snals dichiarano che non firmeranno il "bluff". I Cobas invocano un referendum "vincolante".

INAIL: AUMENTANO GLI INFORTUNI

Nel Duemila sono morte di lavoro in Italia 1310 persone, l'1,1% in meno del 1999. Ma gli incidenti denunciati all'Inail sono stati 988.702 nel Duemila, contro i 975.492 del '99; l'1,4% in più.
Non essendo ancora pronte le cifre precise sull'aumento effettivo dell'occupazione nel 2000, non è possibile calcolare il rapporto tra il numero degli infortuni e quello degli addetti, cioè la base occupazionale; se questa fosse aumentata, come sembrerebbe, nel Duemila, l'incidenza degli infortuni sulla popolazione dei lavoratori diminuirebbe. I dati Inail, però, non raccolgono quel 30% circa di sommerso che galleggia al Sud, sul quale persiste il buio fitto. Senza contare il grave aumento delle malattie professionali, per le quali si aspettano ancora i numeri del 2000.
L'Inail evidenzia che nel settore "industria e servizi" gli incidenti sono aumentati nel 2000 del 2,1%, mentre le morti sono scese dell'1,8%. Al contrario, in agricoltura, gli infortuni scendono, e in misura consistente: -5,8%. Ma i decessi sono aumentati del 4,5%. Aumentano, invece, e molto, gli infortuni tra le donne in tutte le categorie produttive; +6% rispetto al '99. E questo, spiegano all'Inail, non è dovuto soltanto all'aumento dell'occupazione femminile (in buona parte precaria), ma anche all'elevato grado di sostituzione di uomini con donne nei lavori maggiormente a rischio.
Quanto alla distribuzione per regione, la maglia nera spetta all'estremo Nord-Est. In Friuli-Venezia Giulia gli infortuni sono aumentati del 6,8% e quelli mortali del 31,8% (da 22 a 29 decessi). Diversa la situazione in Veneto, dove diminuiscono sia gli infortuni (-1%), sia i casi mortali (-8,1%). Complessivamente, in tutto il dinamico Nord-Est le morti aumentano del 5,5%. Dopo il Friuli, quanto agli infortuni, viene la Basilicata (+5,5%) e l'Abruzzo (+3,3%). La Lombardia registra un +2,9% (le morti scendono del 5,1%), mentre in Campania si assisterebbe a un calo degli incidenti del 4,4%, mentre il numero di decessi sale di poco (+1,4%). Nel complesso, i dati Inail registrano per il Sud una diminuzione delle morti (-7,6%). Inoltre, la variazione percentuale degli infortuni rispetto al '99 nel Mezzogiorno è inferiore alla variazione media registrata a livello nazionale; e questo per tutte le classi di impresa, dalle microscopiche alle più grandi. Un dato che va preso con le molle, data la grande diffusione del lavoro nero.

LSU IMPIEGATI NEL "BINGO", MA COME PRECARI

Il loro sarà di vendere le cartelle, estrarre i numeri facendo girare le palline, pagare i premi ai vincitori. Alcuni di loro saranno assegnati al riassetto della sala del Bingo, la nuova tombola nazionale. Poco definito, invece, appare il loro futuro lavorativo. I prossimi croupiers nazional popolari sono oggi dei Lavoratori socialmente utili (Lsu), domani dei lavoratori interinali, fra un anno chissà. Forse disoccupati.
Nel corso di quest'anno apriranno in Italia 420 sale del Bingo, che daranno lavoro a 13.000 persone: 4000 di queste dovrebbero essere Lsu, attualmente impiegati in vari enti pubblici o para pubblici, pagati 850.000 lire lorde al mese coi soldi dello stato. In ciascuna sala potranno entrare dai 300 giocatori in su, verranno vendute cartelle a 3000 o 6000 lire e poi si giocherà a tombola, con un montepremi che sarà ripartito tra una "cinquina" (8% dell'incasso di una singola partita) e il "Bingo" (50% dell'incasso). Il 20% va all'erario, il 3,80% ai Monopoli di stato, il resto al concessionario dell'esercizio, un privato. Il macchinario, ben congegnato, si "inceppa" appena si arriva ai lavoratori.
Italia Lavoro, l'agenzia governativa che gestisce gli Lsu, sta inviando in questi giorni migliaia di lettere per la convocazione e la selezione dei futuri impiegati. Ma questi Lsu salteranno da un precariato all'altro. Verranno assunti attraverso un'agenzia interinale, con contratti di 12/18 mesi. In base al decreto 81/2000, saranno obbligati ad accettare il lavoro presso il Bingo, pena il licenziamento dall'attuale impiego e la decadenza da ogni trattamento assistenziale e previdenziale.
E se invece accettano? Il loro futuro sembra altrettanto incerto, in quanto, come denuncia lo Slai Cobas, "se alla fine del contratto temporaneo questo non dovesse trasformarsi in assunzione stabile i lavoratori avrebbero comunque perso la possibilità di rientrare nei progetti Lsu: svolgere un lavoro di 12 o più mesi comporta infatti la cancellazione dai progetti". A questo punto può garantire Italia Lavoro che tutti i lavoratori, dopo il "limbo" di un anno interinale, avranno un contratto a tempo indeterminato? O si continuerà coi contratti interinali?
Inoltre l'operazione verrà incentivata e finanziata dal Fondo nazionale per l'occupazione, dai 3 ai 18 milioni per ciascun Lsu.

 

17 febbraio ’01

 

CONTRATTI A TERMINE

Mentre Cofferati avrebbe affermato 'non andremo a discutere di contratti a termine con la Confindustria', nelle stesse ore a Roma Cgil, Cisl, Uil erano invece a casa della Confindustria a discutere precisamente di tali contratti. Il leader della Confindustria D'Amato si è detto "contento" di rivedere la Cgil alla trattativa.
E così è stato: l'incontro di ieri si è chiuso con un nuovo appuntamento per il 26 febbraio, con un testo finale steso dalla Confindustria. Se si raggiungesse l'accordo, sindacati e padroni sottoscriverebbero un "avviso comune" da presentare a governo e parlamento, cui spetta decidere come tradurre in forma italiana la direttiva europea '99/70 sui contratti a termine.
Finora, nella preintesa del 12 gennaio, seguita dal documento della Confindustria il 24, che la Cgil ha respinto dopo una vivace discussione interna, si prevedeva di cancellare gli articoli delle leggi nazionali che prescrivono causali precise e dettagliate per consentire di "porre fine alla durata di un contratto di lavoro", rinviando alla contrattazione eventuali deroghe con fissazioni dei "tetti" massimi nel numero di lavoratori assunti a termine in un'azienda. A tali norme minuziose, la preintesa proponeva invece di sostituire un unico magrissimo articolo di legge che come "causali" indica "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo, o sostitutivo". Tanto generiche, come si vede, da aprire ogni spazio alla discrezionalità delle imprese. In più, la legittimazione anche di un gran tempo a loro discrezione: contratti a termine, comprensivi di una proroga, lunghi fino a "36 mesi".
Le critiche su tutti e tre i punti da parte di strutture e categorie, fermavano la Cgil. Ma evidentemente la voglia di coogestire l'attacco ai diritti dei lavoratori, alle migliori condizioni ancora tutelate dallo Statuto rispetto alla normativa che va straripando nel mercato del lavoro hanno potuto più di ogni "critica" interna.

FAZIO: REVISIONARE LO STATUTO DEI LAVORATORI

Il governatore di Bankitalia Fazio insiste tornando a parlare dei salari come elementi di un sistema "partecipativo". Il salario, come "massa salariale" deve adeguarsi "alle necessità della produzione" e soprattutto ai "ricavi". "Questo può ottenersi - spiega - o variando le ore lavorate da ogni occupato e i relativi costi in connessione con le oscillazioni cicliche, o, in alternativa, calcolando la retribuzione come somma di una quota fissa e di una componente variabile in funzione della fase del ciclo economico e della prosperità dell'impresa". E' insomma il modello della cosiddetta "share economy", sistema economico che prevede appunto solo una quota fissa di salario, mentre tutto il resto viene legato alle variabili economiche. Perchè tutto ciò si realizzi occorre allora attaccare, in sintonia con quanto fanno Sindacati istituzionali e Confindustria, il lavoro dipendente ancora tutelato.

LIMITARE GLI SCIOPERI

La Commissione di garanzia interviene sugli scioperi domenicali delle Fs. L'organo ha chiesto alle Ferrovie dello Stato e ai sindacati dei ferrovieri di modificare l'accordo sui servizi minimi essenziali, cercando di uniformare lo sciopero dei giorni festivi a quanto avviene nei giorni feriali, per i quali sono previste delle fasce orarie garantite. Lo ha reso noto il vicepresidente della commissione, Giulio Prosperetti, commentando il richiamo del ministro dei Trasporti Pierluigi Bersani: "Su 20 giorni festivi disponibili tra franchigie ed eventi giubilari, l'anno scorso ci sono stati 9 scioperi festivi senza prestazioni minime garantite".

SCIOPERI ALLA VAUXALL

Nuovo sciopero negli stabilimenti Vauxall di Luton e Ellesmere Port. I sindacalisti della Transport and General Workers unions hanno confermato che i lavoratori hanno votato per una nuova giornata di protesta, giovedì prossimo. Il 58% degli operai ha votato per lo sciopero e ha confermato il divieto di straordinario nei due stabilimenti. Il sindacato dei metalmeccanici (Aeeu), che è una delle unions più conservatrici, ha votato contro lo sciopero. Gli operai scenderanno ancora una volta in piazza per protestare contro l'annunciata chiusura dello stabilimento di Luton da parte di Gm (padrona di Vauxall). Nelle scorse settimane c'è stata a Luton una grande manifestazione di lavoratori e cittadini.

 

SCIOPERO ALLA PIGNONE DI VIBO VALENTIA

L'impresa globale è quella che produce là dove è più conveniente. E finché lo è. Non ha territorio di riferimento, né popolazioni cui render conto, o tessuti sociali con cui interagire. Passa, prende e se ne va.
Alla Nuovo Pignone di Vibo Valentia - comprata dall'americana General Electric nel '93 - la messa in cassa integrazione di 130 lavoratori (su 173) sembra solo l'inizio. E così i dipendenti hanno effettuato un primo sciopero. Un corteo che ha coinvolto anche i lavoratori dell'indotto e dei servizi ha portato allo scoperto i timori, la delusione e la rabbia di una città. Il provvedimento aziendale parla di 130 lavoratori da mettere in cassa integrazione, con orari differenziati (chi a zero ore, chi a part time). Ne restano fuori, in pratica, solo alcune funzioni superiori e i giovani con un'anzianità aziendale massima di due anni. Una scelta che la dice lunga anche su come pensa di andare avanti la società nel caso decida di tenere aperto l'impianto.
La Nuovo Pignone di Vibo produce scambiatori di calore, radiatori per grossi impianti petrolchimici. Il mercato potenziale è chiaramente tutt'altro che in via di riduzione.
Lo sciopero ha avuto come primo effetto quello di far ripartire la trattativa, che sembrava essersi arenata alla pura e semplice comunicazione della cig da parte aziendale.

FIAT CASSINO: SCIOPERO

Uno sciopero di due ore si è trasformato, per entrambi i turni in un corteo che ha interrotto a lungo la viabilità sulla statale Casilina. Il turno del pomeriggio, in particolare, ha dato vita a un serpentone umano di oltre un chilometro. Allo sciopero e al corteo hanno partecipato anche i lavoratori delle aziende terziarizzate che operano all'interno dello stabilimento. Un segnale importante di unità tra i lavoratori, indipendentemente da quale sia la "ragione sociale" della ditta di appartenenza. Si tratta soltanto della prima di una serie di iniziative di lotta, che saranno discusse nella prossima settimana.
A Cassino la Fiat ha sperimentato il just in time, creando spaventosi "colli di bottiglia" che alla fine rendevano meno remunerativo tanto sforzo ingegneristico.
La protesta è partita contro "gli eccessivi carichi" di lavoro e il nuovo modello organizzativo introdotto dall'azienda senza neppure provare a discuterlo con i sindacati e i lavoratori.

 

 

18 febbraio ’01

 

SCIOPERO A BRESCIA

Il primo marzo è stata indetta una giornata di mobilitazione e sensibilizzazione contro gli infortuni e per la difesa dell'integrità delle persone che lavorano. L'iniziativa che coinvolge tutta la categoria dei metalmeccanici prevede lo sciopero di due ore con presidio di tutte le portinerie dalle 8.30 alle 10.30 per il primo turno e dalle 15.00 alle 17.00 per gli altri turni.

SCIOPERO DEI FERROVIERI

24 ore di sciopero dei ferrovieri aderenti ai sindacati di base. Gli scioperi sono stati organizzati da Orsa e Ucs. Altro sciopero nelle Fs la prima domenica di marzo: Filt Cgil, Fit Cisl, Uiltrasporti e Sma hanno infatti confermato lo sciopero di 24 ore per il 4 marzo.

DAEWOO LICENZIA

La casa automobilistica sudcoreana ha rotto gli indugi e ha spedito 1750 lettere di licenziamento ai dipendenti dell'impianto di Pupyong, uno dei più importanti, ad est di Seul. I lavoratori hanno occupato la fabbrica, resistendo a lungo all'assalto di 4000 poliziotti, ma sono stati sgomberati.

 

20 febbraio ’01

 

LA POLIZIA SFONDA LE BARRICATE DEGLI OPERAI DELLA DAEWOO

La fabbrica della Daewoo occupata dagli operai è ora stata occupata alla polizia. Alla notizia delle 1.750 lettere di licenziamento 700 operai, sostenuti dal sindacato dell'auto, si erano barricati dentro in un estremo tentativo di resistenza. Fallito il negoziato tra la direzione e i sindacati sui prepensionamenti, la Daewoo, in mano alle banche creditrici e in attesa che vengano nominati i nuovi amministratori, ha annunciato gli "esuberi". I settecento lavoratori hanno costruito barricate ai cancelli, con rimorchi di camion e altro materiale.
Poi la risposta della polizia: 4 mila agenti mobilitati più caterpillar e blindati, hanno fatto irruzione nell'impianto, mentre fuori, alle spalle, altri operai e familiari, con bastoni di ferro e pompe anti-incendio, cercavano di dare manforte ai compagni barricati dentro. Dopo ore di battaglia su entrambi i fronti, solo in serata la polizia annunciava che la situazione era "sotto controllo" I feriti, quelli censiti, non sarebbero più di venti. Gli agenti controllerebbero ora ogni angolo dell'impianto; presidiano le linee di produzione e gli edifici circostanti. Un mandato di cattura è stato spiccato per il leader sindacale di Pubyong, Kim Il-seob ed altri 29 sindacalisti, per avere ostacolato l'ingresso della polizia. Da parte sua, la Daewoo ha annunciato soddisfatta che ieri gli altri impianti del paese hanno lavorato a regime. Nessuna perturbazione al di fuori dell'impianto "ribelle".
La confederazione dei sindacati coreani, Kctu, ha annunciato che si prepara a lanciare una campagna di boicottaggio delle vetture General Motors, se la casa americana (assieme a Fiat) dovesse rilevare la Daewoo Motors "scremata". Il conflitto si inasprisce.

Intanto la Banca di sviluppo coreana (Kdb) ha rinnovato le linee di credito alla Daewoo Motor dopo l'annuncio dei 1.750 licenziamenti .

 

MUSEI CHIUSI

Sciopero generale nazionale di tutto il personale addetto ai servizi di vigilanza, di ruolo precario, di tempo determinato, giubilari e assistenti tecnici museali, in servizio presso i musei ed le aree archeologiche. Dopo il periodo eccezionale legato all'anno giubilare e all'apertura quasi giornaliera di vaste aree del patrimonio culturale italiano, i lavoratori chiedono che venga affrontato lo stato di precarietà, nel quale è occupato il personale. Questo per non mettere a rischio la gestione di numerosi musei (vedasi Uffizi, Brera ecc.) o di altre aree archeologiche (Foro Romano, Caracalla, Colosseo). Tutto il personale precario chiede che il governo ed il ministero dei Beni Culturali approntino al più presto, una legge specifica, per l'assunzione dei giubilari e dei tecnici museali.

 

LA FIAT DEVE ASSUMERE A MELFI

La Fiom Cgil ha chiesto che i lavoratori interinali assunti a Melfi - dalla Fiat - vengano riconfermati. Il sindacato accusa, inoltre, che la Fiat non rispetta le regole contrattuali riguardo a questi 350 lavoratori interinali ed altrettanti con contratto a termine. Nello stabilimento Fiat della Basilicata, questi operai lavorano alla linea della "Punto" e della "Lancia Y". Il sindacato ha anche chiesto un intervento del ministro del lavoro Cesare Salvi, qualora la direzione Fiat non voglia confrontarsi con i lavoratori ed il sindacato.

 

23 febbraio ’01

 

SCIOPERI A CASSINO E A BRESCIA

Mezz'ora per turno in tutto lo stabilimento, a Cassino, contro l'aumento dei carichi di lavoro. In tal modo si è anche evitata la "messa in libertà" da parte dell'azienda. Lunedì, invece, ci sarà lo sciopero di un'ora contro la gestione delle pause (individuali e collettiva), che la Fiat vuol gestire senza contrattare con il sindacato. Il Fismic (l'ex Sida, il sindacatino targato Fiat) mostra già di non reggere il ritmo della lotta. E da lunedì, probabilmente, proverà a rompere il fronte sindacale. A Brescia, invece, sciopero all'Iveco e manifestazione per le strade della città per il rispetto della contrattazione aziendale. Scaduto dal '99, infatti, il contratto integrativo non viene ancora discusso dalla Fiat. Mentre continuano a essere annunciate altre riorganizzazioni dopo l'accordo con General Motors.

ILVA: VITTORIA DEI LAVORATORI

I 600 dipendenti dell'Ilva in cassa integrazione dal dicembre '99 rientreranno tutti in produzione. L'accordo con l'azienda è stato raggiunto ieri al ministero del lavoro, dove è stato deciso che operai e impiegati seguiranno dal prossimo aprile i corsi di riqualificazione previsti sin dall'inizio della cig e mai avviati dall'impresa di Emilio Riva.

SANITA': SCIOPERO DEI PRECARI ISS

2 giorni di sciopero dei lavoratori precari dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss). "Da più di dieci anni - lamentano i 700 lavoratori - siamo inquadrati come collaboratori, pur svolgendo compiti istituzionali e di ricerca essenziali, come il controllo delle encefalopatie spongiformi (il cosiddetto morbo della 'mucca pazza') e gli studi sul vaccino italiano contro l'Aids".

CONTRATTO: SI FERMA LA CASSA DEPOSITI

La Cassa depositi e prestiti si ferma. Rischiano di bloccarsi i lavori in 15mila cantieri che occupano più di 300mila lavoratori. Oltre 5mila opere e infrastrutture pubbliche attese dai cittadini potrebbero essere consegnate in ritardo. Da alcuni giorni la Cassa depositi e prestiti ha praticamente cessato di lavorare. Il personale dipendente, attraverso i propri sindacati, ha indetto uno stato di agitazione che si protrarrà "sine die" e che raggiungerà il suo culmine il 5 marzo, giorno di sciopero generale. Quali sono le ragioni del malessere dei dipendenti del più grande Istituto di credito di Stato? La mancanza di un tavolo intorno al quale definire i benefìci economici maturati nel biennio 1998/1999 e quelli in corso nel 2000/2001. In pratica, si lamenta il mancato rinnovo del contratto scaduto il 31/12/1997. Tale notizia, che potrebbe collocarsi tra quelle di routine nel panorama lavorativo nazionale, anticipa, invece, conseguenze a dir poco disastrose per l’economia italiana, se l’agitazione in corso dovesse perdurare. La Cassa depositi e prestiti è un forziere da 360mila miliardi, in pochi lo sanno. Esso viene alimentato dalla raccolta del risparmio postale, di cui l’Istituto di via Goito è il diretto destinatario. A tale forziere attinge continuamente lo Stato per il proprio fabbisogno di tesoreria. Ma la vocazione istituzionale della Cassa è quella di finanziatore di opere e infrastrutture pubbliche a carico degli enti locali, delle regioni e degli enti pubblici in generale. La Cassa che si ferma blocca l’attività di nuovi finanziamenti ma, soprattutto, chiude il rubinetto con il quale eroga i mutui già concessi . A questi dati vanno ad aggiungersi quelli relativi a 5mila tra opere e infrastrutture pubbliche molto attese dai cittadini che rischiano di essere consegnate in ritardo per la mancanza di fondi che la Cassa dovrebbe erogare per completarle. Come evitare questa calamità? I rappresentanti dei lavoratori della Cassa non hanno dubbi. Coloro che, per competenza ed autorità, dovrebbero trovare una soluzione alla vertenza in atto sono: il Governo, la Funzione pubblica e l’Aran, organi che, al momento, risultano colpevolmente assenti.

 

24 febbraio ’01

 

PARIGI: IN LOTTA CONTRO MCDONALD'S E PIZZAHUT

Tra i ristoranti e le brasserie del quartiere latino, non si aggireranno solo i soliti turisti, ma tanti giovani precari, studenti-lavoratori delle periferie cittadine, sindacalisti. Davanti al Mc Donald’s del centro di Parigi, al boulevard Saint Germain, è convocata la manifestazione dei lavoratori dei Mc Donald’s e di PizzaHut contro la precarietà dei contratti e le pessime condizioni di lavoro. "Saremo certamente alcune centinaia" dice Jean Claude Rilcy, segretario della Cgt-Mc Donald’d di Parigi, il sindacato che ha convocato la manifestazione "Ci incontreremo davanti al fast food di Saint Germain per poi andare a bloccare altri ristoranti in giro per la città". L'azienda nonostante i 15 giorni di sciopero del mese di dicembre, ha confermato 6 licenziamenti annunciandone altri 5. La lotta dei precari parigini comincia con una giornata di azione unitaria contro la precarietà, ma i promotori non escludono di continuare la vertenza convocando uno sciopero ad oltranza contro i licenziamenti, per avere contratti stabili e condizioni di lavoro giuste, ma anche contro la repressione di ogni forma di associazione sindacale all’interno della multinazionale americana. "Alla manifestazione parteciperanno anche i lavoratori del ristorante PizzaHut di Place de l’Opéra" continua Rilcy, "che hanno dimostrato come anche le lotte dei precari pagano, che anche noi possiamo vincere". Infatti dopo quasi un mese di sciopero e di picchetti davanti al gigante della pizza a domicilio, i lavoratori di Pizzahut hanno ottenuto un aumento del salario già da quest’anno e il rimborso del taxi che prendono per tornare a casa la notte, dato che il loro turno di lavoro finisce ampiamente dopo la chiusura della metropolitana.

TIREA: QUINTO GIORNO DI LOTTA DELLE CAMICIAIE

Da cinque giorni presidiano i cancelli della fabbrica per protestare contro il mancato pagamento di nove mesi di buste paga. Sono i lavoratori e le lavoratrici, centosettanta in tutto, della Tirea di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi. Il "buco", dicono, non è giustificato. L’azienda, infatti, ha tanto lavoro e la "crisi finanziaria" è molto sospetta. La Tirea produce camicie di qualità medio-alta, ed è una importante realtà economica della zona. A marzo dello scorso anno fu raggiunto un accordo che consentiva la rateizzazione degli arretrati. Ma i due responsabili dell’azienda, i fratelli Di Coste, dopo le prime otto rate si sono rifiutati di corrispondere il resto. Da qui la decisione dei dipendenti di scendere in sciopero e di presidiare i cancelli. Secondo i sindacati il problema dell’azienda è il lavoro per conto terzi che la costringe a subire le alterne vicende dei movimenti finanziari. I macchinari, poi, risalgono a diversi anni fa e la Tirea non li ha mai aggiornati. Ora si trova a far fronte ad ordini piuttosto consistenti senza poter sfruttare tutta la capacità professionale dei suoi dipendenti. Della vicenda ora verrà discusso in prefettura, ma sono in molti a temere che potrebbe prendere una brutta piega. Intanto, la lotta delle camiciaie continua.

 

25 febbraio ’01

 

FIAT CASSINO: SI CERCA DI IMPORRE UN NUOVO CONTATEMPI

Nello stabilimento di Cassino la Fiat sta conducendo un esperimento cruciale: riuscire a imporre una nuova organizzazione del lavoro, un nuovo modo di calcolare i tempi, senza alcun accordo preliminare con il sindacato. Si chiama Tmc2, inizialmente applicato - con accordo sindacale - a Melfi e Pratola Serra. Anche a Termoli è stato più di recente introdotto con identica formula "concertativa". A Cassino, invece, prendendo anche al volo l'occasione del mancato rinnovo del contratto integrativo, si vuol andare alla prova di forza. Lunedì, ha annunciato ufficialmente l'azienda, parte il nuovo sistema; e la produzione di ogni turno dovrebbe passare da 370 a 400 auto. Il Tmc2, è stato calcolato, riduce i tempi di lavorazione per ogni singola fase del 18-20%. Come funziona? Il vecchio Mtm era fondato sul concetto di "tempo medio" e sulle misurazioni empiriche effettuate dai cronometristi. Il nuovo sistema, invece, è un'elaborazione al computer. I gesti reali dell'operaio vengono simulati e "razionalizzati". Ora c'è solo il problema di far diventare "pratico" questo guadagno "virtuale".
Lunedì, per tutta risposta, gli scioperi interni allo stabilimento dovrebbero aumentare a un'ora per turno, invece della mezz'ora fin qui effettuata (anche l'altro ieri). I delegati sindacali hanno comunicato ufficialmente alla Fiat di considerarla inadempiente sia per quanto riguarda l'accordo del '71 - proprio sui tempi di lavoro - sia sull'applicazione della 626 (con la ristrutturazione delle pause, attualmente 700 lavoratori hanno a disposizione 4-5 bagni e 20 minuti di tempo per la "pausa collettiva").
Tra le "inadempienze della Fita, da ricordare sono i due licenziamenti politici di Pratola, la vicenda dei 147 ragazzi "a tempo determinato" di Mirafiori, le questioni di Cassino (organizzazione e carichi di lavoro).

 

27 febbraio '01

 

CONTRATTI A TERMINE: CONTINUANO A TRATTARE CONTRO DI NOI!

Si rivedranno ancora lunedì prossimo, Cgil, Cisl, Uil e le organizzazioni degli imprenditori, per vedere se raggiungeranno un accordo sui contratti a termine. La Cisl si accontenterebbe delle proposte della Confindustria. La legge italiana, che secondo la Corte costituzionale è già "adeguata" agli "impegni internazionali", prevede oggi una serie di motivazioni precise, le "causali" per consentire di "porre termine a un contratto di lavoro". Ma la trattativa è iniziata ugualmente, per cambiarla, cancellando le prescrizioni dettagliate per sostituirle con uno scarno e generico articolo di legge che consenta contratti a termine per "ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo". Ossia praticamente li consente su tutto, consentendo libera discrezionalità alle imprese.
Sulla cancellazione di tale norma non c'è divisione tra i negoziatori sindacali e padronali. La Cgil - che aveva già fatto marcia indietro nella trattativa dopo un'intensa discussione al proprio interno - chiede di diverso che le "causali" siano affidate alla contrattazione, cui rinvii esplicitamente la legge, ponendo anche alcuni limiti alla genericità. E questo è il punto di maggiore divisione, giacché la richiesta della Cgil non è condivisa dalla Cisl: sulle "causali non c'è problema", ha confermato ieri sera il segretario confederale Raffaele Bonanni. Posizione più sfumata da parte della segretario Uil Canapa.
Quanto alla Confindustria, non ne vuole assolutamente sapere di trovarsi qua e là qualche vincolo alla libertà d'impresa. Quindi, il punto delle "causali" non è in discussione - su questo padroni e padroncini sono compatti. Il documento firmato da 17 organizzazioni imprenditoriali e consegnato ieri a Cgil, Cisl, Uil, risponde solo sulle obiezioni sollevate da tutti e tre i sindacati: ossia sul rinvio alla contrattazione per fissare i "tetti" massimi percentuali di contratti a termine in azienda, e sulla loro durata.
In gioco c'è, sia ben chiaro, la libertà del padrone di licenziare senza "giusta causa", per poi magari riassumere con un bel contratto a termine, interinale ecc. Ce n'è abbastanza per farla finita con sindacati che accettano questa impostazione!


SCIOPERO E BLOCCO STRADALE ALLA COMAU STAMPI

Operai in viale Agnelli e via Settembrini, a bloccare il traffico per protestare contro la Fiat. Scene che da qualche settimana si vanno ripetendo con frequenza. Ieri è toccato a Comau dentro Mirafiori. Qui vengono costruiti gli stampi che poi, montati sulle presse, danno forma ai pezzi di carrozzeria delle automobili. I 500 operai che ci lavorano sono tutti dei veterani, ai vertici della professionalità operaia. Per 170 di loro l'azienda ha disposto la cassa integrazione a zero ore. Ma poichè questo provvedimento - al contrario che in altre occasioni - non prevede nessuna rotazione, c'è il sospetto che nasconda in realtà dei licenziamenti.
La sezione stampi era parte integrante di Mirafiori. Al punto che neppure quando l'hanno venduta (a Comau, quindi a una propria controllata!) sono riusciti a "scorporarla" dalla madre-fabbrica. Ma il gioco dell'esternalizzazione è piaciuto, ai vertici dell'azienda. E così l'"esternalizzazione di secondo livello" è ormai un segreto di pulcinella: Comau starebbe trasferendo "fuori" molto del lavoro che potrebbe far svolgere a Mirafiori. Le ragioni sono sempre le stesse: prezzi più bassi, rincorsa al salario da fame e tempi di lavorazione forsennati. Una concorrenza fondata sulla compressione di un solo fattore: il costo del lavoro. La qualità del prodotto, va da sé, si abbassa. E con essa anche il margine di vantaggio su quei concorrenti di più basso profilo tecnologico che premono ormai da presso i settori "maturi" dell'industria italiana. E' la solita vecchia storia: non c'è innovazione di prodotto e si va a raschiare il fondo del barile sul fronte del salario.
Dopo i 147 ragazzi "a tempo determinato" si è aperto un nuovo fronte: sono i "vecchi" super-professionali, stavolta, ad aver usato le due ore di sciopero su ogni turno per riversarsi tutti insieme fuori dalla fabbrica. Le assemblee dei lavoratori indicono altre giornate di protesta.

MITSUBISHI: 9.500 LICENZIAMENTI - FORSE 30.000

Novemilacinquecento licenziamenti, produzione dimezzata, una fabbrica "storica" chiusa e altre tre "consolidate". Finisce così il "modello" Mitsubishi.
Non c'è dubbio. Dopo la mitica fabbrica di Zama, chiusa dalla Nissan, adesso la Mitsubishi chiude quella di Oe, a Nagoya. La notizia è clamorosa e avrà effetti molto pesanti. E' come se in Italia chiudessero Pomigliano e Mirafiori. E poi non si tratta, certo, "solo" di (9500) licenziamenti. Forse saranno di più. Quello che il signor Eckrodt non dice ma che e facile immaginare è che, riducendo la produzione del 20% e i modelli dagli attuali 24 a 13, a fare le spese saranno anche le centinaia di piccole aziende subappaltatrici. La crisi dell'azienda automobilistica produce effetti a catena. Complessivamente, se le cose non cambieranno, più di trentamila persone resteranno senza lavoro.
Oltre alla Mitsubishi, annunciano licenziamenti più o meno mascherati aziende come la Mazda (2300 domande di "prepensionamento") e come la Sega, messa in ginocchio dal successo della Playstation 2 e dal fiasco della nuova DreamCast: l'azienda sollecita le "dimissioni" di 300 "maghi" della programmazione.

 

28 febbraio '01

 

FIAT: RADDOPPIANO GLI UTILI, AUMENTA LA LOTTA

Vanno a gonfie vele i bilanci della Fiat. E per farli andare ancora meglio pensa di tagliare costi (e posti). La ricetta è vecchia; di nuovo c'è solo che l'azienda torinese, ha da tempo scelto di non contrattare più nulla col sindacato e procede a colpi di fatti compiuti.

Ma in fondo che bisogno ha di contrattare con un sindacato che sta solo a guardare?

La relazione annuale sul bilancio si sovrappone alla ripresa di scioperi, cortei interni agli stabilimenti, blocchi stradali intorno a Mirafiori: quando le cose vanno bene per il padrone, vanno malissimo per gli operai.
Nel 2000, nonostante i molti sforzi finanziari, i ricavi sono cresciuti del 19,6%, toccando quota 57.555 milioni di euro (oltre 100.000 miliardi di lire). L'utile generale è salito del 14%, e il solo settore auto ha riguadagnato un margine operativo lordo positivo (44 milioni d euro). Il risultato netto del gruppo Fiat è raddoppiato, passando da 353 a 664 milioni di euro. Di conseguenza l'utile per azione è salito da 0,616 a 1,186 euro.
Roberto Testore, amministratore delegato di Fiat Auto parla del 2001 come di "un anno di decollo", caratterizzato dal "lancio di cinque importanti modelli sul mercato" e da una riduzione di costi pari a 200 milioni di euro.
L'altra faccia della medaglia è il lavoro. Per il secondo giorno consecutivo, gli operai della Comau Stampi hanno effettuato uno sciopero di due ore. Oggi useranno altre due ore di sciopero per andare a presidiare la palazzina Fiat del Lingotto, in via Nizza 250. Venerdì, invece, un altro sciopero si trasformerà in manifestazione davanti all'Unione industriali di Torino, in via Vela; lì dentro, a partire dalle 9 di mattina, ci sarà l'incontro tra azienda e sindacato sulla cassa integrazione alla Comau. I lavoratori pretendono l'annullamento della cig a zero e per 13 settimane per 170 di loro (su 500).
La notizia del licenziamento di 750 lavoratori dello stabilimento Fiat di Bielsko Biara, in Polonia, ha suscitato una reazione di solidarietà, accogliendo la richiesta del sindacato polacco di aprire una campagna internazionale contro i licenziamenti. La Fiom ha immediatamente raccolto l'invito, legando i fatti polacchi con la ristrutturazione generale del gruppo Fiat e i 147 ragazzi "a termine" di Mirafiori, la cassa integrazione alla Comau e l'analogo provvedimento in Tnt.

SCUOLA: COBAS IN PIAZZA IL 31 MARZO

I Cobas della scuola hanno indetto una giornata di sciopero generale della scuola per sabato 31 marzo. A Roma si svolgerà una manifestazione a cui sono invitate anche tutte le altre categorie e "coloro che si battono in difesa della scuola pubblica e contro la sua privatizzazione e immiserimento". La piattaforma chiede la cancellazione del riordino dei cicli, criticando in particolare il rischio di cancellazione del tempo pieno alle elementari e del tempo prolungato alle medie. I Cobas della scuola chiedono inoltre l'istituzione di scuole materne pubbliche in modo da coprire tutto il territorio nazionale e l'obbligatorietà dell'ultimo anno della materna; il ruolo unico per i docenti e l'assunzione in ruolo di tutti i precari. Sul piano del contratto la piattaforma chiede la distribuzione in paga-base dei 416 miliardi assegnati alle scuole per il riconoscimento della professionalità dei docenti, la retribuzione professionale anch'essa in paga base, l'assegnazione in paga base a tutto il personale tecnico delle risorse stanziate per il lavoro aggiuntivo. Infine la piattaforma chiede la cancellazione del diritto di voto nelle Rsu dei rappresentanti esterni (non eletti) dei sindacati maggiormente rappresentativi.