Octavio Paz

Traduzione di Giuseppe Bellini


Toccare

Le mie mani
aprono la cortina del tuo essere
ti vestono con altra nudità
scoprono i corpi del tuo corpo
le mie mani
inventano un altro corpo al tuo corpo.


Pietra di sole (frammenti)

un salice di cristallo, un pioppo d'acqua,
un alto getto che il vento inarca,
un albero ben piantato ma danzante,
un camminar di fiume che si curva,
avanza, retrocede, fa un giro
e sempre arriva:
                        un camminar tranquillo
di stella o primavera senza fretta,
acqua che con le palpebre chiuse
emette tutta notte profezie,
unanime presenza in ondata,
onda su onda fino a coprir tutto,
verde sovranità senza tramonto
come l'abbacinante effetto delle ali
quando s'aprono nel mezzo del cielo, (...)

vado per il tuo corpo come per il mondo,
il tuo ventre è una spiaggia soleggiata,
i tuoi seni due chiese dove il sangue
celebra i suoi misteri paralleli,
i miei sguardi ti coprono come edera,
sei una città che il mare assedia,
una muraglia che la luce divide
in due metà color di pesca,
un luogo di sale, roccia e uccelli
sotto la legge del meriggio assorto,

vestita del colore dei miei desideri
vai nuda come il mio pensiero,
vado pei tuoi occhi come per l'acqua,
le tigri bevono sogno nei tuoi occhi,
il colibrí si brucia in quelle fiamme,
vado per la tua fronte come per la luna,
come la nube per il tuo pensiero,
vado per il tuo ventre come pei tuoi sogni,
la tua gonna di mais ondeggia e canta,

la tua gonna di cristallo, la tua gonna d'acqua,
le tue labbra, i capelli, i tuoi sguardi,
tutta la notte piovi, tutto il giorno
apri il mio petto con le tue dita d'acqua,
chiudi i miei occhi con la tua bocca d'acqua,
sulle mie ossa piovi, nel mio petto
affonda radici d'acqua un albero liquido,

vado per la tua strada come per un fuime,
vado per il tuo corpo come per un bosco,
come per un sentiero nel monte
che in un brusco abisso finisce,
vado pei tuoi pensieri assottigliati
e all'uscita dalla tua bianca fronte
la mia ombra abbattuta si strazia,
raccolgo i miei frammenti uno a uno
e proseguo senza corpo, cerco tentoni, (...)

—la vita, quando fu davvero nostra?
quando siamo davvero ciò che siamo?
ben guardato non siamo, mai siamo
da soli se non vertigine e vuoto,
smorfie nello specchio, orrore e vomito,
mai la vita è nostra, è degli altri,
la vita non è di nessuno, tutti siamo
la vita —pane di sole per gli altri,
tutti gli altri che siam noi—,
son altro quando sono, i miei atti
son piú miei se sono anche di tutti

perché io possa essere devo esser altro,
uscire da me, cercarmi tra gli altri,
gli altri che non sono s'io non esisto,
gli altri che mi dan piena esistenza,
non sono, non v'è io, siam sempre noi,
la vita è un'altra, sempre là, piú lungi,
fuori di te, di me, sempre orizzonte,
vita che ci svive e ci fa estranei
che ci inventa un volto e lo sciupa,
fame d'essere, oh morte, pane di tutti
 


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