Piero Melograni
Il bicentenario della Vandea. Un genocidio a lungo censurato
"Mondo economico"
4 settembre 1993

Fino a pochi anni orsono, in una vetrina del Museo Carnavalet di Parigi, si trovava esposto un libretto rilegato in pelle umana. Per un singolare paradosso, quel volumetto conteneva il testo della <Dichiarazione dei diritti dell'Uomo>, non sappiamo se nell'edizione del 1789 o in quella del 1793. L'imbarazzante oggetto non è più in mostra. Ed è molto probabile che la direzione del Museo lo abbia chiuso in un magazzino per evitare spiacevoli confronti tra le efferatezze compiute dai rivoluzionari dell'89 sulla pelle degli aristocratici e il sadismo dei nazisti che, un secolo e mezzo più tardi, confezionarono paralumi con la pelle degli ebrei. Ma le verità finiscono per essere più forti delle censure. E difatti, in occasione del bicentenario della rivolta Vandea, dal 15 aprile al 31 maggio scorsi, proprio a pochi metri dal Museo Carnavalet, per l'esattezza al numero 48 della rue Vielle du Temple, è rimasta aperta un'esposizione sulla Vandea ai tempi della rivoluzione. Fra le tante mostruosità da essa documentate c'era anche l'uso che i rivoluzionari facevano dell'epidermide dei loro avversari. Ad Angers la pelle di vari oppositori fu sottoposta a concia per confezionare pantaloni da cavallo destinati agli ufficiali superiori dell'esercito repubblicano. E, in una testimonianza raccolta dal tribunale di quella città in data 6 novembre 1794, si precisava che un certo Pequel, chirurgo maggiore del IV battaglione delle Ardenne, aveva scorticato ben 32 monarchici, le cui pelli erano state lavorate presso il conciatore Langlois e infine consegnate a un pellicciaio. Questo genere di operazioni non doveva possedere carattere episodico dato che, in un rapporto del 14 agosto 1793, lo stesso Saint-Just, deputato giacobino alla Convenzione e membro del Comitato di salute pubblica, annotava come anche a Meudon, nei pressi di Parigi, si conciasse pelle umana: <La pelle che proviene dagli uomini -scriveva Saint-Just con una certa competenza - è di una consistenza e di una bontà superiori a quella dei camosci. Quella delle donne è più morbida, ma presenta un minor grado di robustezza>. I rivoluzionari compirono crimini nella Francia intera, ma nella Vandea avviarono un vero e proprio genocidio. In breve tempo il 15% degli abitanti della regione scomparve. Il 20% delle abitazioni fu incendiato. Il generale Turreau chiese a Parigi l'autorizzazione al massacro: <è mia intenzione incendiare tutto>, annunciò il 17 gennaio 1794. E precisò: <Tutti i briganti che saranno trovati armi alla mano, o rei di averle prese, saranno passati a filo di baionetta. Si agirà allo stesso modo con le donne, le ragazze e i bambini. (...) Neppure le persone semplicemente sospette dovranno essere risparmiate>. Il Comitato di salute pubblica diede il suo assenso, così che per quattro mesi, tra il gennaio e il maggio 1794, i reparti militari spediti da Parigi misero a ferro e fuoco l'intera Vandea. Nella confusione generale vennero sterminate per errore anche varie famiglie repubblicane. In aprile, presso la città di Nantes, i corpi di più di cento donne furono bruciati sopra caldaie coperte da sbarre di ferro per ricavarne il grasso. <Ho visto bruciare vivi uomini e donne - dichiarò il chirurgo Thomas - e ho visto 150 soldati maltrattare e violentare donne, ragazzine di quattordici e quindici anni, massacrarle subito dopo e lanciare di baionetta in baionetta teneri bambini rimasti al fianco delle loro madri già morte>. Il peggio fu che varie migliaia di vandeani vennero affogati nelle acque della Loira, a Nantes. Per non consumare polveri e pallottole, uomini, donne e bambini vennero stipati in vecchi battelli, condotti in mezzo al fiume e colati a picco. Come spiegò un testimone: <All'inizio gli annegamenti si facevano di notte, ma il Comitato rivoluzionario non tardò a familiarizzarsi con il crimine; diventò più crudele e da quel momento gli annegamenti si fecero in pieno giorno>. Molti condannati furono denudati. E venne istituito il cosiddetto "matrimonio repubblicano", che consisteva nell'affogare un giovane (magari un prete) e una giovane completamente nudi, legati assieme sotto le ascelle. Alcuni ufficiali assistettero nauseati alle prodezze delle armate repubblicane. <Da un anno grido contro tutti gli orrori dei quali sono stato sventurato testimone>, scrisse nell'ottobre 1794 il generale Danican. E anche le autorità civili furono infine costrette a intervenire. Il deputato Jean-Baptiste Carrier, responsabile degli annegamenti di Nantes, fu processato e ghigliottinato. Ma il grande scempio, oramai, si era compiuto e le persecuzioni non sarebbero completamente cessate prima del 1799.

Da allora in poi quasi tutti preferirono far scendere, su queste vicende, una cortina di silenzio. E la storiografia, fino a poco tempo fa, ha quasi sempre evitato di misurarsi con un tema tanto scabroso. Si diffondeva tra gli storici un pregiudizio contrario alla Vandea, considerata sinonimo di reazione, insieme con un opposto pregiudizio favorevole alla rivoluzione e magari al Terrore, considerati sinonimi di progresso. Quasi tutti dimenticavano che la Vandea, all'indomani dell'89, aveva salutato con favore la rivoluzione e si era allontanata da essa soltanto a causa dei molti errori compiuti dai governi repubblicani. Jules Michelet, nella sua grande Storia della rivoluzione francese, scritta a metà Ottocento, dedicò molte pagine alla rivolta vandeana, alla dura repressione di essa e ai misfatti di Carrier. Ma anche Michelet tentò di giustificare gli eccessi quando scrisse che le fucilazioni e gli annegamenti erano mezzi usati per rendere la morte più rapida e non sacrifici umani. Oggi il clima sta cambiando. In queste settimane i giornali francesi hanno riaperto il caso Vandeà. E lo studioso che più di tutti si è impegnato per ristabilire la verità si chiama Reynald Secher, nato proprio in Vandea nel 1955. Ha pubblicato vari libri sull'argomento, uno dei quali è stato tradotto in italiano ("Il genocidio vandeano", edizioni Effedieffe, Milano 1991, 36 mila lire). Secher, insieme con J.J. Brègeon, ha inoltre curato la pubblicazione di un libro che Babeuf, uno dei padri del comunismo, scrisse nel 1794 per denunciare (perfino lui!) le stragi compiute dai rivoluzionari. Anche il testo di Babeuf è stato tradotto in italiano (sempre nelle edizioni Effedieffe). Secher è stato un artefice della recente esposizione sulla Vandea di cui abbiamo parlato all'inizio. E inoltre si deve a lui una eccellente videocassetta dedicata alle guerre nella Vandea (Editions Ers, 30 boulevard Barbot, 35530 Noyal sur Vilaine). Si discute spesso sulla difficoltà di realizzare documentari storici di qualità. Questo di Secher può essere adottato come modello da imitare. Bisogna infine segnalare che la recente esposizione di Parigi è stata realizzata senza sostegno pubblico, grazie all'iniziativa di privati e allo slancio degli organizzatori, e in particolare alla dedizione del già più volte nominato Reynald Secher. Al mattino, entrando nell'esposizione, capitava di incontrarlo mentre con grande dignità, e con uno spazzolone in mano, si preoccupava di mantener pulite le sale. Senza alcun dubbio la guerra della Vandea costituisce una delle pagine più nere della rivoluzione francese. Ci auguriamo tuttavia che gli studiosi ricompongano il quadro generale di questa repressione sviluppando quanto lo stesso Secher dichiara al termine di un suo libro, vale a dire che anche i vandeani non si comportarono da santi e compirono anch'essi vari massacri, nell'inesorabile logica delle rappresaglie e delle controrappresaglie. Senza alcun dubbio l'intera vicenda vandeana contiene molti insegnamenti sui caratteri violenti della natura umana, sulle scelleratezze dell'estremismo e sulle possibili degenerazioni dei movimenti rivoluzionari. Tornano alla mente le considerazioni esposte quarant'anni orsono da Jacob L. Talmon nel suo ormai classico saggio intitolato "Le origini della democrazia totalitaria" (1952, tradotto in italiano dal Mulino, nel 1967). Talmon dedicò quasi tutto il libro alla rivoluzione francese e al totalitarismo dei giacobini. Proprio Saint-Just venne da lui ricordato per il fanatismo con il quale perseguitava gli oppositori. Come Talmon ha osservato: < Il giacobinismo non si sentiva soddisfatto dell'accettazione passiva. Esso insisteva sulla partecipazione attiva e condannava la neutralità o l'indifferenza come immorale egoismo>. La primavera del 1794, durante la quale ebbero luogo gli annegamenti di Nantes e le più efferate stragi, coincise con la fase più acuta del Terrore in cui furono ghigliottinati Danton, Desmoulins e Hèrault de Sèchelles. Non c'è da stupirsi che una rivoluzione, impietosa verso i suoi capi e impaurita perfino dagli indifferenti, fosse così inesorabile con i veri ribelli.