Capitolo 65: Un triste addio

 

“Odisseus!”, urlò una seconda volta Awr’ien, apparendo insieme a Pandora fra i sei che osservavano la scena, il Navigatore aveva infatti intrappolato Anirva, l’Idra Indistruttibile, ma qualcosa di diverso vi era in questo momento nel modo di combattere dell’Arvenauta maledetto da Possidos.

Di norma i fili che bloccavano i nemici fuoriuscivano dalle mani del Navigatore, ma questa volta era diverso, le mani di Odisseus erano infatti cadute, senza vita, lungo il corpo martoriato da diverse ferite, lo stesso corpo da cui prorompeva un luminoso bagliore grigio, che circondava interamente i due nemici, tenendoli incatenati in una stretta senza possibilità di uscita.

“Questa volta non riesci a liberarti dalla mia presa, vero Anirva? Non sono semplici fili, ma è una vera e propria rete d’Essenza, che riesco a far scaturire dal mio intero corpo”, lo avvisò l’Arvenauta, “Puoi tenermi bloccato quanto vuoi, ma ben presto il tuo fisico non reggerà più, hai subito ferite mortali, uomo, e morirai entro il calar del sole, devi solo scegliere se per mia mano, o per i colpi che già ti hanno raggiunto”, ridacchiò il membro dell’Idra Nera.

“Ho un’idea migliore”, replicò con un sorriso beffardo il Navigatore, prima che, movendo le spalle, mettesse in tensione il corpo del suo nemico, che ora sembrava simile ad una corda di violino troppo tesa, prossima a rompersi, “ti restituirò la testata di prima, Anirva, carica di tutta la mia forza vitale, un colpo così devastante da uccidermi, ma che di certo ti lascerà gravissime ferite, forse mortali, che comunque ti obbligheranno a scappare, impedendoti di ferire i miei compagni”, spiegò Odisseus, mentre già i capelli, sporchi di sangue, si muovevano, ondulati dalla luce rossa che di norma caratterizzava i suoi pugni.

 

“Non farlo, Odisseus, ti sarà mortale un colpo del genere”, urlò Marut, incapace di intervenire in quel combattimento, sbalordendo con le proprie parole i sei Arvenauti che osservavano l’evolversi della situazione.

“No, Odisseus, non farlo”, esclamò Iason, una volta sentite quelle parole, “Invece devo, allievo mio, per tutti voi, affinché sopravviviate alla maledizione che mi costringe a perdere tutte le persone care, è tempo che nessuno debba più morire per causa mia, sarò io a morire per salvare voi, stavolta”, spiegò il Navigatore, scrutando con lo sguardo tutti i presenti.

 

“Eccelso Marut, la ringrazio per le sue parole, per tutto il tempo lei è stato l’unico a non aver dubbi su di me, proprio come il Grande Rahama che seguiva in battaglia. Se posso, le chiedo solo un ultimo aiuto: insegni a Iason quale deve essere il suo prossimo passo nel controllo dell’Essenza, poiché in lui vi è una luce dorata che lo anima, una forza senza pari fra la gente normale.

Argos, amico mio, a te lascio il comando degli Arvenauti, che posso dire, con non poco orgoglio, di aver condotto lungo questa via, piena di pericoli, ma che ha visto crescere tutti e sette noi. Sei un uomo giusto, Guardiano, ho imparato ad accettare le divinità con tutti i loro difetti anche grazie a te e forse, se potrò trovare pace dopo la morte sarà anche grazie ai tuoi insegnamenti.

Pandora, Atanos, voi che del gruppo siete i più anziani e sapienti, siate degli aiuti per Argos, giacché le vostre conoscenze del mondo sono superiori sia alle mie che alle sue. Avete vissuto entrambi molte ere in solitudine, affogando nell’oscura disperazione, ma spero che ora possiate trovare la pace. Tu, Pandora, sei già prossima a questo traguardo, devi solo riuscire a ritrovare quella parte che si è nascosta di te, spaventata dal tremendo ronzio della maledizione di Urros. Atanos, invece, tu non hai ancora trovato la pace e l’umanità persa, ma forse, quando la vedrai dinanzi a te, nella forma che meno ti aspetti, potrai capire che non è la morte l’unica fine che meriti.

Eracles, figlio di Urros, quest’oggi ti ho visto sacrificare la tua innocenza per salvarmi la vita e mi dispiace di aver reso vano questo tuo sacrificio, ma devi capire che la vita che hai tolto è stata un peccato, ma, allo stesso tempo, se quella vita era ormai schiava di un oscuro padrone, tu non hai fatto altro che liberarla, quindi impara a non fermare sempre il tuo pugno, ma semplicemente a capire chi devi colpire e chi no.

Acteon, prode Cacciatore, per te ho poche parole, giacché molto spesso sembri intuire da solo la verità delle situazioni, verità che spesso non riesci a trasmettere, tenendola per te, ma sappi che non sei diverso dai tuoi compagni, sii come loro e loro ti saranno di aiuto, vedrai.

Iason, mio allievo in questo viaggio, ti lascio solo i ricordi delle lezioni che ti ho potuto impartire, che siano per te guida verso il massimo raggiungimento che un uomo può avere con le sue sole forze, poiché sento che tu, giovane Guerriero, hai in te le abilità per diventare più potente di me e forse anche degli stessi Guardiani di Tenkia che hai potuto osservare in azione.

Infine tu, Awr’ien, ultimo amore della mia vita. Avrei voluto spiegarti quanto grande è stata la mia disperazione dal giorno in cui ci siamo lasciati, mostrarti che non ti avevo mai tradito, né uccidendo le persone a te care, né in altri modi, e dirti quanto ancora ti ami, ma questo non mi è possibile, come non mi sarà possibile restare per sempre vicino a te, come avrei voluto ritrovare l’ultimo discendente del mio casato, colui che come me ha una stella di mare sulla gamba sinistra e che per ora fa parte di una folle impresa”, concluse con voce cupa il Navigatore, rivolgendosi poi al suo nemico, “adesso, addio, Anirva, maledetto assassino traditore”, ringhiò, movendo velocemente la testa verso dietro per poi investire il volto dell’Idra Indistruttibile.

 

Gli otto che osservavano la scena non poterono fare niente per impedire lo scontro fra i due. Una grande luce rossa proruppe da quel colpo, insieme ad un’onda d’urto senza pari, che gettò tutti indietro di alcuni passi. Quando tutto finì, fu Argos il primo a poter vedere cosa era rimasto dei due combattenti.

“No, non può essere”, ringhiò disperato il Guardiano, parole che ben presto furono capite da tutti non appena videro il corpo di Odisseus al suolo, senza più vita e vicino a lui Anirva, in ginocchio, che respirava affannosamente mentre del sangue usciva copioso dalla sua fronte. “No, Odisseus”, balbettò Iason, cadendo in ginocchio, piangente.

 

“Ci è mancato poco, ma sono sopravvissuto”, esultò in quel momento Anirva, rialzandosi, “Dici bene, confratello, siamo sopravvissuti”, esordì pochi attimi dopo una seconda voce, quella di Gyst, che riapparve da dietro alcuni alberi, posti dalla parte opposta della zona. “Sei stata tu, vero? Ho sentito un sottile urlo, era tuo?”, domandò divertito il membro dell’Idra Nera, “Esatto, ho rallentato la potenza dell’attacco di quell’uomo, così da salvarti la vita, così ho anche soddisfatto una delle direttive primarie del nostro Signore, eliminare del tutto Odisseus, la mente dei Sette, che li comandava”, spieg con voce soddisfatta l’Idra Ammaliatrice.

“Voi, maledetti”, ringhiò Iason, rialzandosi in piedi, seguito dagli altri presenti, “pagherete, tu in particolare, Anirva, morirai qui, per mia mano”, minacciò il Guerriero di Aven, “Siete tutti stremati e per quanto anche noi siamo stanchi, non avrete la forza per abbatterci”, ridacchiò Gyst, pronta a ricominciare la battaglia.

“Basta!”, tuonò però una voce, prima che un bagliore azzurro si disponesse fra i due schieramenti, era Smartash, sceso dal luogo in cui aveva osservato la furiosa battaglia.

La divinità apparve piangente alle due Idre, “Che vuoi, ex fratello? Forse morire per primo?”, domandò beffardo Anirva, “No, adesso basta con questa violenza. Noi non ti riconosciamo più come membro del celeste impero di Tenkia, tu sei ora un invasore, come questa donna. Di norma vi lasceremmo alle nostre guardie, ma il sacrificio di questo uomo, che tanto a cuore stava a nostro fratello Rahama, ci ha scosso, basta agire con eccessiva compassione, vi eliminerò io stesso, adesso, senza pietà alcuna”, avvisò Smartash, sollevando la mano destra, che brillava di una luce bluastra.

“Consorella, se questo idiota fa sul serio, è meglio che ci allontaniamo da qui, perché non so tu, ma io di certo non ho forze sufficienti per abbatterlo, il colpo del dannato Navigatore mi ha indebolito veramente”, spiegò Anirva, aprendo le ampie ali, “Si, ormai parte del nostro compito è stata fatta, abbiamo eliminato uno dei Sette, il più pericoloso, a detta del nostro Signore, e ho recuperato il Quinto confratello, possiamo andare”, concluse Gyst.

“Non vi daremo la possibilità di scappare”, ringhiò Acteon, “Venite a cercarci, se volete, ma da qui ce ne andremo adesso”, replicò con voce secca Gyst, “e forse saremo noi stessi a cercare voi, per finirvi”, concluse, scambiando un’occhiata di sfida con Pandora.

“Io ti cercherò di certo, Anirva, dovrai pagare per il sacrificio di Odisseus”, avvisò subito dopo Iason, sollevando il pugno in segno di sfida, “Quando vuoi, umano, se arriverai a rincontrarmi”, concluse l’Idra Indistruttibile.

Un bagliore malefico oscurò poi la vista a tutti, impedendogli di seguire Anirva, che, aperte le ali, sfrecciava via, forando il tetto della torre e scomparendo all’orizzonte con incredibile velocità, mentre Gyst era già scomparsa, proprio come aveva fatto su Ten-Lah.

 

Rimasero soli gli Arvenauti, con i due Guardiani, Smartash ed il corpo di Odisseus, che la stessa divinità sollevò fra le proprie braccia, piangendone la scomparsa. “Non può guarirlo? Lei è un dio”, osservò con tristezza Acteon, “No, Arvenauta, i miei poteri sono offensivi, fra noi era Anirva colui che curava i dolori degli uomini, forse per evitare che avesse troppa forza Rahama scelse così un tempo”, spiegò con voce dispiaciuta la divinità.

 

Per tutto il resto della giornata e per il giorno successivo, furono onorati tutti i Senku che Anirva e Gyst avevano ucciso in quel giorno, persino i sei Jinma furono ricordati, ma più di tutti fu onorato Odisseus.

Awr’ien stessa si occupò di ripulire il suo corpo, tamponando le ferite e fasciandolo in una sottile seta candida, rituale a cui assistettero i sei Arvenauti rimasti ed in cui Iason si intromise prima che fosse finito, deponendo due monete sugli occhi del Navigatore, come usanza presso il popolo di Aven.

Al tramonto del giorno successivo un corteo funebre, condotto da Smartash in persona, portò il corpo di Odisseus, coperto dalle candide bende, fino alla riva del mare, dove la mattina stessa diversi Senku avevano depositato una pila di legna, lì lo depositarono i quattro che lo conducevano: Eracles, Atanos, Acteon e Marut ed alla fine il dio Smartash accese una piccola fiaccola da un legno, porgendolo ad Awr’ien.

“Sei stata colei che più per lui si è avvicinata ad una sposa, scegli tu chi darà l’estremo saluto al suo corpo”, esordì la divinità, mentre la Guardiana del Say prendeva la fiaccola, dirigendosi verso i sei Arvenauti, “Chi fra voi sente il dovere di compiere questo gesto ultimo?”, chiese, rivolgendosi ai cinque uomini del gruppo.

Fra di loro si guardarono gli Arvenauti, i cui occhi erano colmi di lacrime, o di tristezza, se come Atanos non avevano anima per piangere, “Deve essere Argos, lui prende ora il posto di Odisseus fra di noi, lui diventa il nostro Navigatore, colui che ci guiderà”, suggerì Iason, parlando per primo, malgrado le lacrime scendevano copiose dai suoi occhi e gli altri acconsentirono in silenzio, chinando il capo.

L’ex semidio prese la fiaccola e si avvicinò alla pila di legna, “Ti dico addio, Odisseus, Re di Aitas, Generale dell’esercito dell’Oleampos, grande amico, ma più di tutto, Comandante e Navigatore degli Arvenauti, che gli dei ti concedano di ritrovare quella felicità che ti fu tolta molto tempo fa da loro”, concluse singhiozzante Argos, prima di appoggiare la fiaccola sulla legna, che subito prese fuoco, alzandosi in ampie fiammate.

Per tutta la notte il corteo rimase sveglio, in silenzio, ad osservare piangente le ampie fiamme che lasciavano cenere e poco altro di colui che era stato per diversi secoli Odisseus, il Navigatore dall’intelletto versatile, dalla grande sapienza e dalla saggezza senza pari, un uomo il cui orgoglio aveva reso nemico a Possidos, ma le cui gesta sarebbero rimaste per molto tempo nella mente di chi lo aveva conosciuto ed aveva potuto godere della sua amicizia, come i sei Arvenauti ed i due guardiani di Tenkia, che osservarono fino all’alba il fuoco bruciare.

Fu Smartash stesso, quando il fuoco si quietò, a riporre le ceneri di Odisseus in un bellissimo vaso dal colore rubino, lo stesso colore della città degli dei di Tenkia.

La divinità, riposti i resti del Navigatore, si voltò verso gli Arvenauti, “Che possiate riportarlo alle persone a lui care”, fu il suo semplice augurio, porgendolo ad Argos.

Il Guardiano, però, si scambiò uno sguardo con Iason, il quale prese fra le mani il bel vaso e si avvicinò ad Awr’ien, “L’unica persona che lui amava e che è ancora viva, vive in queste terre”, esordì il Guerriero, “inoltre uno dei due desideri di Odisseus sarebbe stato quello di restare per sempre con lei e mi auguro che così sarà”, concluse, porgendo il simulacro alla Guardiana del Say che, piangendo, strinse a se quell’ultimo ricordo dell’uomo amato.

Passarono alcuni minuti di silenzio, poi il corteo si mosse, diretto di nuovo verso la città divina, “Sommo Smartash”, esordì però Argos, fermando i passi degli altri, “Noi dobbiamo ripartire, ci attende un lungo viaggio per raggiungere le coste della Lutibia dove Ruganpos, Re di Aven, ci attende, e dove ci troverà portatori di cattive nuove, anziché di liete novelle”, avvisò l’ex semidio.

“Capisco e vi preghiamo di attenderci vicino alla vostra imbarcazione, dove vi porteremo noi stessi le vostre cose, poiché sappiamo quanto siate stanchi nel corpo e nello spirito”, concluse la divinità, osservando i sei dai corpi feriti.

Il corteo quindi si divise.

 

Passò meno di un’ora, in cui gli Arvenauti rimase in silenzio, ognuno annegando nella propria sofferenza in modo diverso. Chi, come Argos, si rimise la bandana, che aveva tolto per onorare Odisseus, e chi pianse coprendosi gli occhi. Iason, invece, cadde in ginocchio dinanzi alla nave, piangendo al ricordo degli insegnamenti dategli dal Navigatore su quella costruzione. Acteon si sedette in un angolo dell’imbarcazione nel cupo silenzio che aveva lasciato la perdita del saggio Odisseus, mentre Atanos gli si pose vicino, altrettanto disperato per la scomparsa di un uomo che come lui aveva sofferto la pena della solitudine eterna, una solitudine che rendeva l’Immortale incapace di mostrare il proprio dolore. Pandora era anche in silenzio, confortava Eracles, accarezzandogli dolcemente il capo chino nel pianto, mentre il giovane figlio di Urros si disperava per l’amico perso, oltre che per il gesto da lui commesso due giorni prima.

Arrivarono poi Smartash ed un piccolo corteo di Senku, guidati da Marut ed Awr’ien. Lasciarono gli oggetti degli Arvenauti sulla nave i soldati, mentre il dio chiamò a se i sei e fece avvicinare i suoi due Guardiani.

“Non abbiamo molto da darvi come aiuto, ma una cosa possiamo farla, per onorare la memoria di colui che un tempo era un guerriero del nostro esercito”, esordì la divinità, porgendo ad Atanos l’impugnatura della spada che era appartenuta Ryuma, un’impugnatura ora lavorata per assomigliare alla testa di un drago bianco, il cui corpo era la custodia della lama, “Estraila, Immortale, osserva il dono che ti offriamo”, esordì Smartash, prima che Atanos sollevasse una bellissima lama, perfettamente rifinita, dai bagliori argentei, “è stata fatta con il Tomatos, il metallo che nostro fratello Rahama creò per gli uomini”, spiegò, prima che l’Arvenauta chinasse il capo, in segno di ringraziamento, “che ti possa essere buona compagna in battaglia”, concluse.

Marut, in quel momento, si avvicinò ad Iason, “Per te ho solo delle parole, discepolo di Odisseus, parole che il tuo stesso maestro avrebbe voluto dirti, dopo aver visto il tuo scontro con Shura. Sei stato abile nell’uso dell’Essenza, hai saputo governarla con la mente, ma devi sentirla pulsare attraverso il tuo pensiero, in quel modo diventerai più potente”, spiegò il Guardiano del Tay. “Pulsare?”, domandò il Guerriero di Aven, “Si, capirai tu quando l’Essenza pulserà in te, in quel momento sarai veramente un dominatore del suo potere, un uomo come Odisseus, che la sapeva controllare attraverso la sua intera persona”, continuò Marut, “diverrai ancora più forte quando riuscirai ad essere tu, quello che pulsa con l’Essenza”, concluse poi, chinando il capo, gesto subito ripetuto da Iason.

Gli Arvenauti salutarono quindi i loro interlocutori e si diressero verso la loro nave, “Avete detto di dover andare in Lutibia, dove i due grandi eserciti dell’Oleampos si stanno affrontando, giusto?”, domandò all’ultimo Smartash, “Si, divino signore”, rispose Argos, mentre Eracles sollevava l’ancora, “Allora permettetemi di aiutarvi e che gli dei delle vostre terre vi proteggano, coraggiosi Arvenauti. In noi, divinità di Tenkia, e nel nostro esercito troverete per sempre degli alleati”, concluse il fratello del sommo Rahama, sollevando le mani verso il cielo.

Un fortissimo vento circondò in quel momento la nave dei sei Arvenauti, sollevando dalla superficie dell’acqua e circondandola con spirali vorticose, che occultarono la vista a tutti persino ad Argos, per alcuni brevi secondi.

 

Quando il vento finì, i sei notarono di non essere più sulla costa del regno dei Cancelli Celesti, bensì dinanzi ad un altro lembo di terra, sulla cui spiaggia vi erano decine di soldati con le armature blu e viola, “Ma cosa?”, balbettò appena Iason, vedendo i soldati.

“Chi siete, in nome di Re Ruganpos?”, tuonò uno di questi ultimi, puntando una lancia contro la nave, “Il mio nome è Iason di Seev, soldato al servizio del Sommo Re di Aven, partito con sei compagni per un’impresa senza pari diverso tempo fa ed ora qui, in attesa di parlare con il mio sovrano”, tuonò con voce decisa l’Arvenauta, mentre i due abbassavano le lance.

“Voi siete i Naviganti partiti da Seev cinque mesi fa? Re Ruganpos sarà felice di sapervi qui con noi in Lutibia, vi portiamo subito da lui”, concluse uno dei due soldati, chinando il capo dinanzi all’imbarcazione ed a coloro che vi erano sopra.

“Cinque mesi? Tanto è durato il nostro viaggio? Mi è sembrata un’eternità”, osservò con voce cupa Argos, voltandosi verso i suoi compagni, “Siamo dunque giunti alla nostra ultima meta, ora dovremo parlare con Re Ruganpos, Arvenauti”, concluse il Guardiano, scendendo dalla nave, insieme ai suoi cinque alleati.