LA TURCHIA DEGLI AFFARI
Turchia come mercato dove investire (per le imprese italiane ed europee)... oppure Turchia come potenziale concorrente e competitor per le aziende di casa nostra? E' intorno a questi temi che si è concentrata l'intervista di Sergio Nava a Bahadir Kaleagasi, direttore dell'Ufficio di rappresentanza a Bruxelles della Tusiad, la maggiore associazione turca degli industriali.
KALEAGASI: La Turchia è da decenni un'economia di mercato. Nel 2001, è vero, abbiamo sofferto una crisi del sistema bancario, che ha creato distorsioni nel funzionamento dell'economia, soprattutto sul versante del settore pubblico. Ora, grazie a riforme radicali e forti privatizzazioni, siamo tornati ad essere un'economia di mercato pienamente funzionante, che crescerà tra il 6 e l'8% nei prossimi dieci anni, e costituirà un assetto importante per la competitività globale dell'Europa. La Turchia è sul percorso giusto per generare potere
economico per l'Europa: siamo un grande mercato, un mercato funzionante ed emergente. L'Unione Europea ha bisogno di noi.

NAVA: Sul fronte degli investimenti diretti stranieri, la Turchia in passato  non è riuscita ad attrarne tanti quanti permettevano le sue potenzialità. Quali opportunità di investimenti l'Italia e l'Europa possono cogliere nel vostro Paese?

Ci sono molti investimenti diretti stranieri in Turchia, quasi tutti i grandi gruppi europei sono presenti. Il problema riguarda invece le medie imprese. La Turchia ha sofferto in passato di un'inflazione molto alta -un problema peraltro rientrato- per cui ora ci attendiamo una grande espansione degli investimenti diretti stranieri, soprattutto da parte delle medie imprese. Per quanto riguarda l'Italia, molte vostre imprese sono presenti sul nostro territorio. La Turchia sta creando posti di lavoro in Italia, Francia e Germania, a causa del nostro deficit commerciale coi vostri Paesi. Ma è una situazione vincente per
entrambi, perché questo ci consente di crescere velocemente. Abbiamo interessi comuni.

Non ritiene però che sul medio termine la Turchia potrebbe divenire un competitor per l'Italia, in termini di delocalizzazione delle imprese e concorrenza nel settore agricolo e tessile?

La Turchia non è un Paese di delocalizzazione, noi siamo parte del mercato unico europeo. Al contrario, le grandi imprese europee che investono da noi si stanno arricchendo e creano posti di lavoro nei propri Paesi di origine. C'è un'integrazione orizzontale tra gli impianti produttivi in Turchia e quelli della madrepatria. La Turchia
non è più un Paese a basso costo di lavoro e di delocalizzazione.

Quali i settori più interessanti per gli investimenti diretti stranieri?

Ne indico alcuni: infrastrutture, alta tecnologia, gestione dei rifiuti (che è una conseguenza diretta dell'armonizzazione legislativa richiesta dall'Unione Europea), industria automobilistica, industria elettronica. Il nostro Paese è una buona base per fare investimenti anche per il suo mercato domestico. Pensate solo il facile accesso che una base in Turchia consente ai Balcani, al Mar Nero, al Mar Caspio, al Medio Oriente. La Turchia è un'ottima base regionale per fare affari con questi mercati. Per questo non possiamo definire la Turchia un Paese di delocalizzazione.

Quale la strategicità della Turchia nel settore della fornitura di gas e petrolio?

La Turchia costituisce uno dei punti maggiormente strategici per la fornitura di energia all'Europa. Il futuro energetico dell'Europa vede la Turchia come crocevia tra il Medio Oriente e il Mar Caspio. Gli oleodotti e i gasdotti attraverseranno la Turchia in direzione
dell'Occidente. Per questo il mio Paese rappresenta un punto di forza per l'Europa e per l'area mediterranea. Le relazioni tra Turchia e Italia rappresentano uno dei casi di maggior successo dell'economia mondiale.                                        
                                                     
BRUXELLES, 9/11/2005         
Il logo dell'associazione turca degli industriali TUSIAD
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