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ITALIA SOTTO ESAME A BRUXELLES: PARLA JOAQUIN ALMUNIA | ||||||||
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NAVA: Ma potrebbe concedere quest'anno in più?
ALMUNIA: La Commissione ha l'obbligo di ricordare che l'impegno preso dal Governo italiano è correggere il deficit entro la fine del 2007. Questo è anche l'interesse dell'Italia, dell'economia e della società italiana. NAVA: Quali sono le riforme strutturali di cui, secondo lei, ha bisogno l'Italia? ALMUNIA: L'economia italiana ha avuto una crescita molto bassa negli ultimi dieci anni, non solo per ragioni congiunturali, ma anche per una "capacità di crescere", che è bassa. Come si può incentivare? Io direi attraverso miglioramenti nella produttività, un miglior funzionamento dei mercati, attraverso un miglioramento negli investimenti in ricerca e sviluppo, nella qualità della formazione delle risorse umane, introducendo maggiore concorrenza nei servizi, creando buone condizioni per gli investimenti imprenditoriali, scommettendo sul futuro. Queste sono le necessità di un'economia, come quella italiana, che deve -nei prossimi anni- intensificare gli sforzi per le riforme strutturali, per poter trovarsi in condizioni di crescere in modo equilibrato, più di quanto non cresca ora. NAVA: Commissario, lei ha contestato questa settimana la poca trasparenza del processo di formulazione del bilancio italiano. E' un problema di forma, se vogliamo, di troppa burocrazia, o un problema di intenzione di tenere opaco il bilancio? ALMUNIA: La mia comunicazione sullo stato delle finanze pubbliche in Europa fa un'analisi tecnica sul modo in cui è possibile venire a conoscenza del funzionamento del settore pubblico in Italia. Lì abbiamo raccolto critiche già messe in rilievo in altre occasioni dall'Fmi. non sono nuove. E' al contrario un vecchio problema, che deve essere risolto: la trasparenza è una delle condizioni per una buona gestione delle finanze pubbliche. Cosa distinta è la capacità di prendere decisioni politiche per l'aggiustamento dei conti negli anni 2006 e 2007. Lì ho criticato -a livello politico- il fatto che non è sufficiente approvare un bilancio che formalmente offre buone soluzioni e dimostra buone intenzioni. I bilanci vanno applicati. dal Governo in carica. NAVA: Ma esiste una responsabilità del Governo precedente in merito allo stato attuale dei conti pubblici? ALMUNIA: Distinguiamo due cose: sulla trasparenza, la sua assenza nei conti pubblici è il risultato di un effetto cumulativo di decisioni adottate o non adottate su un ampio spettro temporale in Italia. Le responsabilità sono ripartire su un fronte abbastanza ampio e "plurale". Ovviamente questa critica non si riferisce al Governo appena nominato. Sul bilancio invece, beh è stato approvato dalla maggioranza parlamentare precedente, ed è stato messo in atto fino ad aprile dal vecchio Governo. Ora tocca a Romano Prodi e Tommaso Padoa-Schioppa. NAVA: Lei a maggio ha annunciato una ripresa dell'economia in Europa. Continua a essere ottimista? ALMUNIA: Ci troviamo in una fase di recupero economico, ci sono pochi dubbi al proposito: è però un recupero in cui l'Europa cresce poco, e dovrebbe crescere di più. Ma i nostri limiti sono soprattutto di natura strutturale. Non è un problema di mancata crescita: cresciamo sopra il 2%. Ma ci costa molto, proprio a causa dei nostri limiti. Occorre quindi intensificare lo sforzo in materia di riforme strutturali. Certamente se ne sono fatte in Europa negli ultimi anni, a partire dalla Strategia di Lisbona: non tutte però hanno dato frutti; altre non li daranno, perché non sono state ben disegnate. Altre ancora danno frutti, ma insufficienti. L'economia europea deve essere più dinamica, i mercati europei devono essere più efficienti, gli sforzi per migliorare la qualità dei conti pubblici devono proseguire. Non spendiamo bene il denaro pubblico, anche se ne spendiamo parecchio: in molti Paesi esistono chiari margini per migliorare l'efficienza della spesa pubblica. Infine occorre creare un ambiente nel quale l'iniziativa privata -i nostri imprenditori- possano sviluppare appieno tutte le loro potenzialità. Non possiamo lamentarci delle delocalizzazioni, se noi stessi poniamo ostacoli ad attività che possono portare ricchezza, occupazione e profitto nei nostri Paesi. Bruxelles, 16 giugno 2006 |
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