NOTIZIARIO SU LAVORO E LOTTA DI CLASSE

Novembre 1998

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"3 novembre 1998"

 

CERAMICHE DI PUGLIA

 Ancora a rischi la situazione dei 500 lavoratori della Ceramiche di Puglia, che la proprietà ha messo in liquidazione. In prospettiva, la soluzione sembra essere la Cassa Integrazione: ma ciò significa comunque la perdita del posto di lavoro in un'area in cui le dinamiche salariali e occupazionali sono tutte al ribasso. La fabbrica, pero' continua a ricevere commesse: cosa strana visto che è stata considerata non redditizia! In realtà l'attuale è solo un ulteriore passo verso lo smantellamento e lo spostamento delle attività da Monopoli a Treviso.
I lavoratori in procinto di essere rigettati nel magma del lavoro/non lavoro sono stati oggetto già di "interesse" da parte di gestori più o meno occulti o legali del lavoro in affitto.
D'altra parte, con in contratti d'area, questa è la fine che tutti dovranno fare, anche se poi a ben vedere ancora "conviene" più il nero.

CONTRATTI D'AREA

Infatti, ecco alcuni dati sui 7 contratti d'area attivati: con investimenti di 311 mld sono previsti 1898 addetti. Manfredonia è forse il peggiore, per quanto riguarda l'abbattimento dei livelli salariali e delle garanzie normative, con deroghe profonde alle norme sul lavoro. Per le imprese possibilità di assumere in contratto formazione lavoro con due livelli più bassi, e questo livello durerà per altri 12 mesi dopo - l'eventuale - passaggio a tempo indeterminato.
L'apprendistato prevede deroghe retributive del 40% il primo anno, 25% il secondo, 15% il terzo e 10% il quarto. È prevista la piena flessibilità degli orari, calcolati su base annua anziché settimanale., nel solo rispetto delle esigenze aziendali.
Più o meno simile la situazione nella zona di Torre Annunziata, una delle aree a più alta densità di disoccupazione. Qui sono previsti 404 addetti. I contratti di formazione lavoro, oltre al resto, prevedono 40 ore di formazione non retribuite. I disoccupati di lungo periodo e i cassaintegrati è prevista una retribuzione di due livelli inferiori a quella precedente, per i primi 3 anni. Le imprese possono far ricorso allo straordinario ben al di la' del tetto previsto dai contratti di categoria (che, tra l'altro, il tetto già lo stanno alzando un bel po'). Infine moratoria per 4 anni della contrattazione aziendale.
I contratti d'area hanno aggiunto flessibilità "legale" a quella "illegale", del caporalato e del lavoro nero. D'altra parte, tutto l'interesse - irriguardoso! - dei governi borghesi di sinistra sta proprio nell'appiattire i diritti sui non diritti dei lavoratori supersfruttati. 

 

 "7 novembre 1998"

 

CHIUDE L'ILVA DI CORNIGLIANO

All'altoforno e alla cokeria di Cornigliano restano tredici mesi di vita. La chiusura dell'area a caldo delle Acciaierie Ilva di Riva è stata decisa in dodici ore di trattativa serrata tra amministratori locali, sindacati, proprietà e governo. La firma definitiva è stata posta l'altra notte, ma la vertenza dura da almeno un decennio; ancora prima era nata la 'battaglia di ambientalisti e comitati civici contro uno degli impianti più inquinanti d'Italia. Soddisfazione quindi tra i politici liguri e nel quartiere del ponente genovese, massacrato dalle velenose emissioni di benzopirene e idrocarburi aromatici e dal tasso eccessivo di inquinamento acustico. Ma un plauso arriva anche dalle organizzazioni sindacali, che "con il cuore sanguinante e senza euforia" accolgono di buon grado le decisioni sui i livelli occupazionali.
Proprio sul numero dei cassintegrati e sulle modalità di rientro in fabbrica si è giocata la partita più importante. Alla fine andranno in mobilita' (in attesa di prepensionamento), 35O lavoratori su 1.200, gli altri resteranno sul libro matricola di Riva. Nello scontro con il magnate della ghisa e dell'acciaio, alla fine qualcosa si è strappato: 100 unita' in più in cassa a scapito della mobilita' e copertura finanziaria fino alla pensione per gli altri. In definitiva resteranno fermi per tre anni 600 operai: alla Cig si aggiungerà il mensile pagato da Regione e Comune per lavori socialmente utili. Per tutti sono previsti corsi di formazione e di aggiornamento per il reinserimento nelle nuove attività industriali.
Altri 150 lavoratori saranno invece coinvolti nel lavoro di bonifica delle aree. L'accordo prevede infatti una grande stagione di riqualificazione ambientale ed economica. Ilva cederà circa 300mila mq dove si insedieranno nuove attività imprenditoriali nonché il celebre distripark e altre strutture per il porto. Al bordo nord dell'area troverà sistemazione una nuova strada per decongestionare il traffico del quartiere, e altri 40 mila metri quadrati serviranno per ampliare l'aeroporto. A Riva restano le concessioni sulle restanti aree fino al 2050 ad un canone d'affitto super-agevolato: 1.400 lire al mq. Da parte sua Riva ha ottenuto la cancellazione del divieto per eventuali nuovi "cicli fusori", di cui comunque si dovrà parlare in altra sede (in pratica si rinvia alla presentazione del piano industriale, in cui Ilva investirà 550 miliardi per l'ammodernamento delle strutture, l'espansione della gamma produttiva e l'impianto di tecnologie "innovative"). La strada per ottenere il rinvio è stata la forte campagna degli ultimi giorni por Ottenere un forno elettrico.
Il sindaco di Genova Giuseppe Pericu è entusiasta: "Fatto eccezionale e unico in Italia è che si va a chiudere un’attività che funziona sul mercato e con un portafoglio sano per un'operazione di risanamento ambientale e di tutela verso la cittadinanza. Per questa vera e propria riconversione siamo riusciti a convincere la proprietà, i sindacati e lo stato, che ha collaborato a finanziare l'accordo". Pericu ha inoltre sottolineato come "per la prima volta non si sia ceduto sulle necessita' contingenti, ma si sia affrontato il discorso con grande lealta' e lungimiranza".
"Le garanzie occupazionali - ha detto Walter Fabiocchi, della Fiom - sono adeguate: ai 1.100 dipendenti (altri 150 operanti sui moli non sono toccati dall'accordo) è garantito un salario sui livelli attuali, grazie alla integrazione degli enti locali: resteranno tutti a libro paga di Riva, anche i 350 pre-pensionandi. Abbiamo un anno di tempo per ultimare il progetto e curare nei minimi particolari i corsi di riqualificazione dei lavoratori e il piano di bonifica. Non si puo' mai esultare quando un'azienda storica chiude, ma quella di oggi era un'operazione dovuta per risolvere i problemi dell'inquinamento". Proprio sulle strategie per l'abbattimento degli agenti inquinanti gli amministratori liguri sono riusciti a fissare importanti paletti: benzopirene e idrocarburi policlici aromatici dovranno essere ridotti del 95%, le polveri del 65% e gli ossidi di azoto del 50%. Il rumore attorno alle acciaierie non dovrà essere superiore ai 65 decibel.
Di accordi, in questi anni, ne sono girati tanti; ma oggi sembra proprio che il 6 novembre sarà ricordato per l'addio a altoforno, cokeria e agglomerato.

CONTRATTO PARASTATO

Per chiudere la tornata dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, mancano solo quelli (anche se saranno i più duri) della scuola e della sanità. Giovedì notte, infatti, è stato siglato il nuovo contratto per il parastato. L'accordo, che interessa circa 70 mila dipendenti, prevede: 140 mila lire medie di aumento a regime; un nuovo ordinamento professionale, più flessibile, con suddivisione dei lavoratori in tre aree; le 35 ore per di lavora a turni, con una riduzione di orario finalizzata a rispondere meglio alle esigenze dei cittadini.
Questo significa che molti uffici pubblici potranno rimanere aperti anche la domenica. I lavoratori interessati all'accordo sono quelli di grandi enti "economici" come l'Inps, l'Inail, la Croce rossa. Dal punto di vista economico l'accordo rispetta rigidamente i tetti di inflazione programmata(3,3% per il '98-'99).
L'aumento dei minimi tabellari (in media è di 84 mila lire mensili che saranno corrisposte in due tranche: 46 mila lire a novembre di quest'anno e 38 mila dal giugno'99. Le risorse disponibili per la retribuzione accessoria (39mila lire procapite al mese da distribuire in sede d contrattazione decentrata (secondo criteri di produttività, disponibilità...) saranno, invece, disponibili solo dal gennaio 2000.
Secondo l'Aran (l'agenzia che rappresenta la parte pubblica nella contrattazione, che tuttavia è imbrigliata dalle disponibilità finanziarie stanziate dal governo), visto il ritardo con cui saranno pagati gli aumenti(il contratto è scaduto a dicembre '97) l'accordo destina a titolo di compensazione risorse pari allo 0,8 per cento della massa salariale. Risorse che confluiranno nei fondi di ogni ente e saranno distribuite con la contrattazione integrativa.
Dal punto di vista dell'inquadramento, anche per i lavoratori del para stato è prevista la divisione del lavoro in tre aree. È, pero', prevista anche l'istituzione di una nuova area; quella "dei professionali" che raggruppa medici e professionisti, in attesa della legge di riforma degli ordinamenti professionali.
Quanto all'orario di lavoro, come era già stato fatto per i ministeriali e per gli enti locali, sono state introdotte le 35 ore. Non generalizzate, ma collegate all’ampliamento dei servizi ai cittadini. Secondo Gianni Billia, presidente del l'Inps, "la pubblica amministrazione deve seguire l'andamento della società. Pertanto dove c'è domanda, i servizi pubblici debbono rimanere aperti. Stessa cosa di quanto ormai accade per i supermercati e le banche, che negli ultimi tempi hanno ampliato l'apertura al pubblico". Questo significa che gli "sportelli" al pubblico potranno aprire anche nei giorni festivi. La decisione sarà affidata alla contrattazione decentrata in relazione alle effettiva necessita' e alla potenziale domanda. Per i sindacati, l’orario di lavoro non sarà, quindi, più stabilito centralmente, ma dovrà essere funzionale alle reali necessita' rispondendo - come ha dichiarato il segretario confederale della Cgil, Giampaolo Patta - a richieste ineludibili dei cittadini -. In ogni caso, affermano i sindacati dopo la firma del contratto, l'orario di servizio sarà la cornice entro cui modulare l'orario di lavoro che diventa estremamente flessibile.

 

"8 novembre 1998"

 

DIRITTO DI SCIOPERO... DIMEZZATO

Gino Giugni continua nella sua marcia forzata verso la distruzione di ogni pur minima parvenza di diritto autonomo dei lavoratori. Dopo la legge antisciopero, dopo le proposte sulle modifiche allo statuto dei lavoratori, sul "diritto" di licenziamento ora si inalbera contro chi fa sciopero contemporaneamente!
È così, se state difendendo un vostro diritto, e qualcun altro sta legittimamente facendo altrettanto, state certi che il patrigno dei lavoratori (ex-padre dello Statuto) vi deferirà alla Commissione di garanzia. Il fattaccio, in particolare, riguarda lo sciopero dei trasporti su taxi e su autobus che è previsto a Roma in questa settimana. "Questa concomitanza è illegale a tutti gli effetti", ha dichiarato il cane da guardia dei padroni. E si prepara ad applicare sanzioni e multe, visto che, per lo meno, non può mettere in gattabuia gli scioperanti.
Quindi all'attacco del comune e dell'azienda ATAC-COTRAL contro il trasporto pubblico romano, si aggiunge la voce della repressione. Evidentemente si vuole fare il bis dell'anno passato.
I lavoratori dei trasporti stanno lottando per migliorare il servizio, svolto in grave disagio, con orari e mezzi spaventosi.
Rutelli e Di Carlo ricattano i lavoratori due volte: una, in quanto dipendenti, minacciandoli di tutto quello che si puo' per indurli a "sacrificarsi" per il bene comune, che lo distruggono scientemente; l'altra in quanto cittadini ed elettori, facendo balenare il solito "pericolo di destra", le manipolazioni da parte del Polo, e l'odio degli utenti, contro cui questi lavoratori in lotta si schiererebbero.
Tutte falsità: è la politica di destra di Rutelli e Di Carlo a danneggiare un rapporto lavoratori utenti sacrificato sull'altare del profitto e del mercato. La destra politica fa il suo sporco lavoro demagogico, nel mettere gli uni contro gli altri i settori di classe.
A tutto questo va risposto con forte solidarietà a chi lotta, il che non esclude per principio una critica ai metodi e agli obiettivi, ma solo come elemento della partecipazione alla lotta, al sentire comune.

 

IMA: LAVORO IN APPALTO

"A pari mansioni, pari condizioni! (contributo della rivista Falce e Martello)"

IMA S.p.A. produce macchine automatiche per il confezionamento del Te' in bustine e di prodotti farmaceutici e cosmetici. Occupa circa 900 persone in tre stabilimenti nella provincia di Bologna.
Da alcuni anni, a fronte di un grosso aumento dei carichi di lavoro, si è assistito ad un sempre maggiore ricorso a lavoratori di imprese in appalto.
La loro presenza in ufficio veniva giustificata inizialmente dalla direzione in base alla necessita' di rispondere rapidamente ai picchi produttivi eliminando i tempi morti di un lavoro fatto eseguire da un ufficio tecnico esterno, soprattutto nel caso si fossero rese necessarie delle modifiche.
Dopo tre anni di "picco produttivo" continuato, oggi in ufficio ci sono 6 lavoratori in appalto su un totale di 20 disegnatori e progettisti. Tutti giovani diplomati, alcuni alla prima esperienza lavorativa, provengono da tre aziende artigiane e conoscono poco o nulla dei contratti stipulati fra i loro titolari e l'azienda in cui lavorano. Sospettano l'esistenza di accordi secondo i quali IMA si impegna a non assumerli, situazione verificatasi in passato ma che oggi è un’eventualità remota, dato che con il diffondersi della crisi del sistema economico capitalista poter disporre di mano d'opera 'usa e getta' è una manna per i padroni!
Con il passare del tempo questi nuovi compagni di lavoro si sono integrati perfettamente con l'ambiente aziendale, acquisendo una solida conoscenza delle macchine prodotte, dei sistemi informatici e delle procedure di uso interno, dimostrando una capacita' autonoma di soluzione di problemi, senza ricorrere all'ausilio dei colleghi più esperti. La direzione li considera come effettivi nella programmazione dei carichi di lavoro e delle ferie e le loro capacita' ed esperienze professionali vengono sfruttate al massimo. La differenza fondamentale tra loro e gli altri dipendenti riguarda i diritti.
I lavoratori di aziende in appalto, come del resto anche gli assunti con contratto a tempo determinato o di formazione lavoro (a tutt'oggi non risultano impiegati lavoratori interinali, ma ciò non modifica il ragionamento), costituiscono l'assieme dei lavoratori a bassa tutela i quali, o perché non sono dipendenti IMA, o perché il loro futuro occupazionale dipende esclusivamente da scelte discrezionali dell'azienda, non hanno diritto (i primi) o hanno un considerevole timore (i secondi) a partecipare alla vita sindacale. In prospettiva la loro presenza potrà essere strumentalizzata dalla direzione, soprattutto nel caso di assemblee e scioperi, per limitare la capacita' contrattuale dei lavoratori dipendenti di IMA tra i quali potrebbe svilupparsi un atteggiamento di avversione soprattutto nei confronti dei lavoratori in appalto, che potrebbero essere considerati alla stregua di crumiri. Non dobbiamo cadere in questa trappola!
Le "guerre tra poveri" hanno sempre fatto il gioco dei padroni! Bisogna instaurare stretti rapporti con questi nostri compagni di lavoro non solo a livello umano, ma anche sindacale e politico. Per fare ciò occorre perseguire obiettivi che uniscano tutti i lavoratori. IMA fa un massiccio ricorso agli straordinari e a esternalizzazione di intere fasi produttive.
Questa situazione deve essere messa in luce da parte della rappresentanza sindacale; le contraddizioni aziendali devono essere chiarite a tutti i lavoratori. Bisogna spingere perché questi lavoratori vengano assunti a tempo indeterminato, prima di tutto convertendo i contratti a tempo determinato e di formazione e lavoro e facendo proposte di assunzione ai lavoratori in appalto, facendo carta straccia di eventuali accordi di non ingerenza fatti con i loro titolari.
Per mantenere e rafforzare l'unione tra i lavoratori è fondamentale che a pari mansioni corrispondano pari condizioni, a maggior ragione nello stesso ambiente di lavoro. Solo portando avanti proposte di questo tipo il sindacato puo' ritrovare ed allargare l'appoggio dei lavoratori legando le loro rivendicazioni ad obiettivi in grado di migliorare le condizioni di vita e di lavoro di tutti noi.

Davide Bacchelli (delegato Rsu IMA, a titolo personale)

 

ILVA DI TARANTO

La palazzina Laf, famigerato reparto confino per lavoratori sindacalizzati e/o poco produttivi, è stata messa sotto sequestro dall’autorità giudiziaria. La decisione è stata presa dopo una ispezione durata 8 ore, condotta dal procuratore di Taranto. I reati ipotizzati erano violenza privata e minacce. Va detto che l'ispezione è arrivata dopo essere stata annunciata ufficialmente allo stesso Riva, che avra' comunque potuto ridurre i danni.
Lo stabile è utilizzato dalla direzione lombarda per tenervi reclusi e separati dagli altri lavoratori circa 60 dipendenti di alto profilo professionale. La loro colpa, non essere stati sufficientemente disponibili a sottostare all’autorità padronale, a sottovalutare i problemi della sicurezza.

 

"10 novembre 1998"

 

ILVA: RIVA LICENZIA CHI NON PUO' REPRIMERE

E cosi', pur riusciti nell'intento di denunciare le violazioni dello statuto dei lavoratori e provocare la chiusura del "reparto Confino" della palazzina Laf, i lavoratori dell'Ilva privatizzata ora si ritrovano a fare i conti con la "punizione" per non essersi asserviti al padre-padrone.
Ieri mattina alle 7, dopo l'ingresso in fabbrica a tutti gli "ospiti" della palazzina Laf è stata consegnata una lettera che dispensa i lavoratori dall'entrare in stabilimento.
La maggior parte dei dipendenti - circa 50 - ha rigettato immediatamente il provvedimento, mentre una ventina hanno accettato la lettera.
È cominciata una assemblea permanente, contemporaneamente agli incontri tra azienda e sindacato: nonché con la magistratura.
I sindacati confederali hanno chiesto il ritiro immediato del provvedimento e di rimettere al loro posto di lavoro originario, cioe' prima che venissero confinati, i lavoratori in questione.
L'azienda ha turato fuori il peggio di se all'ora di pranzo: ai 50 lavoratori in assemblea permanente è stato negato l'accesso alla mensa. Su loro richiesta è stato "concesso" di uscire per prendere un panino, ma al rientro si sono trovati chiusi fuori. Lo Slai Cobas propone lo sciopero generale provinciale, che ponga la centro la questione della sicurezza, dei diritti associativi e di espressione dei lavoratori in fabbrica, contro la minaccia di cassaintegrazione all'Ilva e l'annunciata chiusura della Nuova Siet, grossa azienda di appalto Ilva.

OMICIDI BIANCHI

Allo stabilimento DI COSIMO di Anagni (FR), dove si producono vini e aceti, un operaio di 32 anni è morto cadendo in una vasca per la depurazione dei fanghi.
All'ENI risorse di Portovesme (CA) un operaio di 38 anni è morto stritolato negli ingranaggi di un nastro trasportatore. L'operaio lavorava per una impresa di manutenzione, la ECOTEC.

 

"12 novembre 1998"

 

DALL'ILVA DI TARANTO RICHIESTA DI SOLIDARIETA'

PALAZZINA LAF: ACCETTARE LA SFIDA DI PADRON RIVA!

La decisione di Riva di non accettare questa mattina i lavoratori della Palazzina LAF, dopo il sequestro deciso dalla Magistratura della Palazzina stessa, costituisce una sfida arrogante ai lavoratori della Palazzina, a tutti i lavoratori dell'ILVA, al movimento sindacale tutto nel suo insieme, alla citta', alla stessa decisione della Magistratura.
I lavoratori con il presidio-assemblea aperta della direzione mostrano di voler accettare questa sfida per i loro diritti e la loro dignita'. Tutti i lavoratori ILVA, tutto il movimento sindacale, tutta la citta' a questo punto deve reagire e accettare la sfida.
Ci vuole uno sciopero generale provinciale per la difesa dei diritti, per la sicurezza e la difesa della vita degli operai in fabbrica, per il lavoro, contro la minaccia di cassa integrazione all'ILVA e l'annunciate chiusura della Nuova Siet.
Occorre che il Ministro Bassolino che ha annunciato la sua visita, la anticipi, venga subito, venga ora a verificare e chiarire.
Occorre che il Presidente della Repubblica Scalfaro, nella sua visita annunciata per sabato prossimo riceva una delegazione dei lavoratori della palazzina LAF, dei lavoratori della Nuova Siet, delle organizzazioni sindacali impegnate in questa vertenza.

SLAI COBAS TARANTO

TA 9/10/98

telefax 099/4792086 infoline 0347/5301704

 

ALLE RADIO E A TUTTE LE STRUTTURE DEL MOVIMENTO DA TARANTO ILVA

 La direzione ILVA e' sostanzialmente occupata dai lavoratori della Palazzina LAF -il reparto confino- da questa mattina. I lavoratori sono in assemblea permanente le segreterie confederali stanno cercando di convincerli a mollare, mentre si parla di sgombero poliziesco in nottata.
Si tratta di uno scontro frontale esemplare che vede i lavoratori compatti e autorganizzati con al loro fianco coerentemente solo lo SLAI Cobas.
I lavoratori LAF hanno caratterizzato anche l'Assemblea Proletaria Nazionale di sabato 7 novembre a Taranto.
È necessaria la solidarieta' e la mobilitazione proletaria nazionale.
Oggi sono necessari soprattutto fax di solidarieta' perche' i lavoratori non si sentano soli.
Domani ci vorra' altro.

FAX 099/4792086

Taranto 9/11/98. I lavoratori della palazzina LAF.

SLAI COBAS ILVA

 

PATTO SOCIALE, SCIOPERO GENERALE!

Suonerebbe bene come slogan, perche' l'attacco portato dal governo borghese, con pieno sostegno di sindacati e padroni, alle condizioni di vita dei lavoratori e delle masse popolari merita una risposta forte.
La combriccola capitalista al potere si accinge a definire quelle che chiamano le "regole" del conflitto. In realta' si accingono a ridurre a zero il conflitto organizzato, quello in cui si scontrano le classi tramite i loro partiti e sindacati, per poter cosi' limitare i danni del conflitto oggettivo, quello compreso inevitabilmente nei rapporti sociali capitalistici. Da Cofferati a Giugni a Veltroni, per non dire dei padroni che coltivano questo obiettivo da sempre, lo sciopero deve essere limitato e soprattutto punito.
La contrattazione nazionale deve tendenzialmente sparire, consentendo quindi ai padroni medi e piccoli di aumentare il loro potere sui propri dipendenti, non piu' protetti da una contrattazione ottenuta grazie ai grandi numeri nazionali. Dice Forlani (Cisl): "E' finita la fase in cui era preminente il ruolo della contrattazione centralizzata; ora bisognerebbe raddoppiare il peso della contrattazione territoriale". Che ovviamente sentirebbe tutto il peso delle "aree di crisi", dei "contratti d'area", dei "patti territoriali", strumenti atti a dividere i lavoratori, isolare i deboli dai forti.

COFFERATI CONTRO IL DIRITTO DI SCIOPERO

Puo' il leader del piu' grande sindacato italiano, con centinaia di migliaia di iscritti, inneggiare ad una limitazione di uno strumento proprio della lotta sindacale, unica garanzia per i lavoratori?
Come potranno ora i delegati di base di questa organizzazione rivolgersi ai propri colleghi di lavoro, agli altri militanti sindacali, parlare di sciopero?
Una risposta semplice circa questo "doppio gioco", sta nel fatto che, laddove i sindacati confederali (non solo CGIL) si vedono battuti dall'avanzata del sindacalismo di base, da comitati di lavoratori in lotta, allora usano lo stato per togliere diritti a questi lavoratori.
Dietro una presunta "responsabilita'" dei sindacati - in questo caso va detto "di stato"! - che non scioperano nei settori chiave, si nasconde l'adesione di questi sindacati alle politiche governative e padronali in merito a ristrutturazioni e privatizzazioni. Si nasconde l'uso strumentale di problemi reali, quali il rapporto - scomodo - di questi lavoratori con i cittadini. Che pero' sono anch'essi lavoratori, con diritto di sciopero e necessità, ancora, di praticarlo.
Cofferati, probabilmente uscito di testa nel suo ruolo doppiogiochista, ritira fuori la storia dello sciopero virtuale nei servizi. Sul quale taglia corto Cremaschi, segretario Fiom piemontese: "Lo sciopero virtuale e' destinato a produrre risultati virtuali e salari virtuali. L'unica cosa che rimarra' reale saranno i profitti".
In questa diatriba, scopriamo poi che in Italia gli scioperi sono i piu' regolamentati: ricordiamo bene la durezza degli scioperi nei trasporti e nei servi in Francia e Danimarca negli ultimi 2 anni. E ricordiamo, e' bene, anche il successo di questi scioperi, il sostegno dei cittadini, che pur sopportavano i famosi "disagi".
Quello che il leader di un sindacato dei lavoratori dovrebbe fare, nelle condizioni attuali in cui versa la classe operaia, il lavoro precario, i disoccupati ecc., e' di incitare, organizzare la solidarieta' verso chi lotta, di far capire ai cittadini le ragioni di una lotta, anche se non fosse proprio la sua, della sua organizzazione, anziche' indebolire in generale il rapporto tra settori di classe.
E quindi torniamo a ripetere: DOBBIAMO COSTRUIRE IN ITALIA IL SOSTEGNO ALLE LOTTE DEI LAVORATORI CHE PRODUCANO RISULTATI COME IN FRANCIA!

 

FIAT DI MELFI

La fabbrica piu' moderna del gruppo Fiat chiudera' i cancelli per 23 giorni, a causa, dicono, della crisi dell'auto e in particolre della "Punto". Anche i salari piu' bassi, e la conflittualita' tenuta a freno non hanno impedito la rivalsa padronale sui lavoratori quando i profitti vengono meno. Sono 35mila i lavoratori interessati tra il 21 e il 27 dicembre e tra il 4 e il 10 gennaio. 12mila rimarranno fermi anche nella settimana 28/12 e il 3/1.

SCIOPERI

16 e 17 scioperano macchinisti e capistazione per la sicurezza e contro i licenziamenti.
Sul fronte autoferrotranvieri, la CNL ha sospeso lo sciopero a Roma, mentre i Cobas di Milano lo confermano: a Roma la motivazione e' la riapertura da parte di Rutelli di un tavolo di trattativa per ridiscutere i turni di lavoro (la proposta CNL e' mantenimento turni attuali, riduzione del 50% degli straordinari, assunzione di mille autisti).
Confermato lo sciopero dei tassisti romani.

 

"18 novembre 1998"

 

CONTRO LO SCIOPERO

Il fronte padronale ha trovato buoni alleati in una sinistra della borghesia al governo che conta sui sindacati confederali per spezzare la schiena di chi lotta. In particolare di chi lotta al di fuori delle compatibilità imposte dal regime capitalistico. Le uscite di Cofferati contro il diritto di sciopero vanno dritte al cuore (e al portafoglio) del padronato; ma evidenziano anche un problema che va' ingrandendosi, quello della legittimità di CGIL CISL UIL in alcuni settori lavorativi. Treu e Bassolino si mettono alla testa del fronte governativo che mira a ridurre e soprattutto a punire chi infrange regole - imposte da qualcun altro -: entrambi promettono, un po' affrettatamente di presentare entro natale i Patti sociale e dei Trasporti. L'idea stessa espressa da Cofferati sugli "scioperi fuori regola" mostra solo la sudditanza di questo "leader della borghesia" all'apparato padronale. Gli scioperi sono per definizione una infrazione alle regole: alle regole della produzione capitalistica, dello sfruttamento, della disciplina di fabbrica. Ed e' storicamente dimostrato che più "infrangono" più ottengono. E' evidente che Cofferati, Treu e molti altri mirano a rendere inoffensivo lo sciopero. Per farlo, partono naturalmente dai settori in cui i confederali perdono terreno. E cavalcano la tigre della disinformazione promossa dai padroni - pubblici e privati -, da amministratori - di ogni colore - atta a mettere gli uni contro gli altri "utenti" e lavoratori.
Gli operai restano cosi' i "difensori" - indirettamente nominati da Cofferati - del diritto di sciopero: infatti, la fabbrica resta il luogo dello scontro effettivo contro il padronato. Ma il senso di ogni lotta sta nell'unirsi con altri settori. Per questo non si deve accettare nessuna divisione proposta da chicchessia, e già in parte realizzata con la legge 146 del 90. I lavoratori in sciopero pagano con il proprio salario una lotta che sono loro a decidere.

 

FIAT ALFA AVIO

La Fiat, che ha rilevato l'azienda due anni fa, sta facendo le prove per il contratto metalmeccanico. L'azienda richiede flessibilità per essere competitiva. La produttività e' aumentata già del 30% a Pomigliano e Acerra; ora vengono richiesti 18 turni settimanali, senza alcun aumento occupazionale o salariale. Ha imposto unilateralmente il lavoro al sabato a partire dal 2 novembre e perfino la notte del 1 gennaio '99. Le Rsu hanno deciso il blocco del lavoro il sabato. I lavoratori dell'Alfa Avio non capiscono come sia possibile concedere tanta discrezionale flessibilità alla Fiat mentre e' in corso una trattativa sul contratto nazionale. Un interrogativo che apre molti dubbi sulle reali intenzioni di una parte del sindacato sulle sorti del contratto nazionale.

 

PADRONE PICCHIA OPERAIA

Il padrone - Sergio Morra - di una fabbrichetta in provincia di Asti, la CMA, ha fratturato il setto nasale di un'operaia di 25 anni, che e' anche delegata sindacale. La colpa: lavorare troppo lentamente. Il padrone va dall'operaia e l'apostrofa:" Ehi tu, brutta stronza vieni da me in ufficio". L'operaia cerca di mantenere il giusto distacco dall'individuo, e risponde che non appena ha finito l'operazione sul pezzo cui e' intenta, lo avrebbe raggiunto. Il cane Sergio Morra la prende per il collo, le da due capocciate in faccia e la sbatte contro una porta. E il bastardo ha impedito perfino che si telefonasse in ospedale: ci ha pensato un'altra operaia con un cellulare.

 

"20 novembre 1998"

 

FIAT

La Fiat ha perso il 4,1% del mercato italiano mentre era in vigore la rottamazione: l'amministratore delegato Fiat, Testore, aveva dichiarato nei giorni scorsi che la Fiat "esce dagli incentivi con una riduzione consistente delle sue quote di mercato, passando dal 43,6% al 39%".
Il problema, come rileva un dossier della Quinta Lega di Mirafiori, starebbe nella flessione del segmento C del mercato (Bravo, Brava, 145 e 146) che e' prodotto in Italia; l'aumento della fascia A (6 e 5 cento) non influirebbe sulla produzione italiana perché questi veicoli vengono prodotti all'estero. In sostanza, la Fiat sta "importando" auto sul mercato italiano.
Evidenti le preoccupazioni di natura occupazionale, già anticipate dalla richiesta di 35mila cassaintegrati per il prossimo mese a Melfi. Cosa che tra l'altro smentisce sia la validità degli incentivi al padronato a scopi occupazionali, sia le teorie liberiste sulla flessibilità del salario, le gabbie salariali e il salario legato alla produttività aziendale: Melfi e' la perla di tutto ciò, ma proprio lì si attua la CI.
I conti presentati dalla Fiom torinese fanno presagire 3 mesi di CI per Rivalta, Pomigliano, Arese, Cassino, Mirafiori e Termini. E' ovvio che queste preoccupanti valutazioni tengono anche conto del carico da 11 che ci metterà la Fiat, cercando di approfittare ulteriormente di una congiuntura "critica".
Negli stabilimenti torinesi, terminata la CI di novembre, e' iniziata una serie di scioperi contro i carichi di lavoro. I delegati di fabbrica hanno protestato contro la tendenza dell'azienda ad alternare CI e improvvisi aumenti produttivi senza adeguamento degli organici.

DIRITTO DI SCIOPERO

Continua la lotta accanita contro il diritto, conquistato con decenni di lotte: come già fatto notare, i "democratici di sinistra", ossia il nulla ideologico, prendono a prestito l'arsenale antiproletario del padronato e mobilitano funzionari sindacali e intellettuali organici per stabilire chi e come può far sciopero.
Soprattutto ora propongono e dispongono le punizioni per chi sciopera. E non contenti dell'azione padronale in tal senso, vogliono sottrarre anche a loro il compito di "punire".
I DS hanno presentato una legge contro lo sciopero nei servizi: propongono multe piu' salate, sanzioni disciplinari comminate dalla Commissione di Garanzia (garanzia del diritto padronale al profitto e allo sfruttamento). Multe anche per i sindacati che organizzano e persino per le imprese che non fanno i nome degli scioperanti! Davvero esiste qualche padrone cosi' "corretto"?
E' il vecchio refrane piccista dell'invito all'infamia!
La campagna cominciata con Giugni e proseguita con Cofferati sta dando i suoi frutti, nonostante che l'Italia oggi non sia più la regina degli scioperi (basti pensare ai grossi scioperi di questi ultimi anni, avvenuti in Francia, Germania, Danimarca ecc.), e che altrove si sciopera di più senza dar luogo a sanzioni; nonostante il diritto di sciopero sia già stato limitato nel pubblico e raffreddato nel privato. I DS vanno oltre ogni limite, imbarazzando persino - si fa per dire - i sindacati. D'altra parte chi semina vento raccoglie tempesta. La proposta toglie dall'imbarazzo i padroni nel comminare sanzioni. La Commissione di Garanzia diverrà una struttura giudiziaria e repressiva.
In tutto questo bailamme anti sciopero i presunti tutelati, gli utenti, sono in realtà un’entità virtuale: chi si ricorda del fatto che gli utenti sono anche lavoratori? In realtà "l'utente" e' usato come scusa, come ariete per attaccare le lotte dei lavoratori, contro privatizzazioni, tagli e disservizi.

 

"25 novembre 1998"

 

L'ORARIO "SINISTRO"

Il primo passo del governo D'Alema, seppur in necessaria continuità tecnica con Prodi, sarà un bel voto di fiducia sulla legge che "sregola" gli straordinari. Con una chicca: il testo che era stato votato al Senato e' stato peggiorato ("solo un governo di sinistra potrà darci tanta flessibilità", diceva Agnelli)!
E quindi, il primo assaggio di dalemismo in fatto di governo consiste nell'aver accolto le proposte peggiorative delle destra.
Ricordiamo le caratteristiche del decreto: pur essendo per legge l'orario stabilito in 40 ore settimanali, lo straordinario parte dalla 45ma ora (la Confindustria aveva chiesto di restare ancorati alla 48ma, ma comunque il guadagno se l'e' preso!), e i poteri dell'ispettorato del lavoro vengono ridotti; il tetto massimo per lo straordinario e' fissato in 250 ore annue - o 80 trimestrali, il che fa 320 ore!. Inoltre e' stato tolto, nel passaggio dal Senato alla Camera, ogni riferimento alle "condizioni di miglior favore" per i lavoratori con contratti nazionali piu' favorevoli in materia (per esempio sul tetto di straordinari).
Va ribadito un concetto che abbiamo avuto modo di esprimere già dall'anno scorso: la strada verso la riduzione d'orario di cui RC fa un proprio vanto, sarà costellata da agguati costanti alle attuali condizioni di vita e di lavoro del proletariato, fino a rendere vano ogni possibile riduzione che si prospetterà, a causa dei ritmi di lavoro sempre più intensi e della deregolamentazione dei rapporti capitale-lavoro.
E ciò rimette all'ordine del giorno la lotta contro la flessibilità, lo straordinario e i ritmi di lavoro, piuttosto che ion sostegno di leggi borghesi sull'orario che non intaccano minimamente il profitto, da una parte, e lo sfruttamento, dall'altra.

OMICIDI BIANCHI

Il Giubileo mieterà vittime, proprio come i mondiali '90: questa facile previsione comincia ad avverarsi, soprattutto nello stringersi dei tempi per le consegne dei cantieri.
A Roma un dipendente dell'Irti, azienda di subappalto impegnata nei lavori di elettrificazione della ferrovia Roma-Viterbo, e' rimasto schiacciato da una lastra di ferro di 5 quintali, ed e' in fin di vita.

 

SCIOPERO

Il sindacati del commercio hanno indetto per il 5 dicembre uno sciopero dei dipendenti Autogrill, Mc Donald, Fini, Ristop, Ristoagip, a sostegno del rinnovo del contratto nazionale.
Anche nelle assicurazioni sciopero per il rinnovo contrattuale il 1° dicembre: in particolare si contestano le proposte padronali sull'esternalizzazione di alcune funzioni e del pericolo per l'occupazione che esse comportano.

 

"26 novembre 1998"

 

ITALTEL

Italtel e' un azienda spartita a meta' tra Siemens e Telecom: la sua ristrutturazione prevede l'esodo forzato di circa 5mila lavoratori entro il 2001, con la mobilita' o l'esternalizzazione.
Il governo, che mantiene una fetta di controllo tramite il Tesoro, non sembra interessato a questa vicenda, pur dovendo, nel caso della mobilita', farsene carico.
Il sindacato, finora, non ha saputo mettere in campo una vertenza nazionale. A questa posizione fa seguito quella dei lavoratori in particolare dell'area milanese, oscillante tra rassegnazione e sottovalutazione.
Le RSU hanno indetto per il 14 dicembre un'assemblea per mettere un freno a questa "smobilitazione": "la partita riguarda il futuro delle telecomunicazioni in Italia, non solo le persone che rischiano il posto di lavoro".

ALCATEL

Domani scioperano per 4 ore i 10mila dipendenti dell'Alcatel in Italia. La multinazionale francese vuole "esternalizzare" settecento lavoratori, cedendoli a ditte esterne, soprattutto nel sud d'Italia.