NOTIZIARIO SU LAVORO E LOTTA DI CLASSE |
Giugno '99 |
"Se abbiamo definito contratto bidone quello dei chimici, come dovremmo chiamare quello dei metalmeccanici?" Domanda Giacinto Botti dell'Italtel di Castelletto. Forse "contratto bullone", lanciato contro gli operai senza neppure bisogno della fionda, vista la forza impiegata dal capitalismo italiano, dal governo socialdemocratico e dal sindacato istituzionale. Il perno dell'accordo è uno scambio ineguale: 20 o 30mila turnisti godranno di una minuscola riduzione d'orario, mentre tutti i metalmeccanici con l'aumento del tetto degli straordinari lavoreranno di più.
La truffa della Banca delle ore servirà a monetizzare il lavoro in eccesso.
In oltre, per quel che resta da godere di riposo, viene posticipato ben in là nel tempo, quando è ovvio che se uno fatica ora è subito di seguito che deve riposare.
Ma i sindacati sembrano non comprendere questo semplice ma fondamentale assioma della forzalavoro. Sempre secondo i lavoratori, le lotte ci sono state, ma è mancata la capacità di incidere, di mettere a profitto l'impegno negli scioperi, la disponibilità alla lotta. Secondo il delegato sindacale del molificio Sidergarda, Francesco Mazzacani, questo accordo "lascia l'amaro in bocca, dà poco sul versante salariale e niente sul versante della riduzione d'orario" (alla Sidergarda il 98% aveva bocciato la piattaforma). Il nodo vero "è riflettere sulla concertazione che, in questo contratto, ha mostrato tutti i suoi limiti". Sarebbe ora!
La sensazione è che Bassolino abbia imposto un accordo, ossia un compromesso a favore dei padroni. Ma questo lo abbiamo detto nei giorni successivi lo sciopero del 14 maggio. In tempi di guerra - o di pace mascherata - il governo interviene nei conflitti interni per limitare la mobilitazione di massa, potrebbe pensare persino di promettere qualcosa, con i dividendi di guerra sulla bilancia. Ma intanto, prima che i dividendi arrivino, ci sono i costi, e i metalmeccanici devono accontentarsi. Ora si aspetta il referendum: vorremmo chiederci cosa succederebbe se per una volta il NO fosse tanto netto da non permettere ai sindacati di guerra di truffare il risultato.
Come indicato anche dai lavori dell'assemblea del 27 febbraio a Roma, ora messa sotto tiro dalla stampa velinara per presunta contiguità con i contenuti della "risoluzione strategica" con cui è stato rivendicato l'omicidio D'Antona, la repressione contro le lotte che si oppongono ai
processi di privatizzazione, terziarizzazione ecc. continua a farsi sentire. Non era mai avvenuto prima, ma adesso il dado è tratto: il prefetto di Roma, Mosino, ha deciso la precettazione dei dipendenti del Centro Elaborazione Dati della Banca di Roma. Si tratta di 120 impiegati del settore informatico scesi in sciopero contro la decisione di scorporo del settore e di
affidamento alla società statunitense EDS. Ovviamente la preoccupazione del prefetto è per i clienti: ma tale preoccupazione non si affaccia mai quando questi subiscono i soprusi delle finanziarie padrone delle banche.
la cessione alla EDS viene definita dai dipendenti del Ced un fatto negativo che non garantisce ne lo sviluppo del lavoro ne il mantenimento dei livelli occupazionali.
Ieri due ore di sciopero dei dipendenti ENEL di Roma, che hanno manifestato fuori e dentro il palazzone di Viale R. Margherita, dove hanno la loro reggia Testa e Tatò. I quali hanno chiamato a difesa decine di poliziotti e carabinieri nonchè un nutrito drappello di "coatti" agenti in borghese, con lo scopo di infiltrarsi tra i manifestanti, sentirne gli umori e terrorizzare con il loro solo aspetto malavitoso (tatuaggi e ascia bipenne al collo bene in vista) i dipendenti meno avvezzi alla protesta. Protesta che si è dovuta fermare di fronte al blocco costituito fino all'interno dei locali ENEL da queste forze dell'ordine padronale. Testa e Tatò procedono nella divisionalizzazione e societarizzazione del patrimonio materiale e professionale degli elettrici, puntando al mercato senza riguardi per il servizio elettrico. Il decreto Bersani, in via di applicazione accelera questo processo. Ed ovviamente, in questo clima di sfascio, non mancano gli infortuni anche gravi e mortali nel settore elettrico e cantieristico, in cui gioca fortemente il lavoro in appalto e subappalto. Si stanno preparando per un Giubileo di fuoco e fiamme contro i lavoratori: guai a chi intralcerà papi e re del profitto.
Comunicato Cobas G.S. ai giornali locali Carpi, 11/6/1999Le lavoratrici e i lavoratori aderenti allo Slai Cobas della ditta G.S. di Correggio (RE) desiderano esprimere tutta la loro solidarietà ad Adriana Agnoletto, ingiustamente revocata dal suo ruolo di socia-dipendente della Cooperativa Aliante e perciò stesso, di fatto, licenziata. COBAS G.S. Correggio (RE) |
La scalata messa in atto da Olivetti è la conclusione scontata della privatizzazione di Telecom Italia tanto voluta dai Democratici di Sinistra di D'Alema, dai sindacati confederali e da tutte le forze politiche. Le uniche voci fuori dal coro sono state, sin dall'inizio, quelle dei COBAS,
del sindacalismo di base e di Rifondazione Comunista. Vi ricordate quante ne hanno dette e scritte pur convincere lavoratori e cittadini che era giusto cedere le azioni del colosso delle telecomunicazioni in mano del Tesoro?
Public company, azionariato diffuso , lavoratore-azionista e tante altre scemenze per sostenere nuove formule societarie con la partecipazione del cittadino, del lavoratore. Tutto fumo per distogliere l'attenzione dal reale obiettivo, in pochissimo tempo la situazione si è ribaltata e Telecom Italia ha ora un nuovo padrone, paradossalmente proprio Olivetti il tanto odiato
concorrente. Ecco alcune tappe della prevedibile "sconfitta":
* - A settembre del '97 il Ministero del Tesoro annuncia di aver costituito, sotto la regia di Mediobanca, un nocciolo duro che guiderà la società (costituito dall'Ifil di Agnelli e diverse banche, molte delle quali legate a Mediobanca) e dà avvio alla privatizzazione del pacchetto azionario in suo possesso. Inizia da allora la telenovela dei vertici aziendali, mentre il
"nocciolino" tutto fa meno che imprimere una svolta nella politica aziendale.
* - Nel gennaio 1998, dopo l'abbandono di Guido Rossi, viene nominato presidente Gian Mario Rossignolo che annuncia i futuri miracoli del suo piano industriale (lui stesso si definisce "very powerfull chairman" - un presidente molto potente - sic!). In realtà si preoccupa solo di silurare i precedenti vertici aziendali, a partire da Tommasi e Gamberale. Nel frattempo la Telecom rimane un pachiderma acefalo privo di qualsiasi strategia industriale.
* - Il "regno" Rossignolo dura appena un anno senza lasciar segni positivi. Nell'ottobre '98 Gian Mario si dimette a causa del giallo dei conti Telecom che fanno precipitare, nel giro di poco tempo, le azioni da oltre 15.000 a sotto le 9.000 lire.
* Ancora una volta, in novembre, si annuncia l'arrivo dell'uomo giusto, il "nocciolino" porta Bernabè alla guida della società. Due mesi dopo le prime voci della scalata successivamente ufficializzata da Colaninno dell'Olivetti. Bernabè tenta due mosse per fermare la scalata a Telecom : la fusione con TIM e l'alleanza con Deutsche Telekom. Nelle cronache della
carta stampata l'amministratore delegato è sembrato battersi come una tigre.
A noi il dubbio è sorto lo stesso. L'ormai ex amministratore di Telecom doveva ben sapere che buona parte del nocciolo duro era già schierata con gli scalatori e che quindi non ci sarebbero mai stati i numeri per deliberare la fusione con Tim. Ancora più improbabile la riuscita del
matrimonio con D.T. in tempi utili per bloccare l'OPA. Comunque sia andata, tutto si è risolto in un gran polverone che ha permesso a Colaninno di lavorare con calma mentre i riflettori si spostavano sulle proposte di Bernabè.
* - La sempre presente Mediobanca aveva già tessuto la ragnatela. Quasi tutto il nocciolo duro ha aderito all'OPA, mentre governo e sindacati garantivano la loro neutralità (a parte il tifo da stadio espresso da subito da D'Alema in favore di Olivetti). Del resto nè i Democratici di
Sinistra né i sindacati confederali (in particolare la Cgil) sono del tutto estranei alla vicenda visto che la loro apparentata UNIPOL è proprietaria di una quota del pacchetto azionario della lussemburghese BELL di Colaninno (che controlla Olivetti). Il risultato è sotto gli occhi di tutti: gruppi di speculatori finanzia ri hanno messo mano su di una preda che renderà migliaia di miliardi di profitti con il consenso dichiarato di chi ci governa. Un'operazione in parte pagata attraverso le stesse speculazioni azionarie fatte sotto il regno di Rossignolo (anch92esso azionista di riferimento di Bell) e in p arte accumulando migliaia di miliardi di debiti.
Chi sono le vittime di quanto accaduto: innanzi tutto i cittadini/utenti che fino al '97 erano i veri "padroni" di Telecom Italia, in seconda istanza i lavoratori del gruppo che subiranno a breve termine gli effetti dell'enorme indebitamento. E' necessario che lavoratori e lavoratrici si mobilitino contro chi ha messo a segno questa azione di pirateria finanziaria se si
vuole evitare ulteriori sviluppi negativi, in particolare in termini di esuberi e dismissioni. Per questo i COBAS TELECOMUNICAZIONI indicono un primo pacchetto di 4 ore di sciopero per tutti i lavoratori Telecom Italia, TIM da effettuarsi 2 ore di sciopero a fine di ogni turno venerdì 11 giugno '99 2 ore di sciopero a fine di ogni turno venerdì 18 giugno '99 (part-time
in proporzione)
Comunicato COBAS TELECOMUNICAZIONI
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