Piero Melograni
Vi raccontiamo la storia degli eroi di Celafonia
"Sorrisi e Canzoni TV"
6 aprile 2005

Il 10 luglio del 1943 le truppe angloamericane cominciano a invadere il territorio italiano sbarcando in Sicilia. Il governo di Mussolini, in carica dal 1922, è travolto dagli avvenimenti e il 25 luglio il Re d'Italia affida il governo al maresciallo Pietro Badoglio. Tutti sono consapevoli del fatto che l'Italia è ormai sconfitta e che le sue forze armate non sono più in grado di combattere. Occorre arrendersi e separarsi dagli alleati tedeschi. L'impresa appare tutt'altro che facile poiché truppe tedesche bene armate sono presenti sia nella penisola, sia negli altri territori in cui operano gli italiani, come nei Balcani e sull'isola di Cefalonia. Ovunque esiste un vero e proprio intreccio tra i reparti militari italiani e tedeschi, grazie al quale Hitler può tenere sotto controllo l'Italia e impedirle di concludere la pace separata. Subito dopo la caduta di Mussolini, il Führer ha pensato addirittura di utilizzare queste sue truppe per attuare in Italia un colpo di Stato, cacciare Badoglio e affidare il governo dell'Italia a Mussolini o a un'altra personalità fedele alla Germania. Ritenendo inevitabile un chiarimento con i tedeschi, il 28 luglio 1943 il Re e Badoglio fanno pervenire a Hitler una richiesta di incontro, ma Hitler rifiuta di prenderla in considerazione. Badoglio e il Re decidono quindi di trattare in segreto con gli angloamericani.

Le trattative hanno luogo durante l'estate. Il 3 settembre, a Cassibile, frazione di Siracusa e dunque all'interno di una Sicilia ormai interamente occupata dagli angloamericani, il generale Giuseppe Castellano, in rappresentanza del governo di Roma, firma l'armistizio con il quale l'Italia si impegna a cessare le ostilità. La flotta italiana dovrà raggiungere l'isola di Malta e consegnarsi agli Alleati.

La notizia di questo armistizio viene tenuta segreta fino al pomeriggio dell'8 settembre. Alle 19,45 del giorno 8, il maresciallo Badoglio legge alla radio un comunicato con il quale informa che il suo governo «riconosciuta l'impossibilità di continuare l'impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell'intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate angloamericane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le forze angloamericane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse però reagiranno a eventuali attacchi di qualsiasi altra provenienza». Questa frase conclusiva, alquanto ambigua, dovrebbe indicare alle truppe italiane la necessità di combattere contro i tedeschi soltanto se questi ultimi prenderanno l'iniziativa di attaccarle. Nel radiomessaggio i tedeschi non sono mai nominati e l'ambiguità dell'ultima frase costituisce il sintomo della impreparazione, da parte italiana, nei confronti di un evento assai complesso e pericoloso quale è la pace separata.

Hitler e i suoi generali, viceversa, fin dalla caduta di Mussolini si preparano apertamente a contrastare una prevedibile pace separata degli italiani. La guerra è perduta anche per la Germania, ma Hitler non vuole arrendersi. Spera in un collasso della coalizione avversaria e in un'arma segreta che lo renda imbattibile. Pervaso dalla frenesia della morte, preferirà sacrificare il suo popolo, vedere distrutta Berlino, e togliersi la vita quando il nemico arriverà nei pressi del suo rifugio.

Sorpresi dall'armistizio

Cefalonia è un'isola greca del Mare Ionio che dista solo 230 miglia marine da Brindisi. È strategicamente importante dato che controlla l'ingresso al Golfo di Corinto, ma gli angloamericani se ne disinteressano perché non hanno ancora deciso di impegnarsi in quel settore. I loro principali obiettivi, nell'autunno del 1943, sono lo sbarco a Salerno (che avverrà la sera dell'armistizio) e la preparazione dello sbarco in Normandia (che avrà luogo nel giugno 1944). L'8 settembre 1943, il giorno in cui viene data notizia dell'armistizio, Cefalonia è presidiata dalla divisione Acqui e i militari italiani, circa undicimila, sono numericamente superiori ai tedeschi, meno di duemila. I tedeschi sono meglio armati e organizzati, contano su circa 350 aerei, tra cui numerosi Stukas, e si sono preparati da tempo a disarmare gli italiani. Gli italiani di Cefalonia sanno che l'Italia non combatte più, che i tedeschi sono numericamente inferiori e che basterebbero dieci ore di navigazione per rifugiarsi a Brindisi.

Arrivano notizie false circa il fatto che siano in arrivo aiuti dall'Italia e che gli inglesi si apprestino a sbarcare nell'isola. Gli italiani si illudono di poter tornare presto a casa. La verità è che l'Italia del Re e di Badoglio, dopo aver accettato la resa incondizionata, non dispone più né di navi né di aerei e neppure di autonomia: dipende interamente dai vincitori, ai quali il possesso di Cefalonia interessa poco. La divisione Acqui è dunque prigioniera dell'isola, prima ancora che dei tedeschi. Il comandante, il generale Antonio Gandin, all'inizio tratta con gli ex alleati e, pur di ottenere il rimpatrio e l'assicurazione che non arrivino nell'isola altre truppe germaniche, si mostra arrendevole fino a sguarnire le alture di Kardakata, da dove si controlla buona parte di Cefalonia. Poco alla volta, consapevole del fatto che il rimpatrio è impossibile e che i tedeschi si sono rafforzati, si fa più rigido.

Le trattative e il referendum

Fra italiani e tedeschi scoppiano scaramucce e incidenti. Il 12 settembre scoppiano incidenti anche fra gli italiani. Molti vorrebbero impugnare subito le armi contro i tedeschi, altri esitano o sono contrari. Il 13 settembre i tedeschi fanno arrivare davanti al porto alcuni battelli con due compagnie di cacciatori da montagna, ma gli artiglieri italiani li accolgono a cannonate infliggendo sensibili perdite. Quello stesso giorno anche due motozattere tedesche sono prese a cannonate e una di esse viene affondata. Un idrovolante tedesco ammara presso Cefalonia e due ufficiali recano a Gandin l'invito di recarsi subito da Mussolini che lo aspetterebbe a Vienna. Gandin respinge l'invito per non lasciare le sue truppe e rifiuta di comunicare i nomi degli ufficiali che hanno ordinato di sparare contro le motozattere. Nella notte fra il 13 e il 14, con una procedura inconsueta, viene chiesto ad alcuni reparti di esprimersi sull'opportunità o meno di combattere contro i tedeschi. Quasi tutti gli interpellati decidono di combattere. Vari ufficiali vorrebbero ribellarsi contro il comando restio ad abbandonare la linea della prudenza e delle trattative. Taluni reparti assumono un comportamento ribelle. Il 12 settembre, qualcuno lancia una bomba a mano contro l'auto del generale Gandin, ma la bomba non esplode. Poco dopo, altri soldati strappano la bandiera italiana dall'auto del generale, accusandolo di essere filotedesco. Per la stessa ragione, sembra sia stato ucciso un ufficiale. Notizie di questi atti di insubordinazione arrivano a Berlino e contribuiscono ad aggravare la situazione. Il 15 settembre, il comandante della Acqui si toglie dalla giubba la decorazione assegnatagli in passato dai tedeschi (una Croce di Ferro di prima classe), interrompe i negoziati e dà l'ordine di combattere. Fino a quel giorno, ha preferito tenere bene in vista la decorazione anche per impressionarli durante le trattative.

Inizia la battaglia

La battaglia durerà otto giorni, dal 15 al 22 settembre, e vedrà scontri durissimi. I tedeschi si rivelano superiori agli italiani per la qualità delle armi, dal punto di vista tattico, per la capacità di combattimento. I reparti tedeschi hanno già combattuto su vari fronti, mentre la grande maggioranza degli italiani di stanza a Cefalonia è priva di esperienza. La superiorità dei tedeschi, inoltre, è decisamente favorita dall'impiego massiccio dell'arma aerea. Gli italiani non hanno aerei che li sostengano. Hitler si compiace del fatto che in Grecia quasi tutti i militari italiani si siano arresi ai tedeschi subito dopo l'8 settembre. Ma è furibondo contro gli italiani di Cefalonia, che rifiutano di seguirne l'esempio. Il 18 settembre, invia un perentorio ordine personale (un Führer-befehl) con il quale impone di «non fare prigionieri italiani a Cefalonia a causa del comportamento insolente e traditore tenuto dal presidio dell'isola». Le premesse della strage sono state poste. Circa milletrecento militari italiani cadono in combattimento. Ma la strage assume proporzioni ben più vaste perché, in base all'ordine di Hitler, circa cinquemila soldati e quasi duecento ufficiali, fra cui il generale Gandin, vengono fucilati dopo essersi arresi, contro ogni principio del diritto di guerra. I prigionieri avrebbero dovuto subire un processo, sia pure sommario, invece la Wehrmacht obbedisce al suo Führer in tutta fretta. Il massacro suscita ripugnanza perfino tra i militari tedeschi. Come se ciò non bastasse, le navi che trasferiscono i sopravvissuti in terraferma, da dove saranno portati nei lager in Germania, vengono colpite dagli aerei angloamericani o squarciate dalle mine e altri milletrecentocinquanta italiani perdono la vita. Altri ancora moriranno nei lager.

Perché la vendetta tedesca

Occorre capire perché i tedeschi si accaniscono così tanto. La prima ragione deve essere cercata nel fatto che temono di essere sopraffatti. Dopo la pace separata degli italiani, sono rimasti soli nel Mediterraneo e possono sospettare che gli angloamericani approfitteranno della situazione sostenendo la divisione Acqui e occupando Cefalonia. Inoltre, sono mal disposti verso gli italiani, giudicati traditori per avere concluso la pace separata. Non si può neppure escludere che gli italiani siano invidiati per il fatto di averla conclusa. L'idea che gli italiani abbiano finito di combattere, oltre che invidia, può suscitare rabbia e furore. Per di più, suscita furore il fatto che i militari di Cefalonia non corrispondano all'idea che molti tedeschi si sono fatta sugli italiani: individui indisciplinati i quali, non amando la guerra, non hanno neppure voglia di battersi. E invece a Cefalonia i soldati si battono, pur conoscendo il grandissimo rischio al quale vanno incontro. Un altro elemento da tenere presente riguarda la sensazione, da parte dei tedeschi, che i militari della divisione Acqui si siano ribellati agli ordini del loro generale e quindi meritino di essere trattati come ribelli. L'ordine di sterminarli, dato dal Führer il 18 settembre, nasce probabilmente da questa sensazione. Ma Hitler ha anche altri motivi per disprezzare gli italiani. Essi sono entrati in guerra non all'inizio, nel 1939, ma solo nel giugno 1940, quando sembrava che la guerra fosse finita. E quindi lo hanno fatto non per sostenere la Germania, ma perché essa non potesse essere l'unica potenza vittoriosa. Gli italiani, in altre parole, sono entrati in guerra non per vincerla, ma per limitare il potere di Hitler. Anche la guerra contro la Grecia (e Cefalonia è un'isola greca) è stata decisa da Mussolini allo scopo di limitare il potere dei tedeschi, diretta a contrastare l'espansione germanica. Fino all'ultimo Mussolini ha tenuto segreta la decisione italiana di attaccare i greci, suscitando poi l'indignazione di Hitler. Questi ha sempre saputo che gli italiani non lo amano e che Mussolini non gli è veramente amico. Le prove possono essere trovate nel diario di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini e suo ministro degli esteri. Il 5 giugno e il 1° luglio 1941 Mussolini si augura che la Germania perda in Russia «molte penne». Il 6 luglio è ancora più esplicito: «Mi pongo seriamente il quesito se, per il nostro futuro, non è più auspicabile una vittoria inglese che una vittoria tedesca». Il 20 luglio si chiede se gli italiani non siano già vassalli della Germania, soggiungendo: «Ed anche se non lo siamo oggi, lo saremo il giorno della vittoria totale della Germania. Dobbiamo augurarci due cose: che la guerra sia lunga e spossante per la Germania e che finisca attraverso un compromesso, che salvi la nostra indipendenza». L'immagine dei due dittatori uniti contro un nemico comune è dunque errata. I loro obiettivi sono stati diversi. A Cefalonia, ordinando la strage, Hitler si è vendicato.