Miracle
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Era fatta. Voldemort era sconfitto. Con l’aiuto della spada di Godric Gryffindor, Harry Potter era riuscito, 16 anni dopo la prima volta, a sconfiggere il mostro che da tre anni seminava nuovamente terrore. La seconda guerra della Luce contro il Signore Oscuro era finita. E vinta.
Questo pensava Remus J. Lupin in quel tramonto color del sangue, mentre si accasciava a terra ferito e sanguinante. Lame d’argento lo avevano colpito più volte, anche se di striscio, e il loro segno faceva male e bruciava. Cadde pesantemente sulle ginocchia, la testa piegata all’indietro a guardare il cielo, le braccia lungo il busto - la mano destra stringeva ancora convulsa la bacchetta. Si era battuto strenuamente e coraggiosamente. Si era battuto come il lupo che - in parte - era. Aveva protetto Harry, mettendolo tra sé e Sirius - il padrino del ragazzo e il suo compagno - mentre si battevano. Aveva portato a termine il suo compito.
Chiuse gli occhi, arrendendosi, Remus J. Lupin, e si lasciò cadere all’indietro, stremato, stanco. Un braccio forte lo sostenne e lui riaprì leggermente gli occhi d’ambra, incontrando gli zaffiri che splendevano in quelli di Sirius Black.
“Remus!” esclamò. La fronte aggrottata e il viso graffiato, Sirius si chinò preoccupato sull’altro uomo. “Remus, mi senti? Su, resisti, Poppy sta arrivando…” Black afferrò una mano di Remus e se la portò alle labbra. Sentì gli occhi bruciare, le lacrime che reclamavano di uscire, una consapevolezza nascosta profondamente nella sua anima gli diceva che lo stava per perdere.
Remus sorrise tristemente a Sirius. E poi vide un paio di smeraldi fissarlo altrettanto preoccupati. Harry. L’eroe della giornata. Anzi, del secolo. Il “Bambino che visse” era diventato grande, era cresciuto. E ora era un ragazzo di diciassette anni che ne aveva viste troppe.
Sirius sollevò appena Remus e appoggiò la testa del mago sul proprio petto, circondando quel fisico stanco con le proprie braccia. Lacrime scendevano in rivoli silenziosi sulle guance impiastrate di sangue e fango del mago. “Non fare scherzi, Moony…” gli disse “Non ti provare a lasciarmi solo, capito?”
Remus inspirò faticosamente. “Tra poco la Luna Piena sorgerà, Siri…. Se non mi ucciderà la trasformazione, morirò in forma di lupo…” la voce era tranquilla, rassegnata. E piena di dolore.
Harry sussultò. “No, Remus, no…” disse. Sirius e Remus erano l’unica famiglia che lui avesse mai avuto. Teneva troppo ad entrambi per pensare di perdere anche solo uno di loro. Oltretutto Remus era stato il suo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure durante il suo terzo anno a Hogwarts, gli aveva insegnato tanto, gli aveva salvato la vita… no, non poteva morire… Remus lo guardò, gli occhi colmi di orgoglio mentre fissava il coraggioso diciassettenne.
“Sirius… dove siamo rivolti?” chiese Remus, la voce appena un sussurro da quelle labbra che impallidivano ogni minuto di più.
“Verso Est, Re… a Est.” Rispose il suo amante “Perché?”
“Voglio vedere la luna, quando sorgerà, per un’ultima volta.” Sirius affondò il viso nella spalla di Remus, nei suoi capelli.
“Smettila…” le spalle dell’alto mago erano scosse dai singhiozzi, mentre stringeva convulso ma senza fargli male, Remus.
Harry si voltò a Est. In un libro aveva letto che, una volta, la Luna era considerata una divinità benigna. Volse gli occhi al punto dove sarebbe in breve sorta e pregò muto.
‘Salvalo. Se sei veramente una Dea, se hai un po’ di cuore, salvalo. Se c’è qualcuno che merita di vivere, in questo povero mondo, è proprio Remus. Non lasciare che muoia per errori che non ha commesso…’
D’improvviso l’oriente si illuminò a giorno, un raggio bianco si diresse verso di loro, fermandosi di fronte a Remus, Sirius e Harry.
Un’alta figura vestita di bianco, con i capelli neri e argento e gli occhi color della notte si parò davanti a loro. Un sorriso gentile e buono era disegnato da labbra carminio e si rivolgeva proprio al licantropo.
“Le preghiere di un puro” disse, scoccando una rapida occhiata a Harry, “Sono sempre ascoltate. Le suppliche di un innamorato sono sempre esaudite. E i premi vengono sempre dispensati ai giusti. Quando le tre cose si uniscono, la Signora non può che chinare il capo e accorrere. Sei amato, figlio della Luna, sei amato in modo disperato e totale, Remus. E sei meritevole di questo amore, anche se non ne sei convinto.”
La donna si chinò lentamente su Remus e depose un bacio sulla sua fronte, lasciando una piccola impronta d’argento che svanì subito. Poi toccò la gola con l’indice della mano sinistra e scese al cuore, dove disegnò con quella stessa mano un simbolo arcano. Sirius la guardava stupefatto, indeciso se avere paura o fidarsi.
“Ora, figlio della Luna, sei protetto anche dalle stelle. Sarai lupo solo se vorrai, ma non di sangue, e l’argento - metallo a me sacro - non potrà più farti del male. La luce della Luna sfiorerà la tua pelle e tale essa rimarrà. Benedetto dalla Dea, Remus Lupin, e amato dagli uomini, Licantropo Dorato… Addio.” Disse infine, lanciando uno sguardo a Sirius e Harry.
La luce scomparve improvvisa, così come era apparsa. E Remus, che si era sporto in avanti, si appoggiò pesantemente al petto di Sirius, chiudendo gli occhi ed sospirando.
Per un momento Black si spaventò. Posò in fretta una mano sul petto del suo amante e si rilassò, sentendo il battito forte e regolare. Annuì, verso Harry che, egualmente preoccupato, lo guardava. “È vivo” disse “ è solo svenuto.”
Harry annuì e guardò Remus, spalancando gli occhi.
“Sirius, guarda! “ Il ragazzo indicò le ferite di Remus, sia quelle normali che quelle provocate dall’argento, che si stavano rimarginando, lasciando al loro posto pelle intatta.
“Ma come…!” esclamò Sirius. Ma fu quando la Luna Piena fece la sua comparsa ad Oriente che i due maghi rimasero senza fiato. Quando i primi raggi dell’astro colpivano Remus, in genere, lui iniziava a trasformarsi. Invece, stavolta, la Luna sorse del tutto, i suoi raggi colpirono l’uomo, gloriandone la figura. E Remus rimase Remus.
Harry e Sirius erano senza
fiato. Fu Dumbledore, dietro di loro, a dar voce ai loro stessi pensieri.
”È un prodigio… un miracolo…” disse l’anziano mago. E per far uscire
queste parole dalla bocca del potente e imperturbabile preside di Hogwarts, ci
voleva proprio un vero miracolo.
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Il sole stava tramontando - il giorno dopo la luna piena - e la sua luce filtrava dalle tende che coprivano le finestre della camera padronale di Grimmauld Place numero 12, a Londra. Sirius era sveglio e non distoglieva lo sguardo dalla figura poco più piccola della sua che stava accoccolata contro di lui, i capelli bronzei striati d’argento sparsi sul cuscino si confondevano con quelli neri del mago e le ciglia brune cesellavano quel viso rigato da anni di sofferenze eppure sempre bello. Remus dormiva da quando la figura bianca era svanita, bisognoso di riposo per l’estenuante tripla battaglia - contro Voldemort, contro la morte e contro la maledizione - che aveva sostenuto. Ripensando agli straordinari eventi delle 24 ore precedenti, Sirius non poteva evitare di chiedersi se non fosse tutto un sogno. Ma subito qualche ferita del giorno prima si metteva a dolere e lui sapeva che non era affatto un sogno.
Remus si mosse nel sonno. E le palpebre si sollevarono lentamente. Gli ci volle qualche secondo per mettere a fuoco il viso che giaceva accanto al suo, rivolto verso il suo. Occhi color zaffiro brillavano, la pelle abbronzata era rigata dai segni - provvisori - lasciati dai graffi appena guariti da Madame Pomfrey. Il sorriso gentile e abbagliante di Sirius gli diede il ben svegliato. Lentamente, un sorriso gli si allargò sul viso.
“Hanno cambiato le regole e ora le creature oscure possono andare in paradiso?” chiese, insonnolito.
Sirius gli accarezzò la guancia, allargando il sorriso. “No, sei a Londra, a Grimmauld Place, con me.” Remus sorrise ancora di più.
“Allora ho fatto uno strano sogno… ho sognato che combattevamo contro Voldemort e che Harry lo sconfiggeva. Ma io ero ferito e la trasformazione della scorsa notte mi avrebbe ucciso. Ma poi…una donna…una Luce…non ricordo altro…”
Sirius lo strinse. “La Battaglia, Harry, la sconfitta di Voldemort…La donna, la luce…non erano un sogno. Era realtà. Abbiamo vinto, Remus, la guerra è finita. E poi… Lei ti ha guarito. Sia dalle ferite che avevi sia dalla…licantropia…tu non ti sei mai trasformato, ieri. “
Remus lo guardò stranito. Non era uno scherzo, non sarebbe stato uno scherzo da farsi, tanto meno il suo Sirius lo avrebbe fatto a lui. “Non ci credeva nemmeno Dumbledore. “ disse. “e lì per lì nemmeno io e Harry.”
I ricordi si riaffacciarono finalmente completi alla mente di Remus. “Harry!” esclamò “Sta bene, vero?” chiese, ansioso. Sirius annuì. “Sta benissimo. È rimasto a vegliarti fino ad un paio di ore fa, quando l’ho portato a dormire nella sua stanza. Si era addormentato sulle vecchia poltrona di mio padre e quell’affare non è mai stato il massimo della comodità…” sorrise.
“Vuoi… vuoi dire che io… non sono più un lupo mannaro?” chiese incredulo Lupin.
“Lei ha detto così… Sarai lupo solo se vorrai, ma non di sangue, e l’argento non potrà più farti del male. La luce della Luna sfiorerà la tua pelle e tale essa rimarrà. Credo che tu sia una specie di Licantropo della Luce, ora. Ti ha chiamato Licantropo Dorato. I tuoi occhi sono ancora brillanti come prima, forse di più. Ma non soffrirai più le pene dell’inferno tutti i mesi.” disse Sirius.
Remus aveva gli occhi lucidi e le lacrime iniziarono a uscire da quelle gemme preziose.
“Siri…” affondò il viso nel petto dell’uomo e singhiozzi di sollievo lo attraversarono.
“Shhh, Moony… sono qui, sei qui… Voldemort è sconfitto e ora dobbiamo solo vivere la nostra vita in pace. E insieme. Abbiamo Harry a cui pensare e credo che Dumbledore vorrà che i membri dell’Ordine si diano da fare. Perciò non c’è bisogno di piangere. Abbiamo già toccato il fondo. Possiamo solo risalire. “
Remus alzò il viso verso Sirius. “Ti amo, Sirius Black.”
“Ti amo, Remus J. Lupin.” Sirius si allungò su Moony e poggiò le labbra sulle sue, baciando quell’uomo straordinario che aveva rischiato di perdere. Si separarono lunghi momenti dopo, con un dolce schiocchetto. “Harry vorrà vederti.” disse Sirius. “vuoi provare ad alzarti? Non hai febbre e le ferite sono state guarite dalla Signora. Tutte, anche quelle da Argento”
Remus annuì. Sirius si alzò, mentre Remus usciva dalle coperte. Black gli porse la mano e lo aiutò a tirarsi su. Le gambe, per fortuna, non tremarono.
“Ok, sei a posto. Vieni, Harry è nella sua stanza.”
Remus e Sirius percorsero tutto il corridoio, arrivando finalmente alla porta dietro alla quale Harry dormiva. Sirius aprì la porta leggermente, dando un’occhiata all’interno. Harry era sveglio ed era seduto sul davanzale della finestra, le ginocchia al petto e le braccia attorno ad esse. Aveva gli occhi umidi, mentre guardava la Luna - ora calante - che sorgeva a Est. Sirius bussò leggermente alla porta.
“Harry?” Harry si voltò di scatto, all’udire la voce del padrino.
“Sirius… Remus come…” non finì la frase, perché Sirius aprì la porta e Remus entrò nella visuale del ragazzo. Harry scese dal davanzale in un baleno e Remus si ritrovò tra le braccia del diciassettenne. Lacrime di gioia bagnarono gli abiti da camera del professore: le lacrime del figlio del suo migliore amico, purtroppo deceduto 16 anni prima, la stessa notte in cui quello splendido ragazzo era sopravvissuto.
“Sì, Harry, sono felice anche io di essere vivo. E sono felice di vederti.” Fresche lacrime bagnavano il viso di Remus e Sirius abbracciava entrambe le persone più importanti della sua vita: il suo compagno e il suo figlioccio. “Ora andrà tutto bene” disse Remus agli altri due, con la sua voce morbida e rassicurante, la voce di un insegnante “Voldemort è sconfitto e noi siamo qui. La vita continua e continuerà più chiara. La via è libera.”
FINE
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