Capitolo 57: Illuminare l’Oscurità

 

Sopra l’ampia Foresta in cui i sei Arvenauti erano intrappolati, diversi spettatori seguivano i movimenti di coloro che ancora non avevano combattuto.

“Miei signori”, esordì ad un tratto un Senku, “un altro dei Viaggiatori si sta avvicinando ad uno dei Jinma, sembra che sia prossimo a colui che ha nome Homaru, il Cieco Devastatore”, spiegò il soldato di Tenkia.

“Chi si sta avvicinando a questo Cieco Devastatore?”, domandò prontamente Odisseus, preoccupato per i propri compagni, “L’uomo con il volto coperto da una lunga benda”, rispose il soldato, indicando Argos, che si dirigeva con passo svelto verso delle ampie querce secolari, che già lo coprivano con la loro ombra.

“Chi è il suo nemico?”, domandò allora il Navigatore. Subito il soldato si voltò verso le due divinità che osservavano il dialogo e che gli risposero con un gesto d’approvazione, “Il nemico è Homaru, un uomo dalle elevate doti di percezione uditiva e tattile, che, dopo anni e anni passati addestrandosi nel potenziarsi per mezzo dell’Essenza, ha perso la luce degli occhi e, nell’oscurità è giunto presto anche con la mente, diventando folle nella propria cecità, tanto da massacrare un intero villaggio, cavando gli occhi a tutti coloro che lo abitavano. I poteri dell’Essenza hanno fatto di questo cieco un assassino potentissimo nei luoghi oscuri, dove la visibilità è minima e degli occhi normali sono più un peso che un guadagno”, concluse il Senku.

“Se sono gli occhi normali ad essere paralizzati dall’oscurità, lo stesso non varrà per quelli di Argos, mio amico e compagno in questo viaggio”, replicò con voce quieta Odisseus, osservando il Guardiano che entrava nella selva di querce.

 

Argos era infatti giunto all’immensa soglia delle querce, già le ombre gigantesche delle creature secolari lo coprivano, “Vedo nitidamente il mio nemico, o almeno distinguo con facilità la sua ombra che corre fra gli alberi, però, non so il perché, ma ho come la sensazione di finire in una trappola, o in qualcosa di molto simile”, pensò fra se il Guardiano, entrando nella maestosa distesa.

I passi dell’Arvenauta risuonavano cupi nella foresta, mentre le ombre erano già assorbite nell’accecante ombra del luogo.

“Benvenuto, Prigioniero dei Guardiani di Tenkia, e dei loro dei, forse dovrei essere meno violento nei tuoi confronti, ma, purtroppo per te, mio avversario, non mi è data voglia alcuna di dialogo, o di pacificazione con il nemico, solo l’immenso piacere e dovere di togliere la vita a chi mi trovo ad affrontare”, esordì ad un tratto una voce cupa, nascosta dalle ombre.

“Chi è là?”, domandò Argos, guardandosi con attenzione intorno, “Nessuno di cui ti sarà dato vedere il corpo, anzi, sono colui che ti toglierà per sempre la luce degli occhi, prima di spegnere il respiro della vita nel tuo corpo”, esclamò ancora la voce, prima che una figura si lanciasse contro il Guardiano.

Argos sollevò di scatto il proprio bastone e con quello parò un attacco portato da qualcuno con due lunghe lame, spingendolo contro il suo; l’assalitore, però, aveva un’agilità incredibile, infatti, appoggiandosi sul bordo di una delle sue lame, roteò sul proprio asse longitudinale, raggiungendo con un calcio il Guardiano, che bloccò il secondo assalto con il braccio destro, roteando sulla cinta, per poi raggiungere il nemico con una veloce spazzata della propria arma, con cui lo obbligò a staccarsi da terra di nuovo, impegnandolo in un altro salto, che lo allontanò dall’Arvenauta, lasciando atterrare al suolo, dopo due agili capriole.

“Chi sei tu?”, domandò a quel punto l’ex semidio, “Mi chiamo Homaru, il Cieco Devastatore, a detta di alcuni”, si presentò il Jinma, la cui figura si confondeva nell’oscurità. Era esile, privo di capelli, il capo, rasato, era appena visibile ed i lineamenti ben celati dalla poca luce dell’ampia boscaglia di querce, il volto era nascosto, ma Argos aveva già capito che non vi era alcuna luce negli occhi di quell’individuo, occhi spenti, per sempre, alla possibilità di rivedere qualsiasi colore o forma. Il corpo era confuso nella notte, coperto da un abito molto semplice, quasi una calzamaglia, che si legava al busto, alle gambe ed alle braccia, impedendo così di creare qualche fastidio ai suoi movimenti. Oltre questo vi erano poi dei segni sulle caviglie, segni di catene, gli stessi che probabilmente dovevano trovarsi sotto le due lame gemellari agganciate ai suoi polsi, due armi affilate che il Jinma guidava movendo le mani con cui le stringeva dalla parte non tagliente.

“Come può, un uomo cieco, sperare di raggiungermi? Solo aiutato dalla penombra, per di più”, si domandò il Guardiano, fermo dinanzi al nemico, “Non cercare di celare la tua paura e le preoccupazioni con paure ricche di una falsa sicurezza”, lo ammonì l’altro con decisione, “sento chiaramente il tuo cuore palpitare nel dubbio, i battiti che aumentano ad ogni mia parola, una parola che ti dimostra quanto sia veritiero il mio potere, un potere che permette di vederti senza gli occhi, che mi dà il dono di sentire ogni tuo respiro, di fiutare ogni tuo minimo profumo e di muovermi con un’agilità doppia rispetto agli uomini normali, tutto ciò abbinato alle mie due lame, che tante volte hanno reciso gli occhi ai loro nemici. Per di più, prigioniero delle divinità, percepisco che anche tu ti copri gli occhi, seppur, forse non perché cieco, ma solo perché pazzo”, ridacchiò con fare divertito l’altro.

“Le tue parole sono veritiere, sembri essere dotato di sensi superbi, se riesci a percepire tanti particolari di me, quindi non era errato il mio timore, ma, dato il tuo desiderio di sincerità, ti mostrerò parte del mio potere, legato alla vista, ma non quella semplice degli occhi che sono incastonati nel volto, bensì di altri occhi, incastonati in ben diversi luoghi, le braccia”, spiegò Argos, togliendosi il lungo soprabito.

“Come posso sentire ciò dalle orecchie?”, domandò a quel punto Homaru, “Sembra quasi che decine di occhi si siano aperti sulle sue braccia, mostrandosi a me e puntandomi con determinazione”, esclamò stupito il Jinma.

“Hai pienamente ragione, mio avversario, ciò che odi sono gli occhi rossi di Argos, una delle doti che mi furono date in tempi celesti e lasciate quando fui esiliato fra gli uomini”, replicò con fare deciso il Guardiano, sollevando il lungo bastone, mentre le braccia già brillavano per le pupille incastonatevi.

“Argos? Saresti tu l’essere dell’Oleampos composto da mille occhi? Sarà per me una grande impresa cavarteli tutti!”, incalzò infuriato Homaru, lanciandosi di nuovo all’attacco nell’oscurità delle querce, fra cui si nascose.

“Puoi correre quanto vuoi fra le querce, saltare e nasconderti come preferisci, i tuoi movimenti non mi interessano finché non ti avvicini, solo allora ti mostrerò la potenza di cui sono padrone, quello di precedere, quasi, i movimenti nemici, una volta compresi”, avvisò con voce quieta l’Arvenauta.

“Chissà se hai ragione!”, esclamò allora la voce del Jinma.

Homaru saltò fuori dal nulla, lanciandosi dall’alto contro Argos, ma questi non si lasciò cogliere di sorpresa e, sollevate le braccia, mentre già gli occhi rossi iniziavano a brillare, riuscì a bloccare i movimenti delle lame, ancora sul punto di essere mosse, con estrema velocità l’Arvenauta anticipò i movimenti del nemico, deviandone le braccia, pronte ad appoggiarsi al suolo, quindi cercò di colpirlo con una singola mazzata dall’alto verso il basso, che però fallì, dato un agile salto del Jinma, spostatosi indietro di un passo.

Il prigioniero di Smartash ed Anirva, però, non si fece indietro, anzi si lanciò di nuovo all’assalto dell’ex semidio, che, previsto il suo colpo da sinistra a destra, lo bloccò con il bastone, cercando poi di raggiungere con un calcio alla base del collo l’avversario, che però si abbassò appena in tempo per evitare il colpo e cercare di ferire il nemico con un taglio diagonale verso la gola, che solo l’arma di Argos riuscì a fermare, calando inesorabile contro la spalla di Homaru.

Con un veloce movimento, però, il Jinma roteò sulle proprie braccia, cercando di raggiungere con un calcio alle ginocchio l’Arvenauta, che evitò l’assalto con un salto, tentando poi di colpire l’avversario con la propria arma, al volto, ma il Cieco Distruttore evitò l’assalto scivolando via sul terreno.

Rimessosi in piedi, Homaru si fermò dinanzi al nemico, spostandosi dalla posizione di guardia. “Ti devo fare i miei complimenti, Argos, essere dai mille occhi. Sembra che la tua vista ti permetta di evitare ogni mio assalto in questa condizione di quasi completa ombra”, si complimentò il Jinma, “Ti ringrazio, Cieco Distruttore, anche tu sei abile. In pochi riescono a sostenere la velocità che riesco a sviluppare con questi occhi rossi, utilizzando un’agilità e delle doti di percezioni pari alle mie, anche la tua abilità non è da sottovalutare”, si congratulò l’Arvenauta.

“Grazie anche a te”, replicò allora Homaru, “ma mi chiedo che succederebbe se fossi io a vedere e tu quello nell’oscurità”, affermò con voce decisa il nemico, “Che intendi dire?”, domandò sorpreso Argos, “Che ora ti porterò nella mia oscurità, prendendo io il controllo della luce”, avvisò il Jinma, sollevando la mano sinistra verso l’alto, “ora vedrai il potere dato dalla conoscenza dell’Oscura Essenza!”, tuonò per concludere.

Un’esplosione partì dalla mano aperta al cielo, ma era qualcosa di indescrivibile, sembrava un’emissione di opacità e notte, tutto ciò che poteva definirsi privo di colore e luminosità era niente in confronto all’oscurità che stava sorgendo da quel palmo di mano, sollevandosi come una cupola sopra l’intera selva di querce, ricoprendole.

 

“Che succede in quella Foresta?”, domandò stupito Odisseus, che stava osservando quella battaglia, “Homaru ha deciso di usare tutto il suo potere, nella sua forma più devastante”, rispose sorpreso Marut, che osservava anche la lotta, “Che intendi dire, nobile Guardiano?”, incalzò il Navigatore.

“Ricordi le parole del Senku, Viaggiatore? Costui è giunto all’Oscurità, perdendo la luce ed affogando nella follia data dalla cecità, ebbene in quella follia ha trovato il modo per ritrovare per alcuni attimi la vista, in una dimensione tutta sua, una dimensione in cui la luce è oscurità ed i colori sono il nero più cupo. Persino io ed Awr’ien siamo stati messi in difficoltà da quella tecnica, quando abbiamo avuto l’ordine di catturare quel Jinma”, spiegò il Guardiano del Tai, “ora anche il tuo compagno di viaggio dalla natura celeste è in pericolo di vita, poiché tutti i suoi occhi gli saranno inutili in quella oscurità”, concluse, mentre osservava l’immensa cupola nera che aveva circondato quella zona di Foresta.

 

Argos era intanto sbalordito per quello che era successo intorno a lui. Gli alberi, prima di un bel verde acceso, celati dalle ampie ombre, erano ora scomparsi in un’immensa oscurità, una notte terribile copriva tutto in quel momento, il Guardiano riusciva nemmeno a scorgere le sue stesse mani, o il bastone che sapeva di impugnare con il tatto.

“Ti sento sorpreso, il tuo cuore batte con forza, forse è paura la tua, Argos dai mille occhi?”, domandò con voce sicura Homaru, la cui figura ora nemmeno si distingueva in quella notte eterna, “Sei per caso preoccupato? Dovresti, i miei sensi non si sono minimamente indeboliti ed ad essi è ora unita una vista senza pari, mille volte più potente di quella di qualsiasi uomo o divinità, una vista che mi permette finalmente di vederti in tutta la tua figura, creatura dai tanti occhi, seppur senza poter distinguere il colore di quei tuoi fantomatici occhi rossi”, concluse con voce divertita il Jinma, prima di lanciarsi all’assalto.

Argos non vide avvicinarsi il nemico e solo quando questi era vicino a lui ne percepì la presenza, per l’odore ed il respiro che su lui si appoggiava, poi sentì un forte dolore al petto, un dolore terribile, provocato da due profondi tagli all’altezza della cassa toracica, subito seguiti da un veloce calcio al mento e da un secondo in piena fronte, che buttò al suolo l’ex semidio.

“Come ti sembra la battaglia adesso? Siamo ancora così pari? Oppure incominci a capire la tua posizione? Sei tu ora il cieco”, minacciò Homaru, che si era allontanato dall’avversario.

“Non sono ancora cieco, mio abile nemico, seppur devo ammettere la mia sorpresa dinanzi a tale tecnica, però ti ricambierò il gesto, mostrandoti anch’io qualcosa che ti stupirà, una dote che solo un altro guerriero mi aveva costretto a rivelare prima di adesso, il possente Shiar, Guardiano della Nebbia sull’Isola di Midian”, ricordò Argos, togliendosi la lunga bandana e mostrando l’occhio verde e quello marrone.

I lunghi capelli chiari dell’Arvenauta si disposero sulle sue spalle, “Quelli sono occhi, vero? Speri di potermi vedere solo perché ora ne hai molti in più aperti?”, domandò allora Homaru, “No, non per questo, ma bensì per la natura di questi occhi bianchi, capaci di distinguere tutto, persino gli alberi e le foglie che sono ora sparse al suolo, in questa oscurità tanto tetra, che adesso è per me di nuovo chiara come il giorno”, rispose l’ex semidio.

“Sembri avere dei poteri veramente grandiosi, seppur mi chiedo perché, se sei così forte, ti sei fatto catturare da quei due idioti di Guardiani”, replicò con tono critico il Jinma, “Perché non era mia intenzione dichiarar battaglia ai signori di questi luoghi, in cui sono giunto non per mia scelta, ma per la maledizione che un mio compagno ricevette dal divino Possidos”, rispose l’altro.

“Siete dunque tutti maledetti dagli dei dell’Oleampos? Avevate per caso intenzione di distruggerli? Magari torturandoli”, ridacchiò il Jinma, “No, al contrario, combattevamo per i nostri dei, per aiutare gli uomini che li adorano, la gente del regno di Aven, sacro a Possidos e Lutenia, impiegati in una guerra contro il popolo della Lutibia, un tempo sacro al dio Porian, ma ora, sembrerebbe, alleata con oscuri esseri, chiamati le Teste dell’Idra Nera”, rispose l’Arvenauta.

Homaru scoppiò in una risata divertita, “Voi, maledetti dagli dei, li servite e proteggete? Siete forse dei pazzi desiderosi di suicidarsi o che si odiano oltre ogni limite immaginabile? Penso che sia follia quella da voi compiuta”, concluse con tono critico il Jinma.

“La nostra non è follia. Io stesso, che per la mia incapacità fui giudicato degno di una terribile punizione, quale la perdita di alcuni occhi e l’esilio dal mondo divino, sono stato e sempre sarò fedele alla divina Lera ed al suo celeste sposo Urros. Per onorarli partii insieme agli altri sei, per amicizia continuai poi il viaggio, quando quella sembrava essere semplicemente una guerra fra mortali e per fedeltà agli dei che servo, adesso, che ho compreso che qualcosa di più grande si muove sotto queste che sembrano lotte mortali”, concluse Argos, con decisione, rimarcando ancora una volta la propria fedeltà agli dei che già un tempo lo avevano punito, ma che lui non avrebbe mai tradito.

“Sei uno stupido, Argos dai mille occhi, ed ora pagherai la tua follia. Non avresti mai dovuto entrare nel regno di Tenkia, così non avresti conosciuto l’Oscurità che acceca tutto e che io, Homaru, padroneggio”, tuonò il Jinma.

“No, Cieco Devastatore, non sono io lo stupido, ma tu che sei guidato dall’oscura follia che dici di governare. Le mie azioni sono luminose, come la luce che vedo sempre, luce che mi permette di accompagnare i miei compagni nelle diverse avventure che viviamo dalla nostra partenza, la stessa luce con cui illuminerò l’Oscurità”, replicò l’Arvenauta.

Il Jinma si lanciò contro il nemico, con un agile salto, ma questa volta l’Arvenauta lo distinse, notando i perfetti movimenti della sua capriola, bloccando con il lungo bastone le lame sulle sue braccia, ma venendo raggiunto da un calcio alla gola.

Homaru atterrò al suolo, scatenandosi subito in un taglio roteante con la lama sinistra sulla guancia destra dell’avversario, che però lo bloccò con estrema abilità l’attacco, spingendo al suolo il braccio alzato del Jinma, per poi raggiungerlo con un calcio diretto allo stomaco, facendolo barcollare indietro.

Argos roteò il bastone sopra il proprio capo, spostandolo così dietro la schiena e prese la mira contro il nemico con la mano sinistra che era libera, adesso, “Fatti avanti, Cieco Distruttore, ti attendo”, esclamò con tono di sfida l’ex semidio, “Arrivo”, tuonò in tutta risposta il Jinma, lanciandosi di nuovo all’assalto nell’oscurità profonda che li circondava.

Le lame cercarono di raggiungere il capo del nemico, che con agili movimenti si spostò, evitando ogni fendente, per poi lanciarsi all’assalto con il bastone, che quasi investì il volto del Jinma, colpendolo però alle spalle, giacché questi si era abbassato appena in tempo per evitare il primo bersaglio a cui era puntata l’arma avversa.

“Troppo poco”, ridacchiò Homaru, appoggiandosi sulla mano sinistra e cercando di colpire con la gamba destra il volto dell’avversario, che si allontanò con abilità dall’arto inferiore, senza immaginare che anche il braccio destro era puntato contro di lui, infatti, con estrema agilità il Jinma sollevò il braccio colpendo l’Arvenauta, su cui un nuovo taglio si aprì, all’altezza del petto, lasciandolo barcollare indietro.

Homaru, però, non si fermò, anzi si lanciò in un nuovo assalto, cercando di tagliare la gola, stavolta, del nemico, ma Argos fu più veloce e, chinatosi in avanti, raggiunse l’avversario allo stomaco con un potente colpo di bastone, che rigettò al suolo il Jinma, costringendolo a piegarsi a metà dal dolore.

“Forza, rialzati, Cieco Distruttore, il prossimo, penso proprio, sarà l’ultimo assalto”, tuonò con tono sicuro l’Arvenauta, spostando il bastone su ambo le mani sopra il capo, “Si, per me va bene, o morirò, o morirai”, sentenziò Homaru, sollevandosi sulle ginocchia e puntando ambo le lame nell’oscurità.

Il Jinma si lanciò contro il nemico con velocità, con le braccia che si chiudevano come un ventaglio contro il tronco di Argos. Il Guardiano chinò in quel momento il bastone, quando le affilate lame erano prossime al suo tronco, deviando la sinistra e subendo l’assalto destro, che si conficcò nel suo braccio, ma questo non fermò l’ex semidio, che con una veloce roteazione del polso sinistro colpì alla mascella Homaru facendolo roteare a mezz’aria, per poi raggiungerlo con una seconda mazzata alla nuca, che lo gettò al suolo ed investirlo, infine, con un ultimo impatto diretto al volto, che gli frantumò il naso. Argos riuscì a vedere, malgrado l’immane oscurità che li circondava, il sangue che scendeva copioso dalla nuova ferita del nemico.

L’ex semidio roteò il bastone, indietreggiando di alcuni passi, quindi, sollevata l’arma sopra il capo, la puntò contro il nemico ancora stordito, “Che i tuoi dei ti aiutino a trovare la luce nell’al di là, quella stessa luce che hai perso in questo mondo di mortali spoglie”, gli augurò il Guardiano, colpendolo poi con decisione al cranio e sentendo il sordo rumore delle ossa del collo che si frantumavano, provocando la morte di Homaru, il Cieco Devastatore, il cui cadavere cadde al suolo, mentre le gigantesche tenebre si avvolgevano come un mantello intorno alla carcassa senza vita, celandola agli occhi di tutti, persino di Argos.

 

Tutti coloro che osservavano dall’alto lo scontro, furono stupiti nel vedere la gigantesca cupola nera aprirsi all’improvviso, ma ancora maggiore fu lo stupore di tutti, specialmente delle due divinità, parve ad Odisseus, nel vedere il Guardiano ancora in piedi, vista che allietò lo spirito del Navigatore.

 

Argos, scomparsa la cupola, prese la propria bandana e se la legò di nuovo intorno al capo, “Ho perso tre occhi in questo scontro, ma non è un danno gravissimo”, pensò fra se il Guardiano, che dovette sorreggersi dal suo bastone, data la stanchezza e le ferite subite, poi, prima di ricominciare ad avanzare, l’Arvenauta sollevò il capo coperto verso l’alto.

“So che mi state osservando, divini signori di Tenkia, so che con voi vi sono i possenti Guardiani, i soldati ed il mio amico, Odisseus e proprio a lui vorrei rivolgermi”, esclamò l’ex semidio, “Odisseus, abbi fiducia in tutti noi, non ci faremo abbattere, non dovrai sentirti in colpa per la nostra caduta, nessuno di noi morrà in questa prova, poiché siamo dalla parte degli dei, malgrado i signori di queste terre non lo immaginano. A te, amico Navigatore, spetta una missione diversa dalla nostra, avere fede e cercare ciò di cui avevamo parlato, la verità e la speranza”, concluse il Guardiano, smettendo di urlare.

 

Quelle parole raggiunsero Odisseus, “Si, amico mio, farò anch’io la mia parte”, concordò il Navigatore, prima che un altro Senku parlasse, “Miei signori, altri due Viaggiatori si stanno avvicinando a dei Jinma, precisamente ai due Posseduti”, esclamò il soldato, ricevendo un segno di assenso da un altro suo pari, che indicava due zone della Foresta, una coperta da una profonda nebbia e da ampi alberi, l’altra vuota, quasi una pianura intorno alle zone boscose.

Altri scontri stavano per cominciare, dopo la fine del secondo.