(segue - CONCLUSIONI OPERATIVE )



Un referendum per la secessione

Ed eccoci così arrivati alla seconda strada che immaginiamo per ottenere la secessione della Regione Lombardia dallo Stato italiano. E' questa l'ipotesi che noi riteniamo più credibile e che ci auguriamo venga presa in seria considerazione dalle istituzioni regionali.

La Regione Lombardia, a nostro avviso, dovrebbe indire un referendum sulla secessione e, qualora il risultato della consultazione popolare fosse favorevole al distacco, dovrebbe intavolare trattative dirette con lo Stato italiano al fine di gestire i tempi e i modi di questa separazione. Potrebbero votare per il referendum tutti i cittadini lombardi residenti nel territorio regionale (utilizzando pertanto lo stesso criterio adottato per l'elezione del consiglio regionale).
Un'obiezione giuridica potrebbe essere immediatamente sollevata, di fronte a questa ipotesi: anche prescindendo dal divieto costituzionale di secedere, le autorità italiane non consentirebbero lo svolgersi di un referendum regionale sulla secessione, considerato il fatto che esso avrebbe rilevanza per l'intero Stato e non solo per la Regione Lombardia (che nel proprio Statuto prevede la possibilità di indire referendum consultivi regionali su materie di interesse regionale). A questa obiezione rispondiamo dicendo che la strada per la secessione unilaterale della Lombardia non può avvenire rispettando i paletti posti dalla Repubblica Italiana e dai suoi rappresentanti. Proprio poiché il diritto di secessione è negato dalla Costituzione repubblicana, la Regione Lombardia non può far altro che individuare un percorso alternativo al di fuori dell'ordinamento italiano. E il percorso più democratico e pacifico, rispettoso delle garanzie dei cittadini che abitano nella Regione, è soltanto quello referendario.
Aggiungiamo che l'eventuale pretesa di far decidere tutti i cittadini italiani, sul distacco di una singola Regione dallo Stato, è illogica e illiberale. Come è noto, infatti, i matrimoni richiedono il consenso di entrambe le parti, le separazioni, invece, possono nascere anche dalla volontà di uno solo dei contraenti. Semmai, e proprio per evitare conflitti in sede di separazione, sarebbe utile definire un percorso condiviso per arrivare allo scioglimento di un'unione politica. Ma non si può certo pensare che la volontà dei cittadini della Regione Lombardia debba dipendere da quella di chi abita in altre Regioni. Nessuno al mondo si sognerebbe di pretenderlo, una volta che fosse stato accettato il referendum come strumento di scelta della popolazione interessata.

E torniamo quindi al punto cruciale della questione: la possibilità di svolgere concretamente il referendum separatista.
Se la Regione Lombardia dovesse adottare questa procedura, come noi ci auguriamo, le autorità italiane molto probabilmente deciderebbero di annullare d'imperio le deliberazioni adottate per dar corso al referendum.
In questo caso, purtroppo, ci troveremmo di fronte ad un conflitto, quanto meno di natura legale, dagli esiti non facilmente prevedibili. Riteniamo comunque che la Regione non dovrebbe accettare alcuna forma di limitazione o pressione politico-istituzionale in sede di deliberazione del referendum. Poste di fronte al diniego del governo centrale, le istituzioni regionali lombarde dovrebbero nuovamente deliberare l'indizione del referendum, negli stessi termini già adottati in precedenza.
Lo Stato, a questo punto, potrebbe nuovamente annullare la seconda deliberazione referendaria, oppure potrebbe cominciare a trattare con le nostre istituzioni regionali (se non, addirittura, accettare che il referendum si svolga liberamente). Riteniamo probabile che le autorità italiane si irrigidirebbero sulle proprie posizioni, magari arrivando a minacciare o persino a mettere in atto il commissariamento della Regione Lombardia, dichiarandone decaduti gli amministratori eletti dai cittadini.
In questa ipotesi, il conflitto legale esploderebbe nella sua forma più dura e imprevedibile. Da parte nostra auspichiamo che non si giunga a tanto, che lo Stato italiano sappia essere ragionevole, accettando il fatto che i cittadini lombardi possano esprimersi in piena libertà attraverso il referendum. In ogni caso, riteniamo che la Regione non debba sottostare ad alcuna imposizione statale e debba, quindi, procedere con fermezza sulla strada della consultazione referendaria. Qualora, infatti, lo Stato continuasse ad annullare l'indizione del referendum regionale o, addirittura, arrivasse a commissariare la Regione, i nostri amministratori locali dovrebbero resistere e convocare formalmente i comizi elettorali. A quel punto starebbe allo Stato opporsi con la forza. Dubitiamo che le istituzioni italiane avrebbero il coraggio di arrivare a tanto. Porterebbero su di sè il peso delle conseguenze sciagurate di questa folle scelta autoritaria.

A proposito dello specifico quesito da sottoporre a referendum, riteniamo che la domanda stampata sulle schede dovrebbe avere un tono propositivo, non negativo. In altre parole, il quesito dovrebbe essere formulato in termini simili a quelli che qui di seguito proponiamo: "Volete voi che la Regione Lombardia si costituisca in Repubblica Lombarda indipendente nell'ambito dell'Unione Europea, dichiarando contestualmente disciolto qualsiasi legame giuridico con la Repubblica Italiana?"
In alternativa, il referendum potrebbe chiedere l'approvazione di una delibera del Consiglio Regionale, concepita come piano organico per arrivare al distacco della Regione dallo Stato italiano, attraverso una serie di passaggi giuridici e politici (fra i quali, certamente, dovrebbe essere ricompresa la costituzione di una tesoreria regionale alternativa a quella statale, sulla quale convogliare i tributi versati dai cittadini). Questa seconda ipotesi suonerebbe più o meno così: "Approvate la delibera del Consiglio Regionale n° 48 del 4 luglio 2012, recante 'Disposizioni per la costituzione della Regione Lombardia in Repubblica Lombarda e per lo scioglimento dei legami giuridici e politici esistenti con la Repubblica Italiana'?"
Il vero tallone d'Achille di quest'ultimo percorso, senza dubbio più articolato -cioè il referendum per l'approvazione di un atto del Consiglio regionale-, consisterebbe nella possibilità di vedere annullata, da parte delle autorità italiane, la deliberazione regionale, prima ancora di averla sottoposta a referendum; con il che, i cittadini si troverebbero nella situazione di esprimersi su un atto giuridicamente depotenziato. Il referendum rischierebbe in tal modo di nascere monco o dimezzato. Per questo motivo, riteniamo più saggia l'idea di far svolgere un referendum semplice, che direttamente chieda ai cittadini lombardi di valutare l'opzione separatista. Potrebbe anche trattarsi di un referendum con valore puramente consultivo/propositivo; si tratterebbe comunque, nel caso di vittoria dei "sì" alla secessione, di un atto dal valore simbolico prorompente, tale da costituire il punto di partenza per iniziare il cammino del formale distacco dall'Italia.

Un'ultima osservazione. A chi obiettasse che un referendum regionale sulla secessione potrebbe essere inutile, in quanto potenzialmente destinato a non essere approvato dalla maggioranza della popolazione, rispondiamo che, fino a quando un siffatto referendum non si svolgerà, noi riteniamo che la maggioranza dei cittadini lombardi sia favorevole al distacco della nostra Regione dallo Stato italiano. Se i fautori dell'unità italiana sono tanto convinti del sostegno lombardo alla loro causa, ci lascino decidere autonomamente. Vedremo allora se, di fronte alla possibilità concreta di scegliere fra la Repubblica italiana e la Repubblica Lombarda, i cittadini lombardi mostreranno tanto attaccamento al tricolore.