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RICERCA UE: PARLA POTOCNIK | ||||||||||
Come incentivare la ricerca in Europa, per puntare all'obiettivo del 3% degli investimenti rispetto al PIL? Sergio Nava fa il punto sul tema con il Commissario Europeo alla Scienza e alla Ricerca, lo sloveno Janez Potocnik. Al centro dell'intervista il Settimo Programma Quadro, che prenderà il via nel gennaio 2007. I tagli al bilancio comunitario ne mettono a rischio gli obiettivi? POTOCNIK: Il programma funzionerà, abbiamo un incremento di fondi importante rispetto all'attuale Programma Quadro. Certo, la decisione sul bilancio europeo stanzia meno fondi rispetto a quanto avevamo proposto. Abbiamo una sfida importante davanti a noi. NAVA: Quali sono gli obiettivi del settimo programma quadro per la ricerca? Abbiamo ricevuto molte lamentele in passato dalle imprese, secondo cui non le ascoltiamo con attenzione. Ora la maggioranza delle nostre iniziative sarà fondata proprio sulle idee sviluppate attraverso le piattaforme tecnologiche, sulla base cioè delle iniziative che arrivano dal settore imprenditoriale. Abbiamo inteso rispondere anche alle lamentele dei ricercatori, istituendo il Consiglio Europeo della Ricerca. Ma -concretamente- in quali settori della ricerca investirete nei prossimi anni? Abbiamo nove priorità tematiche. Ma non è tutto. Lo stesso Consiglio europeo della Ricerca stabilirà in quali aree investire. Saranno i ricercatori a farlo. Il 20% del budget sarà inoltre destinato ai programmi che supportano la formazione dei ricercatori o le infrastrutture per la ricerca. Tra le nostre priorità generali annoveriamo numerosi settori: salute, agricoltura, biotech, information technology, nanotecnologie, energia, ambiente, trasporti e -per la prima volta- la sicurezza e lo spazio. Lei cita l'energia, un tema caldo di queste settimane: dove concentrerete i vostri sforzi? Nel settore energetico il nostro approccio è quello di favorire un mix di tutte le fonti, con un'attenzione all'ambiente e alla sostenibilità. Parliamo di carbone pulito, ad esempio. Sviluppiamo molto anche la ricerca con l'idrogeno e le fonti rinnovabili, nonché con il progetto ITER sulla fusione nucleare. Le note dolenti. Troppi ricercatori italiani ed europei lasciano il proprio Paese o rinunciano ad una carriera per mancanza di prospettive? Cosa fa l'Europa per evitarlo? E' vero. Dobbiamo però stare attenti a non mischiare questo problema con la libera circolazione e la mobilità degli scienziati. Tuttavia, sulla fuga dei cervelli l'Europa non può sostituirsi agli Stati membri o alle università. L'Europa investe solo il 5% dei fondi pubblici per la ricerca. Intendiamo comunque aiutare gli Stati membri a cambiare, anche attraverso la Carta Europea dei Ricercatori, che sta già producendo risultati. Centrerete l'obiettivo del 3% del PIL in investimenti per la ricerca entro il 2010? L'obiettivo del 3% non è mai stato considerato come un target per tutti i Paesi. Si riferisce alla media europea. Ci sono Paesi come Finlandia e Svezia già sopra questa percentuale. E ci sono altri Paesi, come quelli del sud Europa, che registrano anche percentuali inferiori al mezzo punto percentuale sul PIL. Ma il 3% rappresenta solo un indicatore. Aggiungo che -approssimativamente- i due terzi dei finanziamenti per la ricerca dovrebbero arrivare dal settore privato. Ma per attirare questi investimenti dobbiamo creare le condizioni giuste. Nei programmi nazionali su Lisbona abbiamo letto molti impegni: ora occorre un'azione politica. Se anche entro il 2010 non raggiungessimo il 3%... beh, dobbiamo almeno muoverci. Possiamo puntare al 2,7%. E' deluso dai bassi investimenti dell'Italia in ricerca? L'Italia in questo momento spende troppo poco, ma punta a raggiungere il 2,5% del Pil entro il 2010. Se l'impegno verrà mantenuto, penso che la situazione potrà cambiare. Milano, 5/4/2006 |
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Janez Potocnik, Commissario Europeo alla Scienza e alla Ricerca |
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