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Abstract
In this paper, I analyse the Italian landscapes of "virtual communities",
trying to focus on new models of organization. I criticize the post-structuralistic
point of view on cyberspace (Baudrillard, Scheer, Breton, Virilio,...),
because they interpret new media as extensions of TV and of old media,
and moreover because they analyse only the communication flow (not the
subject who can always decoding and recoding messages). I adopt the concept
of "connective intelligence" (de Kerckhove) and study virtual groups also
as forms of "intelligence collective" (Lévy), in which global and
local dimensions are strictly intercoupled. I analyse how a virtual community
must be structured to face the complexity and contingency of cyberspace,
creating boundaries between internal interactions and external disorder.
I distinguish non-structured groups from the structured ones: telematic
associations which have a common goal and an organised structure. The analysis
in the Italian context seems to demonstrate the need for connecting virtual
structure (and global dimension) with a minimum level of personal acquaintance,
in order to link formal and informal structure. I try to demonstrate that
in telematic associations identity is not a "satured self" (Gergen) or
"a multiple playing self", as in MUD or in IRC (see Stone, Turkle); in
these realities, self is always multiple, but there is a common goal and
a common ethos, which can offer a source for identification. Besides, some
associations can become lobbies to express istances of civil society, particularly
for local authorities. The process of "glocalism" inspire the creation
of several groups, composed by persons who know themselves and develop
permanent public debates (see, for istance, some Free-net). So we can say
that such consumption rituals generate more intelligent persons and communities.
Key words: virtual communities, cyberspace, postmodernism, information society, free-net.
In Italia lo sviluppo di Internet è
un fatto ancora molto recente, anche se in rapida espansione. Il panorama
dei gruppi o “comunità virtuali” 1
è quindi ancora molto limitato, pur se cominciano ad affiorare dei
nuclei più consistenti, cui faremo riferimento 2
a fini didattici.
La società comunicazionale [Cipolla
1997], privilegiando la logica dell'immagine, favorisce la genesi di una
molteplicità di tribù, caratterizzate da look, luoghi di
ritrovo e costumi condivisi (si pensi ai gruppi di tifosi, alle bande giovanili,
ecc.). Tra queste forme di consumo "attivo" possiamo annoverare anche i
gruppi telematici, formati da utenti che si aggregano intorno a temi specifici
(dalla fantascienza al rock alla politica). Le comunità virtuali
sono insiemi di persone che, scambiandosi messaggi di posta elettronica
(in liste o gruppi di discussione), chiacchierando in simultanea (tramite
IRC) o facendo giochi di ruoli (MUD) sviluppano legami più o meno
stabili e duraturi, fondati su interessi comuni [Shields (ed.) 1995; Metitieri
e Manera 1997].
Troppo spesso, invece, l’attenzione
del navigatore è rivolta al World Wide Web, con le sue attraenti
interfacce grafiche, l’apparato multimediale, ecc., e molti hanno l’impressione
che Internet non sia altro che una TV interattiva, un po’ più complessa
ed attraente. Le teorie degli scrittori “apocalittici” [Baudrillard 1990;
Scheer 1997; Virilio 1995] vedono il ciberspazio come il trionfo della
cultura della simulazione e come un tecnopolio [Postman 1993] che punterebbe
alla produzione indifferenziata di informazione ed alla disintegrazione
del soggetto.
I vari filoni di analisi oggi disponibili
forse trascurano troppo il tema delle comunità virtuali e descrivono
Internet come luogo dell'artificialità, come rizoma o labirinto
proliferante privo di una direzionalità predefinita [Deleuze e Guattari
1980]. Occorre invece recuperare il senso dell’azione sociale, capire il
vissuto e le formazioni cui i cibernauti riescono a dare origine. Così
facendo essi enfatizzano la valenza della comunicazione pura, adottando
un “paradigma comunicativo” [Cipolla 1997: 454 e sgg.], che sottovaluta
il vissuto ed i mondi vitali degli utenti [cfr. Ardigò 1988; Mazzoli
e Boccia Artieri 1994].
Nel ciberspazio si generano nuove tribù
in contesti virtuali. Con quest’ultimo termine si designa il fatto che
in questi ambienti le esperienze divengono sempre contingenti, ossia possibili
altrimenti: possono presentarsi sotto altre forme, in altri tempi o luoghi
[Luhmann 1990; Luhmann e De Giorgi 1994]. Mai come nel ciberspazio è
evidente che tutte le esperienze sono reversibili, possono di volta in
volta dar luogo a selezioni di complessità differenti e mutanti
[Boccia Artieri 1998]. Per esemplificare, facciamo notare che molte conversazioni
in IRC o sessioni nei MUD rimangono spesso incontri casuali fra sé
anonimi che magari dopo poco tempo si ricreano nuove identità virtuali
ed iniziano interazioni completamente diverse da quelle precedenti.
Di fronte a questa instabilità
delle forme sociali molti comportamenti possono essere adottati. Uno dei
primi è la netiquette, un insieme di regole di base perché
la comunicazione non degeneri. È molto frequente, infatti, lo scoppio
di battibecchi o di altri comportamenti asociali che possono distruggere
una comunità virtuale. Per questo occorre darsi delle norme per
assicurare la pacifica convivenza.
Alcune associazioni giungono a strutturarsi
fortemente proprio per selezionare la complessità della comunicazione.
Città Invisibile 3 ,
per esempio, si è data un'assemblea telematica (la mailing list
Progo), che elegge i membri del coordinamento ed il Collegio dei Probiviri,
organo deputato ad intervenire per dirimere le vertenze ed applicare le
sanzioni, assicurando il rispetto delle regole. In tal modo l’interazione
telematica viene strutturata e si gestisce meglio l’eccedenza della complessità
dello spazio virtuale [Picci 1998].
Il problema è proprio quello
di capire in che forme le comunità virtuali italiane riescano ad
organizzarsi ed ad affrontare la sfida che proviene dal processo di astrazione
crescente. Spesso la letteratura [Rheingold 1994; Beamish 1995] ritiene
che sia sufficiente partecipare a dibattiti pubblici e sviluppare delle
relazioni interpersonali per creare delle entità siffatte. Secondo
le interpretazioni ottimistiche di Rheingold, il capitale di conoscenze
condivise ed il senso di comunione sociale riuscirebbero a generare delle
agorà elettroniche, che riaprirebbero spazi pubblici di confronto.
Qui però andrebbero fatte delle distinzioni forti, perché
una cosa è un sistema di teleconferenze come il WELL o la Rete Civica
Milanese o Iperbole 4
ed un’altra cosa sono i giochi di ruolo ed i canali IRC, dove si rimane
anonimi.
Oggi le tecnologie permettono di creare
degli avatar virtuali, ossia dei doppi con i quali le persone possono travestirsi
ed interagire con gli altri in molti modi. C'è chi considera i sé
elettrici quasi dei cyborg [Stone 1995] e parla di nascita di nuove forme
di tecnosocialità [Aa.Vv. 1996]. Secondo Maffesoli [1988, 1993],
le reti telematiche permettono l’emergere di gruppi distaccati dai tradizionali
legami spazio-temporali e fondati sull’empatia, su un forte senso di condivisione
emozionale, sull’affinità intellettuale. In essi cambia la “geografia
situazionale” della vita sociale [Meyrowitz 1993] ed i sé interagiscono
in uno spazio deterritorializzato mettendo in scena dei “personaggi” che
recitano di fronte ad un pubblico anonimo [Goffman 1969; Garavini (a cura
di) 1997]. Il ciberspazio diviene spesso il palcoscenico per creare delle
identità fittizie con cui i soggetti deboli si divertono a chiacchierare
ed a giocare, generando però delle comunità spesso instabili
e fittizie [Mantovani 1995].
Le reti socio-telematiche si caratterizzano
in quanto basate sui seguenti concetti: “1) di temporalità come
contemporaneità... 2) di spazialità come a-spazialità,
come no sense of place”; 3) di comunicazione come metacomunicazione, ossia
esaltazione dell’aspetto relazionale del messaggio, di natura aggregante
e di maggiore carico emozionale” [Mazzoli e Boccia Artieri 1995: 131].
Da queste forme di tecnosocialità
dobbiamo però distinguere le associazioni virtuali, che sono gruppi
auto-organizzati in base a fini da loro liberamente scelti, con ruoli e
regole. Non è detto che debbano divenire associazioni formali vere
e proprie: essi comunque si strutturano per gestire meglio il flusso comunicativo
esterno.
Queste formazioni sociali possono, a
nostro avviso, superare i limiti tradizionali della tecnosocialità,
in quanto non vivono nell’istante eterno, in una “cultura del sentimento”
che può dileguarsi da un momento all’altro [Maffesoli 1993; Dell'Aquila
1997], ma rimangono “sistemi relazionali a confini variabili” [Donati 1991],
i cui obiettivi sono spesso non materiali ma simbolici. Peacelink o Isole
nella Rete rappresentano dei casi di volontariato i cui partecipanti operano
proprio perché spinti da un forte senso di identificazione e da
una volontà di perseguire un “bene comune” come la pace o la controinformazione
5 .
Naturalmente le associazioni telematiche
possono strutturarsi in modo maggiore o minore. Pegacity 6 ,
ad esempio, si sviluppa soprattutto come città virtuale in cui ogni
partecipante può pubblicare una propria pagina web; non mancano
tuttavia anche alcune mailing list ed un server IRC. Questa associazione
si caratterizza soprattutto per i fini ludici e si organizza in una molteplicità
di quartieri a tema, governati da un consiglio comunale, dagli assessori
e dal sindaco.
Anche Città Invisibile ha un
proprio sito, ma opera soprattutto tramite liste di discussione. Si struttura
in cinque Aree Funzionali (Amministrativa, Informazioni, Politiche, Servizi
Informatici e Sociale), costituite da liste di discussione moderate da
un membro del coordinamento ed in Commissioni (che possono essere create
con petizioni di almeno tre soci).
Sia Città Invisibile che Pegacity
sono vere e proprie agorà telematiche, dotate di livelli differenziati,
regolamenti e rappresentanti ufficiali. Sono quindi esempi di “collettivi
intelligenti”, capaci di integrare gli apporti interindividuali e di sfruttare
le competenze di tutti per dar vita a progetti sociali [Lévy 1996].
Grazie alla interattività ed alla capacità di selezionare
ed incanalare il flusso informativo è possibile creare una “intelligenza
collettiva” [De Kerckhove 1997] in cui i contributi individuali generano
un precipitato di conoscenze e di interscambi: insomma una piccola “repubblica
elettronica” [Grossman 1995].
Di fronte a queste asserzioni alcuni
potranno sorridere, sostenendo che “un forum tra mascherati, tra fantasmi
[…] non è, né può essere, un forum politico” [Maldonado
1997: 62]. In realtà l’evoluzione del ciberspazio italiano dimostra
che le associazioni da virtuali tendono a trasformarsi in reali, cioè
a creare legami di amicizia e momenti di incontro anche fuori dalla rete
(basti pensare, ad esempio, ai “Plenum del Collettivo Immaginario” organizzati
ogni anno da Città Invisibile, che sono ritrovi conviviali).
Questa tendenza ad integrare la comunicazione
telematica con l'amicizia "reale" (che si nutre di incontri fisici) è
anche un effetto della globalizzazione della comunicazione che, portando
alla “fine delle comunicazioni di massa” [Olivi e Somalvico 1997], genera
una molteplicità di mondi diffusi, che rielaborano sui scala locale
i panorami, le informazioni veicolati da Internet. La glocalizzazione [Robertson
1992; Boccia Artieri 1998] stimola la nascita di forme dialogiche eterogenee,
di microculture che declinano codici simbolici generali su scala individuale.
L’esperienza delle reti civiche (a partire
da quelle milanese e bolognese) e di realtà come Città Invisibile
dimostra infatti la necessità di creare delle comunità che
rappresentino delle federazioni di associazioni anche reali, dei centri
di servizio che connettano gruppi di persone in grado di confrontarsi pure
su un territorio fisico. Vi sono quindi autori che sottolineano fortemente
come le nuove tecnologie permettano la “ricostruzione virtuale” di città
reali, divisi in quartieri ed uniti sia da legami di convivialità
che da issue locali.
Doheny-Farina [1996] ed altri
[Casalegno e Kavanaugh 1998] portano avanti l’idea dei Neigh-Net (Neighborhood
Networks) le reti di quartiere che riedificano i tessuti sociali della
città, divenendo l’ossatura delle reti civiche.
La nascente “cultura della profondità”
[De Kerckhove 1993] ci porta a problematizzare maggiormente le informazioni,
ci ridà la coscienza di vivere in un sistema sociale in interazione
con altri ambienti, favorendo la nascita di un policulturalismo, di intelligenze
“critiche” e congruenti a contesti individuati. Per incidere sulla realtà
sociale occorre però che i soggetti telematici sappiano anche costruirsi
un’articolazione tradizionale, off line e single issue. Una teleorganizzazione
deve infatti tessere anche una rete di rapporti informali che le consentano
di entrare ad operare in contesti specifici, determinando anche differenziazioni
al suo interno e sotto-fini organizzativi [Picci 1998]. Proprio la natura
fortemente interattiva del ciberspazio può incoraggiare la crescita
di associazioni dotate di un'articolazione differenziata, in grado di rispondere
alla pluralità di stimoli che provengono dal loro ambiente.
In questo modo (convenzionandosi ad
esempio con organizzazioni tradizionali) la teleorganizzazione potrà
adottare una “politica molecolare”, a piccoli gruppi di lavoro legati da
connessioni trasversali ed operanti sui singoli problemi. Una futura repubblica
elettronica si comporrà di tante piccole associazioni che si autogoverneranno
e proporranno all’attenzione dell’opinione pubblica temi e risposte, magari
di grande interesse per una o più reti civiche [Schuler 1996; Rodotà
1997].
Questo comporta anche un cambiamento
nella personalità del “netizen”, che non sarà più
un sé saturo [Gergen 1991], scisso in una molteplicità di
identità virtuali, ma un cittadino multidimensionale, capace di
trovare nuove identificazioni nella realtà associativa e nel contesto
locale. Potrà emergere, in prospettiva, un “protean self” [Lifton
1993], in grado di mantenere un rapporto anche con il suo mondo della vita.
Il “nomadismo spirituale” [Tagliagambe 1997] del navigatore del ciberspazio
condurrà alla ricerca delle proprie radici, di contesti (anche piccoli)
di identificazione e di strutturazione dell’io. Questo nuovo attore sociale
avrà probabilmente un’identità più stabile ma sarà
anche capace di autogestirsi personalizzando il proprio apporto ai processi
collettivi.
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Notes:
1. Il concetto stesso di “comunità virtuale”
è contraddittorio rispetto alla definizione “classica” di comunità
(di Tönnies). Continuiamo ad usare questo termine (ormai penetrato
anche nel lessico sociologico) sapendo però che oggi le comunità
sono network relazionali a confini deboli e sfumati [Donati 1991; Cipolla
1997; Stagni 1998]. back
2. Naturalmente in questo articolo abbiamo operato
una selezione delle realtà citate che probabilmente scontenterà
qualcuno. back
3. Città Invisibile ha un proprio sito web
all'indirizzo http://www.citinv.it, dove sono disponibili lo statuto, le
delibere e vari documenti sulla storia dell'associazione. back
4. Cfr. i loro siti web presso i rispettivi indirizzi:
http://wrcm.usr.dsi.unimi.it/ per Milano e http://www.comune.bologna.it/bologna/
per Bologna. back
5. Si possono vedere, a questo proposito, i siti
di Peacelink all'indirizzo http://www.peacelink.it e quello di Isole nella
rete all'indirizzo http://www.ecn.org. back
6. Cfr. il suo sito web presso l'URL http://www.pegacity.it.
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