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MARIO LUZI

(1914)


ALLA MADRE

Forse, infranto il mistero, nel chiarore
del mio ricordo un'ombra apparirai,
un nonnulla vestito di dolore.
Tu, non diversa, tu come non mai:

solo il paesaggio muterà colore.
In un nembo di cenere e di sole
identica, ma prossima al candore
del cielo passerai senza parole.

Io ti vedrò sussistere nel vago
degli sguardi serali, nel ritardo
dei fuochi che si spengono in un ago
di luce rossa a cui trema lo sguardo.


LABILITÀ

Propiziata da oscuri incanti e troppo
dolore, mi venivi incontro, uscivi
rapida dalla vista fra le piante
nebbiose della sera.
Un lampo, quasi un'alba sempre attesa.
Poi restava la luce
della tristezza, io solo e la città
con le nubi anorate agli acroteri,
le orifiamme sopite dentro il cielo.
E con l'intensa opacità d'un suono,
d'una serpe di suoni fruscianti
e morti un io deciso s'estingueva
in echi innumerevoli, in figure.


Da Un brindisi, Sansoni, Firenze, 1946.


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