Piero Melograni
Perché piace il "buon comunismo"
"Mondo Economico"
28 dicembre 1991

L'arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini, e il vescovo di Anversa, Paul van den Berghe, hanno usato in questi giorni parole venate di simpatia verso <la parte buona del comunismo>. Il cardinale Martini ha sostanzialmente detto che il marxismo, pur essendosi realizzato male, ha prodotto fermenti culturali molto apprezzabili. Il vescovo van den Berghe ha chiesto alla Chiesa di compiere <un gesto di riconciliazione verso il movimento storico della sinistra, il quale ha annoverato nelle sua fila non soltanto malfattori e criminali, ma anche idealisti e addirittura dei martiri>. Appaiono dunque lontanissimi i tempi in cui Pio XI pubblicava l' enciclica Divini Redemptoris contro il comunismo ateo (marzo 1937) o in cui Pio XII ordinava al Santo Uffizio di scomunicare gli iscritti ai partiti comunisti di tutto il mondo (luglio 1949).

ALCUNE AFFINITA. Le ragioni di questa clamorosa apertura alla <parte buona del comunismo> sembrano essere numerose e la prima di esse dovrebbe essere cercata nel fatto che la Chiesa cattolica e' solo apparentemente un' organizzazione dogmatica. Essa e' stata sempre permeata da uno spregiudicato realismo, senza il quale non sarebbe riuscita a sopravvivere per tanti secoli. Si potrebbe dire che la Chiesa di Roma abbia sempre saputo far suo il consiglio di Machiavelli secondo il quale, sopra questa terra, riescono ad aver successo soltanto coloro i quali sanno adottare i metodi e i mezzi alla qualità dei tempi, mentre coloro che non lo sanno fare vengono inesorabilmente sconfitti. La seconda ragione dell' apertura alla <parte buona del comunismo> deve essere certamente collegata al fatto che il comunismo e' crollato. Esso non costituisce piu' un pericolo reale, non e' piu' in condizione di chiudere le chiese, di perseguitare i fedeli, di imprigionare i vescovi. E la terza spiegazione dell' apertura si trova nel fatto che, con il crollo dell' Unione Sovietica, milioni di persone hanno perso fede nell'utopia comunista, vivono una delusione grandissima e sembrano pronte ad accettare nuove fedi. Il cattolicesimo vorrebbe presentarsi a essi, o almeno a una gran parte di essi, come una fede accettabile. Tra il cattolicesimo e il comunismo, del resto, nonostante le molte diversità , sono sempre esistite alcune affinità dato che, se il cattolicesimo si propone come una religione in senso stretto, il comunismo e' definibile come una religione in senso generico, come una pseudo-religione o, se si preferisce, una religione politica. Anche per il comunismo si e' spesso parlato di "fede", di "ortodossia", di "eresie", di "riti", di "culto" e di "idolatria" nei confronti dei capi. Cattolicesimo e comunismo, inoltre, hanno sempre avuto in comune una certa avversione nei confronti del mondo moderno, cosi' come esso risulta modellato dalla rivoluzione tecnologica del capitalismo. Il cattolicesimo si e' sempre sentito minacciato dal processo di laicizzazione provocato dalla modernità , mentre il comunismo ha sempre negato che quella del capitalismo moderno fosse una rivoluzione. Sia il cattolicesimo, sia il comunismo hanno avvertito un notevole disagio nei confronti del benessere che il capitalismo diffondeva tra le masse e hanno attribuito al "consumismo" connotazioni diaboliche o semi-diaboliche. I movimenti dei cattolici-comunisti, il radicalismo di tanti sacerdoti sud-americani e lo stesso "compromesso storico" propugnato da Enrico Berlinguer, trassero alimento da queste convergenze. Occorre da ultimo riconoscere e sottolineare come l' intero mondo viva oggi una profonda crisi culturale legata al processo di modernizzazione in corso. i popoli in via di sviluppo, per cominciare, sono attratti e nello stesso tempo respinti dalla civiltà nuova che conoscono male, che non e' ancora arrivata fra loro e che, se arriverà , distruggerà le loro tradizioni. I popoli che si sono appena liberati dal comunismo reale stanno anche loro soffrendo perché questa liberazione si accompagna per ora a una rarefazione dei beni, a un vertiginoso aumento dei prezzi e a una crescita della disoccupazione. Gli stessi popoli sviluppati, infine, assumono atteggiamenti molto confusi nei confronti della società tecnologica poiche' essa, dopo aver conseguito grandiosi successi sul piano materiale, non e' ancora riuscita a conseguire analoghi successi sul piano spirituale. Manca tuttora una cultura capace di consentire alle masse il pieno godimento delle enormi possibilità a esse offerte dal progresso produttivo.

INUTILE ALLEANZA. E del tutto naturale, quindi, che il cattolicesimo, il comunismo e tanti altri movimenti, partiti, istituzioni e religioni del nostro tempo abbiano conquistato e continuino a conquistare il consenso interpretando le profonde inquietudini dei popoli nei confronti del mondo nuovo. E pero' anche del tutto naturale che questi movimenti, partiti o religioni possano finire sconfitti da una trasformazione economico-sociale che e' molto piu' forte di ogni ideologia e di ogni opposizione. Il crollo del comunismo sta a dimostrarlo. Possiamo capire l' apertura che i vescovi di Milano e di Anversa offrono alla "parte buona del comunismo". Debbono pero' essere avvertiti che, per consentire alla religione di sopravvivere e fortificarsi nei tempi nuovi, serve a poco "allearsi" con i residui della società comunista che, dal confronto con i tempi nuovi, e' uscita completamente sconfitta. Per continuare a esercitare lo spregiudicato realismo, che finora le ha assicurato tante vittorie, la Chiesa di Roma, come tutti, dovrà trovare l' ardire di compiere una rivoluzione culturale proporzionata alla vastità e alla intensità dei cambiamenti in corso. Senza farsi trascinare a fondo dalla zavorra leninista.