Rain

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La pioggia battente, incessante, sull’asfalto.

Un uomo … no, non un uomo, un ragazzo col cuore stanco di un uomo che ha vissuto cento e più anni.

Un ragazzo in mezzo ad una strada.

Un ombrello abbandonato di fianco alle sue gambe fugge via, sospinto dal forte vento.

I capelli d’ambra attaccati al viso, zuppi.

Gli occhi di miele che fissano un punto lontano e immobile nel cielo, vuoti.

Le lacrime che si mescolano alla pioggia sul suo viso.

Le labbra ora pallide che si aprono appena.

Le parole che dalla bocca vengono pronunciate e si perdono fra il vento e la pioggia.

“Acqua, pioggia, levate via da me il suo ricordo … levate dalla mia pelle il suo odore, levate dalla mia mente la sua immagine persistente … l’immagine di lui … bugiardo … traditore …”

Due ginocchia sull’asfalto duro.

Due pugni che battono sull’asfalto, il loro proprietario incurante del sangue che ha cominciato a scorrere.

Si abbandona sull’asfalto, il corpo tremante, scosso da forti singhiozzi.

“Che l’acqua mi purifichi, ch’io torni puro … che io possa tornare al tempo in cui non lo conoscevo, poiché è meglio vivere senza sapere chi egli fosse … non sarebbe stato … così doloroso …”

Le gambe ritte che corrono sull’asfalto bagnato.

La porta che sbatte violenta.

Un corpo abbandonato su un grande letto.

Le lenzuola ancora disordinate, intrise di un odore buonissimo.

Il suo odore.

Il loro odore.

Le prende fra le mani.

Le porta al naso.

Aspira quel profumo ottimo, che così bene conosce.

Le lenzuola ora zuppe delle sue lacrime.

Delle foto.

Delle foto animate che escono dal materasso.

Ecco dov’erano.

Le dita tremanti, le raccoglie.

Il suo sorriso smagliante sembra brillare.

L’odio, la rabbia, le lacrime montano.

Mille coriandoli sul pavimento.

Un singulto più forte degli altri.

La mano sulla bocca.

Il corpo tremante.

Si china.

Raccoglie quei mille e mille pezzetti.

Li stringe.

Li tiene al petto, piangendo l’anima.

“Dio … Dio … non esiste … perché … perché non … perché non esaudisce … il mio … il mio unico desiderio … dimenticarlo … dimenticarlo per sempre …”

La tempesta fuori dalla finestra, furiosa, battente ovunque.

Quel corpo sottile sul letto, scosso da violenti singhiozzi.

Là rimane, fino alla notte.

D’improvviso, esce.

La pioggia nuovamente gli inzuppa volto, membra, vestiti.

Osserva il cielo.

Le nuvole del colore dei suoi occhi.

Quel blu profondo in cui è facile perdersi.

Quel blu profondo che mai è stato capace di mentire, di fingere davanti a lui, innanzi ai suoi occhi di dolce miele, severo all’occorrenza.

Quel blu profondo … che il cuore gli diceva innocente.

Sì … sì … sì … innocente.

Non poteva averlo fatto, no, no, no.

In lontananza, un requiem lento e malinconico.

La pioggia continua imperterrita a battere sul suo corpo e sul suo viso.

Ma ora è solo pioggia.

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