Elías Nandino


Notturno

Ogni mattina, destandoci risuscitiamo
perché dormendo moriamo qualche ora
in cui, liberi del corpo, ricuperiamo
la vita spirituale che prima avevamo
quando ancora non abitavamo la carne
che ora ci definisce e ci limita,
ed eravamo, senza essere, mistero puro
nel ritmo totale dell'Universo.

Perché dormendo moriamo senza saperlo;
andiamo nello spazio in agile volo
senza perdere l'unità che ci integra
e siamo come siamo: identici, immutati
ampi e nudi
come l'azzurro nel tremore dell'aria.
Non abbiamo nostalgia del corpo; non soffriamo
l'assenza della pelle che ci copre;
siamo come prima di nascere: eterei,
vivi nella pienezza del firmamento
e penetranti come luce in ombre.

E nessuno forse, quando dorme, pensa
di giacere nei domini della morte:
perché la stanchezza, quasi un'agonia,
ci cancella la ragione,
chiude teneramente le nostre palpebre,
spegne i nostri occhi,
anestetizza la carne e da essa ci separa
per lasciarci vivi nel sogno.

E quest'abitudine di morire ogni giorno,
senza dolore, senza sorpresa,
naturale come l'acqua
che si lascia attrarre dal declivio.
non ci fa pensare che è una morte
ogni volta che dormiamo,
e che, in ogni morte transitoria,
impara il nostro essere
il vero di morir la morte eterna.

 

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