Le Sabbie di Avalon
capitolo XVII
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CAPITOLO
XVII - L'ULTIMA CHIROMANTE
Giugno,
Galles
La
giovane zingara si portò una mano al viso asciugandosi il sudore che le
impregnava la fronte con l'orlo della sua manica di cotone viola scolorito, e
mandando indietro una ciocca dei capelli ricciuti e color nocciola. Sbuffò
tirando su con fatica il grande cesto di vimini in cui erano accatastati gli
abiti della sua famiglia--se di famiglia si poteva parlare. Talvolta le sembrava
quasi di vivere in una specie di tribù, dove, caso strano, i lavori più
pesanti toccavano sempre a lei.
Si
era fermata appena per prendere un attimo di respiro, quando da una delle
capanne prefabbricate disposte a schiera nel piccolo campo provenne la voce
squillante e gracchiante di sua madre.
"LYDIA!"
strillava la donna sporgendosi con il capo fuori da uno dei finestrini, decorato
con una tendina multicolore di poco valore "Lydia, sbrigati ragazza! Ho
bisogno di una mano!"
"Si,
mamma, si, arrivo" rispose la ragazza scuotendo la testa e con aria
affranta. Si diresse verso il carrozzone con movimenti svogliati e con andatura
lenta, mentre il Sole calava sul bosco vicino al campo zingaro, ed i canti
antichi come il suo popolo allietavano il suo lavoro, provenienti dagli alloggi
dei suoi cugini.
Lydia
era la più giovane della sua famiglia, e per quanto ne potesse sapere, era
probabilmente anche la più giovane di quel che restava della sua gente. Perché
anche se gli abitanti della cittadina Gallese situata non molto lontano dal loro
campo credevano di essere vicini di casa di semplici zingari, il suo popolo era
tutto fuorché comune.
Si
raccontavano leggende senza tempo sulle dinastie degli zingari chiromanti,
leggende che ormai perfino loro stessi credevano solo belle favole da raccontare
ai bambini prima di andare a letto. Ma Lydia no, Lydia, pur non ammettendolo
apertamente, ci aveva sempre creduto, o forse ci aveva sempre voluto credere,
aveva sempre voluto credere di essere in qualche modo speciale.
E
poi, era così bello stare a sentire quelle storie, era l'unico momento della
giornata che la ragazza aspettava ardentemente, quando accoccolata tra le
braccia rassicuranti della persona che più amava al mondo poteva sentirsi
qualcosa di più di una povera zingara. Accoccolata tra quelle braccia rugose
che la tenevano stretta fin da quando era in fasce, le uniche braccia che le
erano sempre state vicine non per ammonirla o picchiarla, ma solo per darle una
carezza...le braccia di suo nonno, del suo adorato nonno, l'unico di
quell'innumerevole schiera di parenti che le voleva davvero bene, quel vecchio
dai profondi occhi marroni che tutti prendevano per pazzo, perché anche lui
credeva fermamente nelle storie che raccontava.
Lydia
aveva sedici anni, anche se la sua voce possente ed il suo sguardo verde perso
nel vuoto ne dimostravano di più. Aveva sempre vissuto con sua madre e i suoi
fratelli maggiori, sempre nella stessa casa, sempre nello stesso paese. Non
aveva mai conosciuto suo padre, partito per chissà dove ancora prima che
nascesse, e ne aveva avuto un vago accenno solo da ciò che i suoi fratelli le
raccontavano.
La
vita al campo era per lei più dura che per gli altri--perché lei, la più
piccola, lei, l'ultima degli zingari chiromanti, era vista più come una serva
che come una figlia. Talvolta sognava di svegliarsi un giorno e trovarsi davanti
un bel Principe Azzurro su un destriero bianco, un eroe che l'avrebbe finalmente
portata via di là...invece, ogni volta che si alzava, la prima cosa che vedeva
sempre davanti a se era il muso arcigno ed invecchiato prima del tempo di sua
madre, che le metteva grembiule e zoccoli da lavoro, e poi via verso un'altra
giornata.
La
giovane portò il canestro di bucato alla madre, finì di riassettare la casa,
ed appena ebbe la possibilità di togliersi gli indumenti da lavoro, prima di
cena, scappò via e corse nel capannone dove sua zia, sorella minore di sua
madre, viveva con il vecchio patriarca. La zia, per fortuna, non era in casa, e
Lydia entrò piano nella cameretta dell'anziano uomo, essendosi accorta che il
vecchio dormiva sulla sua poltrona rattoppata. Gli si avvicinò, gli diede un
delicato bacio sulla guancia, e lo zingaro, avvertendo le labbra morbide della
nipote che gli sfioravano il viso, si svegliò, aprì gli occhi color cioccolata
e le fece un ampio sorriso.
"Ciao
nonno" disse la ragazza sorridendo a sua volta.
"Oh
Lydia, finalmente sei arrivata. Ti ho aspettato per tutto il giorno" disse
il vecchio con voce calma e profonda. "Non posso restare molto, la mamma mi
vorrà per preparare la cena" sospirò la fanciulla sedendosi su uno
sgabello ai piedi del nonno "Ti serve qualcosa?"
"No,
grazie tesoro, mi basta la tua presenza" disse amorevolmente l'uomo
carezzandole la testa con una delle sue mani magre e grandi.
"Nonno...questa
sera voglio che tu mi racconti di nuovo delle fate!" esclamò la ragazza
guardando l'altro con occhi vispi.
"Oh
no..." si lamentò il nonno con un sorriso "Non di nuovo...hai sentito
quella storia centinaia di volte!"
"Ti
prego nonno...lo sai, è la mia preferita"
"Va
bene va bene...allora...vediamo...tu sai che la nostra gente è speciale, vero
Lydia?" Lydia annuì, e stette ad ascoltare, interessata come se quella
fosse stata la prima volta.
"Vedi
Lydia...tanto tempo fa...secoli fa...millenni fa...il nostro popolo, gli zingari
chiromanti, erano i più amati dalle genti delle Fate" cominciò il vecchio
con aria solenne.
Lydia
sorrise.
"Erano
i più amati, perché erano gli unici tra gli umani a poter aiutare le Fate nel
mantenimento del loro Regno...erano gli unici ad avere abbastanza poteri per
utilizzare le Sabbie, le Sabbie profetiche delle Terre di Avalon, che tutto
possono vedere, nel passato, e nel futuro" il nonno accompagnava il suo
racconto con lenti movimenti delle braccia, come se volesse ridisegnare quelle
meravigliose favole nell'aria.
"Neanche
i maghi più potenti potevano leggere attraverso i misteri delle Sabbie! E sono
le Sabbie stesse a scegliere...il nostro popolo ha racchiuso dentro di se un
potere, un potere straordinario che si perde ai confini del tempo, e quando le
Sabbie sono vicine...il veggente non può scegliere le proprie visioni, è
succube di esse. Gli zingari chiromanti furono incaricati dal Sire delle Fate di
custodire le Sabbie sull'Isola di Avalon, e la più giovane della nostra
dinastia, una ragazzina che aveva circa la tua età, fu nominata Sacerdotessa,
insignita del più alto onore che quelle magnifiche creature potessero donare ad
un altro essere...ma..." Gli occhi dell'uomo si incupirono "...ma la
Sacerdotessa si rivelò incapace di svolgere il suo compito. Si fece corrompere
dalla sua famiglia, e nel giorno in cui le Fate celebravano l'anniversario della
figlia del Re, Lady Titania, la zingara fece entrare ad Avalon gli altri del
nostro popolo, tradì la fiducia che le Fate avevano dato agli umani. Quando
queste scoprirono il tradimento, bandirono gli umani dalle loro Terre, giurarono
che non si sarebbero mai più fidate degli uomini, e chiusero le porte per
Avalon...costretti ad autoesiliarsi in Terre a noi sconosciute. Avevano capito
che c'erano poteri troppo grandi e malvagi a minacciare i segreti di Avalon, non
potevano correre alcun rischio"
Lydia
tirò un sospiro sognate. Ogni volta si perdeva tra quelle parole fantastiche,
tra quei misteri antichi. "Nonno..." esordì in un sospiro
"...se...se oggi il nostro popolo fosse ancora in accordo con le Fate...sa---sarei
io la..."
"Si,
Lydia, si. Tu saresti la Sacerdotessa...la più giovane degli ultimi zingari
chiromanti" il vecchio sorrise "Ma non preoccuparti, ormai solo i
vecchi pazzi come me e le giovani sognatrici come te credono in queste
favole" si avvicinò alla testa della nipote, e sussurrò guardandosi
attorno "E comunque, detto tra noi, non credo che Lady Titania sarebbe
tanto propensa a fidarsi nuovamente di noi"
La
ragazza rise, e guardò l'uomo con affetto "Io comunque non farei come
quella ragazza...non tradirei mai nessuno"
"Ne
sono certo" rispose il nonno con tono sicuro "Non c'è persona più
dolce di te" concluse carezzandole il mento.
"Ti
voglio bene nonno" disse Lydia in un bisbiglio.
"Anche
io" rispose altrettanto piano il vecchio, corrugando la sua fronte in uno
sguardo pieno d'affetto.
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