NOTIZIARIO SU LAVORO E LOTTA DI CLASSE

Settembre '99

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"2 SETTEMBRE 1999"


MICRON TECHNOLOGY

I dirigenti di Micron Technology - gente come Tiberio Indiani o Sergio Galbiati, avvezza a percepire stipendi sui 30 milioni netti al mese - hanno sospeso i turni di 12 ore nello stabilimento di Avezzano, dopo i risultati della consultazione tra i lavoratori.
Attorno a ferragosto, visto che tutta la work force e' sempre li' dentro a lavorare, il management ha tenuto una specie di referendum fai-da-te: ha preso un campione, ha consegnato a ciascun tecnico o ingegnere del campione un bigliettino e ha chiesto di scrivere "si'" o "no". Sul campione (si tratta di duecento persone, tra tecnici e ingegneri) "circa il 50 per cento ha dichiarato la propria adesione al modello di turnazione di 12 ore". Siamo andati a guardare, malpensanti come siamo, il significato del "circa", e abbiamo riscontrato che su 200 "campionati" i "si'" sono stati 85, mentre i "no" sono stati 115.
Premesso che tutto il sistema mondiale Micron opera su turni di 12 ore, l'esigenza posta dai managers e' di natura sistemica: si tratta di uniformare tempi e ritmi all'intero sistema mondiale della multinazionale dell'Idaho, che ha acquisito nel 1988 le fabbriche di memorie a semiconduttore un tempo Texas Instruments.
Il sindacato metalmeccanico (Fim, Fiom, Uilm, cui va aggiunto il Fismic) si e' limitato a far sapere che i turni di 12 ore sono illegali e ad annunciare l'intenzione di indire uno sciopero qualora il management proceda in modo unilaterale nel nuovo sistema turnistico. Il sindacato di categoria ha, in varie forme, chiesto di conoscere quale sia il piano industriale Micron per
l'Italia: ma nel chiederlo si e' comportato come se fosse convinto di avere di fronte la vecchia Texas Instruments. Ora, Micron Technology ha acquisito il megastabilimento di Avezzano insediandovi la propria tecnologia nella produzione di memorie al silicio D-Dram. La Texas, invece, aveva un contratto di programma con il governo italiano sui microprocessori, che a
Micron non interessano. I sindacati confederali hanno l'aria di proporre a Micron uno scambio "politico": discuteremo di turni se ci dite le vostre intenzioni in materia di sviluppo ulteriore.
Nella fase attuale le unita' interessate alla turnazione di 12 ore su ciclo continuo sono 400: 250 tecnici (diplomati) e 150 ingegneri. Da una sommaria analisi e' evidente che i consensi alle 12 ore sono diffusi tra gli ingegneri.
La prima conseguenza da trarre e' che il personale laureato (250 tra ingegneri, fisici e chimici) e' fuori di un concreto utilizzo da parte di Micron.

ATAC: La storia di un addetto alle pulizie licenziato senza motivo

L'Atac, l'azienda pubblica di trasporto romana, e' da tempo lanciata sulla strada della "modernizzazione". L'annuncio dei primi 400 autisti in affitto (per la prima volta in Italia), reperiti tramite agenzia interinale, si sposa a perfezione con l'assetto interno dell'azienda. Come dire: e' solo la punta dell'iceberg. Da anni alla Filcams-Cgil denunciano la deregolamentazione del mercato del lavoro e la frammentazione contrattuale dell'Atac. Da qualche giorno, poi, in casa Filcams tira aria di guerra. La goccia che ha fatto traboccare il vaso e' stata il licenziamento, senza preavviso, di un lavoratore del settore delle pulizie presso il deposito di Portonaccio, Mario Mangiavacchi, rappresentante sindacale della Filcams. Il 23 agosto, di ritorno dalle
vacanze, Mangiavacchi e' stato allontanato dal posto di lavoro. Causa: fine rapporto di lavoro. Solo il giorno dopo ha ricevuto la consueta lettera di licenziamento. L'azienda era stata informata gia' il 17.
Mangiavacchi, infatti, non e' propriamente un dipendente Atac. Dal 1992 l'azienda ha scelto la politica della "terziarizzazione" per le mansioni di pulizia, appaltate a ditte esterne.
Nel '96 il Cns, il consorzio nazionale di servizi, ha vinto un mega appalto (con un ribasso sul prezzo d'asta del 45,6%) per la pulizia delle rimesse degli autobus, dei bus e degli uffici in tutti i 14 depositi Atac. Sotto l'ombrello del Cns alloggiano tre cooperative: la Cmr '80, la Manutencoop 2000 e la Coop 2000 E1. Mangiavacchi era un dipendente della Cmr '80, che ha motivato il licenziamento per ragioni di esubero. "In realta' - denuncia Giancarlo D'Andrea, segretario regionale della Filcams-Cgil - alla Cmr e' stata appena affidata la pulizia dei jambo-bus, i nuovi autobus. Ci sembra strano che ci siano problemi di esubero, tanto piu' che nell'ultimo anno e mezzo a Portonaccio i lavoratori sono passati da 33 a 51". Il sindacato
intende presentare un esposto alla magistratura, accusando la cooperativa di comportamento antisindacale. Si appella, inoltre, "alla particolare situazione di Mangiavacchi, che vive con il padre pensionato".
Il licenziamento di Mangiavacchi e' soltanto l'ultima irregolarita', secondo la Filcams, nella tortuosa storia degli appalti Atac. Attualmente, ad esempio, i dipendenti delle tre cooperative si occupano anche della tabellazione, del controllo dei livelli di olio, acqua e nafta, della pulizia delle nuovissime pensiline per il Giubileo e della pulizia degli autobus nei piu' importanti capolinea. Ultimamente, poi, si e' aggiunta la mansione delle manovre all'interno dei depositi. "Per queste attivita' non e' stata realizzata alcuna gara - spiega ancora D'Andrea - mentre la legge stabilisce che l'appalto puo' aumentare solo del 20% rispetto al valore iniziale". La moltiplicazione delle mansioni affidate al Cns, quindi, insospettisce, tanto che i sindacati hanno presentato un altro esposto alla procura della repubblica.
Un'altra anomalia che contraddistingue i rapporti di lavoro dentro le tre cooperative, e' che circa i 2/3 dei lavoratori sono soci. Dura la posizione del socio lavoratore, il quale non e' sottoposto alla legge 300 del '70 (quindi, per esempio, non ha diritto alla rappresentanza sindacale), deve pagare la quota societaria (che in questo caso e' di circa 10 milioni l'anno) e se si ammala per i primi 7 giorni non viene pagato. Pero' costa il 20% in meno di un normale dipendente.


"4 Settembre 1999"


SCHEDA PENSIONI

Ecco le cifre del taglio delle pensioni.
La riforma della pensioni, oltre ad un fatto ideologico, e' ovviamente un fatto economico. Le reazioni nel mondo sindacale non saranno determinate quindi solo dagli schieramenti, ma dalle risposte che il mondo del lavoro dara'. Quanto si e' perso con le due riforme del '92 e del '95? Quanto hanno perso i lavoratori dipendenti e in particolare gli operai? A queste domande ha cercato di rispondere la Fiom di Brescia che ha calcolato l'effetto della possibile introduzione del sistema contributivo 'pro-rata' sulla base dei dati precisi determinati dall'andamento delle buste-paga. L'esempio che si propone e' un salario di un metalmeccanico della Fiat Iveco e gli effetti che gia' si sono avuti in base agli interventi precedenti.
Quanto si e' perso.
Applicando alla lettera le riforme del '92 e del '95, e calcolando cinque anni di pensione mancata e di contribuzione all'Inps nella misura del 10,18 per cento del salario lordo stimato in 40 milioni annui, l'importo complessivo che ogni singolo operaio avrebbe perso si attesta sui circa 150 milioni, ovvero, per la precisione: 146.590.400.
Il 'pro rata'.
Per cercare di stimare la perdita economica sulla pensione, se venisse applicato il sistema 'pro-rata' (ovvero calcolare la rendita attuando fino a una certa data il sistema retributivo e per i prossimi anni il sistema contributivo) la Fiom di Brescia ha utilizzato la busta paga di un operaio
di quarto livello della Fiat Iveco, con 40 anni di lavoro e di contribuzione e che matura il diritto alla pensione dal primo gennaio 2006. I suoi primi 30 anni calcolati col sistema retributivo, gli ultimi 10 con il sistema contributivo.
Il taglio della pensione.
Il sistema retributivo relativo ai primi 30 anni di lavoro dell'operaio della Fiat con contributi maturati fino al 31 dicembre del '95, dava una rendita pensionistica di 1.902.500 lire. Il calcolo degli ultimi dieci anni con il sistema contributivo da' invece una rendita pensionistica di 534.000.
Il totale della pensione lorda mensile diventa pari a 2.436.500, con una perdita di 111.500 per 13 mensilita' annue e per tutta la vita.
La Fiom di Brescia spiega anche che questi sono calcoli in proiezione ponderati. Per il calcolo retributivo si e' applicata una rivalutazione per gli anni dal 2000 al 2005 del 1,5%, mentre per il calcolo contributivo per gli anni 1999-2004 del 3,5% annuo (media aumento previsionale, costo della vita 1,5%, con +2% Pil). I risultati cambiano a secondo delle situazioni individuali e, ovviamente, se il sistema contributivo si attua per un sistema superiore ai 10 anni la perdita della rendita pensionistica aumenta enormemente per effetto del meccanismo su cui viene calcolato il montante individuale dei contributi.

 
"8 Settembre 1999"


GLI OPERAI DELLA FIAT HANNO MOLTI PADRONI

Di chi sono gli stabilimenti di Mirafiori e Rivalta? Della Fiat, naturalmente. La risposta e' solo parzialmente esatta. Diciamo che sono del gruppo Fiat al 90% e della Fiat auto al 75%. Per il 15% appartengono a societa' del gruppo diverse da Fiat auto e per il 10% sono di proprieta' di
altre societa' che con il gruppo Fiat non hanno nulla a che spartire. Gradualmente, entro il recinto delle due fabbriche va costruendosi un patchwork di societa' che detengono la proprieta' di un singolo pezzo del processo produttivo. In alcuni casi, come alle presse di Rivalta che tra qualche tempo finiranno al gruppo Stola, bastera' tracciare una riga sul
pavimento per stabilire che cosa e' dell'Avvocato e cosa appartiene ad altri proprietari. Nel senso che tutto cio' che si trova oltre la riga, uomini e macchine, appartiene al nuovo proprietario.
E' difficile sapere fino a che punto la lottizzazione degli stabilimenti potra' spingersi. In via del tutto ipotetica si puo' immaginare che tra qualche anno le fabbriche del gruppo siano completamente cedute a decine di proprietari diversi e che alla Fiat restino solo le attivita' di
progettazione e la proprieta' dei marchi. La Fiat incasserebbe solo le royalties su ogni auto prodotta con i suoi marchi. Governare terziarizzazioni ed esternalizzazioni dal punto di vista
contrattuale non e' semplice. Si rischia, in prospettiva, di avere di fronte decine di controparti diverse unite solo dal lungo muro di cinta che circonda gli stabilimenti. Per il momento il pericolo e' limitato dal fatto che molti proprietari appartengono comunque al gruppo Fiat. Ma con il passare dei mesi non sara' piu' cosi'. E sara' sempre piu' difficile tener fermo
il principio che ha retto finora: quello in base al quale tutti i dipendenti che lavorano nello stesso sito produttivo devono avere le medesime condizioni contrattuali.
La mappa dei proprietari di Mirafiori e Rivalta e' gia' oggi variegata. Nei due stabilimenti Fiat auto ha 22-23 mila dipendenti su circa 30 mila. Altri 2.000 sono i manutentori di Comau service e 400 dipendono dal Comau, settore preparazione stampi. I carrellisti e gli addetti alla logistica sono 2.000 e dipendono da Tnt. Gli addetti alle centrali termiche sono 400 e dipendono dalla societa' Fenice. 240 sono i sorveglianti occupati dalla Sirio e 70 i dipendenti della Gesco, la societa' che gestisce la fatturazione. Infine ci sono 400 dipendenti della Marelli sospensioni. Otto societa' in tutto delle quali solo una, la Tnt, non e' del gruppo Fiat. Ma entro l'anno la situazione cambiera'. 200 dipendenti delle sellerie passeranno alla Lear, 400 dipendenti delle presse di Rivalta finiranno al gruppo Stola e altri 400 addetti alla preparazione delle plance finiranno probabilmente al gruppo Marelli. Alla Marelli sospensioni verranno ceduti 400 dipendenti di Mirafiori mentre i 200 addetti alla verniciatura dei paraurti potrebbero essere ceduti alla statunitense Bread. Cosi', a fine anno, i proprietari di Mirafiori e Rivalta saranno undici e di questi quattro (Lear, Stola, Bread, Tnt) non appartengono al gruppo dell'Avvocato. Su 30.000, in conclusione, i dipendenti di aziende diverse da Fiat auto saranno 7.100 e i dipendenti da aziende che non fanno parte del gruppo saranno 2.800. A questi vanno aggiunti i 500 lavoratori "interinali", avanguardie della forma piu' clamorosa di terziarizzazione, quella della forza lavoro che dipende dalle agenzie del lavoro in affitto.


"14 Settembre 1999"

Quattro morti in un giorno

Quattro morti e un ferito grave: è il drammatico bilancio degli incidenti sul lavoro accaduti il 13 settembre. In una piccola fabbrica meccanica alla periferia di Vicenza la vittima è il proprietario della fabbrichetta, Luciano Ponzo, 39 anni, che stava cercando di sbloccare una cesoia inceppata con l'aiuto di un operaio di una vicina fabbrica. Per il titolare non c'è stato niente da fare; l'operaio che lo ha soccorso è stato ricoverato in rianimazione all'ospedale San Bortolo.
A Ghilarza (Oristano) la tragedia è avvenuta in un cantiere all'interno di una caserma dei carabinieri "Cacciatori di Sardegna", dove erano in corso lavori di ristrutturazione. L'autista di una betoniera, dipendente di un'impresa edile del posto, la "Cabiddu", è rimasto folgorato mentre manovrava il macchinario nel cortile della caserma: secondo una prima sommaria ricostruzione, l'operaio avrebbe toccato con la benna i fili dell'alta tensione rimanendo ucciso sul colpo. E quasi sul colpo è morto anche Giuseppe Sorace, 36 anni, sposato e padre di due bambini, originario di Goia Tauro, travolto da un muro che doveva disarmare. La struttura, privata delle assi di legno che la sostenevano, avrebbe improvvisamente ceduto, travolgendolo. Sull'episodio la procura della repubblica di Sanremo ha aperto un'inchiesta. Sarebbe anche indagato il titolare dell'impresa per la quale Sorace lavorava molto probabilmente in nero.
Infine, a Miano una colf è precipitata dal primo piano di un appartamento mentre puliva i vetri. La donna, M.G., 47 anni ha battuto violentemente la testa: è morta poco dopo il ricovero in ospedale.

 

"14 Settembre 1999"


RACCOLTA DEI POMODORI: "Trattati come schiavi"

E' un intreccio terribile tra criminalità internazionale e caporalato locale. Lo scenario è quello consueto cui si assiste girando fra le grandi distese di terra coltivate a pomodoro in Puglia: immigrati al lavoro, sempre più provenienti dall'est europeo, in un processo di graduale sostituzione della forza-lavoro di colore. Siamo nel leccese, da qualche anno divenuto punto di approdo del traffico di lavoratori stagionali che parte dell'est europeo.
L'hanno denunciato i 9 ucraini - 7 uomini e 2 donne - sentiti dai carabinieri della stazione di Melendugno, dopo esser stati trovati sprovvisti del regolare permesso di soggiorno. A parlare è Ludmila, una signora di 40 anni, laureata in economia e commercio, di Kiev. Ufficialmente sono arrivati qui come turisti, pagando 430 dollari a testa ad un'agenzia di Kiev. Sono giunti a Napoli in pullman e qui hanno dovuto sborsare altri 300 dollari ai referenti locali del traffico di braccia destinate ai campi. Solo questo passaggio partenopeo, infatti, garantirebbe l'ingresso nel "giro" dei lavoratori stagionali destinati al sud. L'organizzazione provvederebbe a tutto, all'insegna, naturalmente, della massima "flessibilità" e adattamento alle dure condizioni di lavoro dei "turisti" nel Salento.
A questo punto l'organizzazione del traffico umano esce di scena e lascia agli aspiranti braccianti l'immagine del turista fai-da-te. Ludmila parla lentamente, presente un interprete, mentre illustra il livello e la qualità del "soggiorno turistico". Senza di luce, acqua e gas, hanno dormito in una tenda montata nella campagna, vicino a San Pancrazio Salentino. Per raggiungere un centro abitato i "turisti" ucraini dovevano percorrere otto chilometri a piedi per andare a fare la spesa. Gli orari di lavoro coprivano praticamente l'intera giornata, dalle 6 del mattino fino alla mezzanotte; la paga oscillava intorno alle 15.000 lire per ogni 300 chili di prodotto raccolto e in buono stato. Da diversi giorni il loro visto turistico era scaduto, ma il datore di lavoro non aveva ovviamente provveduto a convertirlo in permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Scattata la denuncia contro il datore di lavoro: per sfruttamento di manodopera, evasione fiscale, contributiva e previdenziale, e infine per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
Sulla vicenda l'Ispettorato provinciale del lavoro, ha avviato un'inchiesta. La denuncia degli ucraini segue di alcuni giorni il tentativo di ribellione ai caporali foggiani da parte di un giovane albanese, crivellato di colpi di pistola la notte di mercoledì scorso in un casolare alla periferia di Foggia. Hyso Delaray aveva "preteso" di non cedere la consueta parte della sua paga giornaliera al caporale.

 

"16 Settembre 1999"

MELFI: OPERAI OFFICINE BLOCCANO LA VIABILITA'

Tra tagli grandi e piccoli previsti dal "Piano d'impresa" delle Ferrovie c'è anche l'ipotesi di "ridimensionare" le Officine Grandi Riparazioni di Melfi, dove sono impiegati circa 200 operai. Ipotesi che ieri ha portato i lavoratori a bloccare per circa un'ora i binari della stazione ferroviaria S. Nicola di Melfi, che collega anche lo stabilimento della Fiat con la rete principale. Subito dopo la manifestazione si è spostata nell'area industriale, "provocando forti rallentamenti" nel traffico automobilistico e merci. Nei giorni scorsi lavoratori e sindacati confederali del settore trasporti avevano organizzato un'assemblea permanente - tuttora in corso - all'interno della fabbrica. Il sottosegretario ai trasporti, Angelini, ha convocato a Roma i rappresentanti dei lavoratori per il 22 settembre.

PENSIONI: I SINDACATI DI MIRAFIORI CONTRO LA PROPOSTA DI COFFERATI

Le rsu di Mirafiori hanno chiesto ieri di "rispettare i tempi della verifica previdenziale, fissata al 2001" esprimendo "il massimo dissenso sull'anticipazione di questa discussione e sul passaggio al sistema contributivo per tutti", cioè sulla proposta avanzata dal segretario della Cgil, Sergio Cofferati. Il pronunciamento delle rsu delle Meccaniche, che presumibilmente si ripeterà nei prossimi giorni anche negli altri reparti della Fiat, è sottoscritto dai rappresentanti di tutte le organizzazioni sindacali presenti (Fiom, Fim, Uilm e Fismic). Il documento attacca anche le proposte di "governo e Confindustria" che prefigurano "un mercato del lavoro con flessibilità selvagge". Una presa di posizione contro la flessibilità che suona anche come campanello d'allarme per la Cisl che sul tema ha firmato un accordo separato con il sindaco di Milano. La guerra tra i vertici nazionali di Cgil e Cisl ottiene dunque l'effetto opposto di rinsaldare l'unità sindacale nelle fabbriche.

 

"17 settembre 1999"

SCARMAGNO SI CHIUDE PER FALLIMENTO

In milleduecento perdono il posto di lavoro. La fabbrica è stata occupata, La morte della Op computer, cioè dell'informatica italiana, viene annunciata di fronte alla folla dei dipendenti alle 16,20 di ieri. I timori del presidente del tribunale che cinque minuti prima aveva convocato il capitano dei carabinieri per prevenire disordini, si rivelano infondati. Sulla rabbia prevale la delusione per un esito temuto da sedici mesi e ora incredibilmente reale.
Passano in un attimo di fronte a tutti le mattinate trascorse a bloccare l'autostrada per Aosta, le trattative con la "Vezzosa Mugnaia" perché anche il carnevale storico di Ivrea lanciasse un messaggio di speranza, le giornate trascorse a Torino con prefetti, autorità locali e ministri a scongiurarli di trovare una soluzione. Tutto è stato inutile, tutta fatica sprecata.
Spunta dalle pieghe della sentenza il nome di uno dei possibili autori dell'omicidio: la Olivetti di Colaninno, dopo essersi sbarazzata della fabbrica dei personal computer per scalare la Telecom, è infastidita, vinta la guerra dei telefoni, della brutta figura che le fa fare nel mondo la navigazione agitata dell'azienda di Schisano.
Il secondo autore dell'omicidio spunta invece al penultimo capoverso della sentenza: "Nel frattempo - sostengono i giudici - si tengono lontani altri potenziali acquirenti magari più seriamente interessati ad assicurare la continuità dell'attività produttiva e a garantire livelli occupazionali più realistici in relazione alla situazione aziendale e all'attività da essa espletata". Il passaggio è singolare per diversi motivi. Intanto perché non è consueto incontrare un tribunale che indica alle aziende quali debbano essere i livelli occupazionali "realistici", di fatto suggerendo ai futuri compratori un nuovo taglio degli organici. E poi perché, escludendo che il tribunale si intenda di politica del personale, è evidente che il passaggio è stato suggerito proprio dai potenziali futuri acquirenti che forse attendevano la cessazione dell'attività produttiva per rilevare a basso costo la fabbrica e spezzettarla in tante piccole aziende riducendo a poche centinaia gli attuali 1.200 dipendenti.
Alle 17 la folla dei dipendenti si trasferisce a Scarmagno e occupa la fabbrica. Lo fa in un sostanziale silenzio come in silenzio aveva reagito alla lettura della sentenza. Di fronte ai cancelli si incrociano il passato e il futuro immediato, la vecchia azienda produttiva e il nuovo stabilimento da salvare. Il passato sono i sorveglianti che fermano i primi impiegati pronti all'occupazione: "Scusi, lei dove va? Sa che non può entrare?". Il futuro nelle risposte degli occupanti: "Tu chi sei? Non sai che non conti più nulla? Da oggi sei a spasso come noi. E in pochi minuti ai sorveglianti si affiancano "i lavoratori che dovranno far parte del servizio d'ordine", come spiega Laura Spezia, segretaria territoriale della Fiom, mentre illustra ai presenti le regole da tenere durante l'occupazione.
In serata giunge sul piazzale di Scarmagno il segretario della Fiom piemontese Giorgio Cremaschi. E' visibilmente avvilito e rilancia dichiarazioni pesanti "Quel che è avvenuto è il risultato della viltà delle istituzioni, dal governo alla magistratura, che hanno perso la capacità di ragionare di fronte alla propaganda e alla moda del primato della finanza". Poi si infila anzhe lui oltre i cancelli dove sta prendendo corpo l'occupazione.