Appunti di Psicologia

Copyright 1995-1996-1997 by Dr. Salvatore Manai

Aspetti Psicologici delle Dermopatie

Silvia Taccini

INDICE
INTRODUZIONE
 STRESS

 SISTEMA IMMUNITARIO

 IMMUNOPATOLOGIA CUTANEA

LA PELLE DAL PUNTO DI VISTA ANATOMICO
 - struttura

 - dispositivo vascolare-formazioni pilifere-ghiandole

SIGNIFICATO PSICOLOGICO DELLA PELLE
 - il contatto cutaneo nelle prime relazioni oggettuali

 - la pelle come confine

 - gestione del piacere nei dermopatici

 - il prurito

NOTE DI PSICOSOMATICA PSICODINAMICA SULLE DERMOPATIE
 DERMATOSI PSICOSOMATICHE

 - Orticaria

 - Dermatite Atopica

 - Alopecia Areata

 - Psoriasi

CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA 


INTRODUZIONE

La pelle è il nostro mezzo di espressione e comunicazione più apparente; ci separa e protegge dal mondo esterno, ma contemporaneamente ci mette in balia degli altri perchè è la sede preferenziale di mutamenti somatici strettamente relati a sensazioni psicologiche: rossore, pallore, piloerezione, prurito.

Sulla pelle possono quindi trovare espressione privilegiata conflitti e problematiche irrisolte ed è forse proprio per questo che le affezioni cutanee ci colpiscono particolarmente e provocano spesso una irragionevole reazione di rifiuto e timore di contagio. Per studiare gli aspetti psicologici delle dermopatie siamo partiti da quello che viene ormai considerato da molti un potenziale nemico: lo stress.

L' uomo infatti vive immerso in una complessa rete di rapporti sociali che lo sottopongono a regole, convenzioni, richieste che possono costituire eventi stressanti e tali quindi da poter condizionare la sua reattività biologica predisponendolo così maggiormente alla malattia. Per meglio comprendere come ciò possa accadere abbiamo analizzato da vicino il Sistema Immunitario che costituisce la difesa del nostro organismo, prendendo in considerazione in maniera particolare il capitolo dell' Immunopatologia Cutanea, e cioè tentando di capire come alterate reazioni immunologiche (dovute in particolar modo allo stress), possano contribuire all' insorgere di patologia in sede cutanea.

La cute poi è stata analizzata, oltre che dal punto di vista anatomico, da quello prettamente psicologico, tentando di comprendere quali fossero le sue funzioni, specialmente in relazione alle problematiche del contatto, del contenimento, dei confini corporei, della comunicazione ed insinuando che un cattivo assolvimento delle stesse potesse effettivamente mettere in moto un meccanismo patogenetico ad espressione cutanea.

Purtroppo in questo senso è stato possibile effettuare solo un' ipotesi perchè gli studi a tale proposito sono ancora piuttosto scarsi. Abbiamo quindi analizzato più da vicino alcune dermatosi psicosomatiche ad eziologia emozionale - reattiva come l' Orticaria, la Dermatite Atopica, l' Alopecia Areata.

Ci siamo inoltre voluti occupare anche della Psoriasi che è una dermatosi a base costituzionale e/o ambientale, caratterizzata però da una notevole partecipazione emozionale in grado di influenzare l' espressione del sintomo.

Per queste quattro dermopatie abbiamo tentato di mettere in rilievo da una parte, il verificarsi di eventi stressanti precedenti la comparsa e lo sviluppo della malattia, dall' altra i tratti di personalità e le caratteristiche peculiari di questi soggetti, affetti da una patologia talmente visibile da sembrare una disperata esteriorizzazione del proprio disagio interno.

Esistono una serie di circostanze psicologiche, psicodinamiche, anatomo - fisiologiche, patologiche, che fanno dellla pelle, insieme agli occhi, l' altro specchio dell' anima.

Essa si trova al centro di un importante crocevia: risente dell' influenza dell' ambiente esterno (clima, agenti fisici, chimici, virali, etc.), di quello interno (età, costituzione, situazione endocrina ed immunitaria, etc.) e di quella psicoaffettivo (situazione emotiva cosciente e situazione conflittuale). Ogni volta che si verifica un mutamento di uno di questi tre ambienti, lo si avrà immediatamente anche negli altri due.

Valutare anche l' ambiente psicoaffettivo del paziente è quindi essenziale; ciò è vero per tutte le affezioni ed in particolar modo per quelle dermatologiche, visto lo stretto legame cute - psiche. A dimostrazione di ciò vorremmo ricordare, solo a titolo esemplificativo, i numerosi esperimenti tramite i quali si è potuto provocare una reazione cutanea specifica ricorrendo alla suggestione ipnotica.

E' il caso, per esempio, di soggetti in sonno ipnotico toccati con un innocuo bastoncino che però veniva descritto come un fiammifero acceso: dopo tre minuti era comparso nel punto toccato un eritema e dopo sei una bolla.

Altro fenomeno interessante in questo senso è quello psicogalvanico, cioè la rilevazione, tramite galvanometro, dell' alterazione dei potenziali elettrici della pelle in relazione agli stimoli emotivi (Bassi,1977). Il legame tra eccitazione emozionale e reazione neurovegetativa è giustificato dalle relazioni anatomo - funzionali tra corteccia, sistema limbico, ipotalamo. La vita psichica dell' uomo è legata infatti allo sviluppo ed all' attività del Sistema Nervoso Centrale ed in particolare alle strutture anatomofunzionali responsabili dell' attivazione emozionale (sistema limbico ed ipotalamo).

Il termine limbico significa "confinante" e descrive le strutture cerebrali che si trovano al confine tra l' ipotalamo da una parte e la corteccia cerebrale dall' altra. Per sistema limbico quindi, si intende quell' insieme di strutture cerebrali che controllano il comportamento emotivo della persona. L' ipotalamo e le strutture connesse controllano numerose condizioni viscerali del comportamento come per esempio la temperatura, la fame, la sete, etc. (Guyton, 1981).

Si inserisce agevolmente in questo contesto il concetto di stress inteso come risposta biologico - comportamentale integrata a stimoli psicosociali che si manifesta ogni volta che un qualsiasi stressor, agente sull' organismo, induce un' attivazione emozionale mediata dal sistema limbico - ipotalamico.

STRESS

La prima efficace sistematizzazione teorica riguardo al concetto di stress fu opera negli anni trenta di Hans Selye, che lo definì "la risposta non specifica dell' organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso" (Pancheri, 1984); si tratta cioè di una risposta biologico-comportamentale caratterizzata dall' attivazione dell' asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene secondo il seguente iter: le informazioni riguardanti lo stressor (che possono provenire dall' esterno attraverso il sistema sensoriale e dall' interno come per esempio nel caso di cambiamento di temperatura corporea) vengono ricevute dal Sistema Nervoso Centrale e passate all' ipotalamo che secerne una sostanza chiamata " releasing factor " ( fattore di liberazione) che a sua volta stimola l' ipofisi a secernere un ormone, chiamato cortricotropo.

L' autore dimostrò che nella risposta allo stressor vengono mobilitate una serie di reazioni difensive che possono essere messe in relazione agli stimoli più diversi, siano essi fisici, intrapsichici che psicosociali: si può trattare quindi di un' ustione, di una frattura, di un' operazione chirurgica ma anche di paura, angoscia, affollamento, cambiamento di ambiente (Levine, 1971).

Questa reazione dell'organismo venne definita "Sindrome Generale di Adattamento", ed é l' insieme delle risposte aspecifiche che segue una lunga e continua esposizione agli stressors; essa si sviluppa in tre fasi:

1) FASE DI ALLARME: con modificazioni di tipo biochimico ed ormonale.

2) FASE DI RESISTENZA: con un tentativo difensivo da parte dell'organismo.

3)FASE DI ESAURIMENTO: con crollo delle difese ed impossibilità di fronteggiare nuovi eventi stressanti.

Lo stress quindi non è solo una risposta aspecifica, ma anche adattiva, estremamente importante per ristabilire l' equilibrio omeostatico alteratosi in seguito a stimolazioni esterne ed interne. Esso diviene patogeno solo in specifiche circostanze, e cioè quando gli stressors sono acuti e quindi di particolare intensità, oppure cronici, nel senso che agiscono per periodi di tempo eccessivamente lunghi (Pancheri, 1984). In maniera più specifica e secondo una accezione più recente la Sindrome Generale di Adattamento può essere considerata come una sintomatologia che alterna fasi ergotrope con fasi trofotrope.

Con queste due definizioni ci si riferisce alla correlazione tra reazioni vegetative, muscoloscheletriche e psicocomportamentali di fronte ad un pericolo o ad una richiesta; in maniera più specifica con il termine "Ergotropismo" si vuole intendere uno stato di eccitazione generalizzata e di attività, dovuto a processi catabolici e caratterizzato dalla prevalenza funzionale del Sistema Simpatico (aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, dilatazione della pupilla) e da alta tensione muscolare; se prevale questa condizione si possono avere insonnia, ipereccitabilità, irrequietezza. Con il termine "Trofotropismo" si intende invece una condizione di riposo, di recupero energetico, di anabolismo in cui prevale l' attività del Sistema Parasimpatico ed un minore tono muscolare; in questo caso è più facile rilevare sonnolenza, torpore, affaticamento, astenia (Ruggieri, 1988).

Per quanto riguarda quindi la risposta Stress, ci può essere una più specifica rilettura in questi termini:

1) FASE DI ALLARME: composta da una prima fase di shock caratterizzata da prevalenza del funzionamento del Sistema Parasimpatico ed inibizione del Sistema Simpatico; a questa segue la fase di contro-shock nella quale la situazione viene completamente ribaltata con maggiore attività del secondo. Se l'agente stressante continua ad agire, si passa alla

2) FASE DI RESISTENZA nella quale si cronicizza la risposta ergotropa. Si arriva infine, se non ci sono cambiamenti della situazione, alla terza ed ultima fase, la

3) FASE DI ESAURIMENTO con la perdita di capacità di controbilanciamento ergotropo, per cui non c'è più alcuna limitazione alla risposta trofotropa (Ruggieri, 1984).

Uno dei punti non chiari nella definizione di stress proposta da Selye riguardava il meccanismo attraverso il quale stimoli così diversi potevano provocare una stessa reazione aspecifica. Proprio in relazione a questo problema l' autore ipotizzò la presenza di un "primo mediatore" (First Mediator), di natura biochimica o nervosa, che aveva la funzione di collegare gli stimoli e le strutture endocrine al centro della reazione di stress.

La ricerca di tale mediatore fallì fino a quando John Mason agli inizi degli anni settanta ribaltò il problema ipotizzando che la reazione biologica di stress fosse sempre mediata da un' attivazione dell' organismo di tipo emozionale.

Mason arrivò a questa conclusione dopo aver osservato che stimoli psicosociali di tipo diverso, capaci di indurre reazione emozionale, provocavano un' attivazione dell' asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene così come avveniva nella reazione di stress descritta da Selye.

Quindi stimoli di tipo fisico, psicosociale, intrapsichico erano in grado di suscitare la reazione di stress solo dopo aver indotto un' attivazione emozionale mediata a livello anatomofisiologico dalle strutture del sistema limbico, luogo di coordinamento di tale reazione grazie alle sue connessioni ascendenti con la corteccia e discendenti con il sistema ipotalamo - ipofisario (Pancheri, 1984).

Altri autori, di impostazione più prettamente psicologica come Richard Lazarus (che tra l' altro hanno messo maggiormente in evidenza l'aspetto comportamentale dello stress), fanno un piccolo passo indietro dando notevole valore alla valutazione cognitiva dello stimolo: solo se questo sarà considerato minaccioso o comunque particolarmente significativo per il soggetto, si avrà attivazione emozionale ed in seguito risposta stress che diviene quindi, almeno in parte, specifica.

Con queste osservazioni Lazarus ha introdotto il concetto di "stress psicologico" volendo indicare le diverse strategie utilizzate dai soggetti per valutare ed in seguito affrontare lo stimolo. La sequenza sarebbe quindi la seguente: stimolo - valutazione cognitiva - attivazione emozionale - stress.

Il concetto di mediazione cognitiva é fondamentale: in relazione a tutti gli stimoli che si presentano viene messa in atto una valutazione percettiva, un confronto con esperienze precedenti, delle anticipazioni per il futuro. Tutto ciò influenza la reazione biologica e comportamentale del soggetto.

L'uomo infatti, a causa della molteplicità di stimoli a cui è sottoposto, ha sempre bisogno di mettere in atto un continuo riadattamento.

L'apparato cognitivo ha il compito proprio di filtrare i vari stressors facendo in modo che solo in determinati casi si verifichi un'attivazione emozionale. Essa viene modulata dall'individuo in relazione alle esigenze di sopravvivenza sue e della specie.

La reazione di stress non può pertanto essere definita completamente aspecifica perchè dipende dalle caratteristiche del soggetto e dall' importanza dello stimolo per l'individuo (Pancheri, 1984).

Per quanto riguarda l' attivazione emozionale, inoltre, vorremmo aggiungere una puntualizzazione, e cioè che l' emozione costituisce la fase appetitiva e perciò preparatoria dei comportamenti istintivi oltre che delle risposte integrate complesse, a cui segue la fase consumatoria: così è per la rabbia che precede l' attacco e per la paura che precede la fuga. L' attivazione emozionale quindi si caratterizza principalmente per la sensazione subiettiva che comporta, ma anche perché elicita l' evoluzione del processo. Infatti la tensione preparatoria, instabile, espressione dell' arousal - attivazione (il livello di eccitazione in cui si trova l' organismo in un determinato momento), se portato alle estreme conseguenze, può essere assimilabile ad una fase della risposta stress, come abbiamo già potuto constatare parlando della condizione di ergotropismo (Ruggieri, 1988).

Si può concludere quindi che lo stress è un fenomeno che riguarda numerose dinamiche psicofisiologiche e che coinvolge diversi sistemi dell' organismo, in particolar modo i tre sistemi biologici adattivi: il Sistema Nervoso Vegetativo, il Sistema Nervoso Endocrino, il Sistema Immunitario, ma particolarmente "esso rappresenta soprattutto il crocevia di fenomeni emotivi e cognitivi che rimandano ad una visione olistica, globale, della nostra vita psichica. Considerare essenzialmente lo stress in termini di schematici automatismi che coinvolgono l' asse ipotalamo - ipofisi - corticosurrene significa considerare soltanto un aspetto delle reazioni dell' organismo e minimizzare ciò che avviene nella psiche di ogni singolo individuo: una serie di letture, consce o inconsce, della realtà che si traducono in tentativi di compenso e talora di esaurimento" (Oliverio, 1994).

Dopo questo breve excursus sullo stress, si può tentare un approccio multifattoriale alla malattia che coinvolge aspetti genetici, comportamentali, sociali ed immunitari, comprendendo così come determinati stimoli stressanti possano provocare delle alterazioni nelle normali modalità di funzionamento dell'organismo rendendolo così particolarmente vulnerabile (Solomon, 1969).

Ciò si riscontra per esempio in relazione alle difese ultime dell' organismo, cioè a livello del Sistema Immunitario: recenti ricerche sperimentali ne hanno dimostrato la sensibilità agli stimoli emozionali e psicosociali mettondo in evidenza la concomitanza tra il verificarsi di eventi stressanti acuti o cronici, le disfunzioni immunitarie, e l' insorgenza di malattie quali asma, febbre da fieno, dermatiti allergiche, malattie autoimmuni, artrite reumatoide, colite ulcerosa.

Il Sistema Immunitario infatti può, attraverso la depressione delle sue funzioni oppure attraverso una iperattività delle stesse, condizionare l' insorgenza di patologie tra loro eterogenee.

SISTEMA IMMUNITARIO

Il Sistema Immunitario è costitiuto da organi, tessuti e cellule presenti per lo più in tutto l' organismo, ed è quindi in grado di reagire in maniera specifica e selettiva a determinati stimoli oltre ad avere la capacità di memorizzare le caratteristiche dell'antigene (così viene chiamata la sostanza estranea) in modo da fornire una risposta più veloce ad un successivo incontro con lo stesso.

Le principali sedi del Sistema Immunitario sono il timo, il midollo osseo, la milza, i linfonodi. Le cellule principali sono i linfociti, i macrofagi, le plasmacellule.

Il timo è l' organo responsabile della maturazione dei linfociti T (Timodipendenti), deputati all' immunità cellulare.

Il midollo osseo è responsabile invece della maturazione dei linfociti B (Borsadipendenti, termine derivante dall' organo chiamato Borsa di Fabrizio presente negli uccelli), deputati all' immunità umorale.

La milza ed i linfonodi costituiscono le sedi in cui si attivano principalmente le funzioni immunitarie; infatti la loro attività di filtro (la milza rappresenta il filtro fondamentale per la circolazione sanguigna ed i linfonodi un filtro importante per la linfa proveniente dai vari distretti dell' organismo), assicura la base per l' azione di controllo e di difesa esercitata dalle cellule immunitarie. Sono queste le sedi nelle quali, dopo l' incontro con sostanze riconosciute come antigeni, si innesta la fase di elaborazione ed organizzazione della risposta specifica mediante la proliferazione delle cellule immunocompetenti, cioè i linfociti.

I due principali tipi di linfociti, T e B, si differenziano per proprietà, durata della vita e distribuzione nell' organismo.

Le plasmacellule, derivanti dall' incontro dei linfociti B con l' antigene, sono le cellule che sintetizzano e liberano gli anticorpi. I macrofagi, presenti in quasi tutti i distretti dell' organismo, sono cellule capaci di mobilizzarsi e fagocitare sostanze estranee o anche provenienti dall' organismo stesso; si comprende quindi la loro importante funzione specialmente all' inizio della risposta immunitaria (Pancheri, 1984).

Abbiamo già accennato che il Sistema Immunitario esplica la sua azione principalmente tramite due tipi di risposte, denominate rispettivamente Immunità Umorale ed Immunità Cellulare.

Il primo tipo di reazione immunitaria è caratterizzata dalla velocità: in presenza dell' antigene, si ha una immediata produzione di macromolecole difensive chiamate "anticorpi" che hanno la funzione di inattivare o distruggere tali sostanze. Questi anticorpi sono costituiti da molecole proteiche definite Immunoglobuline prodotte dai Linfociti B.

Il secondo tipo di reazione immunitaria si basa sulla reattività cellulare: l' antigene viene identificato dai recettori presenti sui linfociti T che lo neutralizzano direttamente; essi hanno lunga vita ( mesi o anni), al contrario dei Linfociti B (poche settimane).

In molti casi, comunque, i due tipi di reazione immunitaria sono in stretta relazione l' uno con l' altro (Bach-Lesavre, 1981).

Gli stimoli stressanti possono agire sia a livello dell'immunità mediata dagli anticorpi (e quindi determinare una diminuzione della risposta anticorpale), che su quella mediata da cellule (e quindi determinare una riduzione della reattività dei linfociti T).

Sono stati effettuati in questo senso studi sia su animali che su uomini. Nel primo caso si sono potute constatare sperimentalmente alterazioni nella reattività immunitaria umorale e cellulare per esempio nei topi sottoposti quotidianamente a stress sonori ed a restrizioni del movimento (Monjan, Collector, 1977); nel secondo caso le condizioni stressanti prese in considerazione sono anche più interessanti: esse riguardano soggetti che avevano da poco perso il partner in seguito a malattie o incidenti e per i quali è stata riscontrata una significativa diminuzione della risposta dei Linfociti T. Queste ricerche ci dicono molto sul rischio di morbilità di persone che hanno da poco subito un grave lutto o comunque una notevole perdita (Bartrop, Lazarus, 1977).

Ci sono inoltre studi altrettanto convincenti riguardanti le differenze individuali nella reazione agli stress, differenze dovute alla valutazione cognitiva dello stimolo che è ovviamente altamente individualizzata, oltre che alla messa in atto di specifiche modalità difensive.

Interessante in questo senso una ricerca effettuata su quarantatrè pazienti affette da mastopatia fibrocistica e da carcinoma alla mammella, per le quali si è potuta riscontrare una correlazione tra reattività immunitaria, reattività emozionale e modalità di gestione dello stress. Infatti le pazienti che risultavano normoreattive ai test riguardanti la reattività immunitaria, avevano anche reazioni emozionali e comportamentali più aperte, maggiore espressione dell' ansia, maggiore proiezione dell' aggressività all' esterno; le pazienti che al contrario risultavano iporeattive agli stessi test, presentavano comportamenti più rigidi e controllati, minore espressione dell'ansia, maggiore soppressione delle emozioni e dell' aggressività (Pancheri, 1984).

E' bene comunque tenere presente che il Sistema Immunitario non può essere considerato completamente indipendente ed autoregolantesi, viceversa il suo funzionamento è in stretta connessione con quello del Sistema Nervoso Centrale; per esmpio é stata dimostrata la possibilità di modificare le risposte immunitarie utilizzando le classiche tecniche del condizionamento: in condizioni sperimentali è stato somministrato ripetutamente all'animale un immunosoppressore associato ad una sostanza neutra, la saccarina. Quando in seguito fu somministrata solo la saccarina, si ottene comunque una minore reazione anticorpale nei confronti dell'antigene. Si può quindi capire come la immunodepressione dovuta ad uno stimolo esterno (in questo caso neutro) sia modulata dall'azione del Sistema Nervoso Centrale (Pancheri, 1984).

Questo legame tra Sistema Nervoso Centrale e Sistema Immunitario é stato rilevato anche in seguito alla stimolazione o alla lesione di alcune aree dell' ipotalamo che possono provocare alterazioni immunitarie: per esempio, la lesione dell' ipotalamo dorsale porta alla soppressione della produzione di anticorpi ed una prolugata ritenzione dell' antigene nel sangue (Solomon, 1969).

Anche il Sistema Nervoso Autonomo ha un ruolo nella regolazione delle funzioni immunitarie.

Esso é costituito dal punto di vista anatomo-funzionale da due sezioni: il SISTEMA SIMPATICO ed il SISTEMA PARASIMPATICO ed esplica la sua azione attraverso la liberazione di neurotrasmettitori specifici per ciascuno dei due sistemi e rispettivamente la noradrenalina e l' acetilcolina. Da ciò si può ben capire l' importanza della scoperta sui linfociti B e T della presenza di distinti recettori per i due neurotrasmettitori sopracitati, scoperta che sembra dimostrare un'azione del Sistema Nervoso Autonomo sulle cellule specifiche del Sistema Immunitario (Ruggieri, 1988).

E' peraltro noto che questi neurotrasmettitori sono particolarmente sensibili agli stimoli psicosociali; si può quindi ipotizzare che in presenza di situazioni emotivamente rilevanti la risposta del Sistema Nervoso Autonomo oltre che portare modificazioni a livello somatico e viscerale, possa influenzare la reattività delle cellule immunitarie, vista la presenza di recettori specifici sulle stesse.

Altro punto da approfondire é quello che riguarda i cosiddetti "ormoni dello stress" (cortisolo e catecolammine) e quindi l' influenza di questi sul Sistema Immunitario. Quando infatti si verifica uno stress emozionale si ha, come abbiamo già specificato, l' attivazione dell' asse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene con liberazione dell' ormone corticotropo e conseguente aumento di cortisolo plasmatico il quale, a sua volta, esercita un effetto immunodepressivo, incidendo sulla riduzione della reattività dei linfociti B e T (Monjan, Collector, 1977).

Le catecolammine invece vengono prodotte dalla midollare del surrene ed hanno il compito di preparare l' organismo all' azione e di migliorare le sue capacità di prestazione; esse vengono liberate in seguito all' attivazione emozionale che si ha in relazione ad una grande varietà di stimoli, tra i quali per l' uomo hanno particolare importanza quelli psicosociali. Il rischio di malattia si verifica quando l' attivazione neuroendocrina diviene cronica specialmente se non c'è la possibilità di realizzare quell' azione che potrebbe far diminuire lo stato di attivazione in cui si trova l' organismo (Panconesi, 1989).

Si può a questo punto concludere che stressors di varia natura, e quindi anche psicosociali ed intrapsichici possano produrre modificazioni dell' ambiente biologico dell'organismo predisponendolo così maggiormente alla malattia, tutto ciò attraverso l'alterato funzionamento del Sistema Immunitario, del Sistema Nervoso Vegetativo e del Sistema Nervoso Endocrino che, insieme al Sistema Nervoso Centrale, garantiscono in condizioni normali l' adattabilità e la sopravvivenza dell' individuo all'ambiente.

IMMUNOPATOLOGIA CUTANEA

E' ormai noto che molte alterazioni cutanee ritenute appartenenti all' area della dermatologia psicosomatica si accompagnano ad altrettante alterazioni immunologiche o sono a franca patogenesi immunologica (Panconesi,1989). D' altra parte sia la pelle che il Sistema Immunitario servono a proteggere gli organismi viventi dall' intrusione di corpi estranei: la pelle protegge dalle invasioni provenienti dall' esterno, il Sistema Immunitario limita ed impedisce la maturazione di corpi estranei all' interno del corpo vivente (Teshima et al., 1982).

Si rivela perciò importante analizzare più da vicino le immunoreazioni patogene cutanee.

Il termine "immunità" si riferisce all' insieme di reazioni che mirano all' eliminazione di sostanze estranee. Ciò che accomuna tutte le reazioni immunitarie è la loro specificità nei confronti di tali sostanze estranee, gli antigeni. In seguito all' introduzione dell' antigene avviene, come abbiamo già detto, la produzione degli anticorpi che sono capaci di legarsi ad esso in maniera specifica. Gli anticorpi sono Immunoglobuline Plasmatiche che comprendono cinque classi diverse per struttura e funzioni: IgA, IgD, IgE, IgG, IgM.

Quando l' anticorpo e l' antigene si uniscono, formano un "immunocomplesso".

Il "complemento" invece è un sistema enzimatico complesso costituito da proteine plasmatiche che, una volta fissatisi su un complesso antigene - anticorpo, può provocare l' attivvazione di cellule fagocitarie ( capaci cioè di ingerire e digerire particelle vive o inerti) e la liberazione di sostanze dotate di particolari caratteristiche farmacologiche.

Il polimorfismo delle reazioni immunitarie è quindi dovuto all' esistenza di molti tipi di cellule che provocano risposte diverse alla presenza della sostanza estranea utilizzando anticorpi, mediatori ed altre categorie di cellule che hanno capacità citotossiche.

Una classificazione delle risposte immunitarie, ancora oggi ampiamente adottata , è quella di Gelle e Coombs. Già nel 1963 gli autori, considerando le modalità con cui si verifica l' incontro antigene - anticorpo, o più precisamente, ill tipo di anticorpi o di cellule coinvolti in una determinata reazione immunologica, precisarono diversi meccanismi elementari in grado di produrre il danno tissutale. Essi propongono quattro tipi di reazioni immunitarie (Bach - Lesavre,1981).

1) IMMUNOREAZIONI PATOGENE CUTANEE DI TIPO I.

Le immunoreazioni patogene di tipo I sono iniziate da anticorpi, le cosiddette reagine, appartenenti alla classe dellle IgE e IgG, che hanno la capacità di fissarsi ad un recettore di membrana delle cellule fagocitarie, che in seguito all' interazione tra anticorpo ed antigene provocano la liberazione di mediatori a forte attività farmacologica come, per esempio, l' istamina, composto organico causa di molte reazioni allergiche, oltre ad essere uno dei mediatori chimici dei processi infiammatori (Bach - Lesavre, 1981).

Questo tipo di reazione è presente nell' Orticaria a patogenesi immunologica e nella Dermatite Atopica, anche se è bene specificare che per quest' ultima operano anche reazioni immunitarie cellulo - mediate e cioè del IV tipo secondo la classificazione di Gell e Coombs (Panconesi, 1989).

2) IMMUNOREAZIONI PATOGENE CUTANEE DI TIPO II.

L' anticorpo (della classe IgE ed IGM) si fissa sugli antigeni portati da alcune molecole o presenti sulle membrane cellulari. In questo caso la reazione antigene - anticorpo può attivare il complemento o attirare le cosiddette cellule K (cellule Killer) che provocano così una citolisi, distruggendo le cellule obiettivo sensibilizzate dagli anticorpi (Bach-Lesavre,1981).

Studi recenti hanno dimostrato che negli animali sottoposti a stress quali, per esempio, restrizione del movimento (ricerca a cui abbiamo già accennato), si verifica una soppressione della citotossicità delle cellule killer oltre ad una variazione nell'attività delle cellule fagocitarie; la fagocitosi è infatti influenzata anche dal grado di stress: in condizioni di stress non prolungato la fagocitosi aumenta, al contrario di ciò che accade per il prolungarsi dello stress (Teshima et al,1982).

Si ritiene che questo tipo di immunoreazione intervenga in alcune Dermatosi Bollose e nel Lupus Eritematoso per il quale lo stress è considerato, fin dagli anni '50, un possibile fattore scatenante, specialmente gli stress psichici rappresentati dalla perdita di una importante relazione interpersonale (Panconesi, 1989).

3) IMMUNOREAZIONI PATOGENE CUTANEE DI TIPO III.

Esse sono indotte da complessi antigene - anticorpo formatisi in eccesso di antigene ed in grado di depositarsi a livello delle pareti vasali o dei tessuti e di provocarvi così una lesione attraverso l' attivazione del complemento.

Anche questo tipo di immunoreazione patogena è coinvolta nel Lupus Eritematoso oltre che nelle Vasculiti Cutanee (Panconesi,1989).

4) IMMUNOREAZIONI PATOGENE CUTANEE DI TIPO IV.

Questo tipo di immunoreazione è mediata direttamente dai linfociti T, infatti alcune cellule T sensibilizzate possono agire in assenza di anticorpi per citotossicità diretta o per liberazione di mediatori sensibili che attivano le cellule fagocitarie (Bach - Lesavre,1981). Un deficit dell' immunità cellulo - mediata risulta coinvolto, come abbiamo già accennato parlando delle immunoreazioni patogene di tipo I, nella Dermatite Atopica. Esso si manifesta clinicamente con un' aumentata suscettibilità alle infezioni virali come per esempio l' Herpes Simplex, i cui rapporti con l' esposizione a situazioni emozionali stressanti sono ormai stati dimostrati da ricerche sperimentali effettuate su animali (Panconesi, 1989).

I ritrovati clinici e biologici indicano inoltre che i fattori immunologici potrebbero avere una importanza fondamentale anche nella patogenesi dell' Alopecia Areata e in particolare modo sembra coinvolta in questa malattia proprio una diminuzione della risposta immunitaria dipendente dalle cellule T (Nunzi et al,1980).

LA PELLE DAL PUNTO DI VISTA ANATOMICO

La pelle costituisce la superficie del nostro corpo, la nostra tunica, ma non si può definire un involucro inerte visto il suo ruolo decisivo non solo nel proteggerci dagli agenti esogeni, termici ed infettivi, ma anche sul piano comportamentale: come superficie esterna dell' uomo la pelle è il luogo dove si svolgono fin dalla nascita gli scambi di informazioni tattili e sensoriali con l' esterno, essa rappresenta il limite tra l' organismo e l' ambiente.

La pelle si estende per circa quindicimila centimetri quadrati e costituisce il 20% del peso totale del corpo di un adulto; i bambini hanno un' area cutanea leggermente più estesa e questo ci spiega la loro particolare termolabilità a causa della maggiore dispersione di calore. Lo spessore della pelle è mediamente di mezzo millimetro, eccetto in alcune parti dove può raggiungere qualche centimetro: per esempio, è più spessa la zona del palmo della mano e meno quella del volto; il particolare spessore in alcune zone (callosità) è dovuto ad un meccanismo protettivo messo in atto in relazione a sollecitazioni localizzate e continue.

La pelle presenta variabilità anche per quanto riguarda il colore, grazie a tre principali fattori: il colorito roseo proveniente dalla vascolarizzazione, il colorito dovuto alla presenza di un pigmento, le modificazioni dovute all'assorbimento della luce; in ogni caso è il secondo fattore, quello relativo alla pigmentazione che determina il colore: la presenza del pigmento modifica l' aspetto traslucido della pelle e la fa variare dal colore giallo, al dorato, al bruno. L' incremento della concentrazione del pigmento inoltre rappresenta un importante schermo per le radiazioni.

Struttura

Se analizziamo più da vicino la struttura della pelle, vediamo che è costituita da tre strati: l' EPIDERMIDE, il DERMA, IL SOTTOCUTANEO. L' EPIDERMIDE presenta un continuo processo di rinnovamento che porta alla produzione di strati imponenti di cheratina (sostanza fondamentale per la produzione delle cornee: peli, unghie, etc.).

Essa ha un rapporto spaziale caratteristico con la zona del derma a lui sottostante; infatti si prolunga con delle sporgenze epiteliali che affondano nel derma da cui partono e si espandono ad intersezione le papille dermiche.

Nell' epidermide sono presenti diversi tipi di cellule: i cheratinociti, sicuramente i più numerosi, che manifestano la citomorfosi cornea, producendo cheratina; i melanociti la cui diffusione è generalizzata anche se sono più presenti in particolari zone cutanee; le cellule di Merckel che si trovano principalmente nelle zone ricche di apparati piliferi e nella mucosa orale.

L' epidermide è costituita da uno strato profondo, lo STRATO MALPIGHIANO, a sua volta composto dallo strato germinativo e dallo strato spinoso, e da uno più superficiale, lo STRATO CORNEO.

Lo strato germinativo è formato da un piano di piccole cellule in contatto reciproco ed è la zona dove avviene la moltiplicazione cellulare che permette il rinnovamento epiteliale.

Lo strato spinoso è formato invece da diversi piani di cellule tra i quali i cheratinociti che assumono una forma particolare, "spinoso" (Bairati, 1980).

Lo strato corneo, diretta continuazione dello strato spinoso, è composto dalla fusione compatta di quattro strati di cellule tipo mattoni di un muro in cui la cheratina, prodotta ed accumulata da lacune, incapsula le altre (Anzieu, 1985).

Il DERMA è una membrana connettivale di aspetto biancastro e di spessore variabile che si estende dallo strato germinativo dell' epidermide fino al sottocutaneo. In esso troviamo due zone: una più superficiale a contatto con l'epidermide, chiamata "strato papillare" perchè comprende abbondanti papille dermiche riccamente vascolarizzate, ed uno più profondo chiamato "strato reticolato". Quest' ultimo ha una struttura piuttosto densa ed è per questo che appare particolarmente resistente a tutte le deformazioni meccaniche di trazione, pressione, strappo.

Il SOTTOCUTANEO, detto anche "ipoderma", è in realtà un isolante costituito da una struttura a spugna; è un tessuto connettivo ricco di elementi adiposi che unisce e permette i reciproci spostamenti della pelle sugli strati profondi muscolari ed ossei. E' chiaro quindi che la sua struttura non sarà densa, ma piuttosto lassa, ricca di fibre elastiche che permettono lo scorrimento ed il sollevamento delle pelle. Anche per il sottocutaneo possiamo distingure due strati: uno superficiale con concentrazione di elementi gassosi rotondeggianti ed uno più profondo con struttura lamellare (Bairati, 1980).

Dispositivo vascolare - Formazioni pilifere - Ghiandole

La pelle ha un dispositivo vascolare con un particolare significato funzionale perchè provvede oltre che al suo nutrimento, anche alla termoregolazione.

Esso è composto da due reti vascolari, una del sottocutaneo ed una più superficiale a livello delle papille dermiche, la rete subpapillare. La prima rete provvede oltre che alla zona sottocutanea, anche a quella del derma; la seconda è costituita da reti capillari con percorso ad ansa che nutre per diffusione l' epidermide.

Le anse capillari papillari sono coinvolte nel meccanismo di dispersione di calore per cui in esse la circolazione avviene in relazione alle necessità della termoregolazione cutanea in seguito ai fenomeni di vasocostrizione e vasodilatazione che si accompagnano spesso a ben visibili cambiamenti di colorazione cutanea (Bairati,1980).

Parlando della pelle non si può tralasciare almeno un accenno alle formazioni pilifere che su di essa si impiantano.

La formazione pilifera è costituita da una parte ben visibile che si chiama "fusto" o "scapo" accolta da una introflessione epidermica denominata "follicolo pilifero". Quando il fusto del pelo penetra nella pelle si continua nella radice che termina poi in un ingrossamento, il bulbo. Al follicolo sono annessi una ghiandola sebacea ed un muscolo erettore del pelo. Le formazioni pilifere sono distribuite per tutta la superficie della pelle eccetto alcune zone come per esempio il palmo della mano e la pianta del piede; le loro caratteristiche variano comunque in relazione alle regioni in cui sono presenti, oltre che all' età ed al sesso (Bairati, 1980).

Infine la pelle contiene molte ghiandole di tipo e grandezza diversa: ghiandole sudoripare eccrine, ghiandole sudoripare apocrine,ghiandole sebacee, ghiandole mammarie.

Le ghiandole sudoripare eccrine, tipiche dei mammiferi superiori e dei Primati, si trovano in tutta la pelle, specialmente nel cuio capelluto, ma sono presenti anche nelle zone sprovviste di peli. Esse hanno una importante funzione emuntoria e collaborano alla termoregolazione ed allo scambio idrico. La sostanza che secernono è il sudore, un liquido acido che contiene sali ed altro materiale. Esso, riversato sulla superficie della pelle, la mantiene morbida ed umida; inoltre con l' eliminazione del sudore si ha un' azione termoregolatrice a causa della dispersione di calore.

Le ghiandole sudoripare apocrine nell' uomo sono abbastanza ridotte e si trovano nel cavo ascellare, nell' inguine nella zona dell' aureola mammaria, nella cute perineale. Il loro punto di sbocco è il follicolo pilifero, vicino a quello delle ghiandole sebacee. Sono più voluminose delle ghiandole sebacee eccrine; il loro secreto è alcalino e contiene sostanze organiche che provocano un odore acre ed è per questo che sono anche denominate "ghiandole dell' odore".

Le ghiandole sebacee sono collegate al follicolo pilifero nel quale sboccano; si trovano diffuse per tutta la pelle, infatti esistono anche dove non ci sono apparati piliferi, ed in questo caso sbucano direttamente sulla superficie. Il loro secreto è il "sebo", materiale tipicamente lipidico che forma un velo interno al pelo ed intorno alla superficie libera della pelle a cui dà una certa morbidezza.

Le mammelle infine sono organi dell' apparato tegumentario contenenti ghiandole cutanee, le ghiandole mammarie. Esse entrano in piena attività solo dopo il parto, producendo grande quantità di secreto anche per oltre un anno, nonostante la media per l' allattamento sia, per la razza bianca, di sei mesi (Bairati,1980).

Le funzioni dell' apparato tegumentario sono quindi molteplici: una funzione protettiva in relazione alle sollecitazioni meccaniche esterne a cui la pelle risponde deformandosi in maniera elastica oppure producendo un maggior spessore degli strati epidermici. Altra funzione è quella di fornire uno schermo per le radiazioni luminose, ultraviolette, ultrarosse. Inoltre la pelle da una parte è un ostacolo per la perdita di liquidi dai tessuti profondi e dall' altra con le sue ghiandole ne elimina una grande quantità contribuendo alla regolazione idrico - salina dell' organismo. E ciò ci conduce a quella che è una delle funzioni più importanti della pelle: la termoregolazione che si realizza tramite i fenomeni di vasocostrizione e vasodilatazione.

Tutto questo però non deve farci dimenticare che la pelle può manifestare caratteristiche di usura e che il suo rinnovamento è possibile solo a livello dell' epidermide, mentre il derma non ha la possibilità di rigenerarsi e quindi la distruzione di questo con le ghiandole e le formazioni pilifere in esso contenute, non può essere riparata. Inoltre, essendo l' apparato tegumentario collegato con tutte le attività dell' organismo, le varie manifestazioni patologiche, hanno notevole rilievo sulla pelle (Bairati,1980).

SIGNIFICATO PSICOLOGICO DELLA PELLE

La cute, ha un ruolo decisivo nel mantenimento dell' omeostasi dell' organismo e l' importanza della sensibilità cutanea per la sopravvivenza dell' individuo e della specie è ormai universalmente riconosciuta: si può vivere da ciechi, sordi, privi dell' olfatto e del gusto, ma difficilmente si sopravviverà al deterioramento totale della pelle e quindi alla perdita della funzione tattile; la tattilità è infatti filogeneticamente ed ontogeneticamente il primo tra i sensi (Anzieu,1985).

La cute è quindi un importantissimo organo di senso che riceve continuamente stimoli tattili, termici e dolorifici. D' altra parte, anche a livello figurativo e nel linguaggio comune la pella ha significati diversi ed interessanti: "lasciarci la pelle", "amici per la pelle", "avere i nervi a fior di pelle".

Un medico scrittore, Mantegazza, l' ha così definita: "E' telegrafo per il mondo esterno e specchio per il mondo interno" (Bassi, 1977). Queste parole sono estremamente significative perchè in effetti la pelle ci permette di inviare al mondo esterno dei messaggi molto efficaci, senza la necessità di utilizzare vane parole e contemporaneamente su di essa trovano espressione esibizionismo e bisogno di espiazione e può essere vista quindi come luogo dove trovano espressione privilegiata le manifestazioni di disagio psicosomatico.

Tra l' altro una delle caratteristiche psicologiche ricorrenti nel paziente dermatologico è costituita da alterazioni della percezione e dell' autopercezione cutanea, ed infatti l' esperienza clinica con questo tipo di paziente dà enorme rilievo al contatto corporeo (Pancheri, 1984).

Il contatto curtaneo nelle prime relazioni oggettuali

Ci si può a questo punto ben immaginare l' importanza del contatto e del tatto a partire dalla relazione madre - bambino: il primo legame affettivo si costituisce proprio grazie alla soddisfazione del bisogno di contatto e di calore che il bambino sperimenta all 'inizio della sua vita.

Ciò è valido ovviamente non solo per il bambino, ma anche per i piccoli di altre razze animali, come hanno dimostrato le ormai classiche ricerche di Harlow e collaboratori sulle scimmie "Rehsus": le piccole scimmie furono separate dalla madre e messe in contatto con due madri sostitutive costruite con del filo metallico, una delle quali era coperta di panno morbido. I piccoli venivano sfamati tramite una bottiglia contenete latte che poteva essere posta in uno o nell' altro simulacro. Il risultato fu che i piccoli passavano la maggior parte del loro tempo presso la madre di panno indipendentemente dal fatto che fornisse loro il cibo. Inoltre, quando i piccoli si trovavano in una situazione pericolosa come quella dovuta alla presenza di un oggetto nuovo a loro estraneo, quelli allevati dalla madre di panno, dopo una prima reazione di paura che li portava ad aggrapparsi a lei, riuscivano ad esplorare l' oggetto; viceversa, quelli allevati dalla madre metallica nè ricorrevano a lei nè all' esplorazione ambientale (Camaioni,1980).

Risulta quindi evidente il valore primario del contatto corporeo, specialmente nelle prime relazioni infantili.

In linea con questo filone si esprime anche Montague che mette in evidenza l' influenza prolungata delle stimolazioni tattili sullo svliuppo e sul funzionamento del nostro organismo; tali stimolazioni (costituite da leccatura, pettinatura, palpeggiamenti, carezze), secondo Montague, aiutano fin dalla nascita lo svilupparsi di attività quali la respirazione, la vigilanza, le difese immunitarie, la socievolezza, il senso di sicurazza; gli scambi tattili risultano inoltre essenziali per un normale sviluppo sessuale (Anzieu, 1985).

Di questa opinione sono anche altri autori di stampo psicoanalitico che hanno messo in primo piano il ruolo della pelle e delle prime esperienze infantili tattili e cutanee considerandole essenziali per uno sviluppo sano del bambino sia dal punto di vista fisico che psichico. Per Anna Freud, per esempio, essere accarezzato ed abbracciato all' inizio della vita, aiuta il bambino a costruire un 'immagine corporea ed un io corporeo sani.

Per Fenichel la pelle ha invece quattro funzioni:

1) come strato di copertura ha una funzione protettiva generale che attua esaminando gli stimoli in arrivo, attutendoli o eventualmente, allontanandoli; allo scopo di applicare le stesse misure protettive contro gli stimoli disturbanti interni, l' organismo tende a trattarli come fossero esterni, mettendo così in atto un meccanismo di superficializzazione delle situazioni conflittuali;

2) è un' importante zona erogena e se l' esigenza di utilizzarla come tale viene repressa, allora si possono verificare le alterazioni cutanee;

3) essendo la superficie del nostro organismo, e quindi la nostra parte più esposta e visibile, è il luogo dove si esplicitano i conflitti circa l' esibizionismo;

4) le reazioni simpatico - toniche dei vasi della pelle possono rappresentare la presenza di angoscia (Bassi,1977).

Due autori, Esther Bick in Gran Bretagna e Didier Anzieu in Francia, hanno sviluppato un punto di vista molto originale sull' importanza ed il ruolo della pelle nel bambino.

Esther Bick ritiene che la pelle svolga un ruolo di collegamento tra le componenti della personalità del bambino che nella loro forma più primitiva non hanno ancora capacità coesiva e che devono quindi essere tenute insieme: ciò avviene proprio grazie all' azione contenitrice della pelle che funziona come confine. Solo quando questa funzione di contenimento sarà introiettata grazie all' identificazione con essa, sarà possibile superare lo stadio precoce di non integrazione e costruire quindi uno spazio interno ed uno esterno (Bick, 1968).

Didier Anzieu considera le prime sensazioni cutanee essenziali per introdurre il bambino in un universo di esperienze nuove e complesse. Ciò avviene fin dalle prime cure di cui il piccolo è oggetto, quando cioè viene tenuto in braccio, lavato, accarezzato, coccolato; è infatti grazie a queste prime appaganti e rassicuranti esperienze di contatto tra il corpo del bambino e quello della madre che viene acquisita la percezione della pelle, necessaria perchè garantisce l' integrità dell' involucro corporeo contro le angosce di involucro perforato e quindi di svuotamento.

Anzieu ha introdotto in questo senso il concetto di IO - PELLE che può essere spiegato come una rappresentazione dell' Io del bambino utilizzata da questo nelle prime fasi del suo svilippo; grazie ad essa il bambino riesce a vedere il proprio Io come capace di contenere materiale psichico, il tutto a partire dalla consapevolezza della propria superficie corporea che gli fornisce la possibilità di differenziare lo spazio interno da quello esterno; il concetto di Io - Pelle ha quindi il pregio di farci valutare la grande importanza della funzione di contenimento e di differenziazione della pelle.

L' Io - Pelle ha principalmente tre funzioni: è il sacco che contiene il buono che le cure materne vi hanno depositato; la barriera che delimita gli spazi e che quindi impedisce l' entrata di materiale esterno non gradito, come per esempio l' aggressività altrui; è il luogo privilegiato della comunicazione con gli altri (Anzieu, 1985).

A questo proposito è interessante sottolineare che nonostante la pelle sia una barriera protettiva contro le pertubazioni esterne ed una difesa del nostro stato interno, molto spesso dice di noi più di quanto vorremmo: su di essa sono evidenti la nostra salute, l' età, l' etnia, le cicatrici, i rossori, i pallori, i brividi.

Infatti, " la pelle è un organo di senso ricco di terminazioni nervose che trasmettono piacere e dolore e che come tale può diventare sede di sintomi di conversione quali anestesie, parestesie, iperestesie, o bersaglio di manovre masochistiche, volontarie come in evidenti condotte perverse, o inconsce " (Biondi, 1992).

La pelle come confine

Se torniamo per un attimo a considerare l' idea della pelle come confine e la sua funzione di barriera, non possiamo non prendere in considerazione le ricerche di Fisher e Cleveland che, analizzando le risposte ad alcuni test proiettivi come le macchie di Rorschach o di Holtzmann, hanno individuato due nuove variabili: Barriera e Penetrazione.

La prima è valutata in tutte le risposte che implicano una membrana, un guscio, ed è una grandezza psicologica che esprime il grado di definitezza nella percezione dei confini del proprio corpo e la capacità di demarcazione del corpo dall' ambiente esterno" (Ruggieri, 1988). La variabile Penetrazione si riferisce invece alla percezione di un corpo che può essere leso e perforato facilmente.

Fisher e Cleveland, dopo aver somministrato il test di Rorschach ai pazienti psicosomatici, hanno stabilito che coloro che avevano un sintomo localizzato sulla parete esterna del corpo, immaginavano quest' ultimo come ben delimitato; al contrario, coloro che presentavano una sintomatologia che interessava le viscere, percepivano il proprio corpo come facilmente penetrabile (Anzieu, 1985).

Non in totale accordo con questi risultati sono quelli pervenutici da ricerche più recenti grazie alle quali si è potuto constatare nei dermopatici un più basso livello di Barriera nel senso di Cleveland e Fisher, ed un più alto rifiuto del contatto fisico - erotico.

Quando si parla del contatto fisico - erotico si fa riferimento all' ipotesi secondo la quale intorno al soggetto si delineano tre barriere psicologiche concentriche: barriera dell' intimità fisico - erotica, la più vicina la soggetto; barriera spaziale; barriera sociale.

Il soggetto può innalzare ognuna delle tre barriere rendendo più difficile il contatto a quel livello, e ciò fornisce una possibile spiegazione del fatto che nei dermopatici sia presente un più alto rifiuto del contatto fisico - erotico: il basso livello di barriera nel senso di Fisher e Cleaveland li rende più indifesi nei confronti delle sollecitazioni al contatto e quindi diviene necessario una specie di compensazione tramite un innalzamento di quella che è la barriera più vicina al soggetto, quella fisico - erotica. Se il paziente riuscisse ad acquisire confini più stabili, allora probabilmente avvertirebbe meno il timore del contatto interpersonale (Milizia et al, 1988).

Gestione del piacere nei dermopatici

Altre ricerche in ambito psicofisiologico (Ruggieri,1988) si sono concentrate sui livelli di sensazioni subiettive di piacere di soggetti portatori di patologia psicosomatica ed organica, analizzando alcuni tipi di patologie tra cui la dermopatia (presente in diverse forme: orticaria, eczema, psoriasi).

I soggetti dovevano indicare su una scala da uno a dieci punti il grado di intensità subiettiva di piacere avvertito durante le quattro fasi del comportamento sessuale descritte da Master e Johnson: eccitazione, plateau, orgasmo, risoluzione.

 Nel gruppo dei dermopatici c' erano molti soggetti che avvertivano "piacere - tensione" in tutto il corpo nella fase di risoluzione, cioè una certa persistenza dell' eccitazione piacevole dopo la scarica orgastica; il dato interessante è che tale eccitazione residua coinvolge in maniera specifica il sistema somestesico (muscoli e cute) che nei dermopatici è proprio la sede della lesione.

 Per esaminare meglio questo aspetto, e cioè il ruolo della cute nei processi di eccitazione piacevole, l' autore ha voluto analizzare la sensibilità tattile al solletico dei dermopatici ed ha constatato che questi soggetti presentano una certa inibizione nel rispondere allo stimolo solleticante.

 Noi sappiamo che il solletico, provocato da una lieve stimolazione tattile della cute, si compone di tre fasi: Fase di Latenza, nella quale il soggetto ha sensazioni denotative, cioè solamente tattili; Fase Connotativa, nella quale il soggetto ha la sensazione subiettiva di piacevolezza tipica del solletico; Fase di Adattamento, nella quale scompare la sensazione di piacevolezza e ricompare la sensazione denotativa. La durata delle tre fasi dipende dalla capacità del soggetto di gestire il delicato equilibrio eccitazione - inibizione e quindi il solletico ci permette di individuare il suo atteggiamento nei confronti degli stimoli piacevoli; per esempio, una Fase di Latenza troppo lunga, indica una certa resistenza nei confronti di esperienze tattili piacevoli, ed è significativo sapere che ciò è proprio quello che accade nei dermopatici.

 Si può quindi concludere che sia la resistenza al contatto fisico - erotico che quella allo stimolo solleticante, dimostrino la presenza di una certa inibizione nei confronti di stimoli piacevoli, magari proprio per far fronte alla fragilità dei propri confini corporei. Forse non è azzardato affermare che tale inibizione a livello cutaneo potrebbe essere una condizione favorente l' insorgenza di patologia proprio in questa sede (Ruggieri, 1988).

Il prurito

La sensibilità tattile, essenziale per la sopravvivenza dell' individuo e della specie, viene chiamata prepotentemente in causa a proposito di quello che viene definito "sistema funzionale prurito - dolore". Ciò che a noi più interessa è sicuramente il prurito, anche perchè generalmente i pazienti dermopatici si lamentano di questo e non del dolore, anche se il prurito è stato spesso considerato una specie di dolore subliminale.

 Vero è che la sensazione di prurito sembra il risultato di stimolazioni alle terminazioni amieliniche dello stesso nervo responsabile della percezione del dolore. Non tutti comunque sono d' accordo con questa sorta di parziale identità prurito - dolore, visto che si sono rilevate delle notevoli diversità di reazione: la somministrazione di morfina allevia il dolore ed aggrava il prurito; così come è noto che si può trarre sollievo al prurito nell' acqua calda ed intensificazione del dolore nella stessa.

 Il meccanismo fisiologico del prurito è quindi ben lontano da essere definitivamente chiarito.

 Più interessante per noi è l' origine emotiva del prurito, ed un notevole contributo in questo senso è fornito da Musaph, psicodermatologo di Amsterdam.

 Per l' autore prurito e grattamento sono "attività derivate", come sbadigliare, passarsi la mano tra i capelli, accarezzarsi la guancia, tirarsi il lobo dell' orecchio, muovere ritmicamente il piede. Si tratta di comportamenti per lo più inconsci che possono significare collera, impazienza, imbarazzo, eccitamento sessuale, etc.

 Il grattamento, che è per Musaph un' attività derivata tra le più importanti, costituisce sovente una scarica emotiva legata all' imbarazzo o ad una intensa concentrazione.

 Inoltre, il grattarsi dà comunque piacere; basti ricordare il grattarsi la schiena che è un piacere filogeneticamente antico, comune a tutti i mammiferi. Per gli animali infatti questo comportamento è legato all' esperienza sessuale, in quanto nell' accoppiamento vi è una sollecitazione cutanea a livello dorsale, ed è probabile che abbia un significato simile anche nell' uomo. E' indubbio infatti che la pelle sia una zona erogena nella sua interezza, e la sua stimolazione, quando non provoca dolore, dà piacere (Bassi, 1977).

 Ciò che quindi risulta indiscusso è il legame prurito - emozione, e questo è ovviamente dda tenere in debita considerazione visto che il prurito sembra essere una caratteristica essenziale di molte malattie psicosomatiche della pelle. Per esempio esso è considerato, come spiegheremo meglio più avanti, l' aspetto comportamentale più delicato nella Dermatite Atopica perchè mette in atto un pericoloso meccanismo autoperpetuantesi lesione - grattamento - lesione.

 Dal punto di vista clinico le sue particolari modalità di scatenamento e mantenimento, legate anche a variabili ambientali, emozionali, metereologiche, ne fanno un sintomo di difficile trattamento.

NOTE DI PSICOSOMATICA PSICODINAMICA SULLE DERMOPATIE

Molti contributi allo studio delle psicosomatosi in campo dermatologico sono stati forniti da autori di chiara estrazione psicoanalitica. La Dunbar, già nel 1947, tentò di descrivere le strutture caratteriali di base che predispongono a diversi stati patologici, sostenendo che non è la natura dello stimolo a determinare l' insorgenza di una affezione psicosomatica, ma una specifica "personalità predisposta".

 Nel caso delle dermatosi sottolineò il disinteresse della madre ed il suo conflitto profondo tra desiderio d' amore ed il timore di rimanere feriti, ottenendo così nel bambino una struttura caratteriale precisa connotata, in età adulta, da competitività, meticolosità ed ipercontrollo (Pancheri, 1984).

 Al contrario, per Franz Alexander esistono degli schemi dinamici specifici e quindi non è la personalità dell' individuo l' elemento essenziale da prendere in considerazione, ma il tipo di conflitto psichico inconscio.

 L' autore inoltre invita ad una più intelligente comprensione del paziente come unità psicofisica, nella ferma convinzione dell' importanza rivestita dall' intimità psicoemotiva individuale, dai primi "stress infantili" fino alle più importanti evenienze della vita e del lavoro visti come possibili fattori morbigeni.

 Alle malattie della pelle Alexander ha dedicato un capitolo del suo "Medicina Psicosomatica", considerando la cute sede di somatizzazione di conflitti incentrati sull' esibizionismo ed il sado - masochismo.

 Infatti "il mettere in mostra il corpo allo scopo di ottenere attenzione, amore, favore, in altre parole esibizionismo, è usato come un' arma nella lotta e risveglia sentimenti di colpevolezza. Secondo la legge del taglione il castigo deve essere commisurato al delitto; la pelle che servì come strumento di esibizionismo diviene il campo di una dolorosa afflizione".

 In maniera più specifica, Alexander ritiene che nell' orticaria, così come nell' asma, copra un notevole ruolo la dipendenza dai genitori, mentre in svariate forme di prurito specialmente dell' ano e della vulva, si possa intravedere la presenza di un eccitamento sessuale inibito: in questi casi il grattarsi diviene un piacere erotico.

 Altro elemento di particolare rilievo secondo l' autore è il circolo vizioso che viene ad instaurarsi in relazione al prurito cutaneo, problema tra l' altro a cui abbiamo già accennato e di cui parleremo in maniera più approfondita trattando la Dermatite Atopica: il continuo grattamento porta a modificazioni nella delicata struttura della pelle rendendo le terminazioni nervose più sensibile agli stimoli esterni. Quindi, allo stimolo psicologico del grattamento se ne affianca uno fisico che provoca un' ulteriore spinta a grattarsi con un evidente aggravamento delle lesioni cutanee causa di prurito (Alexander, 1951). In relazione a questo argomento si esprime anche Renata Gaddini, la quale ritiene che la malattia o lo stesso sintomo prurito possano essere indicativi di un antico comportamento distorto, al quale il paziente regredisce in particolari situazioni di angoscia e stress che riproducono il disagio psicologico originario.

 Tutta la patologia si basa quindi su un difetto maturativo e si instaura in alternativa ad un contenimento (con le braccia, gli occhi, la voce), che non è abbastanza buono per quel particolare bambino, in un periodo della vita nel quale non si è ancora avuta una solida organizzazione del Sè (Gaddini, 1980).

 Anche Giuliani e Gentili in un articolo del 1986 ritengono che il sintomo psicosomatico sia legato ad un inadeguato rapporto madre - bambino nella primissima infanzia promotore della costituzione nel bambino di un deficit strutturale dell' Io ed in particolare dei confini della sua identità corporea.

 La presenza di un deficit relativo ai confini corporei nei dermopatici è da noi già stata rilevata, in più gli autori ritengono che: "Qualora sia presente una insufficiente coesione delle sue strutture di confine, il dolore, diventando una minaccia di disintegrazione psichica, deve essere esternalizzato, come superficializzato oltre i confini dell' Io corporeo e trasformato in un attacco che viene dall' esterno, che solo esternamemnte tocca i suoi confini provocandovi un' affezione dolorosa" (Giuliani e Gentili, 1986).

DERMATOSI PSICOSOMATICHE

Può sembrare strano che, nonostante l' esistenza di questi ed altri numerosi contributi alla comprensione degli aspetti psicologici delle malattie cutanee, risalenti anche agli anni cinquanta, la dermatologia psicosomatica in Italia sia riuscita a guadagnarsi uno spazio solo negli ultimi anni, anche se i dermatologi hanno da sempre considerato il fattore psichico come cofattore interveniente in moltissime dermopatie.

 La lentezza con cui la dermatologia si è avvicinata all' impostazione psicosomatica sembra attribuibile all' abitudina stessa del dermatologo di occuparsi di patologie visibili, toccabili ed istologicamente investigabili, abitudine che non si adatta facilmente a considerare fattori poco obiettivabili come emozioni e conflitti (Giuliani e Gentili, 1986).

 E' forse per questo motivo che oggi da più parti si sente l' esigenza di effetture un intervento di equipe riguardo alle patologie da noi considerate, in modo che psichiatri e psicologi collaborino a fianco dei colleghi dermatologi per i trattamenti di quei pazienti il cui quadro clinico presenta chiare implicazioni psichiche o psicosomatiche. D' altra parte è frequente scoprire le connessioni tra malattia dermatologica e disturbi psicologici, sia dal punto di vista etiopatogenetico che da quello delle ripercussioni psichiche secondarie (Panconesi, 1989).

 Questo problema è ulteriormente aggravato dal fatto che la percezione della malattia cutanea genera frequentemente nei rapporti interpersonali un senso di repulsione spesso esagerato e razionalmente ingiustificato, tale da condurre ad un comportamento di evitamento al contatto nei confronti del paziente dermatologico che produce conseguenze estremamente negative nel rapporto medico - paziente.

 Spesso infatti, medici abituati al contatto con patologie realmente contagiose che però non presentano manifestazioni esteriori, sono piuttosto riluttanti a toccare la cute di un paziente che presenta una dermatosi non infettiva. Ovviamente ciò non ha una buona ripercussione sul paziente per il quale il sintomo dermatologico ha già caratteristiche totalizzanti rispetto all' immagine del corpo coinvolgendolo nel suo insieme, come superficie esposta all' ambiente ed alle reazioni collettive. La percezione del paziente non è quindi: "il mio organo cute è malato", ma "io sono impuro" (Pancheri, 1984).

 Le malattie cutanee sono state quindi variamente collegate ad eventi psicoreattivi dando luogo a differenti ipotesi di classificazione senza raggiungere mai una formulazione esaustiva del rapporto eziologia-patogenesi-prognosi, visto che questo tentativo risente ovviamente del punto di vista dell' autore che privilegia ora l' ottica psicofisiologica, ora quella psicodinamica, e così via.

 D' altra parte in gran parte delle dermatosi si pùò riscontrare una componente eziopatogenetica emozionale, anche se in alcune di esse tale componente sembra più netta ed evidente: queste dermatosi possono essere definitie "dermatosi psicosomatiche" (Pancheri, 1984).

 Tra queste ci siamo voluti occupare in maniera più specifica, anche se a titolo puramente esemplificativo, dell' Orticaria, della Dermatite Atopica, dell'Alopecia Areata. Tali patologie sono definite da Koblenzer "condizioni con forte partecipazione di fattori psicologici" (Koblenzer, 1983) e da Pancheri "dermatosi psicosomatiche propriamente dette".

 Oltre a queste abbiamo trattato brevemente un' altra patologia interessante per la sua diffusione: la Psoriasi, definita da Koblenzer una "condizione a base genetica, costituzionale ed ambientale il cui decorso è influenzato da fattori psicologici".

ORTICARIA

L'orticaria è una dermatosi frequente caratterizzata dalla presenza di lesioni pomfoidi costituite da un edema cutaneo localizzato e transitorio, di forma ovale o circolare di colorito bianco porcellanaceo o lievemente eritematoso, di grandezza variabile da pochi millimetri a pochi centimetri. Le lesioni pomfoidi possono confluire in forme bizzarre persistendo generalmente per poche ore, meno di ventiquattro.

 L'orticaria si può presentare a qualsiasi età e si calcola che circa il 15-20 % della popolazione ne sia affetto almeno una volta nel corso della vita. La forma acuta è più frequente nell'età giovanile senza distinzione tra i sessi, viceversa una certa prevalenza femminile è riscontrabile, specialmente nella mezza età, nella forma cronica.

 In genere comunque questo disturbo ha un decorso acuto ed in tal caso la prognosi è del tutto favorevole; al contrario, quando le manifestazioni si protraggono per più di sei settimane, si parla di orticaria cronica per la quale la risoluzione diviene molto più problematica (Biondi, 1992).

 Dal punto di vista patogenetico, l'orticaria è determinata da un' alterazione nella permeabilità dei capillari e più precisamente da un incremento localizzato della stessa dovuto all'intervento di mediatori chimici quali l'istamina.

 La forma acuta è per lo più allergica, mentre la forma cronica risulta di difficile inquadramento. Esistono orticarie solari, da caldo, da freddo, da acqua, da stimoli traumatici (combinazione di compressione e stiramento a cui la cute reagisce con una anomala risposta orticata). In circa un terzo delle orticarie croniche, comunque, gli stimoli psicogeni sembrano avere un ruolo scatenante o di incremento in correlazione ad altri fattori fisici (Pancheri, 1984).

 L' osservazione che l'orticaria spesso sembra essere correlata a situazioni psicologiche particolari ha origine lontana nel tempo: per esempio, già nel 1953 Wittkower in un suo studio sulla personalità di questi pazienti rilevò la presenza di meccanismi psicopatologici quali masochismo, aggressività repressa ed esibizionismo represso, oltre al fatto che esperienze di perdita o di minaccia di perdita di persone significative precedevano la comparsa o la recidiva della malattia nel 70 % dei casi (Wittkower, 1953).

 I primi studi sull'argomento, comunque di stampo chiaramente psicodinamico, consideravano l'orticaria come un mezzo simbolico di espellere una repressa ostilità interna ( il cosiddetto " pianto cutaneo " ). Queste prime teorie, che consideravano i fattori psicologici come la sola causa, sono state in seguito scartate perchè inapaci in molti casi di spiegare adeguatamente l'eziologia dell'orticaria.

 Altro argomento ancora in fase di dibattito è se un'aberrazione nel profilo psicologico sia un fattore-causa che contribuisce allo sviluppo dell'orticaria, o se invece sia una conseguenza della malattia: è difficile cioè in questo caso stabilire la direzione della causalità. Rimane comunque importante accertare la presenza di una determinata tipologia psicologica anche tralasciando momentaneamente la direzione del rapporto causale (Sperber, 1989).

 Va in questo senso la ricerca del 1980 di Fava ed altri che hanno messo a confronto tre malattie della pelle: orticaria, psoriasi, infezione da fungo.

 I pazienti con orticaria, tra quelli considerati, mostravano una psicopatologia maggiormente accentuata: erano più ansiosi, depressi e provavano maggiori sensazioni di inadeguatezza, così come risultava dal test di esame sintomatologico di Kellner Sheffield (SRT).

 SRT è una scala composta da trenta punti basata sull'autoesame, che non mira a misurare le caratteristiche costanti della personalità, ma la presenza immediata dello stress. In essa sono presenti quattro sottoscale riguardanti ansia, depressione, somatizzazione, sensazione di inadeguatezza.

 In questa stessa ricerca inoltre è stata riscontrata ,secondo la metodica di Paykel, la presenza di almeno un evento stressante nei sei mesi precedenti la comparsa dei sintomi dell' orticaria nel 90 % dei casi. La scala di Paykel consiste in una lista di sessantatrè eventi raggruppabili in categorie a seconda dell' area di attività, del cambiamento apportato nell' ambito sociale del soggetto, della desiderabilità e del controllo potenziale del soggetto sull' evento (Fava et al., 1980).

 Anche Teshima ed altri hanno riscontrato fattori di stress quali tensione al lavoro e difficoltà nelle relazioni sociali nell' ambiente lavorativo, scolastico e familiare in quarantaquattro dei cinquantatrè pazienti con orticaria cronica esaminati ( 83% ), segnalando anche la presenza di tratti di ipocondria ed aggressività.

 Da queste osservazioni gli autori concludono che cambiamenti nello stile di vita possono costituire una concausa dell' orticaria cronica ed influenzarne addirittura la prognosi (Teshima et al., 1982).

 Interessante anche la ricerca effettuata da Cardinali e D' Uva Lisi su diversi pazienti psicosomatici, tra quali venti affetti da orticaria cronica, tramite il Picture Frustration Study di Rosenzweig, un test di comportamento capace di rilevare non tanto aspetti profondi della personalità, quanto le modalità reattive fondamentali agli stress della vita di ogni giorno.

 Il test permette di valutare la direzione dell' aggressività distinguendo tra risposte extrapunitive quando essa è rivolta all' esterno, risposte intrapunitive quando è rivolta verso se stessi, risposte impunitive o non punitive quando viene repressa o rimossa.

 All'interno di questi tre tipi di risposte viene effettuata una ulteriore classificazione in relazione alle modalità di reazione del soggetto. Per quanto riguarda i pazienti esaminati, sono state rilevate le seguenti caratteristiche: in merito alle tendenze extra punitive, esse denunciano nel complesso "una condizione di aumentata vulnerabilità alle stimolazioni frustranti dell' ambiente, cui il soggetto risponde con reazioni extra-aggressive di tipo primitivo-infantile; a ciò si associa l' impossibilità di esteriorizzazioni esplicite della propria carica interiore la cui energia, pertanto, diviene disponibile alla produzione di affezioni psicosomatiche.

 E' stato rilevato poi un aumento delle risposte intrapunitive, con tendenza quindi al sentimento di colpa, al rimorso ed all' autoaccusa. Da un punto di vista psicodinamico questi tratti sono interpretabili come un conflitto tra Io e Super - Io.

 Per quanto riguarda le risposte impunitive, infine, si è potuto constatare la presenza di una " coartazione di forti cariche extra - aggressive operata allo scopo di una soccializzazione del comportamento. I soggetti così classificati mostrano di perseguire due scopi fondamentali, e cioè non perdere il consenso, l' approvazione, l' amore degli altri e mantenere, entro limiti accettabili, il livello di autostima ".

 In conclusione quindi, questa ricerca ha messo in rilievo una certa vulnerabilità alle stimolazioni frustranti dell' ambiente esterno, tendenza al sentimento di colpa ed all' autoaccusa, paura di perdere l' approvazione o l' amore degli altri (Cardinali, D' Uva Lisi, 1979). Vista la ricorrenza di determinate caratteristiche psicologiche dei pazienti con orticaria, Sperber ed altri hanno tentato di misurare statisticamente alcune tra le più menzionate, utilizzando uno strumento ben standardizzato: il Symptom Check List - 90 (SCL-90), una scheda di controllo dei sintomi concepita negli anni ' 70.

 Si tratta di un inventario dei sintomi costituito da novanta punti e concepito soprattutto per riflettere i sintomi psicologici dei pazienti psichiatrici o medici.

 Esso misura nove dimensioni sintomatiche: somatizzazione, compulsione ossessiva, sensibilità interpersonale, depressione, ansia,ostilità, ansia fobica, ideazione paranoica, psicosi,e tre indici globali di stress. Sperber lo somministrò a diciannove pazienti con orticaria ricorrente cronica ed ottenne i seguenti risultati: punteggi significativamente più alti sulla scala della somatizzazione, una dimensione che riflette lo stress emergente dalla percezione di una disfunzione corporea; dell' ossessione compulsiva, riguardante cioè gli impulsi, i pensieri e le azioni avvertiti dal soggetto come irresistibili anche se non voluti; della sensibilità interpersonale, intesa come senso di inadeguatezza personale e di inferiorità, specialmente nel rapporto con gli altri; della depressione caratterizzata dal disinteresse per la vita, assenza di motivazione e perdita di energia vitale; dell' ansia con segni generali di nervosismo,tensione, tremori, attacchi di panico e sensazioni di apprensione e paura; infine significativamente più alti, a conferma anche degli studi precedentemente citati, risultarono i tre indici globali di stress.

 Gli autori infine suggeriscono per questi pazienti " un trattamento focalizzato in primo luogo su un addestramento per la riduzione dello stress, mirato a ridurre l' ansia sia in sedute di gruppo che individuali, in secondo luogo su una terapia di gruppo che si concentri sull' analisi dei problemi interpersonali, enfatizzando il sostegno e l' incoraggiamento di gruppo " (Sperber et al., 1989).

 Un altro interessante studio è quello condotto nel 1976 da Cossidente e Cardoso sull' orticaria cronica nell' ambito della Clinica Dermatologica dell' Università di Firenze.

 Precedentemente già Panconesi e collaboratori avevano messo in rilievo, grazie alla lunga pratica clinica, aspetti peculiari della personalità dei pazienti con orticaria (Panconesi et al., 1975), aspetti in seguito totalmente confermati e convalidati tramite l' utilizzo del test di Rorschach nello studio appena citato.

 In particolar modo gli autori hanno riscontrato nel 40% dei casi episodi di stress emozionale e/o di situazioni conflittuali a livello ambientale (per problemi familiari, lavorativi o di integrazione sociale), in qualche modo collegabili all' insorgenza della malattia e delle recidive. Riguardo alla struttura della personalità è stata rilevata, oltre ad una certa tendenza all' introversione ed alla passività, una netta predominanza del tipo iperemotivo - ansioso, seguito a notevole distanza dai tipi insicuro - astenico, aggressivo - irritabile, isteroide. Nella maggior parte dei casi è stato inoltre constatato "un buon livello intellettivo, orientato in senso introspettivo ed astratto, una affettività coartata, labile, poco controllata, un adattamento sociale fondamentalmente buono ma solo a livello intellettuale ed esteriore, a causa di chiari fenomeni di inibizione".

 Gli autori ritengono che fossero presenti, come effetto di un contenimento delle pulsioni aggressive,elementi di espressività infantile e regressiva, facendo classicamente risalire tali caratteristiche ad un disorientamento nelle primissime fasi dello sviluppo psichico, causato da una iperattività parentale producente angosce di abbandono e paura di essere aggredito e ferito.

 Dal punto di vista psicopatologico, infine, il sintomo più frequente risultava l' ansia, associata o no alla depressione.

 Altro elemento degno di nota era la presenza nella maggior parte dei casi (92%) di un grande interesse alla collaborazione con lo psichiatra e lo psicologo, oltre al desiderio di esprimersi e di utilizzare l' occasione per un chiarimento ed un sostegno psicologico, come se da una parte i pazienti esprimessero così il bisogno di superare le loro caratteristiche di passività ed inibizione e dall' altra volessero soddisfare la necessità di protezione dovuta alla loro condizione regressiva (Cossidente, Cardoso Pisa, 1976).

DERMATITE ATOPICA

La dermatite atopica, chiamata anche neurodermatite o prurigo di Besnier o eczema atopico, è una malattia dermatologica caratterizzata da lesioni essudative pruriginose che portano a grattamento, lichenificazione (reazione tipica della cute sottoposta a sfregamento o a grattamento continui) e a possibili sovrapposizioni batteriche. Nell' 85% dei casi l' esordio è nella prima infanzia, durante i primi mesi di vita; l' eruzione comincia dal volto e prosegue fino verso le regioni flessorie con andamento ad alti e bassi esasperanti, in relazione agli stimoli più vari e banali. Nell' adulto, se la malattia continua, come avviene nel 50% dei casi, tale localizzazione viene abbandonata a favore di una maggiore diffusione verso le pieghe delle braccia e delle regioni posteriori del ginocchio, le zone perilabiali ed il dorso delle mani.

 Le recidive talvolta sembrano avere un ritmo stagionale, risentono delle variazioni climatiche ed ambientali, oppure costituiscono la risposta immediata a stimoli emozionali, ad errori alimentari ed a turbe digestive (Prandina, Soavi, 1960).

 L' eziopatogenesi della malattia non è completamente chiara, vengono comunque segnalati una notevole ricorrenza familiare di disturbi su base allergica e deficit dell' immunità cellulo- mediata, oltre ad un certo rilievo giocato dalle dinamiche psicologiche (Biondi, 1992).

 Nella dermatite atopica ha un' enorme importanza il sintomo prurito specialmente nell'adulto visto che può presentarsi anche in assenza di lesioni evidenti e divenire così il principale fattore patogenetico per l'automantenimento della malattia. La componente comportamentale quindi di questo disturbo, cioè la grattatura, è l'aspetto più problematico perchè può condurre alla lichenificazione, ad escoriazioni e quindi a gravi infezioni della pelle. E' per questo che la dermatite atopica, più ancora di altre affezioni, costituisce un affascinante esempio di come la relazione mente - corpo possa condizionare una malattia dermatologica (Panconesi, 1989).

 L' eczema infatti è stato descritto come una malattia prima di tutto auto - perpetuante, nella quale il paziente avverte il prurito, la necessità di grattarsi, si procura delle ferite sulla pelle, che a sua volta si infiamma, prude e così via.

 Per questi pazienti inoltre, il danneggiamento dell' attività e della socializzazione costituiscono una grande tensione emotiva tanto che in Inghilterra ed in Irlanda sono sorte a partire dal 1975 delle organizzazioni nazionali che forniscono sostegno ai genitori dei giovani colpiti dalla malattia (Doherty, 1987).

 Per questo tipo di patologia assume particolare rilievo lo studio dei bambini, visto che essa ha inizio quasi sempre nell' infanzia e tende in parte a diminuire quando l' individuo si fa adulto.

 Importante in questo senso lo studio di Miller e Baruch che già nel 1948 analizzarono la relazione madre - bambino in soggetti affetti da eczema. Essa appariva particolarmente alterata a causa della figura della "rejecting mother" definita come una madre il cui atteggiamento riflette il desiderio più o meno conscio, di liberarsi del figlio.

 Con le autoescoriazioni dovute al continuo grattarsi il bambino, da una parte si adegua all' immagine negativa che la madre ha di lui, rendendosi indegno di essere amato, dall' altra soddisfa il suo desiderio di disobbedire alla continua ed ossessiva richiesta di non grattarsi (Miller e Baruch, 1948).

 Un contributo piuttosto esteso e dettagliato è quello di Spitz che ha analizzato l' eczema nell' ambito del vasto quadro dello sviluppo delle relazioni oggettuali del neonato.

 La ricerca fu effettuata in un istituto di pena che ospitava donne internate per una grande varietà di reati e divenute madri durante la detenzione. In questa occasione furono studiati duecentotre bambini dei quali il 15% si ammalò di eczema entro il primo anno di vita. Al contrario, i bambini allevati in condizioni affettive diverse, in genere sviluppano la malattia in una percentuale che varia dal 2 al 3%. Spitz utilizzò come controllo per il suo studio gli altri centosessantacinque bambini ospitati nello stesso istituto e non affetti da eczema e nella sua dettagliata analisi, rilevò che esistevano due tipi di differenze significative tra i gruppi: una congenita ed una ambientale.

 Per quanto riguarda la prima scoprì che nel settore dei riflessi cutanei, i bambini con eczema manifestavano un' eccitabilità dei riflessi molto più elevata e, dato che i riflessi alla nascita sono un comportamento non appreso, l' autore concluse che ci dovesse essere una predisposizione congenita. L' eczema sarebbe quindi dovuto " a un' accresciuta prontezza di risposta o, in termini analitici, ad un accresciuto investimento della ricezione cutanea".

 Per quanto riguarda il secondo fattore, cioè l' influenza dell' ambiente, e quindi le relazioni oggettuali, risultò che le madri dei piccoli ammalati avevano una personalità manifestamente infantile "Che tradiva un' ostilità mascherata sotto forma di angoscia per il figlio; madri a cui non piaceva toccare il loro bambino o prendersene cura e che lo privavano sistematicamente del contatto cutaneo" (Spitz, 1965).

 Anche Gill ed altri hanno condotto un' interessante ricerca su quarantaquattro bambini affetti da dermatite atopica con un' età media di 6,9 anni. Gli autori hanno tentato di esaminare sistematicamente la relazione tra stress ed ambiente familiare da una parte ed intensità del sintomo dall' altra.

 Sono stati misurati due tipi di eventi stressanti: eventi di grande rilievo come per esempio la nascita di un fratellino o il trasferimento in un' altra casa; problemi quotidiani cronici distinguendo lo stress associato a comuni problemi quotidiani da quello associato alla malattia.

 Per valutare l' ambiente familiare è stata utilizzata la Family Environment Scale (FES), una scala composta da dieci sottoscale: coesione, espressività, conflittualità, indipendenza, orientamento al successo, orientamento intellettuale e culturale, orientamento attivo - ricreativo, enfasi morale - religiosa, oorganizzazione e controllo. Infine, per valutare l' intensità dello stimolo è stata effettuata una mappa della pelle arrossata ed è stata compilata una scheda col punteggio dei sintomi standard, in relazione al corso dei sintomi, all' intensità della grattatura ed all' impiego di medicinali.

 Uno dei risultati più interessanti di questo studio è l' influenza dell' ambiente familiare sulla gravità della sintomatologia. Gli autori hanno infatti riscontrato che un ambiente familiare "indipendente/organizzato" si correla ad un numero inferiore di sintomi, viceversa un ambiente familiare "morale/religioso" è associato a più sintomi. Nel primo tipo di organizzazione familiare si può rilevare una enfatizzazione di qualità come la riflessione, la fiducia in se stessi, la pianificazione, la routine regolare e la chiara divisione delle responsabilità; gli autori ipotizzano quindi che in questo caso venga assolta dalla famiglia una funzione di cuscinetto contro gli effetti dello stress, che i genitori diano ai figli indicazioni più chiare in merito alle conseguenze della grattatura ed infine che siano più pronti a trattamenti totali quali bagni e somministrazione di creme incoraggiando nei bambini una maggiore responsabilità nei confronti delle cure mediche.

 Le famiglie con un alto fattore "morale/religioso" sono invece più rigide in merito a ciò che è giusto e sbagliato, credono nella punizione, si affidano alla fede partecipando ad attività religiose. E' possibile che questo tipo di ambiente sia maggiormente stressante e produca quindi più sintomi e maggiori necessità di medicamenti (risultato quest' ultimo riscontrato dagli autori).

 Per quanto riguarda invece le misure dello stress, è stato rilevato che i problemi cronici legati alla patologia cutanea erano fortemente collegati alla gravità del sintomo, mentre non lo erano gli eventi della vita ed i problemi quotidiani più comuni.

 In conclusione quindi, secondo questo studio solo lo stress da dermatite atopica sembra essere collegato alla gravità dei sintomi (Gil et al., 1987).

 Il precedente risultato non è in armonia con quelli riscontrati in altre ricerche riguardanti lo stress in pazienti adulti con dermatite atopica. Tra questi ricordiamo lo studio di Faulstich ed altri che hanno utilizzato il già citato Sympton Check List - 90 riscontrando molti sintomi di stress psicologico.

 L' ipotesi degli autori è che lo stress possa condurre ad un' alterazione dell' attività autonoma sfociante in cambiamenti vascolari periferici, tali da far diminuire la soglia del prurito e quindi dare avvio al ciclo prurito - grattatura (Faulstich et al., 1985).

 In questa stessa ricerca inoltre, come in uno studio precedente di Garrie ed altri, sono stati riscontrati alti livelli di ansia nei soggetti con Dermatite Atopica rispetto ai gruppi di controllo (Garrie et al., 1974). Prandina e Soavi in un loro studio del 1960 su venticinque donne di età compresa tra i quattordici ed i trentasette anni, studiate con la tecnica del colloquio e sottoposte a non meno di tre conversazioni, hanno messo in rilievo la difficoltà nel tentare una ricostruzione della psicologia di queste pazienti a causa della varietà delle condizioni patologiche presenti.

 Sembra comunque che il loro disturbo abbia origini molto precoci, nel primo anno di vita; gli autori ritengono infatti, che " in una costituzione predisposta, quando sfavorevoli relazioni con la figura materna determinano una struttura affettiva patologica e le maggiori difficoltà e carenze sono sperimentate in un' epoca della vita nella quale l' importanza della cute nello smistamento delle emozioni è fondamentale, possa verificarsi un fenomeno di conversione dei conflitti emotivi sul mantello cutaneo ".

 Dallo studio è emerso inoltre che la maggior parte delle pazienti (il 76 %) soffriva di psiconevrosi d' ansia manifestando in tutto il loro comportamento una grande passività.

 "Sono in genere sonnolente, prepongono l' inattività ed il riposo ad attività anche dilettevoli. Molto spesso insicure, pensano di non essere adeguate ai loro compiti, di non essere apprezzate. Hanno sfiducia negli affetti e nelle relazioni sociali. Quasi sempre, pur essendo completamente dipendenti dalle figure parentali, specialmente dalla madre, sono risentite ed in disaccordo con lei. A questo tipo di personalità si accompagnano in genere lesioni cutanee estese."

 Elemento di particolare rilievo per gli autori è quello dell' attività, ed infatti ritengono di poter mettere in correlazione, la diminuzione dell' ansia, la comparsa dell' attività e la limitazione delle lesioni, portando a dimostrazione di ciò il fatto che le pazienti dello studio che presentavano una struttura caratteriale ossessiva e non la psiconevrosi d' ansia precedentemete descritta, mostravano lesioni eczematose quasi inesistenti, come se i meccanismi ossessivi fossero in grado di deviare verso le attività compulsive la problematica emotiva liberando così la pelle dall' ingerenza di nevrosi (Prandina e Soavi, 1960).

 Anche Panconesi, in accordo con le affermazioni di Prandina e Soavi, ritiene che fino ad oggi non sia stata ancora individuata una struttura psicologica comune a tutti i pazienti, anche se emergono ( dalla letteratura ) alcuni elementi ricorrenti: i soggetti con dermatite atopica hanno " intensi sentimenti di dipendenza, labilità emozionale, impulsività, aggressività repressa ed ostilità verso i genitori, marcato erotismo cutaneo e difficoltà sessuali con tendenze masochistiche ". Esiste inoltre "una spiccata tendenza a rivolgere gli impulsi ostili e aggressivi all' interno anzichè contro bersagli esterni". (Panconesi, 1989)

ALOPECIA AREATA

I capelli hanno sempre costituito un mito nella storia dell' uomo con significati simbolici diversi nelle varie epoche e culture. Nella nostra, per esempio, giocano un ruolo molto importante nell' immagine di sè tanto è vero che vediamo i capelli esaltati dalla pubblicità per la loro consistenza, lucentezza, quantità (Panconesi, 1989).

 Forse è anche per questo che tra le malattie psicosomatiche di interesse dermatologico, l' alopecia areata è, dopo la psoriasi la più indagata. Essa si manifesta sotto forma di chiazze di deglabrazione di solito localizzate sul cuoio capelluto e meno frequentemente sulla barba, sulle ciglia, sulle sopracciglia e su altre zone pelose.

 La superficie del cuoio capelluto che emerge dalle chiazze appare liscia, bianca e brillante, è ben delimitata, di forma ovale o rotonda, di dimensioni variabili tra 1 e 5,6 cm; le chiazze si ingrandiscono progressivamente e possono a volte confluire producendo una calvizie piuttosto diffusa.

 La chiazza alopecica compare bruscamente, e non dà in genere alcun tipo di sintomatologia subiettiva tanto che i pazienti colpiti vengono spesso avvertiti da altri del problema.

 In ogni caso ci si è occupati di questo disturbo fin dai tempi più antichi, visto che già Aurelio Celso, medico romano vissuto nel 25° secolo d.C., ne parlava nel trattato "De re medica", ed è proprio a sua memoria che questa malattia viene ancora oggi chiamata "Area Celsi" (Lombardo, 1970). Il termine "alopecia" deriva invece dal greco e significa "volpe", per la caduta stagionale del pelo tipica di questo animale (Paga et al., 1987).

 L' alopecia areata rappresenta il 3,5% di tutta la casistica dermatologica e si verifica in genere tra i cinque ed i trentacinque anni di età, colpendo maggiormente maschi.

 Per quanto riguarda l' eziopatogenesi di questo disturbo, le ipotesi suggerite sono state molte, anche se nessuna singolarmente è ancora riuscita a spiegarne in maniera esauriente l' origine.

 Alcuni autori hanno proposto una predisposizione genetica, basata sull' osservazione di una certa incidenza familiare; altri suggeriscono un' alterazione vascolare, ipotesi giustificata dal fatto di aver rilevato una riduzione del numero e dei calibri dei vasi sanguigni in corrispondenza della chiazza alopecica; ultimamente però, si è dimostrata piuttosto convincente l' evidenza di un disturbo immunitario cellulo - mediato, vista la scoperta di una bassa percentuale di linfociti T circolanti in questi soggetti (Giannetti et al., 1978).

 In relazione a quest' ultime ipotesi si potrebbe chiamare in causa l' influenza dello stress cronico sul Sistema Immunitario,anche in ragione di molte ricerche che hanno rilevato un sensibile aumento degli eventi stressanti prima del verificarsi della malattia.

 Si può fare riferimento a tale proposito al già citato lavoro di Lykestos ed altri che in uno studio riguardante pazienti affetti da alopecia areata, orticaria e psoriasi, trovarono in tutte le affezioni esaminate punteggi significativamente più alti dei controlli nelle esperienze di stress nell' anno precedente la malattia. Inoltre i soggetti esaminati risultavano meno dominatori e più autopunitivi (esprimenti rabbia nei propri confronti); più allopunitivi (esprimenti rabbia nei confronti degli altri) e più nevrotici rispetto ai controlli. (Lykestos et al., 1985).

 Oppure lo studio clinico condotto da De Weert ed altri su cento casi di alopecia areata analizzati dall' Aprile 1979 al Dicembre 1981 secondo il quale ben il 70% dei pazienti sembravano soffrire di stress cronico in ambito familiare, professionale o relazionale. Tale dato fu rilevato grazie ad un attento esame psichiatrico (De Weert,1984). Perini ed altri, utilizzando la scala di Paykel, riferiscono addirittura di una presenza di eventi stressanti consistenti in lutti, divorzi, eventi incontrollati e non desiderati per circa l' 87,5% dei loro pazienti nei sei mesi precedenti la comparsa dell' alopecia (in Biondi, 1992).

 Mehlman invece, ha effettuato una ricerca sui bambini affetti da questa patologia ed ha rilevato come la base dell' psoriasiareata sia da ricercare in uno stress cronico rappresentato dal difficile rapporto madre - figlio. Il bambino riuscirebbe per un po' a mantenere il proprio equilibrio utilzzando la negazione, però poi il verificarsi di uno stress acuto (per esempio la nascita di un fratellino, uno svezzamento troppo veloce, un abbandono), di importanza tale da rievocare il precedente conflitto, lo porterebbe a manifestare il disturbo in questione (Mehlman, Griesemer, 1968).

 In conclusione, quindi, esiste una sufficiente mole di dati per considerare lo stress un fattore per lo meno facilitante o precipitante l' alopecia areata.

 Altro tema lungamente dibattuto riguarda il possibile ruolo predisponente di alcuni tratti di personalità per il manifestarsi dell' alopecia. Anche in questo senso le ricerche sono numerose.

 Giuliani e Gentili, la cui ricerca abbiamo già citato, hanno effettuato uno studio su ventidue pazienti alopecici tra i sedici ed i trent' anni di età confrontandoli con un gruppo di controllo di ventidue soggetti sani.

 Gli autori hanno indagato su possibili legami tra patologia dermatologica e livelli di sviluppo dell' Io, ritenendo perciò fondamentale il rapporto madre - bambino nella primissima infanzia, ed anzi, considerando l' inadeguatezza di questo rapporto primario la causa del sintomo psicosomatico.

 Infatti "nodo centrale del lavoro è stato considerare come fondamentale effetto dell' inadeguato maternage, una mancata o incapace manipolazione del corpo del bambino da parte della madre. Questo comporterebbe nel corso dello sviluppo infantile una difficoltà nell' attivazione del processo di integrazione psico - somatica."

 A riprova di questa ipotesi è stata riportata l' elevata percentuale di soggetti non allattati al seno e di soggetti con età di divezzamento al seno tra il primo ed il secondo mese di vita nel gruppo campione, e considerato che la durata dell' allattamento al seno può essere considerata un parametro rappresentativo della quantità di stimolazione tattile ricevuta nel primo anno di vita, gli autori titengono che la presenza nel gruppo degli alopecici di soggetti con periodi di allattamento al seno inferiori alla media, possa essere rappresentativa di una certa carenza o inadeguatezza di manipolazione, cioè di un inadeguato "maternage".

 Oltre a questo parametro valutativo, per la ricerca sono stati utilizzati il colloquio anamnestico e due tests proiettivi: il test di Wartegg, un reattivo di realizzazione grafica che permette di scavalcare il canale verbale considerato non privilegiato nella comunicazione del soggetto psicosomatico, ed il test di Rorschach, strumento "valido, completo, culture free, che permettesse di fare inferenze sulla personalità dei soggetti attraverso un referente teorico rapportabile alla teoria psicoanalitica".

 Dal colloquio anamnestico sono sorte per questi pazienti, in confronto al gruppo di controllo, maggiori difficoltà nei rapporti interpersonali, nell' ambito della famiglia, della coppia e dei rapporti sociali, oltre a maggiori difficoltà nel rendimento scolastico, nelle scelte professionali e di vita.

 Dai tests proiettivi è sorto un quadro psicologico particolare, connotato principalmente da tre caratteristiche: scarsa identità, paura di abbandono, ansia del contatto. Queste caratteristiche formano per gli autori " una triade dinamica indissolubile nella personalità dell' alopecico. Più in generale la tendenza a distanziarsi da ogni problema anche se vissuto con disagio, attraverso rigide dinamiche, sembra rispondere alla tendenza di questi pazienti a rifiutare una comunicazione libera con il loro mondo interno. Tale predisposizione all' isolamento da ciò che è "profondo", attraverso meccanismi di rimozione e negazione, e la tendenza stessa alla superficializzazione delle dinamiche conflittuali sembrerebbero ben riassunte nel loro disturbo localizzato a livello del rivestimento più esterno" (Giuliani e Gentili, 1986).

 Franchi e Alemani hanno effettuato uno studio su un gruppo di soggetti ambulatoriali sottoposti ad una visita dermatologica, ad un colloquio psichiatrico, al test di Rorschach ed a controlli dermatologici e psichiatrici a distanza.

 I risultati del Rorschach hanno messo in evidenza per i soggetti affetti da alopecia areata le seguenti caratteristiche: blocco emotivo, depressione, inibizione affettiva, distacco dalla realtà vissuta come minacciosa, rifiuto di autoanalisi, stereotipia del pensiero, conformismo, difficili rapporti familiari specialmente nei confronti dell' autorità paterna, scarse capacità introspettive e problemi nell' accettazione del proprio corpo, della propria immagine e del proprio ruolo sessuale.

 Secondo gli autori, inoltre, è di rilievo generale, soprattutto in medicina psicosomatica, la tendenza dei pazienti a localizzare i loro disturbi in un determinato ambito corporeo e ad "offrirli all' interesse del medico eludendo i suoi tentativi di estendere l' indagine al di là dei quell', ambito corporeo particolare. L' area Celsi, raccogliendo in una zona ristrettissima la malattia del paziente, sembra esprimere in modo esasperato questa tendenza alla localizzazione, ma nello stesso tempo, per antitesi paradossale, lascia intuire esemplarmente come e quanto esssa sia il segno superficiale di un disagio che investe tutta la persona" (Franchi e Alemani, 1975).

 Dall' esame della letteratura sembra quindi emegere una personalità di base di questi soggetti, vista la presenza di tratti comuni che potrebbero costituire il terreno predisponente su cui verrebbe ad instaurarsi la patologia cutanea.

 E' probabile comunque che alla base dello sviluppo di questo disturbo non ci sia solo una personalità peculiare o solo una maggiore frequenza di eventi stressanti, ma entrambi i fattori. E' possibile cioè che l' inscriversi di più eventi emotivamente pregnanti per il soggetto su una determinata predisposizione psicologica, sia in grado di provocare la dermopatia tramite un processo fisiopatogenetico in gran parte sconosciuto, nel quale l' aspetto immunologico probabilmente riveste un ruolo primario (Biondi,1992).

PSORIASI

La Psoriasi è una malattia cronica della pelle che può insorgere a qualsiasi età con uguale frequenza nei maschi e nelle femmine. E' una dermatosi tra le più comuni e colpisce il 2-4% della popolazione. L' eziopatogenesi non è ancora completamente chiara, ma attualmente vengono ipotizzati un fattore basale ereditario e fattori scatenanti inquadrabili nel termine di stress (Biondi, 1992).

 L' incidenza degli eventi stressanti è stata documentata dalle ricerche di Baldaro (Baldaro et al., 1989) e da quella già citata di Fava (Fava et al,1980) i quali hanno riferito l' esistenza di eventi stressanti precedenti l' esordio della malattia rispettivamente nel 90% e nell' 80% dei casi.

 L' elemento interessante che accomuna le due ricerche è l' aver utilizzato per la misurazione degli eventi stressanti l' intervista semistrutturata secondo la metodica di Paykel, finalizzata alla ricerca di tali eventi nei sei mesi precedenti l' esordio della malattia.

 Questa comune metodologia ci spiega forse la somiglianza dei risultati, cosa che non accade per una ricerca di Seville che ritrovò la presenza di stress specifici prima della comparsa della malattia solo nel 39% dei suoi pazienti (Seville, 1977).

 In questo stesso lavoro però l' autore mise in evidenza un elemento importante e cioè il miglioramento della prognosi quando i pazienti riuscivano a ricordare e ad accettare l' evento precipitante, cioè lo stress. In questo senso quindi la consapevolezza di sè sembrava essere determinante.

 Anche Lykestos ed altri, nel loro già citato studio, oltre a trovare una maggiore incidenza di eventi stressanti nell' anno precedente la comparsa della malattia, riscontrarono nei pazienti psoriasici una significativa presenza di sintomi di ansia, depressione, e difficoltà ad esprimere l' aggressività( Lykestos,1985).

 In studi condotti tramite MMPI negli USA sono stati rilevati, rispetto ai controlli, punteggi più elevati sulla scala dell' isteria (intesa come preoccupazione per i sintomi fisici in pazienti che sono spesso immaturi, pretenziosi ed egocentrici) e della psicastenia (intesa come insufficiente fiducia e stima in se stessi, spesso associata al senso di colpa ed all' autorecriminazione)(Goldsmith et al.,1969).

 E' necessario però tenere conto del fatto che questo studio è stato effettuato in pazienti ospedalizzati e ciò può aver influito non poco sui risultati della ricerca.

 Ecco perchè può risultare di ancora maggiore interesse la ricerca di Baldaro ed altri che hanno utilizzato per la valutazione psicologica di dodici soggetti psoriasici un questionario di autovalutazione da compilare tranquillamente presso la propria abitazione.

 Il questionario in oggetto è il Symptom Questionnaire di Kellner ed è composto da novantadue items riguardanti sintomi ed espressioni di benessere psicologico. Gli items sono divisi in quattro scale sintomatologiche: ansia, depressione, somatizzazione, ostilità; e quattro scale di benessere: rilassatezza, contentezza, benessere fisico, buona disposizione verso gli altri.

 Esso doveva essere compilato per due volte a distanza di quindici giorni nei mesi Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre. I primi due mesi in genere corrispondono ad un periodo stagionale di remissione della sintomatologia, gli ultimi due ad una tipica riacutizzazione autunnale della stessa.

 I risultati hanno messo in evidenza una maggiore presenza di sintomi psicopatologici ed una minore sensazione di benessere psicologico. Particolarmente degno di nota è l' elevato punteggio ottenuto nella scala dell' ostilità. In genere infatti, in campo dermatologico, la rabbia ed il risentimento sono posti in rilievo per altri tipi di dermatiti (dermatite da contatto e forme psicogene di prurito e grattamento), mentre nel caso di pazienti psoriasici si è sempre indagatp più in relazione a variabili psicologiche quali ansia e depressione (Baldaro et al.,1984).

 Bassi e Lazzerini hanno studiato quarantuno casi di psoriasi, sia dal punto di vista dermatologico che da quello psichico (con colloquo e test proiettivi), arrivando in conclusione a ribadire l' eziologia psicosomatica della dermatosi in questione.

 Tra gli altri argomenti a sostegno della loro ipotesi riportano il miglioramento della sintomatologia in corso di gravidanza e l' azione favorevole del sole sulle dermatosi.

 Per quanto riguarda il primo argomento, oltre alla mutata situazione endocrina della donna in stato di gravidanza, c'è senza dubbio una profonda modificazione nella psiche della donna che sta per divenire madre. Invece un diverso vissuto della maternità, come per esempio la non accettazione della stessa, potrebbe spiegare il fenomeno, difficilmente interpretabile altrimenti, della persistenza e dell' aggravamento delle lesioni in talune gravide, fenomeno che è stato constatato dagli autori.

 Per quanto riguarda invece il secondo aspetto, cioè l' azione benefica del sole sulla psoriasi, senz' altro è da mettere in primo piano l' azione positiva degli ultravioletti, ma esclusivamente in relazione a questa non si spiegano le differenze di reazione tra i soggetti e nello stesso soggetto da un' estate all' altra. Tenendo però presente che l' elioterapia di solito è associata alle vacanze, alla vita all' aria aperta, al rilassamento, all' allontanamento dalle abitudini e costrizioni sociali, è difficile attribuile il merito esclusivo della remissione del sintomo.

 Gli autori inoltre, dall' analisi dei casi esaminati, rilevano molti tratti comuni tra i pazienti, come la presenza dell' ansia e di tratti narcisistici del carattere: " se la pelle può essere considerata, in certi casi, una bandiera di battaglia sul campo dei conflitti intrapsichici ed interpersonali, è chiaro che può meglio figurare se logora e lacerata".

 Viene rilevata inoltre, dall' analisi esistenziale dei pazienti, "la fuga nella malattia che molti psoriaci realizzano in momenti difficili del loro vissuto, allontanandosi,specialmente tramite l' ospedalizzazione, dalla problematica concreta della vita e sopratutto dallo stridore dei rapporti interpersonali."

 Nei soggetti femminili gli autori hanno rilevato problematiche di identificazione. Infatti, sono piuttosto frequenti in queste donne "spiccate ambizioni nella sfera del lavoro, tendenza all' iperattività ed all' indipendenza, oltre al rifiuto inconscio degli attributi biologici della femminilità: mestruazioni, gravidanza, parto, menopausa, con gravi difficoltà di adattamento."

 Al contrario, nei soggetti di sesso maschile è stata riscontrata passività, dipendenza, delega dell' iniziativa e della responsabilità. Sono inoltre stati rilevati in un numero significativo di pazienti inibizione dell' aggressività con conseguenti note depressive.

 Gli autori concludono quindi che" l' aggressività derivante, prima dai difettosi rapporti parentali e poi dalle difficoltà interpersonali, non essendo verbalizzata, avrebbe tendenza ad esprimersi nel linguaggio corporeo. La cute potrebbe diventare così la vissillifera della protesta dell'Io" ( Bassi e Lazzerini, 1974).

 C' è dunque, nel caso della psoriasi, un' evidenza indiscutibile dell' importanza dei fattori psichici; questo però non significa voler sostenere una ipotesi psicogenetica della malattia, ma riconoscere che i fattori psicologici, ed in particolare modo lo stress, devono obbligatoriamente essere considerati insieme ad altri tra i fattori codeterminanti la comparsa ed il mantenimento della malattia tanto è vero che, per quanto riguarda l' approccip terapeutico, si sono ottenuti buoni risultati combinando il trattamento medico con tecniche di rilassamento, di psicoterapia d' appoggio e con tecniche comportamentali (Biondi, 1992).

CONCLUSIONE

Nel nostro lavoro ci siamo voluti occupare della pelle e delle affezioni che la tormentano partendo dal presupposto che, essendo la cute una parte così visibile ed estesa del nostro corpo, essa possa effettivamente rappresentare l' espressione più apparente di conflitti intrapsichici ed interpersonali.

 Questi conflitti sono rappresentati ampiamente ed in maniera ricorrente, come si può constatare dalle ricerche da noi citate, dagli eventi stressanti che sono tali, lo ricordiamo, non tanto per loro natura, ma anche e specialmente a causa di quella che abbiamo definito la mediazione messa in atto dal nostro apparato cognitivo. L' interpretazione ed il significato che attribuiamo agli eventi della vita è un elemento essenziale nel renderli potenzialmente patogeni.

 Il punto di vista da noi adottato, e che abbiamo cercato di dimostrare, è che tali situazioni stressanti possano contribuire a far diminuire l' efficienza delle difese ultime dell' organismo, cioè del Sistema Immunitario, creando così un terreno fertile per l' instaurarsi della patologia cutanea.

 Mentre siamo riusciti a documentare in maniera concorde la presenza di eventi stressanti precedenti l' esordio della malattia, ben più difficile è risultato il compito di scoprire un tipo di personalità peculiare e ben definita tra i soggetti affetti da dermopatia, anche se effettivamente tutti gli studi riguardanti le quattro dermatosi da noi analizzate mettono sempre in rilievo la presenza di caratteristiche psicopatologiche non solo di tipo prettamente psichiatrico.

 Anche se comunque non è stata rilevata una "personalità tipo", abbiamo potuto riscontrare alcuni elementi ricorrenti come per esempio ansia e depressione seguite a breve distanza da sentimenti di dipendenza e senso di colpa.

 Ma la caratteristica più interessante e presente in maniera evidente è l' aggressività, quasi sempre repressa e rivolta più all' interno che contro bersagli esterni, e che trova completa espressione proprio nel soggetto, o meglio, sulla sua pelle, quasi a non voler rinunciare, per lo meno, alla denuncia del conflitto psichico vissuto.

 Secondo alcuni autori tale ostilità repressa ricorre non solo nel paziente dermatologico, ma anche nell' ambiente in cui vive, caratterizzando in particolar modo l' inizio della relazione madre - bambino.

 Anche senza fare riferimento ad una presunta ostilità materna, sono diversi gli studiosi che fanno risalire, almeno in parte, l' origine della dermopatia ad un inadeguato rapporto primario che si traduce in una mancanza o insufficienza di stimolazione tattile.

 Ricordiamo che il contatto cutaneo è ormai considerato universalmente essenziale per uno sviluppo sano del bambino sia dal punto di vista fisico che psichico, ed è proprio in ragione di tali considerazioni che abbiamo voluto dare rilievo all' importanza ed alla delicatezza di queste prime stimolazioni tattili, citando anche autori e ricerche che attribuiscono alla pelle un ruolo di coesione, di comunicazione, di contenimento, di confine, ruolo purtoppo molto spesso ancora tralasciato.

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Dr.ssa Silvia Taccini
Psicologa (Pisa)