Capitolo 66: L’arrivo in Lutibia

 

I sei Arvenauti furono condotti lungo il campo d’assedio degli Aventi. Decine di tende erano state disposte lungo tutta la zona interna, circondate da diversi avvallamenti, dal lato della terra, e da alcune navi, da quello del mare. Nessuno si era reso conto di chi loro fossero, apparentemente, sembravano solo sei individui piuttosto malconci che avanzavano fra decine di migliaia di soldati.

Dopo alcuni minuti i sei furono introdotti nella tenda di Re Ruganpos, “Sua maestà arriverà ben presto, insieme al saggio Nator, sovrano delle terre circostanti la Lutibia”, spiegò il soldato che li aveva condotti fin lì, allontanandosi in fretta.

I sei non dovettero aspettare molto, quasi subito, infatti, arrivò Ruganpos, identico a come lo ricordavano, seppur più smagrito ed abbronzato per le giornate passate sotto il cocente sole della Lutibia. Insieme al re di Aven entrò un altro uomo, più vecchio di Ruganpos, apparentemente, dalla pelle cadente e rugosa, pallido in volto e con capelli corti e scompigliati sul cui viso sembrava esserci solo un velo di vitalità, velo che si stava lentamente strappando per la disperazione.

“Vi aspettavamo da tanto, nobili Naviganti!”, esordì con voce palpitante Ruganpos, guardando i sei, ma il suo fare, allegro e trepidante, divenne poi perplesso quando li guardò meglio, “Dov’è Odisseus? Sta forse camminando con passo meno svelto poiché porta i Tre Tesori?”, domandò con voce preoccupata il Re di Aven, notando poi che le sue parole avevano rattristato ancora di più i volti cupi dei sei individui.

“Vostra maestà”, esordì dopo qualche attimo Argos, “abbiamo delle tristi notizie da portarvi”, affermò, “Ditemi pure”, replicò con voce cupa il sovrano, “raccontatemi tutto, dall’inizio”, chiese poi, “Allora sedetevi, sommo Ruganpos, poiché arduo è stato il viaggio di noi Arvenauti e lungo sarà il racconto che vi farò”, spiegò l’ex semidio, attendendo che i due sovrani prendessero posto.

Il Guardiano iniziò poi a parlare, raccontò tutto, dalla partenza, successiva all’incontro con l’Oscuro Musico, all’arrivo a Lembia; dalla battaglia con le Axelie a quella su Midian contro Zion; dal nome che gli fu dato, Arvenauti, all’arrivo su Ten-Lah, dopo il primo scontro con i sette naviganti di Lutibia. Raccontò dell’incontro con Gyst, la prima delle Teste dell’Idra a rivelarsi, il Guardiano, per poi parlare della morte dei Naviganti di Lutibia e della scoperta fatta sui Tre Tesori, passando poi a narrare del viaggio accidentale verso i Cancelli Celesti e della morte, in quel luogo, di Odisseus, loro Navigatore, nello scontro con un altro dei membri dell’Idra Nera, Anirva.

“Dunque questo è tutto?”, domandò sconcertato Ruganpos alla fine del racconto, “I Tre Tesori che avrebbero dovuto segnare la fine della Guerra non erano dove tutti speravamo, voi nell’inutile ricerca avete perso persino un prode compagno, un eroe come pochi ve ne sono stati nella storia, ma avete incontrato divinità che vi sono diventate amiche, come quelle di Midian e Smartash, e degli esseri che a tutti sembrano nemici, i membri di quest’Idra Nera”, riepilogò il sovrano, scambiando uno sguardo con il cupo Nator.

“Si, questo è tutto, maestà”, rispose Argos, “Dite però che in qualche modo questi esseri dell’Idra sono legati con il regno di Lutibia, giusto?”, aggiunse poi Ruganpos, “Si, è ciò che temiamo”, continuò il Guardiano, “Allora ho da chiedervi un altro favore, Arvenauti, se così vi fate chiamare. Continuate a combattere per me in questa guerra che forse ci porterà contro nemici ancora più temibili di quelli che già ci bloccano”, supplicò il Re.

I sei si guardarono fra loro, scambiandosi reciproci gesti d’intendimento ed accordo, “Si, maestà lo faremo”, concordò Argos, chinando il capo in segno di devozione, subito seguito da Eracles ed Iason.

“Vi ringrazio, tutti e sei”, replicò Ruganpos, prima di scrutarli di nuovo, “per oggi, comunque, potrete riposare, non vi chiederò di servirmi in questo giorno, successivo alle ultime fatiche da voi passate, inizierete domani, se preferite, o, al più, fra due giorni da oggi. Adesso vi farò montare delle tende, dove potrete riposare”, concluse il sovrano, battendo le mani. Tre soldati entrarono da una porta secondaria, “Preparate degli alloggi per questi nuovi comandanti del nostro esercito, dei grandi Capitani per tutti voi”, sentenziò il Re di Aven, prima che i soldati si allontanassero, seguiti dai sei Arvenauti, che presero così congedo.

 

Ruganpos rimase da solo con Nator, vide il sovrano suo amico piangere in quel cupo momento, “Ormai ho perso ogni speranza, e con le speranze se n’è andata anche lei, non la rivedrò più, mai più”, singhiozzò disperato il vecchio Re, “Non disperare, amico mio, ci sono ancora delle possibilità, forse troveremo un modo, di certo il potente Possidos, che sui mari governa, e Lutenia, dalla grande mente, ci saranno amici in questo momento oscuro, loro ci indicheranno la via per salvare tua figlia ed arrivare a chiari compromessi con Priaso ed i suoi figli”, cercò di rassicurarlo Ruganpos.

“Se adesso persino dei demoni sono a seguito di quel Re, come faremo?”, domandò Nator, “Non bastavano il negromante e l’animatore di fiamme? Anche queste Idre Nere si dovevano alleare con Priaso? Ha per caso venduto la sua intera famiglia agli dei amici di Sade costui?”, urlò disperato il vecchio.

“Priaso non è mai stato un adoratore del male, ci deve essere una spiegazione in tutto questo. Egli non può essere legato a questa Idra Nera ed a chi la comanda, a meno che…”, si fermò Ruganpos, riflettendo, “Che cosa?”, domandò Nator, singhiozzante.

“Una volta conobbi Priaso, come poi conobbi suo figlio Aristos, ed in entrambi ciò che più mi stupì fu l’amore per la loro terra e per il dio che la custodiva, Porian, signore del Sole e custode della Luce, se il loro divino signore avesse scelto questi esseri oscuri come suoi legati presso la Lutibia?”, rifletté il sovrano di Aven, “Non può essere, Porian è un dio solare, come tu hai detto e questi esseri, da ciò che dicono i tuoi naviganti, sono tutto fuorché creature solari, sono figli dell’Erebo, la Notte più oscura li ha generati in qualche valle infernale, le stesse da cui provengono tutte le forze della Lutibia. Lo sapevo che non c’erano speranze, senza i Tre tesori e contro al male più puro cosa possono fare dei miseri mortali?”, si chiese Nator, chinandosi su se stesso.

“Non disperare, amico mio, hai sentito di cosa sono stati capaci quei sei guerrieri? Con loro sono certo che avremo molte più possibilità”, lo rassicurò Ruganpos, “Come possiamo contro delle creature maledette come quelle?”, domandò ancora Nator.

Il sovrano di Aven bloccò le spalle dell’anziano amico, “Anche quei sei sono maledetti, se questo può rassicurarti. La donna era Pandora, la custode del Vaso, l’uomo più pallido era Atanos, l’Immortale, il biondo era Acteon, che Ritmed maledisse, mentre colui che parlava era Argos, maledetto da Lera ed infine, il ragazzino era Eracles, figlio illegittimo di Urros. Sono certo che questi esseri siano buoni e leali a noi, quindi per noi combatteranno contro queste creature oscure che tanto temi e ti riporteranno da tua figlia”, concluse con voce rassicurante Ruganpos.

Nator sorrise stentatamente, “Ed il giovane chi era? Quello con gli abiti del tuo regno”, domandò poi il vecchio, “Era Iason, uno dei guerrieri più forti del mio esercito, che si è temprato combattendo assieme a quei grandi guerrieri che Odisseus, lo scaltro Navigatore, guidava”, concluse il sovrano, con un sorriso sornione sul volto, prima di allontanarsi.

 

Dormì per non molto tempo Eracles, nemmeno lui si rendeva conto di quanto sonno avesse, né di quanto avesse dormito quando alla fine fu svegliato dalla voce amica di Pandora.

“Eracles, è ormai giorno, dobbiamo alzarci e prepararci per il campo di battaglia, su cui dovremo andare anche noi a duellare”, lo richiamò al dovere la Signora del Nero Sciame, scotendolo dolcemente.

Si svegliò in pochi minuti il figlio di Urros, sorridendo alla figura che vide vicino a se, appena ripresosi, sorriso a cui Pandora rispose con un gesto simile, “Preparati”, gli disse lei dopo qualche attimo, “gli altri sono già pronti, dopo un giorno di riposo dobbiamo scendere sul campo di battaglia”, gli suggerì la ragazza, prima di lasciarlo solo nella sua tenda.

Non dovette aspettare molto Pandora, poiché dopo alcuni minuti Eracles fu fuori, con gli abiti propri dei soldati di Aven, che gli erano stati portati e con suo grande stupore, il giovane figlio di Urros, trovò la Signora del Nero Sciame ad attenderlo insieme ad Argos, che indossavano ancora i loro normali abiti.

“Andiamo a chiamare gli altri, ormai dovrebbero essere pronti”, propose il Guardiano, rivolgendosi ai due interlocutori, che subito accettarono la proposta con un gesto del capo.

I tre erano ormai prossimi ad un’altra tenda, quando Argos li fermò, “Non sono nelle loro tende”, spiegò sibillino il Guardiano, invitando i due a seguirlo in un altro punto dell’accampamento, dove ben presto Eracles vide decine di soldati ammassati, tutti sbalorditi da ciò che vedevano.

“Incredibile”, esclamavano alcuni, “Sai chi sono questi tipi?”, chiedevano altri, “Sembra che siano dei Capitani di ventura, giunti da terre straniere, forse dall’Oriente”, sussurravano altri, “Cavalcano tornado e spostano gli oggetti con la sola volontà, forse sono seguaci di Masoch, il dio della Guerra”, supponevano alcuni, “Si, vero! Ho sentito dire che il figlio di Urros in persona è fra di loro, Masoch stesso ci condurrà in battaglia”, esclamava qualche altro soldato.

Pandora notò che Argos sorrideva a quelle erronee voci che correvano fra i soldati, mentre Eracles sembrava abbattuto dal fatto che tutti si aspettassero il dio della Guerra figlio di Urros e Lera, anziché lui, ma questi sentimenti nel giovane si cancellarono subito quando vide ciò che stavano osservando i diversi soldati, cioè gli allenamenti di Acteon, Atanos ed Iason.

Il Cacciatore aveva infatti ripreso l’arco con cui si era presentato al castello di Ruganpos diversi mesi prima e stava lanciando frecce su vari bersagli, colpendo sempre il centro, spesso perforando i dardi già tirati con dei nuovi, così da dividerli in perfette metà, colpiva persino alcuni volatili, se si avventavano a volare sopra i suoi bersagli, con rapidità e precisione che avevano dell’impressionante.

Iason, invece, era seduto, a gambe giunte, sembrava dormire, con gli occhi chiusi ed un respiro incredibilmente regolare, ma intorno a lui brillava una luce simile a quella che Eracles gli aveva già visto nella Foresta della Prova. Grazie ad un’incredibile concentrazione il Guerriero era capace di fare ciò, ma, soprattutto, era capace di muovere e sollevare, spesso senza molto controllo, i sassi intorno a lui, spostandoli, o deformandoli senza muovere minimamente il corpo, seppur tutto ciò sembrava affaticarlo particolarmente.

Atanos, infine, si era posizionato davanti a dei bidoni di legno e con degli eleganti e precisi gesti li aveva divisi in perfette metà, grazie alla spada dalla forma di drago. Diverse volte sembrava aver fatto quell’esercizio ed altri con la sua nuova arma, la stessa con cui, a giudicare dalle lame a terra intorno a lui, aveva provato ad allenarsi con dei soldati dell’esercito di Aven.

Ad un tratto, però, l’attenzione di Eracles e quella di Pandora furono rubate da altre voci di soldati: “Questi sono gli altri tre, chissà se sono bravi come questi? Eppure non sembrano avere armi”, si era chiesto qualcuno, “Ma sono un cieco, una donna ed un ragazzino”, aveva osservato qualcun altro.

“Devono imparare a conoscerci tutti e sei”, suggerì Pandora, ricevendo un segno di approvazione da Argos. Eracles osservò incuriosito la compagna di viaggio, che gli sorrise, prima di scomporsi nel Nero Sciame e passare fra i soldati sbalorditi, per ricomporsi fra gli altri tre Arvenauti.

Subito dopo anche Argos ed Eracles arrivarono fra i loro compagni, “Dobbiamo andare?”, domandò prontamente Acteon, riponendo l’arco con un gesto veloce, “Si”, rispose il Guardiano, prima che Iason si alzasse ed Atanos riponesse la spada nella custodia a forma di drago.

“Eracles”, esordì l’ex semidio, poco prima di voltarsi, colpendo con l’estremità del bastone un sasso al suolo, che fu scagliato fra le sue mani, “mostragli la forza di un figlio di Urros”, sentenziò poi il Guardiano, porgendo il sasso al giovane, che rimase sbalordito dalla richiesta, ma non si rifiutò e, preso il sasso fra le mani, lo ridusse in polvere con un gesto tanto naturale, da sembrare quasi una cosa monotona.

I sei si voltarono quindi verso i soldati, che subito gli fecero strada, permettendogli di passare fra loro e raggiungere in pochi minuti l’estremità esterna dell’accampamento, sui cui limiti li attendeva Ruganpos.

“Sono lieto di vedervi fra noi, Arvenauti”, esordì il Re, “Anche noi lo siamo, maestà, seppur pensavamo di dover partecipare alla battaglia attivamente”, replicò Argos, “Certo che dovete, perché?”, domandò Ruganpos, “Vedo già l’esercito avanzare verso il campo di battaglia”, rispose perplesso l’ex semidio.

“Ho mandato all’assalto il miei tre Generali, poiché non ero certo del vostro arrivo, per quest’oggi, purtroppo non ho ancora avuto modo di presentarveli, ma se volete, potrete osservarli, durante il principio della battaglia, prima di andare anche voi sul campo, come truppa ausiliaria”, propose Ruganpos, “Va bene, così ci renderemo meglio conto di chi sono i nostri nemici e gli alleati”, concordò il Guardiano, trovando i cinque compagni d’accordo.

 

Quella stessa mattina, nel castello dei sovrani di Lutibia, le urla di Cassandra avevano risvegliato da un debole sonno i suoi cinque custodi.

“Anhur, presto, chiama mio fratello, è una questione vitale”, aveva esclamato a piena voce la giovane principessa.

“Mia signora”, aveva replicato Anfitride, correndo dalla figlia di Priaso, “Non è oggi il giorno dell’incontro con i vostri famigliari”, gli aveva spiegato, “Non è per vederli, che devo parlare ad Aristos. Oggi ci saranno dei nuovi nemici sul campo di battaglia, i Navigatori, coloro che ci salveranno, devo avvisarlo di non alzare la sua spada contro di loro, perché non deve ucciderli, e soprattutto non deve morire, dovete dirgli di evitare il guerriero dalla lunga spada d’argento”, supplicò con voce preoccupata la principessa.

Anfitride, dopo qualche minuto, lasciò la stanza della sua giovane sovrana, “Cosa dobbiamo fare, Anhur, avvisiamo il principe Aristos?”, domandò la guardiana, “Si, ovviamente, avvisa lui e gli altri due generali, anzi, vai tu, Myooh, avvisali tutti, presto”, ordinò il comandante dei cinque, “tu, Anfitride, occupati di far mangiare la principessa, non vorrei che le troppe preoccupazioni e visioni le impedissero di mangiare, dobbiamo alimentarla, per ora che è calma, almeno in parte”, sentenziò il giovane, prima che anche la ragazza si congedasse.

 

Ci vollero pochi minuti perché Myooh fosse dinanzi alle stanze del figlio primogenito di Priaso e subito vi bussò, trovando, già all’alba, il principe sveglio ed in parte vestito con la magnifica armatura dei sovrani di Lutibia, che si diceva essere stata preparata dal dio Porian in persona.

“Dimmi, Myooh, cosa ti porta qui da me?”, chiese l’uomo, mostrandosi con il volto scombinato, probabilmente intento a rasarsi fino a pochi attimi prima, “Vostra sorella ha avuto un’altra visione, ha detto che sul campo di battaglia ci saranno coloro che chiama i Navigatori, di non ucciderli e soprattutto di evitare lo scontro con uno di loro, uno pallido, armato di una spada lunga d’argento”, concluse il servitore.

“Ti ringrazio di queste parole, Myooh”, replicò Aristos, ponendo una mano sul capo del seguace, “se puoi, quando torni da mia sorella, avvisa le guardie di far chiamare i due generali e, quando tornerai da Cassandra, ringraziala da parte mia”, concluse il figlio primogenito di Priaso, ricevendo un inchino come risposta.

Pochi minuti dopo arrivarono gli altri due generali, a cui Aristos stesso ripeté ciò che gli era stato trasmesso, sbalordendoli in parte, e preoccupandoli anche, seppur fra i due Pirros sembrava quello che prendeva con più calma quel vaticinio.

I tre generali, dopo alcuni minuti di intenso dialogo, si divisero, per rincontrarsi poi alle porte della città, prima del consueto duello con le forze avverse.

 

Pirros, rimasto solo, si diresse alle stanze di Axides, il secondo principe di Lutibia, dove bussò trovando il giovane padrone ad aprirgli.

“Dimmi”, esordì con freddezza quest’ultimo, il cui corpo era sempre più pallido e sempre più nascosto in lunghi abiti, come se volesse celare qualcosa a tutti, un cambiamento inaspettato, “Vostra sorella Cassandra ha appena fatto un vaticinio. Ha avvisato che i Naviganti sono arrivati presso l’esercito di Aven e che oggi ci saranno contro anche loro, ha aggiunto di evitare di ucciderli e che Aristos doveva stare attento ad uno di loro, armato di una lunga spada d’argento”, spiegò con voce secca il generale.

“Bene”, replicò soddisfatto Axides, “Se quei maledetti si trovano qui, vuol dire che ben presto anch’io potrò mostrarmi e sbalordire tutti, persino la mia previdente sorellina. Ma soprattutto vuol dire che ben presto arriveranno coloro che decideranno il destino di questa terra”, concluse con voce divertita il principe, sollevando il pugno sinistro, che Pirros notò coperto da qualcosa di simile ad un guanto di seta.

“Non entrare!”, ordinò poi Axides, bloccando il generale sulla soglia della sua stanza da letto, “Ben presto ti mostrerò cosa nascondo qui, ma non oggi, quando avrò bisogno di una guardia sicura te lo dirò, nell’ultimo giorno di questa città tu saprai il fine del vostro arrivo qui, perché egli vi ha fatto tornare alla vita, te e tuo padre, ma per ora no”, sentenziò il principe, “vai piuttosto, di certo mio fratello ti attende. Vai, e se puoi, uccidi almeno uno di quei naviganti”, concluse il figlio di Priaso, allontanando con un gesto secco dell’abito il generale.

 

I tre generali si riunirono dinanzi alle porte della città reale di Lutibia, nello stesso momento in cui gli Arvenauti si dirigevano verso Re Ruganpos, “Soldati, dobbiamo andare sui campi di battaglia anche in questo giorno oscuro”, avvisò Aristos, spronando i guerrieri del suo esercito, mentre Orpheus e Pirros si guardavano con sguardi titubanti.

Lo scontro sulla terra di Lutibia stava per iniziare, per gli Arvenauti.