Appunti di Psicologia

Copyright 1995-1996-1997 by Dr. Salvatore Manai

L'uso delle Psicoterapie nell'approccio alle patologie oncologiche

Dott. Rocco Bonomo, Dott. Giuseppe M. Sferrazza


In un articolo del 1989, il dott. S.Greer, disquisendo sulla possibilità che la terapia psicologica possa migliorare la qualità della vita dei pazienti oncologici, parlando dei suoi colleghi medici afferma che: "dato che lo stress emotivo è un'inevitabile ed incomprensibile reazione al cancro, molti medici danno per scontato che qualunque trattamento psicologico sia inutile e non indicato". Una persona alla quale è stato diagnosticato un tumore, di qualunque tipo esso sia, reagisce normalmente con un forte shock psicofisico, la sua iniziale incredulità è seguita da ansia, paura e, spesso, da un forte stato depressivo; queste forti emozioni possono però trovare un qualche sollievo e ridimensionamento grazie al supporto scientifico del medico ed a quello emotivo dei familiari del paziente ma, ciò nonostante, una sostanziale minoranza, calcolata tra il 22% ed il 44% (Derogatis et al., 1983), sviluppa seri problemi psicologici di tipo cronico che possono persistere anche in assenza di una sintomatologia specifica legata alla malattia ed, inoltre, protrarsi per anni.

"NON DEVO ESSERE DEPRESSO, sta crescendo un tumore dentro di me.", così Woody Allen riflette sarcasticamente sull'assunto che lo stress e le emozioni negative favoriscano l'e voluzione della patologia cancerosa, queste infatti sono attualmente le implicazioni più importanti che ancora vengono studiate; più in particolare stanno prendendo corpo nuove ricerche sulla relazione esistente tra i fattori psicosociali e la malattia tumorale, esse comprendono: studi sulle relazioni tra variabili psicologiche e cambiamenti nella funzione immunitaria dei pazienti durante il processo canceroso, analisi del ruolo giocato dal supporto psicologico nell'accettazione della malattia, esame dei processi psico comportamentali per il controllo del dolore e degli effetti avversivi del trattamento anti-canceroso nonchè analisi dell'impatto psicologico a lungo termine nei pazienti sopravvissuti alla malattia, più in particolare su come gli stati ed i tratti psicologici possano in fluenzare la trasformazione delle cellule normali in cellule cancerose.

Un trattamento appropriato dei problemi derivanti dalla patologia oncologica è essenziale e richiede un approccio multidisciplinare che comprende un ruolo fondamentale dello psicologo e/o dello psichiatra, infatti si riscontra una notevole incidenza, nei pazienti oncologici, di disturbi psichiatrici in particolare ansia e depressione: questa sintomatologia va vista inizialmente come una conseguenza della paura incontrollata che colpisce i pazienti stessi quasi subito dopo la diagnosi della patologia. I fattori di personalità possono venire completamente distorti dalla presenza del dolore ed evolvere in un distrubo di tipo psichiatrico; trattamenti ottimali per il controllo del dolore, in questo tipo di patologie, comprendono interventi farmacologici, psicologici, comportamentali, anestetici, stimolatori non chè approcci riabilitativi spesso combinati tra loro. Gli interventi cognitivo - comportamentali quali il rilassamento muscolare con o senza l'uso delle immagini mentali, l'ipnosi, la distrazione ed il bio feedback, sono effettivamente una parte dell'approccio omnicomprensivo multimodale e comunque non debbono mai essere usati come sostituto all'appropriato trattamento analgesico (vedi i farmaci psicotropi, quali gli antidepressivi triciclici, molto utili nel trattamento coadiuvante gli agenti analgesici della farmacologia). Tra i fattori psicosociali "a rischio", tre sono stati quelli identificati: lo stress, i tratti di personalità e le "cattive abitudini" (fumare, bere, ecc.); riguardo allo stress sono state seguite due linee di ricerca: la prima include esperimenti strettamente condotti con animali di laboratorio, principalmente roditori, che si sono interessati degli effetti di stressor indotti come scosse elettriche, privazioni, mutilazioni, ecc., sulla crescita delle cellule tumorali, mentre la seconda, rivolta agli studi sull'uomo, ha analizzato l'impatto di eventi naturali come la perdita del partner, esami medici, ecc., sui parametri delle funzioni immunitarie che possono essere messe in relazione con la malattia cancerosa. Se i risultati ottenuti con gli esperimenti di laboratorio sugli animali sono complessi e, in al cuni casi, persino contraddittori, quelli condotti in ambito umano, a tutt'oggi, non hanno dimostrato alcuna connessione diretta tra lo stress psicosociale e la malattia tumorale. Sempre in quest'ambito studi condotti da Levy et al. hanno indicato che pazienti tendenti all'apatia ed alla depressione hanno un livello molto più basso di cellule antitumorali naturali rispetto a coloro che non si lasciano invece abbattere da questi eventi stressanti.

Seguendo questa linea, ad esempio, il concetto di "autocontrollo" è stato un tema prevalente nella letteratura medico-patologica al riguardo e, comunque, la sua natura ed i fattori ad esso associati ancora non sono stati ben chiariti; ad ogni modo, pochi studi si sono, invece, interessati di studiarne l'evoluzione dopo la diagnosi di cancro nelle persone fino ad allora sane e di come queste potessero essere aiutate socialmente. W.D. Charmak (1989) affronta questo problema presso il Sir Mortimer B. Davis Jewish General Hospital di Montreal in Canada occupandosi di organizzare un programma di riabilitazione psicosociale, di autostima, di recupero dell'umore nonchè di strategie adattive per pazienti affetti da patologia oncologica, cercando inoltre di capire come la personalità, l'ambiente ed i fattori di disagio potessero influenzare il suddetto progetto: scopo dell'intervento era quello di far ripadroneggiare ai pazienti il proprio autocontrollo per poter esperire una qualità di vita il più simile possibile al periodo precedente la diagnosi. Questo studio ha permesso di poter valutare quanto il proprio autocontrollo diminuisca nei pazienti subito dopo la diagnosi di cancro ed, in particolare, quanto esso possa deperire se non debitamente supportato da opportuni interventi psicosociali, infatti la partecipazione a gruppi strutturati di supporto emotivo possono migliorare significativamente i propri vissuti ridando fiducia al proprio autocontrollo.

Anatomicamente sappiamo che il cervello è interamente collegato con tutti i sistemi d'organo del corpo tramite la trasmissione neuronale diretta e con gli effetti "umorali" tramite la circolazione, ma allo stesso tempo conosciamo ben poco circa l'interazione esistente tra la mente ed il corpo soprattutto in relazione ad una situazione di disagio. Gli effetti psicologici sulle metastasi vengono studiati nei seguenti campi: espressività emotiva ed avanzamento tumorale, stress ed avanzamento tumorale, ansia e depressione, possibili meccanismi (salute e meccanismo biologico) e trattamento psicologico del cancro. Inoltre, nonostante la letteratura sull'argomento non sia affatto definitiva, sono state avanzate le seguenti conclusioni generali: (1) una volta diagnosticata la patologia cancerosa una forte voglia di reazione assicura la migliore prognosi (molti problemi metodologici nelle ricerche ed un importante studio negativo); (2) lo stress non è uniformemente associato alla scoperta ed all'evoluzione del tumore (studi sugli animali); (3) i fattori psicosociali rappresentano, senza ombra di dubbio, l'unica possibilità in una serie di incertezze; (4) i possibili meccanismi attraverso i quali i fattori psicosociali possono in fluenzare l'evoluzione della patologia cancerosa sono: il tempo trascorso nel trattamento, la secrezione di ormoni che in fluenzano la crescita del tumore e gli effetti neuroumorali della funzione immunitaria; (5) dato che ci sono pochi studi riguardo gli effetti del trattamento psicologico sull'evoluzione tumorale, non può essere tracciata nessuna conclusione specifica; ad ogni modo, comunque, detto trattamento può sicuramente migliorare la qualità della vita.

Nei pazienti oncologici si possono distinguere tre tipi di ansia: una reattiva collegata allo stress della patologia ed al suo trattamento, una che è la manifestazione del problema medico o fisiologico del cancro (disturbi organici d'ansia) ed, infine, fobie, panico o ansia cronica che compaiono dopo la diagnosi di malattia e peggiorano con il procedere della patologia. Il delirio, che è il secondo sintomo psichiatrico nell'excursus del paziente oncologico, è dovuto agli effetti del cancro sul SNC ed alle complicanze, indirette, dovute al trattamento ed al disagio ad esso associato (medicazioni, sbilancio elettrolitico, disfunzione di un organo o sistema vitale, infezione, complicanze vascolari e preesistenti disturbi cognitivi o demenza), in questo tipo di pazienti è, normalmente, prescritto dell'haloperidolo. Durante la chemioterapia molti pazienti restano condizionati dall'esperienza di una profonda nausea e vomito (effetti secondari della terapia stessa) che vengono poi anticipati prima della terapia stessa; il trattamento di questi sintomi anticipatori è condotto con antiemetici, training di rilassamento, distrazione o desensibilizzazione sistematica.

I disturbi del comportamento e dell'umore possono anche essere associati al trattamento chemioterapico e, per molti pazienti infatti, gli effetti collaterali ad esso associati, come già accennato, sono molto peggiori del disagio causato dalla malattia stessa; la nausea ed il vomito generati dalla farmacoterapia e dal post-chemioterapia, il dolore e l'ansia d'attesa che accompagnano le terapie invasive, le disfunzioni sessuali conseguenti ai trattamenti radianti e chirurgici nonchè i problemi associati ad una lunga ospedalizzazione con trattamenti medici "aggressivi", sono tuttora allo studio dei ricercatori per cercare di migliorare le condizioni dei pazienti affetti da una qualsiasi patologia oncologica.

Iniziando ora a parlare di come si è intervenuti con questo tipo di pazienti, finora sono state tentate almeno tre alternative di approccio psicologico: la psicoterapia, il gruppo di supporto sociale e la terapia comportamentale. E' bene, comunque, tener presente che la casistica da noi consultata ha messo in evidenza che molti pazienti non richiedono o, meglio, non vogliono un'assistenza professionale di tipo psicologico-esistenziale in quanto, proprio per gli effetti sopra descritti, preferiscono "tagliarsi fuori" dal resto del mondo. In uno studio di R. Grossarth ed H.J. Eysenck, 50 pazienti terminali sofferenti di tumore alla mammella con metastasi viscerali ricevettero la chemioterapia ed in più, la metà di esse, anche una psicoterapia; venne effettuata una conta leucocitaria per ben 7 volte, una prima dell'inizio della chemioterapia, le altre sei dopo ogni applicazione della stessa. Come ipotizzato, le 25 donne che ricevettero in più la psicoterapia sono vissute più a lungo ed hanno avuto un significativo aumento della conta leucocitaria.

Uno studio condotto da Fawzy et al. (1990) su pazienti ospedalizzati affetti da melanoma maligno, ha visto la partecipazione dei pazienti a gruppi di 7-10 persone per un'ora e mezza alla settimana per sei settimane; il modello consisteva di 4 fasi: un'educazione alla salute, delle tecniche di problem solving, la gestione dello stress per mezzo di tecniche di rilassamento ed un supporto psicologico. Le tecniche di gestione dello stress includevano l'insegnamento di come gestire i livelli stressanti tramite l'uso di tecniche di rilassamento non meglio specificate, mentre il supporto psicologico veniva garantito da una serie di incontri in cui si discuteva sui problemi concernenti la sintomatologia, i problemi familiari e la "comunicazione" con il personale medico. Proprio grazie a questi gruppi d'intervento ed alle tecniche di rilassamento l'autore ha potuto registrare, fin dalla sesta settimana, un decremento della rassegnazione passiva collegata all'ansia ed un forte incremento di "distrazione" dalla patologia e dalla sintomatologia dolorosa con una conseguente minore irrequietezza che tendeva ad un progressivo aumento nei sei mesi successivi; inoltre, in campo prettamente immunologico, l'intervento è stato associato alle positive alterazioni delle cellule linfoidi NK del sistema im munitario dei pazienti in esame.

In un lavoro di D. Spiegel et al. (1989) vengono studiati gli effetti di un intervento psicosociale a lungo raggio su un gruppo di 86 pazienti affetti da cancro metastasizzato: sia il gruppo sperimentale (n=50) che quello di controllo (n=36) vennero sottoposti al trattamento di routine ed in più, allo sperimentale, venne proposto un intervento settimanale di supporto psicologico tramite gruppi terapeutici di auto-ipnosi antalgica. Al follow-up che seguì dopo 10 anni, soltanto 3 dei pazienti trattati erano an cora in vita e, con i dati raccolti sui deceduti, fu possibile ricavare che il tempo di sopravvivenza dalla fine dell'intervento fu di 36,6 mesi per il gruppo sperimentale contro i 18,9 mesi di quello di controllo.

Gli studi condotti sul gruppo di supporto sociale non possono non fare riferimento al l'A.P.T. (Adjuvant Psychological Therapy) un trattamento a breve termine nel quale i principi della terapia cognitiva - alleviare i di sturbi emotivi con l'identificazione e la relativa correzione dei pensieri disadattivi (Greer, 1989) - sono applicati ai pazienti affetti da patologia oncologica. Questo tipo di trattamento ha fatto ipotizzare che i disturbi correlati alla malattia stessa non dipendano esclusivamente dagli effetti fisici ma anche da due ben precisi fattori psicologici: il significato personale del disagio (ad es. come il paziente "vive" la malattia e le sue implicazioni) e l'abilità di reazione alla malattia (ad es. quanto il paziente pensa e fa per ridurre i disagi connessi alla patologia stessa); questi fattori sono influenzati, a turno, dal grado di supporto emotivo dato dai familiari, dagli amici nonchè dai medici e dal personale infermieristico che ruota attorno al paziente. L'A.P.T. essendo focalizzata essenzialmente su questi fattori, si preoccupa di affrontare i problemi attuali e di insegnare al paziente nuovi comportamenti adattivi per meglio porsi nei confronti della patologia, inoltre, per la sua applicazione, sono approssimativamente sufficienti 6 sedute di un'ora ciascuna e la relazione terapeutica che tende ad instaurarsi col somministratore è sicuramente di tipo collaborativo, infatti terapeuta e paziente redigono insieme una lista degli specifici problemi che dovranno essere affrontati. I risultati ottenuti sono lusinghieri e mostrano una significativa riduzione dei fattori ansioso-depressivi già dopo 5 sedute di trattamento con un incremento dello "spirito combattivo" nei confronti della patologia stessa; questi cambiamenti hanno, in più, un benefico effetto sulla qualità della vita dei pazienti stessi.

Come già introdotto precedetemente, è assodato che la nausea ed il vomito sono effetti comunemente associati con la chemioterapia oncologica e si presentano spesso come anticipatori rispetto alla terapia stessa; la sindrome anticipatoria di nausea e vomito (ANV) è stata studiata sotto i seguenti aspetti: introduzione, prevalenza, eziologia, fattori predispositivi, trattamento farmacologico, ipnosi, rilassamento muscolare progressivo, desensibilizzazione sistematica, distrazione attentivo-cognitiva, trattamenti clinici e conclusioni. Delle tante ipotesi proposte per spiegarne l'eziologia, la sola che sembra apparire accettabile è basata sul modello del condizionamento della risposta, inoltre, l'elicitazione dell'ANV è data anche dalla "forza" delle droghe antiemetiche, dal numero di trattamenti ricevuti, dal tempo di infusione, dalla presenza di ansia e "sapori" durante l'infusione e dall'età.

Si è notato come, grazie a tecniche quali l'ipnosi, il rilassamento muscolare e la desensibilizzazione sistematica, si possa ridurre con successo l'anticipazione di detta sintomatologia. In uno studio di Z. Rosberger (1989) sull'uso dell'ipnosi come aiuto alla riduzione degli effetti post-chemioterapici si è evidenziata un'effettiva riduzione del l'ansia e della nausea ma non di quella anticipatoria e della frequenza e dell'intensità vomitiva; paragonato ad altri studi sull'argomento se ne può dedurre che l'ipnosi può sì favorire un rilassamento ed una riduzione della nausea, ma non quanto la desensibilizzazione sistematica.

Tra le molteplici ricerche sul campo (E.H.Shapiro, 1987; C.S.Feldman, 1989) si è anche effettuato un intervento tramite video-tape per vedere se questo poteva sortire gli stessi effetti ma con un costo nettamente inferiore alla pratica in vivo (richiesta di personale altamente specializzato). Un interessante studio al riguardo è stato condotto da S.Ridge nel 1990 su 24 pazienti oncologici che, divisi a caso in due gruppi, ricevettero il primo una sessione videoregistrata di rilassamento muscolare con l'uso di immagini guidate mentre l'altro fungeva da gruppo di controllo: i risultati ottenuti dimostrarono un maggiore controllo sul proprio corpo nonchè l'aumentata capacità di rilassamento nel gruppo sperimentale ma nessuna significativa differenza tra i due per quanto concerneva l'anticipazione della sintomatologia vomitiva. Questi risultati hanno fatto supporre che dei fattori non specifici possano essere alla base di detta sintomatologia e che, in ogni caso, il trattamento comportamentale sia d'aiuto in pazienti con chemioterapia oncologica anche in assenza di risultati significativi sulla sintomatologia caratteristica.

Successivamente, studi sistematici sull'applicazione della terapia comportamentale quale supporto al trattamento delle malattie oncologiche, si sono invece focalizzati sul controllo del dolore acuto in pazienti pediatrici e sul controllo degli effetti da anticipazione chemioterapica in pazienti pediatrici ed adulti; una delle ricerche più importanti è sicuramente quella condotta da Jay et al. relativa ad un programma di intervento cognitivo-comportamentale sul l'uso del video-gioco come distrattore attentivo-cognitivo atto a ridurre lo stress in bambini sottoposti a puntura lombare con relativa aspirazione. In questa, come in altre ricerche precedenti, l'uso del video-gioco si è effettivamente rivelato come un bloccante dello stress psicologico nonchè della nausea da anticipazione.

Un recente studio di Berglund G. et al. (1993) ha valutato gli effetti di un gruppo riabilitativo di post-trattamento (della durata di 7 settimane per 11 incontri di 2 ore ciascuno, chiamato "Ricominciamo") per pazienti affetti da cancro; esso prevedeva un training di rilassamento fisico, uno di approccio comportamentale alla patologia e tutte le informazioni al riguardo. 30 furono i parteci panti al gruppo sperimentale, mentre altrettanti che non volevano alcun trattamento vennero comparati in uno studio longitudinali, più in particolare, confrontati prima e dopo il trattamento nonchè al terzo, sesto e dodicesimo mese dopo la fine del trattamento stesso. I partecipanti, fin dall'inizio, ebbero una significativa diminuzione dei sintomi fisici e psicologici a differenza del gruppo di controllo, molti di essi riportarono cambiamenti nel loro "stile di vita" e nelle abitudini; i partecipanti, inoltre, erano molto più soddisfatti durante il follow-up ed i loro comportamenti sociali si erano notevolmente incrementati.

In seguito a questi promettenti successi, che andavano a sostituire i fallimentari sedativi ed antiemetici per il controllo del vomito e della nausea da anticipazione, i ricercatori hanno inquadrato quattro filoni di studio sugli adulti: il training di rilassamento passivo associato ad immagini guidate, il rilassamento muscolare progressivo con immagini mentali, il feed back elettromiografico (EMG) con training di rilassamento ed immagini mentali e la desensibilizzazione sistematica. Tutte e quattro le metodiche in corporano varie procedure di rilassamento (induzione ipnotica/passiva e/o induzione di tensione/rilassamento muscolare) con descrizione verbale di scene rilassanti: lo scopo è quello di rilassare il paziente e distrarre la sua attenzione dal trattamento; i risultati ottenuti sono stati: una riduzione clinicamente significativa della nausea e del vomito da anticipazione nonchè una riduzione delle pulsazioni e della pressione sanguigna in popolazioni di pazienti differenti. L'applicazione della terapia comportamentale, nella quale l'immagine mentale e le tecniche di distrazione cognitiva sono incorporate ai più tradizionali metodi di rilassamento, ha rinnovato l'interesse sull'uso dell'ipnosi in psicologia oncologica.

L'ipnosi è stata usata con successo nel trattamento dei pazienti oncologici a qualsiasi livello di patologia e grado di dolore; l'esperienza del dolore non è influenzata soltanto dai fattori fisiologici collegati all'evoluzione della patologia stessa ed al trattamento oncologico, ma anche da fattori psicosociali tra cui spiccano il supporto sociale e l'umore: ognuno di essi deve essere tenuto in considerazione per la riuscita del trattamento antidolorifico. E' anche vero che il successo dell'uso dell'ipnosi dipende dal grado di ipnotizzabilità dei pazienti, dal loro particolare stile cognitivo, dalla loro specifica motivazione al trattamento nonchè dal livello delle funzioni cognitive.

In uno studio del 1988, L.Kuttner et al. verificano l'efficacia dell'ipnosi immaginativa sulla riduzione del dolore, dello stress e dell'ansia in bambini affetti da laucemia, durante la puntura di aspirazione midollare. Vennero formati tre gruppi di trattamento casualizzati in base all'età (da 3 a 6 e da 7 a 10 anni), furono organizzate due sessioni d'intervento: nella prima fu osservata una significativa ri duzione dello stress, nel gruppo più giovane, tramite il trattamento ipnotico, mentre nel gruppo dei più grandi si osservò una riduzione significicativa in entrambe le condizioni d'osservazione ovvero dolore ed ansia.

Rapkin D.A. et al. (1991) condussero un breve studio sull'uso dell'ipnosi con immagini guidate nella preparazione operatoria di un gruppo di 36 pazienti affetti da tumore alla testa o al collo: 15 di essi volontari fecero parte del gruppo sperimentale mentre, i restanti 21, ricevettero la procedura standard pre-operatoria e funsero da gruppo di controllo; il periodo di degenza post-operatoria fu nettamente minore per il gruppo sperimentale, inoltre, sempre in questo gruppo, venne rivelata una correlazione negativa tra ipnotizzabilità e complicazioni chirurgiche nonchè sempre una correlazione negativa tra ipnotizzabilità e perdita di sangue durante l'intervento chirurgico. Questi risultati suggeriscono che l'ipnosi con immagini guidate può essere di profilassi e beneficio nella riduzione delle probabilità di complicanze post-operatorie nonchè nella durata del periodo di degenza.

Un altro studio importante sull'ipnosi è sicuramente quello condotto da Syrjala K.L. et al. (1992) sull'efficacia delle tecniche psicologiche nella riduzione del dolore, della nausea ed emesi nella post-chemioterapia; lo studio venne effettuato su 67 pazienti affetti da diversi tipi di leucemia che dovevano essere sottoposti a trapianto di midollo osseo. Questi vennero assegnati, casualmente, a quattro gruppi distinti: uno di training ipnotico, uno di training cognitivo-comportamentale, uno di colloquio terapeutico ed un gruppo di controllo al quale non veniva somministrato alcun trattamento diverso dalla solita procedura. A tutti vennero somministrati due test (Sickness Impact Profile - per l'analisi delle funzioni fisiche - ed il Brief Symptom Inventory - per le funzioni psicologiche) i cui risultati furono poi usati nell'analisi della covarianza. Le variabili biodemografiche comprendevano la scolarità, l'età ed una "variabile rischio" basata sulla diagnosi e sul numero delle remissioni o riacutizzazioni della malattia; i pazienti dei tre gruppi sperimentali si incontrarono con uno psicologo clinico per due sessioni di training pre-operatorio e dieci sessioni in ospedale durante tutto il corso del processo di trapianto: 45 pazienti completarono lo studio e tutte le misurazioni necessarie. L'analisi delle principali variabili in esame mise in evidenza che l'ipnosi si era rivelata utile nella riduzione del dolore durante il corso del trapianto mentre la nausea, l'emesi e l'uso di oppioidi non differirono significativamente tra i tre gruppi sperimentali, inoltre l'intervento congitivo-comportamentale non si rivelò di nessun aiuto nella riduzione della sintomatologia presa in esame.

Per concludere questa breve "carrellata" sui maggiori studi condotti in ambito psicologico sui pazienti oncologici, credo sia interessante presentare brevemente lo studio che nel 1990 F.F. Ali conduce sulle possibilità dell'ipnosi di alleviare la sintomatologia dolorifica, l'ansia e lo stress in questo tipo di pazienti: 30 volontari, affetti da cancro Lebanese, vennero tutti sottoposti allo STAI, all'MPQ ed al GHQ, poi alternativamente vennero divisi in un gruppo sperimentale ed in uno di controllo. Il gruppo sperimentale venne trattato con una specifica procedura ipnotica mentre al gruppo di controllo non venne somministrato alcunchè; al re-testing i soggetti del gruppo sperimentale ebbero una significativa riduzione nella sintomatologia dolorosa, nello stress e nell'ansia mentre in quello di controllo non fu verificata alcuna differenza.

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