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Il provino avveniva sul terreno di gioco di qualche compagine minore, che so, di serie C2, di promozione… e il supervisionatore era spesso un tale ruvidissimo e dal livello culturale molto basso che cercava di apparire come il generale dei fumetti di Sturmtruppen: duro ma con un cuore d’oro. Era quasi sempre un individuo altamente detestabile. Madri e soprattutto padri affollavano le gradinate. Al momento dell’esclusione di qualcuno, poi, scoppiava un putiferio. Ogni padre era convinto di avere in famiglia Roberto Baggio e non accettava mai il suo siluramento. Cominciava a inveire contro lo spavaldo esaminatore, a chiedere spiegazioni, ripetizioni del provino, e a offendere questo o quell’altro ragazzino promosso, lasciandosi andare a commenti terribili tipo:"Avete preso quer paraplegico…"; "Quello nun s’aregge manco ‘n piedi…"; "Avete scartato mi’ fijo pe’ quella checca…"; "Nun ce capite ‘n cazzo de carcio…". Il suo pupillo, con gli occhi pieni di lacrime, lo guardava in silenzio, tenuto per mano e, qua e là, strattonato. Per anni le leve calcistiche hanno costituito uno dei fattori regolatori del mio tempo. Oggi, quando vedo affisso qualche manifesto con scritto su "Leva calcistica per i nati nell’anno 1986-88-89-90" ho la consapevolezza di essere veramente invecchiato. Se penso che Vincenzo Scifo, nato nel 1966, come me, era un promettentissimo "enfant prodige", cerco di distrarmi per non cadere nella depressione.

La liturgia sopra descritta era, comunque, tipica della mattina. Nel pomeriggio si andava in parrocchia.

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