![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
DAZI UE: PARLA MANDELSON | |||||||||||||
I dazi europei contro le scarpe cinesi e vietnamite sono stati al centro dell'intervista di Sergio Nava al Commissario Europeo al Commercio Peter Mandelson. Un tema "caldo" per i nostri produttori, che attaccano la produzione sottocosto dell'Estremo Oriente, accusandola di essere all'origine della perdita di competitività delle nostre aziende. | |||||||||||||
![]() |
![]() |
||||||||||||
Il Commissario europeo al Commercio Peter Mandelson | |||||||||||||
MANDELSON: Spero che le raccomandazioni antidumping che ho fatto saranno accettate
dagli Stati membri. Alcuni Paesi si oppongono e le criticano, bollandole
come protezioniste. Io mi oppongo: queste misure puntano a correggere
una distorsione nel commercio internazionale delle calzature. Non sono
una risposta alla concorrenza. Altri Paesi invece, tra cui l'Italia, mi
chiedono un'azione più incisiva. Questo mi fa pensare di aver trovato il
giusto bilanciamento nella mia proposta.
NAVA: Ma lei è certo che questi dazi saranno efficaci, quando sono -a detta di molti- troppo bassi? Io penso saranno efficaci nel correggere le distorsioni prodotte dai sussidi statali e dagli interventi che abbiamo identificato in Cina e Vietnam. Ma queste misure non sono pensate per andare oltre. Devono rimediare al danno inflittoci, non devono affrontare la competizione orientale. Sono pronto a identificare qualsiasi misura che limiti il commercio sleale, ma dobbiamo rendere chiaro che questi dazi non sono proposti per risolvere tutti i deficit di competitività che abbiamo con la Cina e Il Vietnam... questi Paesi sfruttano il basso costo della manodopera per esporci a una concorrenza più dura rispetto a quella che abbiamo affrontato in passato. Lei ritiene che i nostri produttori -di scarpe, ad esempio- non siano in grado di affrontare la concorrenza? Io penso che la possono affrontare, anche se quella dall'Oriente è molto dura. In alcuni casi, i vantaggi strutturali di questi Paesi, quali i bassi costi, vengono supportati da misure che distorcono il commercio. Ma se prendiamo l'Italia, che ha una grande reputazione -per esempio nel settore della calzature- il vostro Paese presenta vantaggi comparativi legati alla qualità e allo stile. Io penso che il sistema produttivo italiano significhi flessibilità e capacità di rispondere ai cambiamenti settoriali, e ciò è importante. La produzione non è solo una questione di costi del lavoro. Prenda la Germania, che ha uno dei costi del lavoro più alti al mondo. Ma continua a essere il più grande esportatore mondiale. Perché? Perché produce, esporta qualità, precisione e risponde alle richieste del mercato. E' proprio ciò che le aziende italiane possono fare, ancora meglio se investe nella propria competitività. I produttori italiani protestano contro l'esclusione delle scarpe sportive e di quelle da bambino dai dazi. Lei pensa di poterle reintrodurre, in qualche misura? Se gli Stati membri mi dicono che è ciò che vogliono, io risponderò. Ho già strutturato la proposta con l'obiettivo di soddisfare il maggior numero possibile di Paesi. Le mie misure riflettono le diverse sfumature interne all'Europa. Ricordi pure che non tutte le scarpe sportive sono escluse, e che nel caso delle scarpe da bambino dobbiamo essere molto sensibili alle opinioni di quegli Stati che sono preoccupati che ogni aumento nei prezzi si possa riflettere nelle abitudini di acquisto di bambini e genitori. Nè dobbiamo impedire alle famiglie di acquistare il miglior prodotto che possono trovare sul mercato. Dobbiamo essere sensibili a questa gamma di interessi, sia quelli dei produttori che quelli dei consumatori. Ci saranno delle modifiche sostanziali alla sua proposta prima dell'adozione finale da parte della Commissione Europea, alla fine del mese, o intende rimanere fedele al testo originale? Io ascolto gli Stati membri. Se mi chiedono di cambiare la proposta antidumping, lo farò. Ma lo scenario più probabile è che arriviamo a una divisione a gruppi: alcuni mi chiederanno di mantenere la proposta originale, altri mi chiederanno di indebolirla, altri ancora -tra cui l'Italia- mi chiederanno di renderla più dura. I Paesi membri non sono automaticamente uniti: il mio lavoro è far sì che si trovi un bilanciamento per arrivare a un consenso che porti a misure efficaci, in grado di rimediare al danno subito. Misure messe in atto in una maniera che trovi il sostegno di tutti. E' ciò che sto cercando di fare. Milano, 14/3/2006 |
|||||||||||||
Ascolta l'intervista a Peter Mandelson |
|||||||||||||