Le Sabbie di Avalon
capitolo II
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CAPITOLO
II - UNA TELEFONATA "NORMALE"
10
Agosto, casa Dursley
Harry
guardava attraverso gli occhiali tondi quello splendido paio di guanti sportivi,
dono del suo padrino del Natale precedente, mentre se li passava tra le mani
come il tesoro più prezioso. Se ne stava steso sulla pancia, comodamente
adagiato sul suo letto, pronto per alzarsi ed affrontare un'altra tremenda
giornata. Non poté far altro che sospirare, pieno di ansia e di attesa, quando
pensò a tutto ciò a cui finalmente sarebbe potuto ritornare di lì a poche
settimane. I suoi amici, il Quidditch...persino le lezioni del Professor Rüf
erano una prospettiva migliore rispetto ad un'intera estate con i Dursley. Mandò
nuovamente un'occhiata ai suoi guanti...e la mente gli ripropose le immagini del
giorno in cui Sirius e Remus glieli avevano regalati, durante quelle vacanze
piene di tante sorprese.
Chissà
cosa stavano facendo in quel momento Black e Lupin, pensò tra se e se Harry...non
li aveva più visti dall'ultimo giorno di scuola, quando si erano lasciati sulla
banchina della stazione di Hogsmeade, con la promessa di rivedersi per l'estate.
Fino
a quel giorno Harry non aveva avuto occasione di parlare con Ron o con Hermione,
non era ancora riuscito ad organizzare la tanto agognata visita ai due maghi. Ma
dopo tutto come avrebbe potuto, proprio quell'estate in cui i Dursley sembravano
più arcigni che mai.
E
non poteva essere altrimenti: era da mesi che la loro vicina, la cara, vecchia,
esasperatamente noiosa Arabella Figg si era trasferita da certi suoi parenti in
Galles per farsi curare i reumatismi, e la famigliola era stata così costretta
a sorbirsi Harry ogni singola ora di ogni singolo giorno, non avendo nessun
altro a cui lasciarlo. E certo il ragazzo dagli occhi smeraldo non era più
felice dei suoi zii...preferiva gli innumerevoli gatti della signora Figg
all'insopportabile cugino Dudley, che di anno in anno cresceva in larghezza ed
in arroganza.
Fortunatamente,
proprio quella mattina le cose sarebbero cambiate in meglio per tutti quanti.
Harry
trasalì quando sentì la bussata inconfondibilmente taurina di zio Vernon. Saltò
sul letto lasciando cadere per terra i guanti da Quidditch, ed andò ad aprire
la porta della sua camera con un po' di timore. Solitamente era la zia Petunia a
chiamarlo per la colazione; quando invece era il baffuto Vernon a tuonare dai
corridoi allora c'era una sola cosa certa: guai in vista.
"Buon
giorno zio" disse Harry con un filo di voce mentre apriva la porta
cigolante. Ma la faccia del corpulento uomo faceva ben capire che quello non era
iniziato come un buon giorno.
"Scendi
giù immediatamente. C'é una telefonata per te" bofonchiò il signor
Dursley digrignando i denti. "Una...tele---oh no, non sarà come
l'ultima..." Harry ripensò al tragico tentativo di Ron di qualche anno
prima.
"No"
si affrettó a dire lo zio seccamente "Questa sembra gente...'normale'...é
questo l'unico motivo per cui ti faccio rispondere" aggiunse, quasi a voler
giustificare il suo consenso.
"Sbrigati"
concluse iroso, girando sui tacchi e prendendo la via per le scale. Harry scese
piano verso il pian terreno chiedendosi chi dei suoi conoscenti potesse sembrare
tanto "normale" da far accettare la telefonata a zio Vernon. Quando fu
vicino al tavolinetto di legno su cui era poggiato l'apparecchio, alzò la
cornetta e disse uno stupito "Pronto?".
La
voce non troppo familiare di una donna rispose "Oh, ciao, sei Harry?"
"S-si..."
rispose insicuro il ragazzo.
"Io
sono la signora Granger, la madre di Hermione...aspetta che te la
passo...ciao!"
Harry
sorrise. E finalmente, dopo mesi di silenzio, poté sentire la voce della sua
migliore amica. "Harry!!" urlò felice Hermione "Come stai?"
"B-benissimo
Hermione. Come mai hai fatto chiamare da tua madre?" chiese Potter gioioso.
"Ho
pensato che forse tuo zio in questo modo non avrebbe posto resistenza...mia
madre é una semplicissima, normalissima dentista..." disse Hermione
ridendo.
"Sei
un genio" affermò Harry.
"Lo
so" rispose candidamente Hermione "Senti Harry, allora, li andiamo a
trovare Sirius e Remus prima dell'inizio della scuola?"
"Proprio
a questo stavo pensando...ma non so se..." Harry mandò uno sguardo in
cucina, dove lo zio Vernon stava mangiando la sua pancetta "Non so se i
miei zii..."
"Non
preoccuparti, ci ho già pensato io. Veniamo a prenderti io ed i miei genitori,
con la macchina, e poi ci incontriamo con Ron alla stazione, già gli ho
scritto." disse la ragazza tutto d'un fiato. "Grandioso!" esclamó
Harry non nascondendo la sua felicità "Gli zii saranno lieti di affidarmi
a persone normali...se solo sapessero chi vado a trovare in realtà...due maghi,
uno di loro ricercato dalla legge, e che per giunta stanno insieme" Harry
immaginò la faccia che zio Vernon avrebbe potuto fare al solo pensiero di gente
del genere.
E
non era una bella visione.
"Bene...allora
ti passiamo a prendere tra due giorni, alle dieci del mattino, davanti a casa
tua...fatti trovare pronto"
"Ok
Hermione...scriverò a Sirius domani stesso...ci vediamo...e grazie!" Harry
ripose la cornetta del telefono con il sorriso sulle labbra. Si avvicinò alla
cucina, e si sedette vicino alla zia Petunia. Aspettò che zio Vernon avesse
finito di bere il suo succo d'arancia, e poi tentò di prendere parola
"Ehm...zio...?" "Si ragazzo?" chiese l'uomo asciugandosi i
baffi con un tovagliolo.
"Tra
due giorni...dovrebbe venire una mia amica, figlia di dentisti, che non c'entra
nulla con Hog--" Harry si interruppe quando sentì una specie di grugnito
dalla sedia su cui era seduto Dudley.
"Che
non c'entra nulla con il Centro di Massima Sicurezza di San Bruto per Giovani
Criminali Irrecuperabili..." si corresse "e...se voi lo
permettete...andrei a stare da lei per un po' di tempo..."
Vernon
guardò negli occhi spenti della moglie. Ed entrambi tacitamente pensarono alla
stessa cosa: non importava davvero nulla a nessuno dei due se Harry stesse
dicendo la verità o meno, l'importante era levarselo dai piedi il prima
possibile.
"Va
bene" sussurrò duramente Dursley, sotto i baffi. Harry sorrise con tutta
la gioia di cui era capace, si alzò senza neanche toccare la sua misera
colazione, e si fiondò in camera per scrivere a Black.
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