INTERVISA A MARCO BADI
Quando hai scritto "Colloquio di lavoro" da cosa sei partito?

Dalla  rabbia per un assurdo, appunto, colloquio di lavoro. La situazione si è  materializzata improvvisamente nella mia mente e poi, via via che la scrivevo, ha preso una sua vita propria, trascendendo (grazie a Dio!) il fatto meramente personale
Hai fatto delle prove di lettura ad alta voce?

Ai  fini della stesura del testo, no. In genere mi è sufficiente ascoltare (origliare?) le chiacchiere dei personaggi nella mia testa..
A quale punto della elaborazione i personaggi hanno avuto una loro fisionomia precisa?

Praticamente da subito.
Può sembrare presuntuoso, ma è questo il mio modo di scrivere. Se segui attentamente i personaggi, poi non hai bisogno di fare molta fatica per  delinearne il carattere e le sembianze, sia fisiche che psicologiche. D'altra parte se dovessi sforzarmi troppo, probabilmente mi annoierei e non riuscirei mai a finire un lavoro!
      Per quanto mi riguarda l'arte è più maieutica che creazione, e quando è tale, in genere, risulta anche molto più interessante ed efficace.
Il lavoro più grosso invece lo faccio al momento della rifinitura, della limatura, perché come diceva Michelangelo: la perfezione è fatta di particolari ma non è un "particolare"... e anche se non ci riusciamo la tensione deve essere sempre quella
Nello scrivere il Finale hai avuto dei ripensamenti?

In realtà il finale è stata forse la prima cosa a venire fuori, il fulcro  intorno a cui ruotava tutta la vicenda. Di solito i miei punti focali  sono: i personaggi, la situazione in cui si sono infilati o dove qualcuno o qualcosa li ha infilati, e l'inizio e la fine che, comunque, di solito è sempre aperta. Per il resto si tratta soltanto di guardare e ascoltare quello che fanno e che dicono. Se sorprendono me, è assai probabile che sorprenderanno e interesseranno anche il pubblico
Ti sei ispirato a un certo tipo di teatro?

Difficile a dirsi. E' molto probabile che tutto ciò di cui ci siamo nutriti si ritrovi poi nella carne che ci portiamo addosso. Shakespeare, Beckett, Bernhard, Testori, Goldoni, Sarah Kane, Miller, Eliot...qualche traccia l'avranno pur lasciata, no? Chi avesse del tempo libero e volesse divertirsi a scovarne le tracce..
Hai un autore di teatro che consiglieresti di leggere più di tutti e perché?

Se devo sceglierne uno solo dico il vecchio William...Perché? Perché dentro c'è tutto: c'è l'essenza più profonda dell'uomo, la trivialità e la poesia, il male e il bene, il mistero e la banalità, la profondità e l'ironia, il silenzio e la parola, le cime più vertiginose e gli abissi più insondabili. Poi Beckett, il linguaggio della contemporaneità, l'ineluttabile tragedia dell'uomo moderno. Infine Testori ed Eliot, la risposta a quella ineluttabile tragedia..
Puoi dare 3 istruzioni brevi da seguire, per chi volesse scrivere un Atto Unico?

Idee  chiare. O meglio, la visione chiara di almeno un particolare elemento che lotti strenuamente per venire alla luce: una situazione, dei personaggi che abbiano una ragione vera per incarnarsi,la consapevolezza, il senso profondo di un'intuizione che ci spinga a comunicarla. Tagliare e limare instancabilmente fino all'essenziale. Valorizzare i vuoti, gli spazi, le pause
Quali sono le esperienze teatrali che più ti hanno fatto fare un salto di qualità nella tua esperienza professionale?

Avere  una propria compagnia con cui lavorare e confrontarsi quotidianamente per  riuscire a capire, sperimentandolo, cosa significa fare teatro
Questa è di Marzullo: Scegli tu la domanda a cui vorresti rispondere in virtù  degli scopi di questa intervista.
Che   domanda vorresti farti?
Che  domanda vorresti farti?...
Che   domanda vorresti farti?...
Che   domanda vorresti farti?...
Che  domanda vorresti farti?...
Che ne pensi del UAI Festival, pensi che ti abbia dato  un'opportunità in più di quelle che avevi già a disposizione?

Certamente sì. Il perché mi pare scontato. La cosa che più mi preme sottolineare del UAI Festival è l'idea che sta alla base della manifestazione: la voglia di comunicare un significato, un'idea, un'intuizione, un disagio, una domanda, insomma la voglia di comunicare. Una ventata d'aria fresca in un mondo, quello dell'arte, che deve ancora liberarsi della autoreferenzialità, del manierismo, del nihilismo che da troppo tempo, come delle pesanti zavorre, gli impediscono di alzarsi per tornare finalmente a guardare in faccia la realtà