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Journal for Interdisciplinary and Cross-Cultural Studies

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LE COMUNITÀ VIRTUALI IN ITALIA: ALCUNE RIFLESSIONI
 
(ITALIAN VIRTUAL COMMUNITIES: SOME OBSERVATIONS)
 
Paolo Dell'Aquila
Università di Bologna
E-mail: pdaquila@mbox.theo.it
http://www.theo.it/pdaquila/welcome.htm

Abstract
In this paper, I analyse the Italian landscapes of "virtual communities", trying to focus on new models of organization. I criticize the post-structuralistic point of view on cyberspace (Baudrillard, Scheer, Breton, Virilio,...), because they interpret new media as extensions of TV and of old media, and moreover because they analyse only the communication flow (not the subject who can always decoding and recoding messages). I adopt the concept of "connective intelligence" (de Kerckhove) and study virtual groups also as forms of "intelligence collective" (Lévy), in which global and local dimensions are strictly intercoupled. I analyse how a virtual community must be structured to face the complexity and contingency of cyberspace, creating boundaries between internal interactions and external disorder. I distinguish non-structured groups from the structured ones: telematic associations which have a common goal and an organised structure. The analysis in the Italian context seems to demonstrate the need for connecting virtual structure (and global dimension) with a minimum level of personal acquaintance, in order to link formal and informal structure. I try to demonstrate that in telematic associations identity is not a "satured self" (Gergen) or "a multiple playing self", as in MUD or in IRC (see Stone, Turkle); in these realities, self is always multiple, but there is a common goal and a common ethos, which can offer a source for identification. Besides, some associations can become lobbies to express istances of civil society, particularly for local authorities. The process of "glocalism" inspire the creation of several groups, composed by persons who know themselves and develop permanent public debates (see, for istance, some Free-net). So we can say that such consumption rituals generate more intelligent persons and communities.

Key words: virtual communities, cyberspace, postmodernism, information society, free-net.

      In Italia lo sviluppo di Internet è un fatto ancora molto recente, anche se in rapida espansione. Il panorama dei gruppi o “comunità virtuali” 1   è quindi ancora molto limitato, pur se cominciano ad affiorare dei nuclei più consistenti, cui faremo riferimento  2  a fini didattici.
      La società comunicazionale [Cipolla 1997], privilegiando la logica dell'immagine, favorisce la genesi di una molteplicità di tribù, caratterizzate da look, luoghi di ritrovo e costumi condivisi (si pensi ai gruppi di tifosi, alle bande giovanili, ecc.). Tra queste forme di consumo "attivo" possiamo annoverare anche i gruppi telematici, formati da utenti che si aggregano intorno a temi specifici (dalla fantascienza al rock alla politica). Le comunità virtuali sono insiemi di persone che, scambiandosi messaggi di posta elettronica (in liste o gruppi di discussione), chiacchierando in simultanea (tramite IRC) o facendo giochi di ruoli (MUD) sviluppano legami più o meno stabili e duraturi, fondati su interessi comuni [Shields (ed.) 1995; Metitieri e Manera 1997].
      Troppo spesso, invece, l’attenzione del navigatore è rivolta al World Wide Web, con le sue attraenti interfacce grafiche, l’apparato multimediale, ecc., e molti hanno l’impressione che Internet non sia altro che una TV interattiva, un po’ più complessa ed attraente. Le teorie degli scrittori “apocalittici” [Baudrillard 1990; Scheer 1997; Virilio 1995] vedono il ciberspazio come il trionfo della cultura della simulazione e come un tecnopolio [Postman 1993] che punterebbe alla produzione indifferenziata di informazione ed alla disintegrazione del soggetto.
      I vari filoni di analisi oggi disponibili forse trascurano troppo il tema delle comunità virtuali e descrivono Internet come luogo dell'artificialità, come rizoma o labirinto proliferante privo di una direzionalità predefinita [Deleuze e Guattari 1980]. Occorre invece recuperare il senso dell’azione sociale, capire il vissuto e le formazioni cui i cibernauti riescono a dare origine. Così facendo essi enfatizzano la valenza della comunicazione pura, adottando un “paradigma comunicativo” [Cipolla 1997: 454 e sgg.], che sottovaluta il vissuto ed i mondi vitali degli utenti [cfr. Ardigò 1988; Mazzoli e Boccia Artieri 1994].
      Nel ciberspazio si generano nuove tribù in contesti virtuali. Con quest’ultimo termine si designa il fatto che in questi ambienti le esperienze divengono sempre contingenti, ossia possibili altrimenti: possono presentarsi sotto altre forme, in altri tempi o luoghi [Luhmann 1990; Luhmann e De Giorgi 1994]. Mai come nel ciberspazio è evidente che tutte le esperienze sono reversibili, possono di volta in volta dar luogo a selezioni di complessità differenti e mutanti [Boccia Artieri 1998]. Per esemplificare, facciamo notare che molte conversazioni in IRC o sessioni nei MUD rimangono spesso incontri casuali fra sé anonimi che magari dopo poco tempo si ricreano nuove identità virtuali ed iniziano interazioni completamente diverse da quelle precedenti.
      Di fronte a questa instabilità delle forme sociali molti comportamenti possono essere adottati. Uno dei primi è la netiquette, un insieme di regole di base perché la comunicazione non degeneri. È molto frequente, infatti, lo scoppio di battibecchi o di altri comportamenti asociali che possono distruggere una comunità virtuale. Per questo occorre darsi delle norme per assicurare la pacifica convivenza.
      Alcune associazioni giungono a strutturarsi fortemente proprio per selezionare la complessità della comunicazione. Città Invisibile  3 , per esempio, si è data un'assemblea telematica (la mailing list Progo), che elegge i membri del coordinamento ed il Collegio dei Probiviri, organo deputato ad intervenire per dirimere le vertenze ed applicare le sanzioni, assicurando il rispetto delle regole. In tal modo l’interazione telematica viene strutturata e si gestisce meglio l’eccedenza della complessità dello spazio virtuale [Picci 1998].
      Il problema è proprio quello di capire in che forme le comunità virtuali italiane riescano ad organizzarsi ed ad affrontare la sfida che proviene dal processo di astrazione crescente. Spesso la letteratura [Rheingold 1994; Beamish 1995] ritiene che sia sufficiente partecipare a dibattiti pubblici e sviluppare delle relazioni interpersonali per creare delle entità siffatte. Secondo le interpretazioni ottimistiche di Rheingold, il capitale di conoscenze condivise ed il senso di comunione sociale riuscirebbero a generare delle agorà elettroniche, che riaprirebbero spazi pubblici di confronto. Qui però andrebbero fatte delle distinzioni forti, perché una cosa è un sistema di teleconferenze come il WELL o la Rete Civica Milanese o Iperbole  4  ed un’altra cosa sono i giochi di ruolo ed i canali IRC, dove si rimane anonimi.
      Oggi le tecnologie permettono di creare degli avatar virtuali, ossia dei doppi con i quali le persone possono travestirsi ed interagire con gli altri in molti modi. C'è chi considera i sé elettrici quasi dei cyborg [Stone 1995] e parla di nascita di nuove forme di tecnosocialità [Aa.Vv. 1996]. Secondo Maffesoli [1988, 1993], le reti telematiche permettono l’emergere di gruppi distaccati dai tradizionali legami spazio-temporali e fondati sull’empatia, su un forte senso di condivisione emozionale, sull’affinità intellettuale. In essi cambia la “geografia situazionale” della vita sociale [Meyrowitz 1993] ed i sé interagiscono in uno spazio deterritorializzato mettendo in scena dei “personaggi” che recitano di fronte ad un pubblico anonimo [Goffman 1969; Garavini (a cura di) 1997]. Il ciberspazio diviene spesso il palcoscenico per creare delle identità fittizie con cui i soggetti deboli si divertono a chiacchierare ed a giocare, generando però delle comunità spesso instabili e fittizie [Mantovani 1995].
      Le reti socio-telematiche si caratterizzano in quanto basate sui seguenti concetti: “1) di temporalità come contemporaneità... 2) di spazialità come a-spazialità, come no sense of place”; 3) di comunicazione come metacomunicazione, ossia esaltazione dell’aspetto relazionale del messaggio, di natura aggregante e di maggiore carico emozionale” [Mazzoli e Boccia Artieri 1995: 131].
      Da queste forme di tecnosocialità dobbiamo però distinguere le associazioni virtuali, che sono gruppi auto-organizzati in base a fini da loro liberamente scelti, con ruoli e regole. Non è detto che debbano divenire associazioni formali vere e proprie: essi comunque si strutturano per gestire meglio il flusso comunicativo esterno.
      Queste formazioni sociali possono, a nostro avviso, superare i limiti tradizionali della tecnosocialità, in quanto non vivono nell’istante eterno, in una “cultura del sentimento” che può dileguarsi da un momento all’altro [Maffesoli 1993; Dell'Aquila 1997], ma rimangono “sistemi relazionali a confini variabili” [Donati 1991], i cui obiettivi sono spesso non materiali ma simbolici. Peacelink o Isole nella Rete rappresentano dei casi di volontariato i cui partecipanti operano proprio perché spinti da un forte senso di identificazione e da una volontà di perseguire un “bene comune” come la pace o la controinformazione 5  .
      Naturalmente le associazioni telematiche possono strutturarsi in modo maggiore o minore. Pegacity  6 , ad esempio, si sviluppa soprattutto come città virtuale in cui ogni partecipante può pubblicare una propria pagina web; non mancano tuttavia anche alcune mailing list ed un server IRC. Questa associazione si caratterizza soprattutto per i fini ludici e si organizza in una molteplicità di quartieri a tema, governati da un consiglio comunale, dagli assessori e dal sindaco.
      Anche Città Invisibile ha un proprio sito, ma opera soprattutto tramite liste di discussione. Si struttura in cinque Aree Funzionali (Amministrativa, Informazioni, Politiche, Servizi Informatici e Sociale), costituite da liste di discussione moderate da un membro del coordinamento ed in Commissioni (che possono essere create con petizioni di almeno tre soci).
      Sia Città Invisibile che Pegacity sono vere e proprie agorà telematiche, dotate di livelli differenziati, regolamenti e rappresentanti ufficiali. Sono quindi esempi di “collettivi intelligenti”, capaci di integrare gli apporti interindividuali e di sfruttare le competenze di tutti per dar vita a progetti sociali [Lévy 1996]. Grazie alla interattività ed alla capacità di selezionare ed incanalare il flusso informativo è possibile creare una “intelligenza collettiva” [De Kerckhove 1997] in cui i contributi individuali generano un precipitato di conoscenze e di interscambi: insomma una piccola “repubblica elettronica” [Grossman 1995].
      Di fronte a queste asserzioni alcuni potranno sorridere, sostenendo che “un forum tra mascherati, tra fantasmi […] non è, né può essere, un forum politico” [Maldonado 1997: 62]. In realtà l’evoluzione del ciberspazio italiano dimostra che le associazioni da virtuali tendono a trasformarsi in reali, cioè a creare legami di amicizia e momenti di incontro anche fuori dalla rete (basti pensare, ad esempio, ai “Plenum del Collettivo Immaginario” organizzati ogni anno da Città Invisibile, che sono ritrovi conviviali).
      Questa tendenza ad integrare la comunicazione telematica con l'amicizia "reale" (che si nutre di incontri fisici) è anche un effetto della globalizzazione della comunicazione che, portando alla “fine delle comunicazioni di massa” [Olivi e Somalvico 1997], genera una molteplicità di mondi diffusi, che rielaborano sui scala locale i panorami, le informazioni veicolati da Internet. La glocalizzazione [Robertson 1992; Boccia Artieri 1998] stimola la nascita di forme dialogiche eterogenee, di microculture che declinano codici simbolici generali su scala individuale.
      L’esperienza delle reti civiche (a partire da quelle milanese e bolognese) e di realtà come Città Invisibile dimostra infatti la necessità di creare delle comunità che rappresentino delle federazioni di associazioni anche reali, dei centri di servizio che connettano gruppi di persone in grado di confrontarsi pure su un territorio fisico. Vi sono quindi autori che sottolineano fortemente come le nuove tecnologie permettano la “ricostruzione virtuale” di città reali, divisi in quartieri ed uniti sia da legami di convivialità che da issue locali.
       Doheny-Farina [1996] ed altri [Casalegno e Kavanaugh 1998] portano avanti l’idea dei Neigh-Net (Neighborhood Networks) le reti di quartiere che riedificano i tessuti sociali della città, divenendo l’ossatura delle reti civiche.
       La nascente “cultura della profondità” [De Kerckhove 1993] ci porta a problematizzare maggiormente le informazioni, ci ridà la coscienza di vivere in un sistema sociale in interazione con altri ambienti, favorendo la nascita di un policulturalismo, di intelligenze “critiche” e congruenti a contesti individuati. Per incidere sulla realtà sociale occorre però che i soggetti telematici sappiano anche costruirsi un’articolazione tradizionale, off line e single issue. Una teleorganizzazione deve infatti tessere anche una rete di rapporti informali che le consentano di entrare ad operare in contesti specifici, determinando anche differenziazioni al suo interno e sotto-fini organizzativi [Picci 1998]. Proprio la natura fortemente interattiva del ciberspazio può incoraggiare la crescita di associazioni dotate di un'articolazione differenziata, in grado di rispondere alla pluralità di stimoli che provengono dal loro ambiente.
      In questo modo (convenzionandosi ad esempio con organizzazioni tradizionali) la teleorganizzazione potrà adottare una “politica molecolare”, a piccoli gruppi di lavoro legati da connessioni trasversali ed operanti sui singoli problemi. Una futura repubblica elettronica si comporrà di tante piccole associazioni che si autogoverneranno e proporranno all’attenzione dell’opinione pubblica temi e risposte, magari di grande interesse per una o più reti civiche [Schuler 1996; Rodotà 1997].
       Questo comporta anche un cambiamento nella personalità del “netizen”, che non sarà più un sé saturo [Gergen 1991], scisso in una molteplicità di identità virtuali, ma un cittadino multidimensionale, capace di trovare nuove identificazioni nella realtà associativa e nel contesto locale. Potrà emergere, in prospettiva, un “protean self” [Lifton 1993], in grado di mantenere un rapporto anche con il suo mondo della vita. Il “nomadismo spirituale” [Tagliagambe 1997] del navigatore del ciberspazio condurrà alla ricerca delle proprie radici, di contesti (anche piccoli) di identificazione e di strutturazione dell’io. Questo nuovo attore sociale avrà probabilmente un’identità più stabile ma sarà anche capace di autogestirsi personalizzando il proprio apporto ai processi collettivi.

Riferimenti bibliografici
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Beamish A. (1995), Communities On-Line, tesi di Ph.D. disponibile all’indirizzo http://alberti.mit.edu/arch/4.207/anneb/thesis/toc.html.
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Virilio P. (1995), La vitesse de libération, Galilée, Paris.
 

Notes:
1. Il concetto stesso di “comunità virtuale” è contraddittorio rispetto alla definizione “classica” di comunità (di Tönnies). Continuiamo ad usare questo termine (ormai penetrato anche nel lessico sociologico) sapendo però che oggi le comunità sono network relazionali a confini deboli e sfumati [Donati 1991; Cipolla 1997; Stagni 1998]. back
2. Naturalmente in questo articolo abbiamo operato una selezione delle realtà citate che probabilmente scontenterà qualcuno.  back
3. Città Invisibile ha un proprio sito web all'indirizzo http://www.citinv.it, dove sono disponibili lo statuto, le delibere e vari documenti sulla storia dell'associazione. back
4. Cfr. i loro siti web presso i rispettivi indirizzi: http://wrcm.usr.dsi.unimi.it/ per Milano e http://www.comune.bologna.it/bologna/ per Bologna. back
5. Si possono vedere, a questo proposito, i siti di Peacelink all'indirizzo http://www.peacelink.it e quello di Isole nella rete all'indirizzo http://www.ecn.org. back
6. Cfr. il suo sito web presso l'URL http://www.pegacity.it.  back