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Un rumore che proviene da sotto la finestra.
Qualcuno si sta rampicando usando l’erba che serpeggia sul muro come scala.
Si sente distintamente il respiro affannoso dell’intruso.
Prende la bacchetta dal tavolo, la stringe, piano va vicino alla finestra per capire chi sia.
E lo vede.
Con gli occhi incavati, la barba incolta, i capelli ridotti ad un groviglio sporco, ma è lui.
I suoi occhi di mare sono inconfondibili, e quel viso tanto amato non potrebbe confonderlo fra mille.
Rimane a fissarlo per alcuni attimi, immobile, come se avesse visto un fantasma.
Ed è un po’ così.
Quel fantasma chiamato morte è venuto a trovarlo.
Quello spirito che ha creduto per 12 anni colpevole dell’ultimo respiro dei suoi migliori amici.
Lo fissa, ambra nel mare, miele nell’acquamarina, oro nel cobalto.
Velocemente si scansa, per non impedirgli l’entrata.
Faticosamente accede alla stanza, sorridendo debolmente, non aspettandosi di certo un bentornato.
Ed è una previsione azzeccata.
L’altro lo attacca, buttandolo a terra, prendendolo a pugni, urlando, chiedendogli fra le grida perché lo ha fatto.
E sotto, lui, non può dire nulla.
Può solo accettare quel dolore fisico che gli si impone … come dare torto a chi lo sta picchiando ?
E innumerevoli lacrime gli cadono sul viso, passando per gote candide, arrivando sulle guance sporche dello spirito della morte.
Lacrime di dolore, rabbia, solitudine, tutto mischiato assieme in un solo intruglio di sofferenza che è sembrata durare per secoli.
“Non piangere …” gli sussurra, accarezzandogli il viso.
Rimane per un attimo immobile, come se avesse appena ricordato il significato di quel gesto che aveva subito per tanti anni … che mai, mai aveva seriamente dimenticato. Come poteva scordare quell’atto così dolce, per lui una droga di cui non poteva fare a meno … come quando gli supplicava di non smettere, di non cessar di passare le lunghe dita fra i suoi capelli ramati, di non interrompere l’unione dolce delle loro labbra … e ora gli pareva fossero passati secoli dall’ultima volta che sentiva la sua pelle fremere a quel meraviglioso contatto … gli pareva un sogno, che però interruppe, strepitando, ancora sopra di lui :
“Li hai uccisi, li hai uccisi tu !!” gli grida, rabbioso, devastandolo di pugni.
“No, non è vero, te lo giuro !!” grida anche lui, parandosi con le braccia.
L’altro si alza da lui, seguitando a fissarlo, coi suoi occhi di miele che ora non riflettono alcuna purezza o innocenza, ma manifestano solamente una grandissima ed incontenibile rabbia.
Piano, il padrone degl’occhi di tempesta si alza, guarda l’amato allontanarsi, sedendosi sulla sedia ; sente quegl’occhi rabbiosi fissi su di lui, vede quel viso che aveva conosciuto sempre felice o triste pieno d’ira verso di lui ; sussurra, come per farsi sentire solo da lui, la sua verità, l’unica verità ch’esisteva. Un racconto lungo e doloroso, che non vuole interrompere da nulla ; aboliti i pianti, i singhiozzi, gli amari sospiri : deve parlare senza impedimenti, deve fargli capire che quel che dice è la realtà dei fatti. Finisce il racconto, guardandosi i piedi ; di sostenere il suo sguardo non ha la forza. Cade il silenzio, un mutismo pesante, dove neanche il respiro dei due si ode.
“Non ti credo” è l’angelo d’ambra a rompere quel silenzio di tomba, con un tono di ghiaccio.
“Cosa … ?” non riesce a terminare la frase, poiché sente di nuovo quell’esile corpo avvinghiato al suo, in un ennesimo e nuovo abbraccio.
“Non è vero, non è vero … ti credo, mio amato, ti credo …” cantilena, piangendo sul petto dello spirito nero “Come ho sempre cercato in questi anni una spiegazione, ora ti credo … so che non mi menti, con me non ci riusciresti … mio Dio, quanto ti ho atteso … quanto ho aspettato questo momento …” seguita, cadendo in ginocchio, tirandosi giù l’altro, che gli carezza rassicurante la testa d’ambra, affondando poi il viso nei suoi capelli, aspirando quel profumo dolce che conosce fin troppo bene.
“T’amo come non mai … non sai quanto ti ho aspettato, quanto ho atteso il tuo ritorno … non ho mai smesso d’amarti, anche quando mi costringevo ad odiarti, non ho mai smesso di pensarti … ti amo, ti amo, ti amo come non mai …mia stella, mia luminosa stella, mia unica e preziosissima stella, non abbandonarmi più … la Luna non ha senso d’esistere, se non ha con se l’astro più luminoso del suo cielo … t’amo, t’amo, non lasciarmi più solo … io non vivo se non sei con me, non esisto … ti amo da morire, da impazzire … non posso stare più solo, non lo sopporterei, non posso più rifarlo … stai con me per sempre, per sempre … e andiamo in Paradiso assieme, o in qualsiasi altro luogo … ma insieme … per sempre insieme, ti prego, ti prego … devi rimanere accanto a me senza fine … ti amo, ti amo, ti amo tantissimo …” con le lacrime un fiume di parole gli escono dalla bocca, da troppo tempo celate nel cuore, da troppo tempo rinchiuse, che aspettavano, fremendo, d’essere udite.
Senza dire niente, lo spirito nero gli alza lentamente il mento, per baciarlo silenziosamente, dolcemente, a lungo, come per ritrovare l’antico sapore delle reciproche labbra, come per finalmente ricordare com’è meravigliosamente bello posare la propria bocca su quella della persona amata.
“Ora basta, non piangere più … sono a casa, mio amato Remus”
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