Belgrano –Garibaldi: Independencia americana y Risorgimento italiano

di Guido Brancolini


Giuseppe Garibaldi e Manuel Belgrano sono le figure prominenti dei risorgimenti dei rispettivi paesi: l’Italia e l’Argentina.

Purtroppo i nostri due illustri fratelli mai si conobbero, né si frequentarono: vissero, infatti, i tempi e luoghi diversi: quando Manuel morì, nel 1820, Giuseppe aveva appena compiuto 13 anni.

Eppure due legami forti ed indissolubili uniscono eternamente questi due uomini:

·                     Entrambi combatterono e lottarono per la libertà e l'indipendenza del proprio paese;

·                     Entrambi appartennero alla massoneria cercando, a loro modo, la corretta applicazione profana dei suoi ideali.

Manuel Belgrano è considerato, in Argentina, il padre della patria insieme a San Martin.

Quest’ultimo, brillante comandante e stratega, ottenne le vittorie decisive grazie ad una serie di positive campagne militari.

Manuel Belgrano, a differenza di San Martini meno belligerante e più diplomatico, non fu mai un grande stratega (anche se accetto la nomina a generale comandante dell'Armada del Nord, in obbedienza all'unanime volontà del parlamento), ma da uomo illuminato quale si è dimostrato, eccelse come ideologo e seppe dare ai suoi compatrioti tali motivazioni che riuscì ad esaltare ai massimi livelli l'amor di patria nei suoi soldati.

Come militare ebbe comunque un ruolo di primaria importanza: fu fautore dell’importantissima riforma dell'esercito, del quale riorganizzò la struttura con nuovi regolamenti ed inserendo una ferrea disciplina (sempre dal volto umano).

La sua eloquenza e carisma furono tali che più volte, da buon politico, riuscì a limitare i danni delle proprie sconfitte militari, trasformandole in vittorie politiche con opportune mosse, grazie ad un’acuta intelligenza e lungimiranza.

Fu lui a disegnare la nuova bandiera dell’Argentina: l’idea fu che le due bande celesti la bianca centrale, dovevano rappresentavano il cielo e la terra, con al centro il sole che ride sono evidenti simboli di pace e non violenza (di chiara ispirazione massonica).

In riguardo a quest’ultima osservazione occorre fare un doveroso approfondimento, che non potrà mai rendere pienamente l’idea delle immense qualità del nostro glorioso fratello, ma ci aiuterà a capire tutti i discorsi che verranno: se osserviamo attentamente il comportamento e l’operato che Manuel Belgrano tenne nell’arco della sua esistenza possiamo riscontrare l’evidente applicazione del trinomio in tutti i suoi aspetti e sfaccettature.

Presumo che le sue teorie in ambito socio culturale furono concepite durante il suo lungo soggiorno in Spagna, dove la sua fama, per l'alto livello culturale e di moralità cristiana, convinsero addirittura il Papa a concedergli una dispensa per la libera consultazione dei libri all'indice.

Poté cosi, accostarsi a vecchie e nuove correnti di pensiero, da quelle che giustificavano i diritti acquisiti per nascita e censo, fino all’illuminismo ed al giansenismo. In particolare lesse Newton, Kant, Diderot, Rousseau, Voltaire. Contemporaneamente si fece attento alle voci ed ai fermenti di rivoluzione provenienti dalla Francia, cogliendone il lato migliore.

Ciò che ne derivò fu un pensiero talmente illuminato, avanzato, precoce ed innovativo che, si scontrò con la staticità ed il conservatorismo della società monarchico – borghese dell'epoca, la quale riteneva la capacita individuale ed i diritti sociali unicamente legati alla nobiltà.

La sua ipotesi a proposito dell'assistenzialismo statale, sul lavoro e nei servizi, era cosi ampia ed aperta che, se riletta in chiave moderna, non perderebbe niente della sua attualità.

Amava ripetere e sostenere che la sola via di un popolo per la libertà e l'indipendenza è l'istruzione di massa: a tale scopo, in assoluta coerenza con se stesso, trascurò totalmente le proprie esigenze personali, devolvendo quasi tutti i suoi averi per la costruzione di scuole ed altri edifici socialmente utili.

Fu autore di molti articoli mirati all’obiettiva valutazione delle necessità popolari, in cui illustrava, con dovizia di particolari, i diversi aspetti delle sue teorie idee per il miglioramento della qualità della vita nelle classi meno abbienti descrivendo minuziosamente le diverse linee guida per la soluzione dei problemi sia a medio sia a lungo termine.

Fra le altre cose fu uno dei fautori dell'integrazione fra le diverse etnie giunte dal vecchio continente con le popolazione indigene (concetto di tolleranza).

Manuel B. , nacque ricco e morì povero, nulla volle e nulla chiese, come molti altri uomini eccelsi ed illuminati che in ogni tempo, ebbri unicamente dei propri ideali, dimentichi delle misere cose terrene, si ritrovarono soli e nell’oblio dei contemporanei al momento del bisogno, per esser poi ricordati dai posteri.

Per sottolineare questo aspetto della sua vita basta ricordare che, poco prima di morire per l'esito infausto di una malattia all'epoca diagnosticata come "Idropisia Progressiva", dovette trasferirsi da Tucuman a Buenos Aires; nella circostanza si ritrovo talmente a corto di mezzi che, suo malgrado, fu costretto ad accettare l'aiuto di un amico.

Sfuggì ad onori e gloria terrena.

Quando il governo lo sostituì al comando (promuovere per rimuovere) con il suo amico e delfino San Martin, accettò umilmente e rispettosamente la decisione, rifiutando qualsiasi incarico sostitutivo.

Non conosco, con certezza, il momento in cui cominciò ad avvicinarsi alle idee massoniche, ma suppongo che avvenne durante il soggiorno spagnolo, facilmente rimase coinvolto da queste nuove correnti di pensiero, provenienti dall'Inghilterra, che, filtrate ed adattate dalle singole esigenze regionali, stavano dilagando in tutta l'Europa. E' documentato che si affilio alla loggia "Indipendentia" di Buenos Aires.

Anche San Martin era in odore di massone, come alcuni nobili illuminati, e gran parte dell'alta borghesia dell'epoca, che, nel segreto delle officine, tutti anelavano coraggiosamente all'indipendenza e alla libertà delle nuove terre dal giogo spagnolo.

Cenni sul fuoco.

Il fuoco Belgrano nasce come ceppo nel X secolo nel Castrum Uneliae (Castelvecchio), nella radice di "Berengarianus". Partigiano e soldato di Berengario I duca del Friuli ed imperatore de Sacro Romano Impero, sceso anch’egli in Liguria per combattere i Saraceni. In breve, con le deformazioni del tempo diventa Berganus, Bergana, Bergranis...ecc. fino a Belgrano o Bergano. Successivamente, a seguito di varie vicende storiche (che non sto ad elencare), questo fuoco proliferò contemporaneamente e costantemente tanto in Oneglia che in Costa d'Oneglia, cosicché, alla fine del XV secolo, da documentazione certa, nella zona risultano esistenti complessivamente più di 45 fuochi (circa 300 persone su una popolazione stimata intorno alle 5000 unita.).

Il ramo di nostro interesse deriva da Carlo Niccolò Felice Belgrano, nonno di Manuel, che, per una serie di circostanze, apparteneva da generazioni ad uno dei ceppi più ricchi ed importanti della città, con grossi interessi anche a Costa d'Oneglia.

Domenico nacque ad Oneglia nel 1731, e la lasciò nel 1750 per trasferirsi a Cadice, allo scopo di ampliare il commercio del padre nell'esportare l'olio onegliese in terra spagnola (non fu il classico emigrante con la valigia di cartone).

Arricchitosi ulteriormente, per aggirare l'ostacolo del veto per i non ispanici di commerciare liberamente nei possedimenti d'oltremare, ispagnolizzò il proprio cognome, correggendolo ( da buon italiano) da Belgrano Peri a Belgrano Peras.

Si sposò con Maria Caseiro di Buenos Aires e, nel 1759, vi trasferì la sua attività ampliandone ulteriormente il campo d'interessi.

Commerciò, guadagnò molto, scalò i vertici dell'alta borghesia cittadina e ricoprì importanti cariche sociali, politiche ed amministrative.

Ebbe dodici figli, fra cui Manuel.............. il resto è storia.

Obiettivamente non sappiamo se, e quali rapporti Domenico ebbe con la massoneria, o qualsivoglia società segreta esistente all'epoca; in ogni caso non ostacolò mai il figlio.

I due fratelli di Domenico rimasero ad Oneglia ed ebbero vicende differenti: Nicola Ambrogio Maria (1728 – 1804) mori scapolo e senza prole; mentre Giovanni Agostino Maria continuò la discendenza, estintasi successivamente con Carlo Eugenio (1868 – 1885). Se prendiamo in considerazione la linea femminile (come d'usanza ispanica), notiamo che la famiglia termina definitivamente con il Dr. Eugenio Maccary (1889 – 1997), figlio della sorella di Carlo Eugenio, Eugenia (1870 – 1889). Entrambi erano cugini in secondo grado dell'eroe argentino.

Ritengo che il Dr. Carlo Agostino (1806 – 1883) e le sue sorelle Caterina (1813 – 1894) e Francesca (1815 – 1906) rappresentino le figure preminenti di questo ramo, che in tempi e modalità. diverse, hanno avuto una parte interessante nel risorgimento italiano, purtroppo misconosciuta ai più.

Le Belgrano, appartenendo all'alta borghesia onegliese, gestirono per molti anni uno dei salotti bene cittadini, d'ispirazione cultural-patriottiottica, su quelle poltrone, durante quegli anni irrequieti, si alternarono molti personaggi, più o meno noti, ove tra un te ed un pasticcino, si lavorava per l'unita. d'Italia.

Da uno stralcio del "Giornale Ligure" del 23 marzo 1906, dal necrologio di Francesca Belgrano: "serenamente, com'era vissuta morì nel suo villino di Capo Berta la signora FRANCESCA BELGRANO, discendente dell'eroico campione dell'indipendenza della repubblica argentina. Donna di alte virtù civili, ebbe grande influenza nell'epoca eroica del nostro risorgimento e poteva vantare fra le sue illustri amicizie quella di un Mazzini, d'un Giambattista Cuneo, d'un Garibaldi."

Ovviamente, se su un giornale era riportato un necrologio cosi ampio, deciso e sentito significa che era personaggio noto ai più, rispettato e molto conosciuto. Carlo Agostino Belgrano nasce in Oneglia, protettorato francese, il 14 novembre 1806.

Fino dall'adolescenza patì una forma d’epilessia che l'accompagnò per tutta la vita e ne influenzò pesantemente il carattere ed il comportamento, anche nel privato: ebbe sempre molti impedimenti che lo limitarono nella sua professione di medico chirurgo, alla quale si dedicò sempre con costanza e amore; fu sempre soggetto a sbalzi d'umore che lo spinsero ad una chiusura sentimentale (non si sposo, per non condividere il suo dolore).

Una depressione cronica lo attanagliava costantemente, rendendolo ombroso e cupo, cosa che per fortuna non intaccò mai la sua ferrea volontà né l’animo generoso.

Il padre Giovanni Giuseppe, ricco, orafo e commerciate d'olio, uomo caldo e focoso, attento patriota coinvolto politicamente, seppe inculcargli fin da piccolo i concetti di uguaglianza, fratellanza e libertà (purtroppo anche per lui non conosciamo se ebbe esperienze massoniche, allora già documentatamente presente nella zona).

Trascorsa l'infanzia, fu inviato a studiare medicina presso l'Universith della Superba. La mia convinzione dell'appartenenza di Carlo Agostino Belgrano alla massoneria e legata ad una serie di deduzioni precise, derivate ed inspirate ad eventi specifici e circostanze palesemente concomitanti che, tuttavia, non trovano totale riscontro per la grande scarsità di documentazione cartacea a noi pervenuta. Infatti, sappiamo bene come, nelle diverse epoche, i fratelli abbiano dovuto agire obbligatoriamente nel segreto dell'anonimato per difendersi dai molteplici attacchi esterni perpetrati ciclicamente nel tempo, attraverso sequestri, persecuzioni di varia gravità. e entità, scomuniche e anatemi.

Spesso i figli della vedova si sono trovati nella necessità di distruggere ciò che non hanno potuto occultare:.... se gli elenchi dei fratelli fossero finiti in mani sbagliate! Questi avrebbero subito gravi e irreparabili conseguenze.

Tali circostanze vanno perciò ricercate nella sua biografia: ragazzo attento, intelligente, colto, di mentalità aperta, ricco in ardore e belle speranze, certamente in influenzato dall'ideologia e dal mito del cugino Manuel, si lascio coinvolgere facilmente nei moti del '21, scoppiati nell'insurrezione e non sappiamo se, in quel periodo, ebbe occasione di incontrare per la prima volta Garibaldi e Mazzini (che in ogni caso conoscerà in seguito).

Dopo che le agitazioni furono sedate Carlo fu costretto a rientrare in Oneglia in seguito a provvedimenti di polizia, fu espulso dall'università, fortunatamente, il padre, comprese la situazione, e lo inviò a Pisa per la prosecuzione degli studi.

Nella città. Toscana riuscì a laurearsi a pieni voti; nel contempo riuscì a mantenere contatti irredentisti evitando qualsiasi coinvolgimento diretto, che gli avrebbe definitivamente precluso qualsiasi ulteriore possibilità di studio.

Conseguito il dottorato in medicina e chirurgia, Carlo rientrato nella sua adorata Oneglia, ed oltre che ad intraprendere la professione dedicando parte del suo tempo alla cura dei meno abbienti, riallaccio tanto intensamente i suoi legami con i patrioti locali, fra cui G.B. Cuneo, che allo scoppio dei moti del '31, ne rimase fortemente invischiato.

Ricordo che egli era già tenuto sotto controllo dalle forze dell'ordine sabaude, per i fatti del '21. Resosi conto di rischiare molto, decise di affrontare l'esilio e come altri patrioti all’epoca considerati sovversivi, partì per il Sud America. Sostò brevemente in Argentina e in Uruguay fino a trasferirsi definitivamente in Brasile, a San Paolo, dove si stabili nell'agosto del 1832, come comprovato da un documento della polizia brasiliana .

Qui risiedette per molto tempo e lavorando apprese l'uso terapeutico della cocaina; nello stesso tempo, con lauti guadagni, comprò e gestì per anni una piantagione di caffè.

Come per Garibaldi, che divenne massone durante il soggiorno sudamericano, suppongo per mancanza di prove concrete, che parimenti avvenne per Carlo Agostino.

Sicuramente una delle motivazioni che lo spronò alla affiliazione, come la maggior parte degli esuli , consisteva nella ghiotta occasione di frequentare, nell'unità di intenti e di

pensiero connazionali emigrati, per continuare nell'opera di sensibilizzazione, ai valori risorgimentali nella comune nostalgia della madre patria.

Fu strettamente sensibile al trinomio e all'etica massonica: ebbe un ruolo rilevante e silenzioso all'interno del clan dei suoi connazionali, rendendosi ignoto protagonista d’atti filantropici nei confronti dei meno abbienti. Tutto fece mantenendo strettamente l'anonimato, anche a causa del suo carattere schivo, cupo e solitario.

Solo dalla consultazione di una lettera datata 1854 inviata da G. Garibaldi a Carlo Agostino, mentre si trovava per cure alle terme di Acqui, si evince chiaramente come, durante un incontro che avvenne a Rio de Janeiro nel 1846, il Belgrano consegno all'amico Giuseppe una forte somma di denaro, che il dott. Maccary ricordava, riferito dalla madre in oltre tremila monete di ?, che l'eroe dei due mondi (avendo previsto un esito positivo), utilizzo per aprire a Montevideo una sottoscrizione per l'ingaggio del brigantino "Speranza" che nel 1848, riporto lui ed i suoi seguaci a Nizza.

Questo viaggio, tappa fondamentale nel processo che porto all'unita. d'Italia, ebbe anche origine da un parente di Manuel Belgrano, e nel contempo evidenzia comunque, il profondo senso di comune fratellanza tra massoni. In seguito all'arrivo dei garibaldini a Nizza nel 1848, si crearono quasi subito quelle condizioni particolari che permisero a molti esuli di rientrare in patria alla fine dello stesso anno.

La missiva, che confermava la loro ferma amicizia, conteneva la proposta, fatta a titolo puramente personale da Garibaldi, di restituire tale somma. Carlo nulla volle, e nascose la lettera cosi bene, che il suo gesto fu scoperta dai familiari solo dopo la morte.

La notizia, rimase per molti anni sconosciuta a più, circoscritta a pochi intimi, nell'ambito delle mura cittadine. L'epistola divenne di pubblico dominio soltanto nel 1932, quando Nino D'Althan, storico di Cervo, scrisse una pubblicazione sui discendenti di Manuel Belgrano, illustrandola ampiamente.

Nei testi che celebrano il risorgimento, Carlo Agostino Belgrano e scarnamente definito solo come "medico, patriota, amico di Garibaldi, Bertani, Cuneo...e poco più..... "

Al suo rientro in Patria, Carlo evito il servizio militare a causa della sua malattia, come risulta da lettera autografa, si ristabilì ad Oneglia, prima nella casa del padre, sotto i portici Maria Cristina, poi nella villa da lui acquistata in S. Lucia, (chiamata "La villa delle mille lire" per la tavola ed il forno in pietra che si trovava al centro del giardino dove avvenivano i meeting), viveva circondato e protetto dalle sue rose, in un religioso isolamento.

Durante il suo soggiorno, l'eremo e stato meta negli anni di un costante e sorprendente pellegrinaggio, fatto dal gotha del risorgimento, della cultura e della politica del tempo, gente abituata ad essere sfarzosamente riverita anziché riverire in silenzio. Nino D'Althan cita i nomi di Giuseppe Garibaldi, Antongiulio Barilli, Giambattista Cuneo, Giuseppe Mazzini, Giuseppe Guerzoni, Giovanni Ruffini, Francesco Crispi, Nino Bixio, Aurelio Saffi, Giulio Cesare Abba, Paolo Boselli, Nicola Ardoino, Agostino Bertani (tutti documentatamente massoni), e prosegue con Camillo Benso Conte di Cavour Raffaele Cadorna, , Paolo Mantegazza, Elia Benza, Paolo Sbarbaro, Luigi Giura, Giambattista Gaudio ed altri.(Per questo secondo gruppo, purtroppo non abbiamo documentazione certa che comprovi l'appartenenza alla loggia, anche se per diversi se ne presume chiaramente l'odore.)

Riporto letteralmente il commento del D'Althan: "Anelanti tutti alla luce radiosa della divina libertà, primo amore dell’umanità, giungevano all'eremo dell'ospite inosservati, senza vanesia o vacuità di sorta, senza pompa e senza sfarzo, in fraterna semplicità di sentimento, alla buona, sommessamente ...".

Di questa villa oggi non rimane più alcuna testimonianza: tutto è stato inglobato dall'urbanizzazione.

Dopo il 1870 Carlo Agostino Belgrano lasciò la magione e si trasferì nuovamente nella casa paterna, sotto i portici, dove trascorse gli ultimi anni, dedicandosi a studi araldici sul proprio ceppo e dove serenamente morì l'8 luglio 1883.

Attualmente riposa nella tomba di famiglia, sita nell'ala monumentale del cimitero d'Oneglia. Se consideriamo che, a quei tempi, le frequentazioni in società avvenivano prevalentemente all'interno di gruppi omogenei, non penso proprio che i duraturi e ripetitivi incontri con fratelli massoni (lo erano quasi il 70% dei suoi visitatori) siano stati dettati sistematicamente del caso (Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei).

La sua affiliazione alla loggia nei registri italiani è mancante, ma potrebbe essere registrata in Sud – America, come per Garibaldi ed altri esuli.

Oscuro medico di campagna, doveva essere persona fortemente stimata ed influente per attirare su di se tanto interesse, forse aveva raggiunto un’elevatissimo grado d’officina ed era talmente alta stimata nei suoi contemporanei da essere considerato superiore alle parti, tanto da permettergli di esercitare una notevole capacità di mediatrice e da coedere le varie anime del nostro risorgimento.

Non ostante tutto questo, io, ancora mi chiedo ??? Se mi stessi sbagliando? Se Carlo Agostino Belgrano fosse stato veramente un "piccolo ed oscuro medico di campagna" con l'hobby del giardinaggio, all’ora che cosa poteva dare al fior fiore della cultura e della politica del suo tempo.? ( tutte persone che, in diverso modo, hanno fatto l’Italia, e ricordiamoci che facevano notizia ad ogni loro minimo gesto, abituate più ad essere riverite che riverire).

- Quale altro circostanza giustificava un simile viavai di celebrità, senza destare sistematicamente la pubblica curiosità.?

- Quale peso culturale e politico poteva avere per essere così conosciuto ed apprezzato, e contemporaneamente riuscire a mantenersi ai margini della ribalta, tanto che il suo nome non e nemmeno riportato sui libri di storia (esattamente come il più celebre parente argentino)?

Perciò: Chi era in verità quest'uomo, anello di congiunzione tra Manuel Belgrano e Giuseppe Garibaldi?