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Leggendo il formidabile romanzo di spionaggio "Il montaggio" di Vladimir Volkoff, il ragionevole dubbio che i servizi segreti delle grandi potenze del '900 abbiano fortemente influenzato lo svolgimento della Storia contemporanea prende prepotentemente corpo. Questa affermazione, a capo della recensione di un romanzo, potrebbe far pensare che chi la scrive sia quantomeno impressionabile; ma quanti si avventureranno in questa appassionante lettura potranno prendere atto di quanto ciò sia plausibile, constatando che la puntuale e particolareggiata conoscenza di strumenti, meccanismi, strategie di influenza e cultura spionistica dimostrata dall'autore è tale da convincere di trovarsi realmente di fronte ad una ricostruzione storica in chiave romanzesca -e almeno in parte autobiografica- da parte di un profondo conoscitore della materia piuttosto che ad un semplice romanzo.
Il protagonista è Dimitri Aleksandrovic Psar, figlio -come l'autore- di esuli russi della rivoluzione bolscevica, che viene alla luce e cresce a Parigi per lungo tempo apolide e solo più tardi naturalizzato francese, ed eredita dal padre l'inesorabile desiderio di "rientrare" in patria nonostante l'instaurazione del regime. Poco più che adolescente, nel momento di massima fragilità e cioè alla morte dell'ultimo genitore, viene convinto a sacrificare la sua vita alla causa sovietica, in cambio del miraggio del rientro, da un grezzo giovanotto agente del KGB. Questi è Pitman, come Mefistofele per Faust/Psar che in una atmosfera gotica sullo sfondo della Parigi del secondo dopoguerra "firma" l'insano contratto: da quel momento il suo destino è nelle mani di Abdul Abdulrakmanov e diventa l'ingranaggio della perfetta macchina destabilizzatrice sovietica ispirata dalla scienza filosofica di Sun Tzu, antico genio cinese autore dell'"Arte della guerra". Indottrinato e preparato, diviene agente di influenza: nella società occupa il ruolo di uomo "di destra", a capo d'una agenzia letteraria che usa come bacchetta per dirigere la sua "orchestra" di casse di risonanza, posizione ideale dalla quale fa in modo che i suoi scrittori e i critici (gli orchestrali, appunto) di destra e di sinistra, nella Francia degli anni settanta e ottanta, più o meno consapevolmente diffondano come una sinfonia contaminatrice idee destabilizzanti, disinformando e intossicando la società. Adopera tredici comandamenti tratti da Sun Tzu (vedi colonna a lato) In una sola frase prepara il terreno alla conquista del potere da parte dei Soviet. Pian piano però, si rende conto che del montaggio non è solo attore ma anche vittima egli stesso, che tutta la sua vita e anche la parvenza degli affetti umani, di una moglie appena conosciuta di un figlio visto in foto, sono anch'esse crudeli e calcolate "realtà artificiali" create dal Cremlino. Il finale come anche i mille particolari, sale della lettura, è giusto non rivelarli.
È raro leggere opere coraggiose e stimolanti come questa: le prospettive di interpretazione o re-interpretazione della realtà offerte sotto le spoglie di romanzo -avvincente e coinvolgente come pochi- sono insieme inquietanti e perfette nella loro logica. "Il montaggio" risulta essere indubbiamente uno dei più validi libri degli ultimi anni sotto ogni aspetto, stilistico come contenutistico, eppure immeritatamente e forse volutamente ignorato dalla "cultura che conta", come la sua stessa storia editoriale e distributiva testimonia. Michele Saragò
- Vladimir Volkoff, "Il Montaggio", Guida editore, Napoli 1992
L'Autore: "Vladimir Volkoff è nato a Parigi il 7 novembre 1932 da genitori russi, emigrati al tempo della rivoluzione. Apolide fino a 21 anni, quando gli fu imposta d'ufficio la nazionalità francese, riconosce le sue vere radici in Russia e considera l'esilio come la sua patria e il suo destino. Nel 1966 si è trasferito negli Stati Uniti. Considerato uno «scrittore russo in lingua francese», Volkoff è autore di numerosi romanzi: L'Interrogatorio, L'Agent Triple, Le Rettournement, Les Humeurs de la Mer"
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