Notizie dalla lotta di classe

Aprile 2000

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

1 Aprile 2000

FRANCIA: "Ovunque il contratto come quello degli edili". I meno garantiti

Tutti edili. E' questo il futuro del contratto di lavoro voluto dal Medef (la Confindustria francese). In una "nota" ai sindacati, il padronato francese ha proposto di introdurre un nuovo tipo di contratto, intermediario tra il contratto a durata indeterminata (Cdi) e il contratto a durata determinata (Cdd), che può al massimo durare 18 mesi e che, in linea di principio, non sarebbe possibile moltiplicare all'infinito. Prendendo a modello quello che già esiste nel settore dell'edilizia - il "contratto di cantiere" - il padronato propone un contratto "a durata massima", cioè "di missione": il dipendente sarebbe assunto, per un massimo di 5 anni, per svolgere una missione particolare. Finita quella, fuori. "Nell'auto - spiega un sindacalista della Cgt - c'è un nuovo modello ogni anno. Con questa scusa, non verranno assunti che dei precari a lungo termine. Potremmo chiamarli contratti 206 o Clio II". In altri termini, il Medef propone "un rovesciamento dei valori. Finora, la norma era il Cdi. Ma diventerebbe un contratto tra gli altri", non più la normale forma di assunzione. Per il Medef, il nuovo "contratto di progetto", dovrebbe durare per il tempo del "lancio di un prodotto, l'inizio di una nuova attività, l'insediamento di una nuova unità di produzione, il lancio o lo sviluppo di un servizio in linea".
I sindacati sono rimasti senza parole dopo aver ricevuto la "nota" padronale. Tanto più che in questi mesi sono in discussione tutti i contratti collettivi. "Il Medef propone, né più né meno, di farla finita con il Codice del lavoro" afferma un sindacalista di Fo. I sindacati prenderanno una posizione comune sulla questione il prossimo 3 aprile.

Una situazione del genere non è molto diversa da quella che Confindustria in Italia sta prospettando. Per esempio, nel caso del settore elettrico ora Confindustria, grazie al processo di privatizzazione, è divenuta mandataria per le aziende della trattativa e sta proponendo l'applicazione di un contratto basato su quello "peggiore" - rispetto a quello elettrico - cioè il metalmeccanico, con aumento di orario ("almeno 40 ore") e flessibilità maggiore.
Inoltre, anche da noi il settore edile è senz'altro quello che "brilla" per flessibilità, e potrebbe tranquillamente essere preso a campione dal padronato.

GOODYEAR CHIUDE I BATTENTI LO STABILIMENTO DI LATINA

Un salto nel buio per i lavoratori della Goodyear di Cisterna di Latina. L'azienda ha chiuso il 31 marzo e ancora nulla sulla sorte delle circa mille persone che gravitano intorno alla produzione della fabbrica di gomme.
Il "Comitato di lotta- lavoratori Goodyear" in presidio per più di quattro mesi è passato anche attraverso lo sciopero della fame e della sete per attrarre l'attenzione sulla condizione degli operai di Cisterna. I vertici della Goodyear, però, sono stati irremovibili. Lo stabilimento di Cisterna - che produce 10.700 pneumatici all'anno - disturba le strategie della multinazionale, oberata da un eccesso di produzione a livello internazionale. Eppure, per quanto riguarda il mercato "locale" italiano, la Goodyear è costretta ad importare. Da noi il mercato delle gomme tira, è altrove che langue. Ma saranno i lavoratori italiani a rimetterci, queste sono le regole del "villaggio globale". Nonostante la Goodyear, dal 1965, abbia usufruito di agevolazioni finanziarie pari a 166 miliardi di lire.
Ci sarebbe un candidato: "E' la ditta Manzoni di Milano - racconta Vincenzo Carpineti, un lavoratore - che riassumerebbe 100 lavoratori. Sembra che all'orizzonte ci sia un altro acquirente interessato, che forse ne assumerebbe altri 100". E gli altri? "C'è sul tappeto un progetto con l'agenzia 'Obiettivo lavoro'. In genere si occupa di lavoro interinale, ma in questo caso servirebbe da intermediario per trovare contratti a tempo indeterminato". Intanto 150 persone andranno in pensione. Il ministero del lavoro dovrà dare risposte agli altri, a quelli che rimarrano fuori dai progetti di ricollocamento. La strada maestra, probabilmente, sarà quella degli incentivi: "Ci aspettiamo un periodo di cassa integrazione - spiega Vincenzo - vogliamo, però, sapere precismente a quanto ammontano gli incentivi". Nell'intesa siglata giovedì notte,.si prevede che nell'area dello stabilimento dovrà essere attivato un processo di reindustriliazzazione che valorizzi la vocazione produttiva del sito nel settore della gomma, dei suoi derivati e delle attività collegate. La Goodyear si è impegnata a cedere lo stabilimento e a predisporre risorse per l'attuazione di un piano sociale a tutela dei lavoratori che non troveranno occupazione nella nuova attività. Per la riconversione saranno utilizzati fondi dell'Ue per la formazione professionale e l'incentivazione industriale.

 

02 Aprile 2000

Lavoratori della Rover: In 40.000 protestano a Birmingham

Salvate la Rover. Salvate noi". Con questo slogan, al grido di "Non ci arrenderemo" e "Traditi", in almeno quarantamila hanno marciato per le strade di Birmingham, sede dell'impianto Rover di Longbridge, appena ceduto dalla Bmw al fondo britannico Alchemy Partners e destinato a un drastico ridimensionamento, se non alla chiusura.
A rischio sono gli 8.000 posti di lavoro della fabbrica, più altri 50.000 dell'indotto collegato. "I tagli occupazionali sono una catastrofe per tutta l'economia britannica - ha detto un sindacalista in marcia su Birmingham - ma soprattutto per il West Midland". "Il messaggio che mandiamo alla Bmw - ha detto un altro - è che la loro condotta non può essere tollerata dagli inglesi".
Il gruppo tedesco ha venduto la Rover a una finanziaria (e il marchio Land Rover alla Ford) dopo avere accusato perdite ingenti. Alla base della decisione, la Bmw ha denunciato la forte rivalutazione della sterlina sul marco causata anche dalla decisione di Londra di non aderire all'area dell'euro. Un j'accuse politico per coprire una scelta aziendale in cui sono stati fatti comunque molti errori di gestione da parte tedesca.
Ma nello stesso giorno della clamorosa protesta di Brimingham è arrivata un'altra cattiva notizia per i dipendenti dell'industria dell'auto inglese e, di riflesso, per il governo Blair. La giapponese Honda ha annunciato ufficialmente la riduzione del 50 per cento della produzione del suo impianto di Swindon, assicurando tuttavia ai 3100 lavoratori coinvolti il loro riutilizzo nell'assemblaggio di una nuova linea di produzione. "Il forte rialzo della sterlina - ha spiegato un funzionario del gruppo nipponico - ha giocato un ruolo chiave nella decisione così come l'incertezza dei clienti sui prezzi". Il motivo è sempre lo stesso: sterlina alle stelle, redditività e investimenti alle stalle.
Si tratta di situazioni analoghe a quella della Goodyear in Italia: anche questi lavoratori sono stati per anni "fiore all'occhiello" della produttività nazionale, scarsamente conflittuali, e nonostante ciò il capitale non ha e non può avere riguardi per loro, più di quanti ne abbia per qualunque lavoratore salariato... tranne per quelli che con una lotta dura e sapendo conquistare la solidarietà di altri settori sociali si oppongono sempre alle scelte dei padroni.
Comunque, anche queste sono lezioni per far capire a tutti che il capitalismo non riserva nessun futuro per la classe proletaria.

LAVORATORI GOODYEAR OCCUPANO LA FABBRICA

Si sono interrotte le trattative sulle modalità del "ricollocamento" dei 570 lavoratori che la Goodyear, chiudendo la fabbrica, ha buttato sulla strada. I padroni americani hanno fatto saltare il tavolo mentre si discuteva degli "incentivi", ovvero della buonuscita per chiudere ogni contenzioso futuro con le maestranze. La Goodyear offriva 55 milioni ai lavoratori tra i 30 e i 40 anni di età; 60 per la fascia superioe, fino ai 50 anni; e 65 per gli ultracinquantenni che comunque non hanno possibilità di arrivare all'età pensionabile al termine del periodo di mobilità. I lavoratori chiedevano appena 5 milioni di più, per ognuna delle fasce d'età. Rotta la trattativa, una settantina di lavoratori è entrata in fabbrica, occupandola, verso le due di notte.
La "ricollocazione", unico apparente risultato di mesi di trattative, era in realtà un insieme di soluzioni dall'impatto comunque incerto. Il verbale in proposito, infatti, prevedeva la cassa integrazione per 12 mesi, seguita da 4 anni di mobilità per "accompagnare alla pensione" 120 lavoratori; 170 dovevano invece essere assunti da due imprenditori locali; 100 da "Obiettivo lavoro" (agenzia di lavoro interinale) e 130 collocati dal "Comitato per la reindustrializzazione".
I lavoratori sono in attesa delle lettere di mobilità per tutti e 570 i dipendenti, sul piede di guerra, all'interno della fabbrica occupata. La storia della Goodyear negli ultimi anni non è del resto quella di una fabbria con lavoratori "irragionevoli" o estremisti. Nel comunicato diffuso ieri dal Comitato di lotta, e significativamente intitolato "I nostri sacrifici sono serviti a far chiudere la fabbrica", vengono ricordate tutte le pesanti concessioni fatte all'azienda in termini di produttività, costo del lavoro, tagli occupazionali). Cui si sono accompagnati negli anni imponenti finanziamenti da parte dello stato (la zona di Cisterna rientra tra quelle di competenza dell'ex Cassa per il mezzogiorno). Fatto il pieno di profitti, la multinazionale stelle-e-striscie ha fatto vela verso altri lidi - nell'est europeo - dove il costo del lavoro è una voce irrilevante del budget.

 

5 aprile 2000

 

LO SCIOPERO NON E' UN DIRITTO

E' stata approvata la nuova legge che modifica fino a renderlo impossibile l'esercizio del diritto di sciopero, in particolare nei settori dei trasporti e dei servizi. Dietro la "difesa degli utenti" si è celava ormai da anni (consideriamo che la 146 è del '90) la voglia matta di cominciare a mettere un freno agli scioperi, soprattutto in quei settori in cui il monopolio di CGIL CISL UIL non garantiva più alcuna pace sociale, a fronte dei gravissimi attacchi che il servizio pubblico ha subito in quanto a privatizzazioni, riduzioni del personale e della qualità del servizio.
Padronato pubblico e privato, amministratori di ogni colore e tendenza, accomunati da voglia di rivalsa anti operaia hanno sfruttato le deficienza create proprio dai loro interessi "privati" per mettere contro lavoratori e utenti (definiti anche clienti, per meglio intendere il valore economico piuttosto che di servizio di quei settori), nascondendo volutamente che gli uni e gli altri pari sono.
Quando in Francia autobus, treni e metro furono bloccati per quasi due mesi dal lunghissimo sciopero del '95, la sofferenza dei francesi fu ben maggiore di quella degli italiani fermati o rallentati negli ultimi giorni (o settimane, o mesi) dalle agitazioni di controllori di volo, macchinisti, autisti, piloti. Ma i sondaggi - e anche i racconti degli appiedati per forza - dissero che la maggioranza della popolazione era solidale con gli scioperanti. Ai picchetti i cosiddetti utenti, solidarizzavano con i picchettanti, portavano cibo e bevande calde.
La conseguenza politica di quei fatti non fu una legge che restringeva il diritto di sciopero ma l'inizio della fine del governo delle destre.
L'interesse "comune" generava da una parte sopportazione dei disagi e dall'altra forza maggiore nel trattare fino al conseguimento degli obiettivi, grati che questa forza derivasse dalla solidarietà popolare piuttosto che da qualche forza politica civettuola.
Il problema in Italia è che non si è riusciti, da parte dei lavoratori, a generalizzare i motivi delle lotte settoriali (contro le privatizzazioni, contro le riduzioni drastiche d'organico, il disservizio ecc.) a tutte le classi popolari toccate da questi problemi.
E' oggettivo che da noi i lavoratori dei trasporti non sono riusciti, pur provocando meno disagio che in Francia, a ricucire attorno a se i cosiddetti utenti.
Eppure scioperare contro la privatizzazione delle ferrovie, seppure cogliendo aspetti particolari di questo processo, è una lotta per l'interesse della maggioranza.
Perché in Italia la gente che usa i trasporti e gli altri servizi pubblici si sente la prima e unica vittima delle proteste? E invece non si sente colpita dai processi di dismissione dei servizi pubblici?
Superare questo "gap" informativo e di solidarietà è una sfida importante per il movimento dei lavoratori nella sua generalità, e in particolare, le organizzazioni sindacali di base, che risultano le maggiormente penalizzate da questa legge - sia per le proprie scelte antagoniste a questi processi politico-economici, sia per ragioni oggettive e organizzative - devono ora trovare unità e forza proprio in una concezione della lotta che superi ogni corporativismo e sappia "fare come in Francia".
La preparazione di uno sciopero generale politico è sicuramente la prima risposta. Ma certo non sarà una manifestazione a rompere gli schemi del governo e del padronato. Occorre un lavoro più quotidiano, di rapporti saldi con tutti i lavoratori, i cittadini, per sconfiggere le politiche antipopolari. (CDL)

TORINO Un'inchiesta della Cgil rivela che la flessibilità fa male alla salute

Sono più o meno liberi, stanno meglio o peggio, i lavoratori dipendenti nell'era della flessibilità? Le risposte sono quasi sempre ideologicamente ottimistiche, coerentemente con i dettami della cultura dominante. Una ricerca della Cgil di Torino rovescia queste impostazioni, fotografando la condizione dei lavoratori attraverso il filtro del rapporto tra salute e lavoro.
I 1.600 questionari raccolti rispecchiano la composizione dell'industria manifatturiera torinese (che occupa il 30 della forza lavoro), con una prevalenza di metalmeccanici, mentre è ancora sfocata la fotografia dei servizi. Per quanto riguarda l'inquadramento contrattuale, prevalgono i lavoratori a tempo indeterminato e gli operai, mentre sono pochissimi gli "atipici" (che il sindacato fatica a incontrare).
Ma nonostante queste parzialità l'inchiesta appare ben piantata con i piedi per terra e rivela molte cose. La prima è una netta contraddizione tra la stabilità del rapporto di lavoro e la grande mobilità interna ai luoghi di produzione: a fronte di oltre 1.500 risposte di occupati a tempo indeterminato, si registrano oltre 1.100 passaggi da una condizione all'altra e il 44,9 afferma di ruotare su postazioni o luoghi di lavoro diversi. In altre parole alle garanzie giuridiche del rapporto di lavoro non corrisponde alcuna staticità, ma si rimbalza da un posto all'altro. Corollario di questa mobilità è la scarsissima autonomia nel lavoro (solo il 12 nega che siano altri a decidere cosa vada fatto e come), che conferma un quadro di grande subordinazione; eppure ai lavoratori viene chiesta un'alta adattabilità nelle prestazioni, cioè di arrangiarsi su come rendere concreti quegli ordini. Nonostante quest'arte di arrangiarsi, la noia regna sovrana, conseguenza della ripetitività (denunciata dal 70 dei casi).
Tutto ciò precipita sulla salute. Il 51 di chi ha compilato il questionario ha fatto più di una settimana di assenza per malattia nell'ultimo anno (il 41 da una settimana a un mese) e il 55 afferma che la sua salute è peggiorata da quando ha iniziato a lavorare (il 22 ritiene di aver contratto una malattia per colpa del lavoro). Tra le patologie più frequenti ci sono i dolori alla schiena (695 casi), i dolori alle articolazioni (528), il mal di testa (462), i disturbi alla vista (355). Il 16 delle donne segnala irregolarità mestruali. Quanto alle cause della malattia, i principali imputati "materiali" sono le polveri (68 delle risposte), fumi, vapori o gas (53), il rumore (52). Rilevanti anche le cause legate all'organizzazione produttiva: il 49 accusa la monotonia del lavoro e il 43 i ritmi eccessivi, tutte cause che provocano uno stress, legato anche all'ampia diffusione del lavoro straordinario (l'orario di fatto, supera spesso le 50 ore settimanali). La condizione complessiva aggrava i rischi di infortunio (il 42 afferma di aver avuto almeno un incidente), tra cui prevalgono le contusioni, i tagli, le distorsioni. Infine, l'inchiesta torinese rivela come siano in crescita gli episodi di violenza sul posto di lavoro: nell'88 dei casi si tratta di violenza psicologica (perlopiù a opera dei superiori), ma c'è anche un 5 di violenze fisiche e quasi un 10 di molestie sessuali. Se questo è il quadro la risposta alle domande iniziali è molto semplice: i dipendenti della flessibilità stanno peggio di quelli "fordisti" e sono sempre meno liberi.

TORINO L'Alenia licenzia un delegato della Fiom: era troppo scomodo

Licenziato per rappresaglia: questa è la cronaca di un conflitto sindacale all'Alenia di Caselle sfociata nel licenziamento di Francesco Buonavita, 40 anni, da venti in fabbrica, delegato delle Rsu e membro del Comitato centrale della Fiom. Sabato 18 marzo, Buonavita, insieme ai suoi compagni, stava partecipando a un blocco degli straordinari di fronte allo stabilimento di Caselle, contro la decisione della direzione di trasferire per un anno a Venezia venti lavoratori. Quando si è presentato ai cancelli un dirigente dell'Alenia di Torino, sono volate parole grosse da una parte e dall'altra, ma tutto si è risolto in uno scontro verbale. Qualche giorno dopo l'Alenia ha consegnato una lettera a Buonavita accusandolo di aver "ripetutamente colpito" quel dirigente e il 28 marzo è arrivata la lettera di licenziamento. La Fiom ha annunciato il ricorso alla magistratura, mentre i suoi compagni di lavoro hanno già scioperato per un'ora contro il provvedimento dell'azienda e in solidarietà con Buonavita.
In fabbrica e nelle sedi della Cgil si parla apertamente di rappresaglia antisindacale: l'Alenia sembra, infatti, voler dare una prova di forza, il suo gruppo dirigente intende affermare il proprio dominio assoluto in fabbrica, "dando una lezione" alla Fiom. Ma la vicenda dimostra anche quanto sia importante la legge sul divieto di licenziamento senza giusta causa: se passasse l'abrogazione voluta dai radicali, per Buonavita non ci sarebbe alcuna possibilità di ricorrere alla magistratura ed essere reintegrato; l'impresa sarebbe libera di disfarsi di tutti coloro che considera fastidiosi e indisciplinati.

 

6 aprile ’00

ACCORDO ALL'ABB: SI RIDUCE LA PRECARIETA'

Un accordo che consentirà la contrattazione aziendale in tutte le 40 imprese del gruppo e per tutti gli ottomila addetti, è stato firmato all'Assolombarda tra l'Abb, multinazionale elettromeccanica elvetico-svedese e i sindacati di categoria. Il coordinamento delle Rsu ha approvato all'unanimità l'accordo sul quale Maurizio Zipponi, responsabile nazionale Fiom per il gruppo Abb ha rilasciato una dichiarazione. "L'intesa raggiunta è originale e unica nel panorama sindacale italiano, perché pur fissando criteri regole e confini nel gruppo", lascia alle varie Rsu "la legittimità di definire e di siglare intese che attengono ai trattamenti e ai diritti dei lavoratori". In altre parole il coordinamento è riuscito a ad allargare la contrattazione di secondo livello a temi diversi dal salario e attinenti "all'insieme della condizione lavorativa". Entrando nel merito l'accordo ha ottenuto di cambiare la rotta sull'estensione del precariato. In tema di lavoro vi saranno percorsi precisi per l'assunzione di giovani a tempo indeterminato. In caso di cessione di rami aziendali vi saranno "garanzie" preventive per i lavoratori in caso si dovessero verificare problemi occupazionali; le parti hanno anche concordato "strumenti per una nuova classificazione del lavoro e l'estensione della contrattazione aziendale con risultati salariali e normativi comunque garantiti". Insomma, si prevede un minimo valido per tutte il gruppo gruppo, rispetto al quale si può a livello aziendale solo migliorare. Per esempio un premio che potrà salire a 2,2 milioni ma non scendere sotto 1,1 milioni.

 

7 aprile ’00

GOODYEAR: CONCLUSA LA TRATTATIVA I LAVORATORI ACCUSANO: "ABBANDONATI DA TUTTI".

La Goodyear se ne va: si è conclusa la trattativa tra il governo, le Rsu e la multinazionale americana. Se ne va da vincitrice, visto che né i sindacati né il ministero dell'industria e quello del lavoro sono riusciti a sciogliere il nodo principale: convincere la Goodyear, se non a restare, quanto meno a cedere l'impianto di Cisterna a un diretto concorrente. Un'ipotesi che l'azienda si è fermamente rifiutata di applicare, ma che forse avrebbe garantito il reimpiego dei 549 lavoratori della fabbrica, e qualche speranza in più per le circa 500 persone impiegate nell'indotto. Lo stabilimento verrà frazionato: per ora l'unico acquirente certo è la ditta Manzoni di Milano, che assumerà circa 100 persone. Sarebbero in corso trattative anche con un altro compratore interessato a subentrare alla Goodyear. Ma la totale ricollocazione rimane una chimera. L'accordo raggiunto non lascia nessuno scoperto, e questa è l'unica nota positiva. Almeno per i lavoratori del "Comitato di lotta" che definiscono il risultato raggiunto "uno schifo". Questi i termini dell'accordo: la Goodyear ha assicurato incentivi - dai 60 ai 68 milioni - per circa 120 dipendenti in via di pensionamento (che comunque sconteranno un periodo di mobilità), e per tutti quei lavoratori che troveranno autonomamente un'altra occupazione. La Cassa integrazione annuale verrà richiesta per 574 persone, e la multinazionale - per chi accetterà di rimanere in Cigs - verserà due milioni al mese così da riempire lo scarto con lo stipendio attuale. Circa cento persone verranno iscritte all'agenzia interinale "Obiettivo lavoro" e i periodi di inattività saranno "indennizzati" dalla Goodyear. Per gli interinali - obtorto collo - l'azienda ha previsto un incentivo di 11 milioni. Un centinaio saranno inseriti nel progetto di rindustrializzazione del sito. Una trentina, invece, potrà ricollocarsi in altri stabilimenti di proprietà dell'azienda. "Abbiamo tutti l'amaro in bocca", dice Agostino, un operaio che da 29 anni lavorava alla Goodyear e che ora andrà in mobilità in attesa della pensione. "Siamo stati lasciati soli a lottare contro due multinazionali: la Goodyear e i sindacati, che si sono buttati a pesce solo alla fine. Con un governo inesistente. La vera lotta l'abbiamo fatta noi lavoratori. Questo accordo ci concede il minimo per vivere, anche se, visto l'andazzo, non ci si poteva aspettare di più". "Ieri sera - continua Agostino - abbiamo aspettato l'esito della trattativa in fabbrica. Quando è arrivata la notizia mi sembrava di stare al muro del pianto. Le lacrime servivano anche per sfogare la rabbia, dopo tanti mesi di lotta". "Speravamo di essere rimpiegati tutti - spiega Patrizio, rappresentante sindacale della Cisl e ex saldatore della Goodyear - io non ho problemi a trovare un altro lavoro. Ma gli altri? Mi brucia troppo, non la si può dare sempre vinta a questi americani". "Ma la lotta continua - promette Vincenzo, anche lui rappresentante sindacale - intanto manderemo avanti la campagna per il boicottaggio dei prodotti Goodyear".

 

8 aprile ’00

LAVORO INTERINALE: CONFINTERIN E ALCUNI DATI

I numeri non si fa in tempo a raccoglierli che già sono cambiati. Partito in sordina nel '98 con l'entrata in vigore della legge 196, l'interinale è in crescita; non passa giorno che le agenzie per la fornitura di lavoro temporaneo non aprano nuove succursali, tutte su strada per invitare la merce - il potenziale lavoratore da affittare - a entrare. Le agenzie autorizzate sono 45, affiliate - con l'eccezione del gigante Manpower - a Confinterin, presieduta dall'ex sindacalista Enzo Mattina. Alcune cifre (di fonte Confinterin) per il '99: 300 mila i lavoratori avviati, 50 milioni le ore lavorate, 170 ore la durata media delle missioni, 1.600 miliardi il fatturato. Per il 25% degli interinali il lavoro temporaneo si è trasformato in assunzione stabile. Solo 25 mila aziende, l'80 concentrato al Nord, hanno utilizzato il lavoro interinale, per due terzi nel settore manifatturiero, in maggioranza operai. La tendenza è ad allargare i confini dell'interinale: presto sarà praticabile in edilizia, agricoltura, pubblico impiego. In parallelo, il trend è di abbassarne il costo: ora si possono inquadrare gli interinali anche ai livelli inferiori. La quota massima di lavoratori in affitto è fissata dai contratti di categoria; per le imprese metalmeccaniche è l'8%. Adducendo ragioni di "riservatezza", Confinterin non dice quanto le agenzie facciano pagare il loro servizio, quanto cioè trattengano per sé. La tariffa media europea è il 16 sul prezzo pagato dall'azienda utilizzatrice. E' verosimile che succeda così anche in Italia. Nel '99 in Italia, 1.800.000 persone sono state avviate al lavoro o hanno cambiato posto di lavoro (è il cosiddetto turn over). Essendo 300 mila gli interinali, ogni 6 persone che si sono "mosse" nel mercato del lavoro 1 è un interinale. Il lavoro in affitto ha superato i contratti di formazione lavoro (sono stati 250 mila), ormai passati di moda e nel mirino della Ue. Gli interinali sono lo 0,7 della popolazione attiva in Italia. La media europea è l'1,7; sarà raggiunta tra un paio d'anni. Anche in Italia l'agenzia leader è la franco svizzera Adecco, seguita dall'americana Manpower. Al terzo posto Obiettivo lavoro. Passa da queste tre agenzie la metà del lavoro interinale. Obiettivo lavoro, creata dalla Lega delle cooperative e dalla Compagnia delle opere, è l'unica agenzia senza fini di lucro; l'utile (che nel '99 è stato di 5 miliardi su un fatturato di 150 miliardi) è reinvestito in formazione e sostegno dei soggetti deboli. "Sono contento", dice Pino Cova, il presidente. E i lavoratori? "Sono nella media della contentezza. Tra l'interinale e le collaborazioni a ritenuta d'acconto non c'è paragone". Il lavoro interinale, aggiunge, si conferma strumento adeguato per gli obiettivi posti: "allargare la platea degli occupati regolari, agevolare il collocamento". E soddisfare le esigenze delle aziende.

COMUNICATO

MERCOLEDI 19 APRILE ORE 17,30 MILANO PRESIDIO NELLA PIAZZETTA USCITA METRO PIOLA A POCHE DECINE DI METRI DALL'AGENZIA DI LAVORO INTERINALE MANPOWER SEMPRE PIU' FLESSIBILI E PRECARI

Dal dopoguerra ad oggi, a noi lavoratori, sono arrivate a malapena le briciole della ricchezza prodotta dal nostro sudore e, anche queste piccole conquiste le abbiamo avute al prezzo di dure lotte. [...]Dall'inizio degli anni 90, nella frammentazione della classe lavoratrice e nella quasi totale assenza di lotte, i padroni si sono fatti più arroganti e ingordi. I sindacati confederali in nome della gestione comune dell'"azienda Italia" e della pacificazione sociale hanno permesso e appoggiato lo smantellamento dello "stato sociale" , la privatizzazione e la monetizzazione di qualsiasi servizio destinato alla comunità , permettendo che il significato di salute, cultura e socialità , venisse sostituito da quello più congeniale al Capitale di " estrazione del profitto", o per meglio dire, valorizzazione economica dell'aria che respiriamo. [...]Migliaia di lavoratori espulsi dalla produzione, perché in esubero; lavori a tempo determinato, ripetuti e a rotazione come percentuale fissa nelle aziende; orari spezzati ( 3 ore al mattino e 5 di notte) a seconda delle esigenze dei padroni; lavori in cooperativa, dove l'operaio, imprenditore di sé stesso, fornisce mano d'opera a buon mercato e senza diritti per lavorare, il più delle volte, in condizioni di appalto illecito. Migliaia di persone che per sopravvivere devono rivolgersi ai nuovi caporali, le "Agenzie di lavoro interinale", che guadagnano affittando i lavoratori alle imprese che richiedono braccia o teste per brevi periodi. [...]Purtroppo la storia recente di molte grandi imprese dimostra che anche dove il conflitto sindacale e politico è assente e la produttività alta , i lavoratori vengono ugualmente cacciati, divisi e riciclati nelle nuove e variegate forme di lavoro precario e flessibile. E' proprio la storia che ci insegna che più siamo capaci di organizzarci e lottare e più otteniamo, che dobbiamo ricostruirci in gruppi di lavoratori e in comitati di lotta per affermare la nostra "ragione" e le nostre volontà, perché siamo chi produce, siamo noi che costruiamo da sempre il mondo. Per iniziare questo percorso intendiamo sviluppare una campagna di controinformazione e visibilità davanti alle "Agenzie di lavoro interinale" e alle aziende che maggiormente utilizzano le tipologie di lavoro precario.

Invitiamo i lavoratori, i compagni e i collettivi politici a partecipare e collaborare alle iniziative. Lottare è un diritto- lottare è una scelta

COMITATO CONTRO IL LAVORO PRECARIO DELLA PANETTERIA OCCUPATA - Via Conte Rosso,20 - LAMBRATE - Il comitato si riunisce ogni martedi' alle ore 21

 

19 aprile 2000

Francia: contro le 35 ore i postini, a favore i lavoratori delle pulizie

E' il conflitto più lungo connesso all'appliazione delle 35 ore: alla Posta di Nizza i dipendenti sono in sciopero ormai da 5 settimane. Ieri c'è stata una manifestazione di utenti, artigiani e professionisti per protestare contro l'"interruzione di servizio pubblico" e minacciare il ricorso alla giustizia, come è già avvenuto in altre città e in seguito al quale la Posta è stata condannata anche a risarcire gli utenti privati del servizio per motivi di sciopero. Alla Posta di Nizza i dipendenti hanno respinto l'accordo sulle 35 ore concluso tra direzione e sindacati. All'opposto, a Digione gli addetti alla pulizia della città sono in sciopero per chiedere l'applicazione delle 35 ore. Anche in questo caso, non è la prima volta che suscita proteste la non applicazione delle 35 ore, peraltro diventate legge per le imprese con più di 20 dipendenti dal 1 febbraio scorso; ma c'è un anno di transizione che permette alle imprese di non pagare troppi straordinari, anche se non c'è stata riduzione di orario.
Le 35 ore hanno funzionato quando alla riduzione di orario è corrisposto un aumento dell'occupazione (il 50% dell'aumento dell'occupazione degli ultimi mesi sarebbe dovuta alle 35 ore). Vengono invece suscitati conflitti tutte le volte che un'impresa cerca di ottenere in 35 ore quello che aveva con 39. Il caso della Posta (che, tra l'altro, è una società pubblica) è emblematico: da quando sindacati e direzione hanno cominciato a parlare di 35 ore ci sono stati più di 200 scioperi. Nel febbraio scorso (a ridosso dell'entrata in vigore della legge, cioè con molto ritardo) la direzione ha firmato un accordo-quadro di riduzione dell'orario soltanto con alcuni sindacati, lasciando fuori i principali, cioè la Cgt e Sud. Inoltre, per l'applicazione concreta della 35 ore, tutto è stato rinviato a trattative a livello di singoli uffici postali.
"Gli agenti subiscono contemporaneamente i nuovi vincoli della flessibilità imposti dall'accordo sulle 35 ore e un'intensificazione del lavoro dovuta a un traffico postale in crescita", spiega un sindacalista Cgt. La Posta aveva promesso 3mila postini in più, ma le assunzioni tardano ad arrivare: a Nizza sono stati promessi 12 nuovi posti di lavoro, dopo 5 settimane di protesta.
A quasi tre mesi dall'entrata in vigore delle legge di riduzione di orario, i conflitti si moltiplicano. Inoltre, la ripresa economica sta mandando all'aria molti accordi che prevedevano una moderazione salariale: i dipendenti vogliono partecipare alla divisione della torta, dopo aver accettato il blocco degli stipendi (è il caso della Smart). Alla Fnac o in alcune banche, i conflitti derivano dal fatto che la direzione con le 35 ore vuole azzerare i diritti acquisiti.

 

20 aprile 2000

Telecom, si sciopera contro l'accordo

Il processo di privatizzazione delle aziende pubbliche mostra un metodo preciso. I privati pagano poco, smantellano quel che trovano, dichiarano la necessità di licenziare i lavoratori "in esubero" e chiedono allo stato un contributo economico per facilitare le fuoriuscite di forza lavoro. Inoltre l'insieme della manovra viene concertata, a un certo punto, con le confederazioni sindacali. In risposta, gruppi via via più consistenti di lavoratori, delegati Rsu, ex sindacalisti di base, militanti Cgil, si "autorganizzano" e chiamano i dipendenti alla lotta contro quell'accordo e contro le sue conseguenze.
E' noto il percorso che ha portato i ferrovieri a contrapporsi, a maggioranza, all'accordo del novembre '99. Lo stesso - su scala per ora minore - sta avvenendo in Telecom. L'accordo, in questo caso, è stato firmato il 28 marzo. Un'azienda floridissima e operante in un settore ad espansione certa, che dichiara 5050 miliardi di utili nel '99, vuole buttar fuori 13.000 lavoratori. Concertando con il sindacato. La Federazione lavoratori metalmeccanici uniti (Flmu), aderente alla Cub, ha dichiarato sciopero contro l'accordo: tre ore, alla fine di ogni turno. In Toscana, Veneto e a Milano si sciopererà oggi; nel resto d'Italia domani.
Al centro dell'agitazione sta tutta la manovra Telecom. A partire dalla mobilità (che dovrebbe interessare 5300 dipendenti) e dagli "esodi incentivati" (3000). Azienda e sindacati affermano che riguarderanno soltanto persone in grado di arrivare alla pensione entro determinati scaglioni di tempo; la Flmu chiede di render noti gli elenchi numerici dei dipendenti per verificare se esista o no tale possibilità (il sospetto è che con questo sistema ci siano dei licenziamenti mascherati). 2200 saranno invece posti in cassa integrazione a rotazione, e un organismo paritetico - aziendale e sindacale - si occuperà di persuaderli a non rientrare al lavoro terminato il periodo di Cig.
L'accusa della Flmu è che viene così pagata la "rottamazione dei lavoratori". Lo stato, infatti, agevolerà finanziariamente sia le dismissioni più o meno forzate dei lavoratori anziani (a più alta qualifica, professionalità e stipendio), sia le 6200 assunzioni da fare, però, utilizzando tutta la gamma del lavoro "atipico" (part-time, formazione-lavoro, ecc). Con in più il vantaggio, per l'azienda, di poter gestire una massa di lavoratori precari, altamente ricattabili, contro quelli "garantiti", sindacalizzati, "resistenti". Una "guerra generazionale" finta per smantellare le residue vere difese della forza-lavoro.

 

21 aprile 2000

LA FLESSIBILITA' DI DIFENDE CON LE ARMI

Scene di lotta di classe a Buenos Aires dove un battaglione della polizia federale ha caricato una manifestazione promossa dall'ala dura del sindacato peronista Cgt, che cercava di impedire l'ingresso in parlamento dei senatori incaricati di votare la legge di riforma del lavoro. In diretta tv, l'Argentina ha assistito a una vera e propria caccia all'uomo, ha visto immagini di gente a terra presa a bastonate, spari, lacrimogeni, persino coltellate vibrate da uomini in divisa. Una trentina di feriti e decine di arresti sono il bilancio dell'assalto, definito "feroce e brutale" persino dal ministro dell'interno Federico Storani. Uno dei leader sindacali, Julio Piumato, ha ricevuto un colpo calibro 22 nei genitali. Il Senato è rimasto chiuso, la legge di riforma del lavoro è rinviata a data da destinarsi, lo scandalo nel paese è stato enorme e 12 poliziotti (visti all'opera in ogni canale televisivo) sono stati sospesi. La riforma del lavoro di De la Rua, già passata alla Camera, prevede che i contratti aziendali prevalgano su quelli collettivi (fino a ieri prevaleva il più favorevole per il lavoratore), che il periodo di prova passi da un mese a un periodo variabile tra sei mesi e un anno, che i contratti collettivi possano scadere per due anni prima che intervenga il governo, e altre formule di flessibilità caldeggiate dal Fondo monetario internazionale. Tutte cose che l'Argentina conosce bene: nei 941 contratti firmati negli ultimi cinque anni, l'80 sono stati negoziati per impresa, precarizzando al massimo le condizioni di lavoro. I lavoratori in nero sono 3,5 milioni, quelli con contratti iper-flessibili (straordinari gratuiti, niente ferie estive, orario giornaliero elastico), sono 5 milioni, un milione di lavoratori sono già oggi "in prova" (dati del ministero del lavoro argentino).

 

22 Aprile 2000

La deregulation uccide

Il terzo morto sul lavoro in Toscana in cinque giorni era un anziano operaio agricolo, Enzo Pasello, rimasto schiacciato dal trattore sul quale stava lavorando per conto di un'azienda agricola. Un altro grave incidente è accaduto a Livorno, in una ditta di impiantistica nell'area industriale Cms; il lavoratore - 26 anni - è stato ricoverato all'ospedale in gravissime condizioni. La recrudescenza degli infortuni mortali viene a coincidere con la notizia che la Toscana lo scorso anno ha battuto tutte le regioni del centro-nord in tema di aumento dell'occupazione: il consuntivo dell'Osservatorio sul mercato del lavoro, elaborato su dati Istat, registra che l'anno si è chiuso con una media di 1.393.000 occupati, 31.000 in più (+2,3%) rispetto al 1998. L'equazione è presto fatta: la ripresa dell'economia e del numero degli addetti porta ad un aumento delle ore lavorate e delle potenziali occasioni di incidente. Le imprese stanno ricercando nuovi margini di competitività con l'intensificazione dello sfruttamento della forza lavoro.

 

23 Aprile 2000

Ferrovieri in sciopero il 14 maggio

Dichiarato lo sciopero per il 14 maggio, da parte dell''Orsa e dal Coordinamento dei delegati Rsu. Non si tratta del primo sciopero dichiarato congiuntamente, ma stavolta è accompagnato da un comunicato congiunto indirizzato a tutta la categoria che si configura come un primo abbozzo di "piattaforma contrattuale" nazionale. Si tratta di un passaggio importante. L'adesione dei sindacati confederali (e dei nazional-alleati dell'Ugl) all'"accordo di novembre" - che accettava la logica dei tagli a occupazione e salario previsti dal "piano d'impresa" delle Fs - ha lasciato di fatto senza rappresentanza generale la categoria. Gli scioperi di febbraio e marzo hanno confermato che i ferrovieri si stanno rapidamente spostando verso forme di autorganizzazione. Il comunicato congiunto è articolato in cinque punti: viene indetta una manifestazione nazionale a Roma (il 27 maggio) per "sostenere l'unitarietà della categoria e gli obiettivi della vertenza" e chiamano alla mobilitazione contro "i trasferimenti dei ferrovieri alla società Itf". I punti fondamentali della vertenza riguardano: il "contratto nazionale unico obbligatorio che sia vincolante per l'accesso al sistema ferroviario" di nuove società; il rifiuto della "riduzione degli attuali minimi tabellari"; una ridefinizione dei livelli occupazionali che sia "il risultato della verifica su un'organizzazione del lavoro compatibile con le garanzie di qualità, efficienza e sicurezza del lavoro".

26 aprile 2000

LOS ANGELES: IL CONTRATTO DEI PORTINAI DOPO 3 SETTIMANE DI SCIOPERO

Sono 9000 i portieri della megalopoli che hanno incrociato le braccia per tre settimane per chiedere un aumento e maggiore copertura contributiva. Alla fine l'hanno spuntata e l'accordo firmato dal loro sindacato con la controparte è stato ratificato dalla stragrande maggioranza degli scioperanti: subito 500 dollari (più di un milione di lire) di bonus a testa e un aumento di 1,5 dollari (circa 3000 lire) all'ora che in tre anni diventeranno 1,90 dollari. In più i proprietari si faranno carico dei maggiori costi dell'assicurazione medica e pagheranno 5 giorni di malattia all'anno. Di che far gridare di gioia centinaia di portieri lunedì sera davanti alla sede del loro sindacato, il cui capo, Mike Garcia, ha detto: "E' l'inizio di una nuova era per i lavoratori sindacalizzati. Questa lotta riguarda tutti i lavoratori immigrati, quelli più poveri. Ecco perché abbiamo avuto un enorme sostegno tra la comunità e a livello politico. Eravamo al posto giusto, al momento giusto. La gente aveva bisogno di un debole per cui fare il tifo". Miguel Contreras, capo della Federazione sindacale della contea di Los Angeles ha ricordato che lo sciopero ha trasmesso energia a decine di sindacati che si avvicinano alle contrattazioni estive per i rinnovi contrattuali e che rappresentano più di 300 mila lavoratori tra insegnanti, conducenti di autobus e impiegati dello stato. "Il vostro sciopero darà il tono alla nostra battaglia", ha ricordato Contreras ai portieri in festa.

27 aprile 2000

INFORMATICA E LICENZIAMENTI

Per 179 dipendenti pugliesi (a Noci, nel barese) del Consorzio Nazionale Informatico sono partite ieri le lettere di licenziamento. La società romana è progressivamente passata da 1200 a 800 dipendenti, per mancanza di commesse. La new economy, insomma, non sembra essere il regno di Bengodi. In Puglia nascono nuove imprese, ma nello stesso tempo ne entrano in crisi altre. La vicenda delle aziende di Noci è emblematica. L'impossibilità di poter continuare a lavorare per conto dei ministeri e delle banche comporta la scomparsa di due aziende e la fuoriuscita di 180 lavoratori.

28 aprile 2000

BRESCIA: SCIOPERO GENERALE IL 5 MAGGIO CONTRO LE MORTI SUL LAVORO

A Brescia e provincia i morti sul lavoro sono diminuiti (dai 47 del '98 ai 26 dell'anno scorso). Ma non è davvero il caso di parlare d'inversione di tendenza: resta invariato il numero degli infortuni, ogni anno sono 25 mila e in più di 500 casi provocano invalidità permanenti. Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato uno sciopero generale "contro l'inaccettabile situazione della sicurezza nei luoghi di lavoro" e a sostegno della loro proposta "per lavorare nella dignità e nella sicurezza". Si farà venerdì 5 maggio e durerà un'ora, dalle 9 alle 10, con assemblee ovunque possibile, coinvolgendo anche i servizi e il pubblico impiego. Si muore di lavoro nelle piccole aziende, nell'edilizia in bianco e in nero, nei pulmini dei muratori che scendono e risalgono le valli ogni giorno, nell'agricoltura, ma anche nelle fabbriche medio-grandi sindacalizzate. Come la Fonderia di Torbole (dove il 13 aprile è morto Pierino Sauda), l'Atb, la Tecnotubi, l'Innse, il Mollificio. "La monetizzazione del rischio è andata avanti, non riconoscerlo sarebbe negare la realtà", dice il sindacato, "ed è comprensibile che succeda così, quando si chiudono contratti come quello dei tessili con un aumento di 48 mila lire in due anni".

Chiude la Nostromo di Vibo

Il gruppo spagnolo Calvo ha ufficializzato ieri la decisione di chiudere lo stabilimento Nostromo di Vibo Valentia. Lo stabilimento calabrese, specializzato nella produzione di tonno in scatola, sarebbe diventato antieconomico per gli interessi commerciali della Calvo a causa dell'eccessivo costo del lavoro, dei trasporti e dell'energia elettrica. Per protestare contro la "manovra scellerata del gruppo Calvo" Cgil, Cisl e Uil hanno indetto per oggi alle 10 una conferenza stampa. Lo smantellamento degli impianti vibonesi comporterebbe il licenziamento dei 110 impiegati senza nessun impegno da parte del gruppo spagnolo per "la salvaguardia dei livelli occupazionali".

 

29 aprile 2000

IL TRASPORTO SU ROTAIA PASSA ALL'ITF

Dopo la Cargo Si un altro pezzo di ferrovie si autonomizza. Il processo di societarizzazione (o lo "spezzatino ferroviario") procede ormai a marce forzate. L'altro ieri l'azienda e i sindacati confederali (più la Confsal e l'Ugl) hanno firmato l'intesa che dà il via libera alla Itf, che prenderà in carico tutto il trasporto su rotaia. La società prenderà in carico anche i ferrovieri attualmente impegnati nella divisioni passeggeri, trasporto regionale e nelle unità tecnologiche materiale rotabile. Per accelerare i tempi della privatizzazione, il trasferimento delle attività alla Itf avverrà con la formula dell'affitto di ramo d'azienda. L'Itf srl era la società che si stava occupando della realizzazione del progetto Alta Velocità, trasformata appositamente in società per azioni all'inizio di marzo. In questi giorni l'azienda sta comunicando ai lavoratori la nuova situazione, che diventerà operativa a partire dal primo giugno. Stupefacente, a detta di molti delegati di base, l'assoluta assenza di comunicati da parte dei sindacati. I lavoratori stanno per cambiare "padrone", ma tutte le informazioni relative a cosa cambierà per loro (a partire dal contratto) le apprendono (a fatica) dai giornali e dalle "voci di corridoio".