CRITICA DELLA RAGION PRATICA
Non ci si trova più nell’ambito teoretico, ma in quello pratico. La ragione, oltre ad avere un uso puro, dunque a valere in campo conoscitivo, possiede per Kant un uso pratico, cioè funge da motivo determinante della volontà: guida la volontà ed incita ad agire in un certo modo verso un fine positivo. Ma questo non significa, per l’uomo soddisfare tutti i suoi bisogni naturali: l’uomo possiede un fine più elevato che il semplice raggiungimento di una felicità naturale. Il fine della ragion pratica è il bene: è il produrre una volontà buona in sé. La Ragione deve dettare all’uomo le regole di comportamento. Per capire la morale kantiana, dobbiamo capire il concetto di dovere: se la ragion Pura era legata al mondo dell’essere , la critica della ragion pratica è legata a quella categoria filosofica che si chiama dover essere . Le azioni del Dover essere si dividono in:
Legali: Azioni conformi al dovere per un motivazione estrinseca: rispettare la legge o per paura della pena o per desiderio di un premio
Morali: Azioni conformi al dovere per una motivazione intrinseca, ovvero per il dovere steso e per nessun altra ragione.
Le caratteristiche della legge morale sono cinque:
1) Razionalità: deve essere chiaramente comprensibile alla ragione umana
2) Universalità: la legge morale deve valere non solo per il soggetto che se la pone, ma per tutti gli esseri razionali- Si è universali quando la massima della nostra azione può essere estesa a tutti senza alcun danno. es. la massima delle mie azioni è vivere arricchendosi: è razionale ma non universale, perché chi si vuole arricchire a tutti i costi lo farà a discapito di qualcun altro.
3) Formalità: la legge morale deve prescindere da ogni contenuto empirico, e basarsi esclusivamente sulla pura forma della razionalità
4, 5) Imperatività: è un comando dovuto al fatto che l’Uomo non è spontaneamente morale, ma ha bisogno di un certo controllo: la moralità sta a metà tra la bestialità  e la santità . L’Uomo è tentato di comportarsi come gli animali, ma tende verso la santità. Ma nella moralità si realizza l’autonomia: dare leggi a se stessi. Non essere determinati da altri che da sé. Quanti tipi di imperativi esistono?
a) Imperativi ipotetici: regole dell’abilità, consigli della prudenza, regole di comportamento sociale che si sintetizzano nella formula: se vuoi x fai y. Questi imperativi ipotetici indicano solo quali mezzi adoperare per raggiungere un certo fine, ma non dicono se il fine sia bene o male.
b) Imperativi categorici: devo fare x perché devo, prima ancora di sapere se ho i mezzi per raggiungere x debbo attivare la mia volontà per raggiungere questo fine.
Formulazione degli imperativi categorici
1) Agisci: come se la massima della tua azione dovesse essere elevata a legge universale di Natura. Qui si sottolinea il fatto che la legge deve valere per tutti incondizionatamente e che tutti devono mettere da parte i propri vantaggi e svantaggi personali.
2) Agisci in modo che la tua volontà valga per tutti come universalmente legislatrice.
3) Agisci in modo da trattare l’umanità nella propria e nell’altrui persona sempre come fine e mai semplicemente come mezzo. Questo presuppone il rispetto altrui: solo in questo modo si può realizzare il “regno dei fini”, l’obiettivo degli obiettivi dell’uomo, che è realizzare una comunità di esseri liberi e razionali, quindi autodeterminantisi, in cui ciascuno sia al tempo stesso legislatore e suddito. Non è una comunità corretta, non è uno stato. Il regno dei fini è un ideale utopico .
4) Intenzionalità della legge morale. Significa che l’etica di Kant guarda all’intenzione con cui è stata compiuta l’azione, piuttosto che il risultato. Dunque il valore di un’azione sta nel movente della volontà: posso fallire, ma se ho agito per il bene, l’azione ha una morale. Quindi l’uomo ha dentro di sé una componente empirica e naturale, è sottoposto alle leggi di causa - effetto e quindi non è libero, anche se ha un aspetto legato alla libertà: anche l’uomo è fenomeno, ma può valere anche come noumeno perché si dà delle leggi morali: l’uomo deve fondere dentro di sé l’aspetto fenomenico e noumenico.
Pensiero di Kant: «Il cielo stellato sopra di me mi fa ricordare la fragilità della mia natura, ma mi fa sentire anche parte del tutto, mentre la legge morale che è in me mi fa ricordare che sono libero».