Codroipo (Udine), Friuli – Venezia Giulia, Italia; 25 e 26 dicembre 2003.

 

 

Gentile e stimatissimo Prof. Toth,

mi permetto di scriverle in quanto vorrei poterle giustificare il mio desiderio di spedirle una copia del mio primo libro sul pensiero del filosofo nolano Giordano Bruno. Il titolo del libro è: Il concetto creativo e dialettico dello Spirito nei Dialoghi Italiani di Giordano Bruno. Il confronto con la tradizione neoplatonico-aristotelica: il testo bruniano De l’Infinito, Universo e mondi (Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2003).

Perché le spedisco questo libro? Forse solamente per una forma di suggestione personale, che potrebbe essere naturalmente e magari pienamente infondata. Mi lasci spiegare però gli antefatti che mi hanno portato a questa decisione.

Prima di tutto le spiego brevemente l’origine del libro.

Il testo che ora le spedisco è la raccolta, rivista e perfezionata, riorganizzata attraverso una suddivisione per capitoli e paragrafi (con brevi abstracts introduttivi), del capitolo che termina le conclusioni alla mia personale tesi di dottorato in filosofia, discussa – con il medesimo titolo del libro in questione - presso l’Università di Padova il 22 febbraio 2002 (Commissione: Proff. Malusa, Bigalli e Ciliberto). La tesi qui nominata è suddivisa in quattro parti: la prima stabilisce un confronto fra la tradizione di alcuni testi aristotelici (Metafisica, Fisica, Il cielo) e la posizione (critica ed opposta) bruniana. La seconda utilizza il commento analitico, puntuale, rigoroso e conseguente al testo bruniano del De l’Infinito, per poter condurre una prima ed una seconda serie di conclusioni. La seconda serie di tali conclusioni costituisce il contenuto del libro che ora le invio. La terza e la quarta parte, poi, dispongono il materiale della mia personale critica alle interpretazioni bruniane: nell’800 e ‘900 (la linea Hegel, Spaventa, Gentile, Badaloni) e nel ‘900 (Granada, Ciliberto, Ghio, Ingegno e Beierwaltes). A proposito di questa prima parte, le voglio rendere noto che essa verrà pubblicata prossimamente dalla casa editrice Armando in Roma con il titolo Una modernità mancata: Giordano Bruno e la tradizione aristotelica (attualmente il testo è allo stadio della correzione delle prime bozze e dovrebbe essere stampato nel mese di gennaio 2004). La prosecuzione della pubblicazione dei miei lavori su Giordano Bruno – in particolar modo la serie dei miei sei commenti analitici ai sei Dialoghi Italiani – resta confinata e condizionata, oltre che dalle mie personali capacità, dalla possibilità di successo di questo primo volume romano e dall’accettazione del relativo progetto editoriale da parte dell’Amministratore delegato della stessa casa editrice, il Dott. Enrico Iacometti. Sinora né il Dott. Iacometti sa di questa mia intenzione – che mi riservo di spiegargli dopo l’avvenuta pubblicazione del primo volume – né il necessario aiuto di un adeguato sponsor economico mi pare alle immediate viste. Le rivelo comunque che il Dott. Iacometti ha valutato positivamente l’insieme delle possibili quattro parti-volumi della mia tesi, per il momento fermandosi all’accettazione e definizione contrattuale per la prima di queste.

Vengo ora rapidamente al punto nel quale cerco di chiarirle la motivazione teorica per la quale le invio il testo napoletano.

Credo che la scoperta all’interno della speculazione bruniana di una struttura – un presupposto ed uno schema immaginativo e razionale di tipo teologico, naturale e politico - opposta a quella del pensiero (e della prassi) della finitezza e limitatezza (Platone-Aristotele), ovvero risolutrice delle ambiguità trascinate dalla concezione di un pensiero (ed una prassi) dell’infinitezza ed illimitatezza astratte (il cristianesimo che si innesta nella fase precedente e la fa procedere, sino alle teorizzazioni di Cusano ed alla sua coincidentia oppositorum), possa costituire una forma di modernità allora ed oggi ancora mancata. La struttura è quella dell’infinito concreto, creativo e dialettico. Quale forma teologica essa apre il concetto della libertà in un orizzonte infinito, muovendo nello stesso tempo in modo infinito il comparire della sua eguaglianza, razionale e naturale insieme. Come lo Spirito resta libero ed eguale per tutti i soggetti che intendano restare all’interno della possibilità creativa (e dunque amorosamente dialettica), così la Materia non si scinde e non si distacca da questa propensione – la bruniana attitudine – contenendo dentro se stessa la vita ed il pensiero (il desiderio). Questa concezione teologica ha allora subito con sé ciò che la riempie in immagine e figura: una politica, quale rapporto fra ragione umana ed intelligenza naturale, ed una fisica, eticamente predisposta a non eliminare e rinchiudere il soffio libertario e comune della natura stessa.

Questo è certamente uno schema umano: ma uno schema necessario. Uno schema che noi introduciamo nella realtà quando immaginiamo di pensarla e di razionalmente spiegarla. Uno schema che pare oggi tanto più necessario nell’evoluzione di quello che Emanuele Severino definisce l’Errore dell’Occidente: la credenza che l’essere possa venire dal nulla ed andare al nulla (divenire). Se le fasi della civiltà occidentale sembrano essere definite dal passaggio dalla concezione della finitezza e limitatezza a quella della infinitezza ed illimitatezza astratte (all’inizio della modernità), questa modernità dimezzata sembra ora ritornare drammaticamente a se stessa ed al suo tentativo di fondere nell’assoluto dell’immanenza – l’assoluto del potere quale volontà di potenza – potere economico, sociale e politico (quindi anche accademico), secondo una mai sopita tendenza imperiale e gerarchica, ora materialmente totalmente e totalitariamente dispiegata. Non è allora certo con il regresso ad un originario - che sembra immobilizzare e fondere insieme evento e disposizione, per ricreare le condizioni di un mondo unico (ancora e di nuovo platonico-aristotelico), sferico nella sua oscurità (caoticità) ma puntuale nella volontà di assumerlo per il tramite delle reti (di relazione o di comunicazione) - che l’attuale e credo definitiva crisi della civiltà occidentale può trovare soluzione. Solamente un salto di civiltà nella moltiplicazione innumerabile dei mondi bruniana – e nei concetti che razionalmente richiede ed articola – può procedere oltre e superare le contraddizioni insanabili della concezione classica e tradizionale del mondo occidentale. Rimanere al di qua significa perdersi e perdere forse l’intera umanità, oltre che la natura stessa (almeno di questo pianeta). 

La struttura triadica che Giordano Bruno pare delineare e definire attraverso tre concetti teologici esposti nel testo Lampas triginta statuarum (Wittenberg, 1587) - Chaos, Orco e Notte – può determinare una nuova forma di apertura e di relazione per l’infinito. Un infinito che è insieme atto e potenza: movimento dell’opposizione infinita nell’unità infinita (lo stabilissimo ‘moto metafisico’ bruniano). Così mentre il Chaos bruniano pare costituire la base creativa dell’impredeterminabile naturale, l’Orco bruniano sembra essere un abisso alto, profondo ed elevato, che muove a sé la materia (una specie di sole nero alchemico, quale è presente nella figura di Dürer: Melencolia I). La Notte resta infine a ricordare l’impregiudicata libertà creativa dell’Universo bruniano, nella pluralità irriducibile delle sue potenze e ragioni. Come si può riconoscere da questa articolazione – parallela a quella dei termini teologici in chiaro di Padre (Mente), Figlio (Intelletto) e Spirito (Amore) – questa successione dispone una figura immaginativo-razionale in ascesa particolare, che cerco di disporre qui sotto.

 

 

 

Come può facilmente vedere si delineano due diversi ambiti: l’uno superiore, della ragione e della sua molteplicità (le ‘acqui superiori’ bruniane); l’altro inferiore, della natura e del desiderio, con la propria relativa molteplicità (le ‘acqui inferiori’ bruniane). Però le due molteplicità sono unite verticalmente proprio dallo stabilissimo moto metafisico bruniano: il desiderio ed il suo movimento originato dalla combinazione di una distinzione ed un’apparente opposizione infinita, sempre aperta. L’infinito della liberta – l’orizzonte aperto ed infinito superiore – che viene perseguito dall’infinito dell’eguaglianza, attraverso l’infinito dell’amore. Qui si vede il teologico bruniano ed il suo politico. Ma si può vedere forse anche il suo etico-fisico e matematico. Un etico-fisico forse vicino alle attuali teorizzazioni predicate dalla contemporanea teoria delle stringhe; un matematico forse anticipatore di una geometria non-euclidea.

Nel mio testo di Napoli troverà come Bruno – pur con gli elementi della vecchia fisica aristotelica – componga un universo completamente nuovo, creativo e dialettico (attraverso l’etere e la composizione reciproca degli effetti-cause fra astri solari e pianeti terrestri). Questa è la localizzazione della struttura bruniana negli argomenti più strettamente naturali. Ora è mio compito futuro aggredire i tre Dialoghi Morali, di nuovo ed a partire dalle loro Epistole esplicative iniziali, per definire e determinare la localizzazione della medesima struttura nel campo etico-politico o, se vuole, morale-religioso.

Che relazione potrebbe avere la speculazione di Giordano Bruno nello sviluppo logico di questo infinito? Questa potrebbe essere una linea di ricerca futura: una linea di ricerca che potrebbe utilizzare un testo bruniano composto dal pensatore nolano l’anno successivo all’anno di pubblicazione della Lampas triginta statuarum. Nel 1588 infatti Giordano Bruno pubblica a Praga il volume intitolato Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos. Nella semplice premessa introduttiva al testo Bruno da l’idea di avere studiato, sintetizzato ed analizzato in profondità gli Elementi di Euclide. Per fondare – attraverso il suo nuovo concetto dell’infinito – una nuova geometria? Questa è stata la domanda che mi aveva spinto dopo la laurea ad iniziare la lettura, traduzione, studio e commento analitico del testo bruniano (come può vedere dal curriculum personale che accludo a questa lettera). Questo progetto di studio si è però arenato alla conclusione dello studio del Libro I degli Elementi ed alla traduzione della sola introduzione del testo bruniano. Non dispero, tuttavia, di poter riprendere in futuro queste ricerche, che mi hanno condotto tra l’altro alla costruzione – purtroppo solo iniziata - di solidi geometrici platonici (Timeo, 20) diversi (subito alla terza dimensione) dalla loro tradizione, appunto euclidea. Qui voglio porre un dubbio personale ed una domanda: la tradizione euclidea dei solidi platonici del Timeo ne produce uno schiacciamento ed una forzata riduzione e semplificazione dalla tridimensionalità alla bidimensionalità? È solamente in questo modo che il concetto di infinito può venire oscurato? Forse ben diversa è la fisica organica e matematica platonica, da quella comunemente intesa e fatta valere.

 

 

Mi chiedo quindi se la trasformazione nell’interpretazione dei solidi geometrici platonici da me iniziata possa comportare una visione da subito tridimensionale-organica dello sviluppo progressivo delle determinazioni del mondo platonico.

La connessione fra filosofico, fisico e matematico, religioso e morale-politico, che immagino da Lei perseguita nei suoi molteplici e continui lavori e studi – purtroppo da me non ancora letti, ma semplicemente raccolti nelle loro informazioni fondamentali attraverso una limitatissima ricognizione delle pagine web a Lei dedicate – mi porta ad inviarle non solo il piccolo volume qui accluso, ma a prometterle di inviarle anche il testo di prossima pubblicazione per la Armando di Roma. Lì potrà trovare – credo – argomentazioni interessanti (soprattutto nelle note a fine di ogni capitolo) per quella che mi sembra avere inteso essere la sua personale prospettiva di analisi e di ricerca.

Spero dunque che possa e voglia accogliere di buon animo questo primo mio libro (e quello successivo) e che esso le sia almeno piacevole alla lettura.

 

Un cordiale saluto ed un augurio di buone feste,

 

 

 

 

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                                                                                                                                                                          (Stefano Ulliana).

 

Mittente:

Ulliana Stefano

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