Codroipo (Udine); martedì 29 giugno 2004.

 

 

Gentile e stimatissimo Prof. Odifreddi,

mi permetto di scriverle in quanto vorrei poterle giustificare il mio desiderio di spedirle una copia del mio ultimo libretto sul pensiero del filosofo Giordano Bruno. Il titolo del libro è: Una modernità mancata. Giordano Bruno e la tradizione aristotelica (Roma, Armando Editore, 2004).

Perché le spedisco questo libro? Forse solamente per una forma di suggestione personale, che potrebbe essere naturalmente e magari pienamente infondata. Mi lasci spiegare però gli antefatti che mi hanno portato a questa decisione.

Prima di tutto le spiego brevemente l’origine del libro.

Il testo che ora le spedisco è la revisione ed il perfezionamento della prima parte della mia personale tesi di dottorato in filosofia, discussa – con il titolo: Il concetto creativo e dialettico dello Spirito nei Dialoghi Italiani di Giordano Bruno - presso l’Università di Padova il 22 febbraio 2002 (Commissione: Proff. Malusa, Bigalli e Ciliberto). La tesi qui nominata è suddivisa in quattro parti: la prima – ricompresa nel testo che ora le invio - stabilisce un confronto fra la tradizione di alcuni testi aristotelici (Metafisica, Fisica, Il cielo) e la posizione (critica ed opposta) bruniana. La seconda utilizza il commento analitico, puntuale, rigoroso e conseguente al testo bruniano del De l’Infinito, per poter condurre una prima ed una seconda serie di conclusioni. La seconda serie di tali conclusioni costituisce il contenuto del libro che è stato recentemente pubblicato (settembre 2003) – con il medesimo titolo della tesi di dottorato – dalle Edizioni Scientifiche Italiane di Napoli. La terza e la quarta parte, poi, dispongono il materiale della mia personale critica alle interpretazioni bruniane: nell’800 e ‘900 (la linea Hegel, Spaventa, Gentile, Badaloni) e nel ‘900 (Granada, Ciliberto, Ghio, Ingegno e Beierwaltes). La prosecuzione della pubblicazione dei miei lavori su Giordano Bruno – in particolar modo la serie dei miei sei commenti analitici ai sei Dialoghi Italiani – resta confinata e condizionata, oltre che dalle mie personali capacità, dalla possibilità di successo di questo primo volume romano e dall’accettazione di un congruo e relativo progetto editoriale. Purtroppo il necessario aiuto di un adeguato sponsor economico non mi pare alle immediate viste. Le rivelo comunque che il Dott. Pierre Dalla Vigna di Milano ha da pochissimo accettato un mio ulteriore lavoro su Bruno, che potrebbe essere visto come premessa ed introduzione a questo appena nominato: si tratterà in quest’ultimo caso di completare l’analisi ed il commento delle epistole proemiali ai Dialoghi Italiani. Un lavoro che molto probabilmente vedrà la luce prima della fine di quest’anno presso le edizioni Ghibli di Milano.

Vengo ora rapidamente al punto nel quale cerco di chiarirle la motivazione teorica per la quale le invio il testo romano.

Credo che la scoperta all’interno della speculazione bruniana di una struttura – un presupposto ed uno schema immaginativo e razionale di tipo teologico, naturale e politico - opposta a quella del pensiero (e della prassi) della finitezza e limitatezza (Platone-Aristotele), ovvero risolutrice delle ambiguità trascinate dalla concezione di un pensiero (ed una prassi) dell’infinitezza ed illimitatezza astratte (il cristianesimo che si innesta nella fase precedente e la fa procedere, sino alle teorizzazioni di Cusano ed alla sua coincidentia oppositorum), possa costituire una forma di modernità allora ed oggi ancora mancata. La struttura è quella dell’infinito concreto, creativo e dialettico. Quale forma teologica essa apre il concetto della libertà in un orizzonte infinito, muovendo nello stesso tempo in modo infinito il comparire della sua eguaglianza, razionale e naturale insieme. Come lo Spirito resta libero ed eguale per tutti i soggetti che intendano restare all’interno della possibilità creativa (e dunque amorosamente dialettica), così la Materia non si scinde e non si distacca da questa propensione – la bruniana attitudine – contenendo dentro se stessa la vita ed il pensiero (il desiderio). Questa concezione teologica ha allora subito con sé ciò che la riempie in immagine e figura: una politica, quale rapporto fra ragione umana ed intelligenza naturale, ed una fisica, eticamente predisposta a non eliminare e rinchiudere il soffio libertario e comune della natura stessa.

Questo è certamente uno schema umano: ma uno schema necessario. Uno schema che noi introduciamo nella realtà quando immaginiamo di pensarla e di razionalmente spiegarla. Uno schema che pare oggi tanto più necessario nell’evoluzione di quello che Emanuele Severino definisce l’Errore dell’Occidente: la credenza che l’essere possa venire dal nulla ed andare al nulla. Se le fasi della civiltà occidentale sembrano essere definite dal passaggio dalla concezione della finitezza e limitatezza a quella della infinitezza ed illimitatezza astratte (all’inizio della modernità), questa modernità dimezzata sembra ora ritornare drammaticamente a se stessa ed al suo tentativo di fondere nell’assoluto dell’immanenza – l’assoluto del potere quale volontà di potenza – potere economico, sociale e politico (quindi anche accademico), secondo una mai sopita tendenza imperiale e gerarchica, ora materialmente totalmente e totalitariamente dispiegata. Non è allora certo con il regresso ad un originario - che sembra immobilizzare e fondere insieme evento e disposizione, per ricreare le condizioni di un mondo unico (ancora e di nuovo platonico-aristotelico), sferico nella sua oscurità (caoticità) ma puntuale nella volontà di assumerlo per il tramite delle reti (di relazione o di comunicazione) - che l’attuale e credo definitiva crisi della civiltà occidentale può trovare soluzione. Solamente un salto di civiltà nella moltiplicazione innumerabile dei mondi bruniana – e nei concetti che razionalmente richiede ed articola – può procedere oltre e superare le contraddizioni insanabili della concezione classica e tradizionale del mondo occidentale. Rimanere al di qua significa perdersi e perdere forse l’intera umanità, oltre che la natura stessa (almeno di questo pianeta). 

La struttura triadica che Giordano Bruno pare delineare e definire attraverso tre concetti teologici esposti nel testo Lampas triginta statuarum (Wittenberg, 1587) - Chaos, Orco e Notte – può determinare una nuova forma di apertura e di relazione per l’infinito. Un infinito che è insieme atto e potenza: movimento dell’opposizione infinita nell’unità infinita (lo stabilissimo ‘moto metafisico’ bruniano). Così mentre il Chaos bruniano pare costituire la base creativa dell’impredeterminabile naturale, l’Orco bruniano sembra essere un abisso alto, profondo ed elevato, che muove a sé la materia (una specie di sole nero alchemico, quale è presente nella figura di Dürer: Melencolia I). La Notte resta infine a ricordare l’impregiudicata libertà creativa dell’Universo bruniano, nella pluralità irriducibile delle sue potenze e ragioni. Come si può riconoscere da questa articolazione – parallela a quella dei termini teologici in chiaro di Padre (Mente), Figlio (Intelletto) e Spirito (Amore) – questa successione dispone una figura immaginativo-razionale in ascesa particolare, che cerco di disporre qui sopra, nel fianco sinistro della pagina.

Come può facilmente vedere si delineano due diversi ambiti: l’uno superiore, della ragione e della sua molteplicità (le ‘acqui superiori’ bruniane); l’altro inferiore, della natura e del desiderio, con la propria relativa molteplicità (le ‘acqui inferiori’ bruniane). Però le due molteplicità sono unite verticalmente proprio dallo stabilissimo moto metafisico bruniano: il desiderio ed il suo movimento originato dalla combinazione di una distinzione ed un’apparente opposizione infinita, sempre aperta. L’infinito della liberta – l’orizzonte aperto ed infinito superiore – che viene perseguito dall’infinito dell’eguaglianza, attraverso l’infinito dell’amore. Qui si vede il teologico bruniano ed il suo politico. Ma si può vedere forse anche il suo etico-fisico e matematico. Un etico-fisico forse vicino alle attuali teorizzazioni predicate dalla contemporanea teoria delle stringhe; un matematico forse anticipatore di una geometria non-euclidea.

Durante le ultime vacanze natalizie mi sono fortunosamente imbattuto – durante le mie ricerche di materiale su Matte Blanco (Giuseppe Limone accosta Bruno a Matte Blanco e a Georg Cantor) - in un sito – tenuto ed organizzato dal Dott. Alessio Moretti dell’Università di Nizza -  che trattava di Matte Blanco e di un argomento per me misterioso e sconosciuto, quindi molto attraente: la logica e la filosofia della paraconsistenza. Ho iniziato un breve e velocissimo giro d’orizzonte, per cercare materiale ed informazioni. Mi è così sembrato di scoprire come e quanto le più moderne concezioni scientifiche o filosofiche – teologia e filosofia della liberazione, tentativo di rifondazione di un pensiero ed una prassi comunistica e libertaria, altermondialismo, logica degli insiemi infiniti in psicanalisi (Matte Blanco e discepoli), matematica e logica della complessità, logica e filosofia della paraconsistenza, teoria fisiche delle stringhe e super-stringhe - facciano gioco e si combinino insieme e meravigliosamente all’interno di uno spazio-tempo reso vivo da un presupposto teologico, politico e naturale già elaborato da Giordano Bruno proprio con la sua prospettiva critica del concetto dell’Uno necessario e d’ordine. Il linearmente deterministico – fondamento della cultura e della civiltà occidentale – ritrova guarda caso proprio intorno agli anni ‘60 del XX secolo il proprio avversario: la concezione dell’infinito creativo e dialettico bruniano. Per questo ho cercato e cercherò di aprire contatti sia con studiosi italiani della teoria delle stringhe (Gabriele Veneziano e Maurizio Gasperini), sia con studiosi della paraconsistenza (Carnielli in Brasile, Moretti a Nizza) o di Matte Blanco (Pietro Bria), con l’onorevole Bertinotti, con Emanuele Severino, con Imre Toth e Raimon Panikkar.

Mi sono, ancora, cimentato in proprio – da vero neofita - in una serie di osservazioni circa un lavoro sul rapporto fra Cusano e la paraconsistenza, elaborato da un professore dell’Università di Lubjana: il Prof. Marko Ursic. Così Lei potrà trovare in allegato a questa mia spedizione, oltre al libretto dell’Armando, anche un floppy-disk con le mie osservazioni al lavoro del professore sloveno (ora anche in. www.fisicamente.net sezione Liberi Contributi) e con alcuni files contenenti conoscenze fondamentali (manuali completi) sulla paraconsistenza (nel caso le interessassero personalmente o volesse renderle note ad altri). Avevo pure cercato presso professori e riviste di logica un appoggio per la pubblicazione di questo mio lavoretto: purtroppo però nessuno ha avuto la gentilezza di rispondermi. Solo il Prof. Roberto Renzetti ha avuto la bontà di collocare questo breve saggio all’interno del suo sito (Rivista <<Fisica/Mente>>).

Nel mio testo pubblicato a Napoli potrebbe poi trovare come Bruno – pur con gli elementi della vecchia fisica aristotelica – componga un universo completamente nuovo, creativo e dialettico (attraverso l’etere e la composizione reciproca degli effetti-cause fra astri solari e pianeti terrestri). Questa è la localizzazione della struttura bruniana negli argomenti più strettamente naturali. Ora è stato mio compito recente aggredire i tre Dialoghi Morali, di nuovo ed a partire dalle loro Epistole esplicative iniziali, per definire e determinare la localizzazione della medesima struttura nel campo etico-politico o, se vuole, morale-religioso. Compito futuro sarà, invece, analizzare e commentare le Epistole introduttive dei Dialoghi Metafisico-cosmologici, per presentare un tipo di lavoro adeguato al progetto editoriale della Ghibli di Milano.

Che relazione potrebbe, infine, avere la speculazione di Giordano Bruno nello sviluppo logico di questo infinito? Questa potrebbe essere una linea di ricerca futura: una linea di ricerca che potrebbe utilizzare un testo bruniano composto dal pensatore nolano l’anno successivo all’anno di pubblicazione della Lampas triginta statuarum. Nel 1588 infatti Giordano Bruno pubblica a Praga il volume intitolato Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos. Nella semplice premessa introduttiva al testo Bruno da l’idea di avere studiato, sintetizzato ed analizzato in profondità gli Elementi di Euclide. Per fondare – attraverso il suo nuovo concetto dell’infinito – una nuova geometria? Questa è stata la domanda che mi aveva spinto dopo la laurea ad iniziare la lettura, traduzione, studio e commento analitico del testo bruniano (come può vedere dal curriculum personale che accludo a questa lettera). Questo progetto di studio si è però arenato alla conclusione dello studio del Libro I degli Elementi ed alla traduzione della sola introduzione del testo bruniano. Non dispero, tuttavia, di poter riprendere in futuro queste ricerche, che mi hanno condotto tra l’altro alla costruzione – purtroppo solo iniziata - di solidi geometrici platonici (Timeo, 20) diversi (subito alla terza dimensione) dalla loro tradizione, appunto euclidea. Qui voglio porre un dubbio personale ed una domanda: la tradizione euclidea dei solidi platonici del Timeo ne produce uno schiacciamento ed una forzata riduzione e semplificazione dalla tridimensionalità alla bidimensionalità? È solamente in questo modo che il concetto di infinito può venire oscurato? Forse ben diversa è la fisica organica e matematica platonica, da quella comunemente intesa e fatta valere.

 

Mi chiedo quindi se la trasformazione nell’interpretazione dei solidi geometrici platonici da me iniziata possa comportare una visione da subito tridimensionale-organica dello sviluppo progressivo delle determinazioni del mondo platonico.

La connessione fra filosofico, fisico e matematico, che immagino da Lei perseguita nei suoi molteplici e continui lavori e studi – purtroppo da me non ancora letti, ma semplicemente raccolti nelle loro informazioni fondamentali attraverso una limitatissima ricognizione delle pagine web a Lei dedicate – mi porta così ad inviarle questo testo, pubblicato dall’Armando di Roma. Qui potrà trovare – credo – argomentazioni interessanti (soprattutto nelle note a fine di ogni capitolo) per quella che mi sembra avere inteso essere la sua personale prospettiva di analisi e di ricerca.

Le rivelo, in ultimo, che ho preso contatto con il Premio Internazionale per la saggistica filosofica intitolato “Pensare Controcorrente”. Si tratta della seconda edizione di un premio organizzato dall’Istituto Cubano del Libro. Qui ho inviato – però fuori concorso e solo per conoscenza – il saggio pubblicato su <<Asprenas>> e che aveva a che fare con la proposta teologica bruniana. Ora vorrei spedire all’Istituto Cubano del Libro una copia dei miei due libretti su Bruno (E.S.I. ed Armando), per vedere se sono magari interessati ad una traduzione degli stessi e ad una loro diffusione nel continente centro e sud-americano.

 Spero dunque che possa e voglia accogliere con interesse questo mio libro, o che esso le sia almeno piacevole alla lettura.

 

Un cordiale saluto ed un augurio di buone vacanze estive,

 

 

…………………………………………..

                                                                                                                                                                                                  (Stefano Ulliana).

 

Mittente:

Ulliana Stefano

Via Latisana, 23

33033 Codroipo (Udine); Friuli-Venezia Giulia; Italia.

Tel. 0039-432-900829

Cell. 0039-333-3501509.

E-mail: ulliana1@tin.it

Per la casa editrice E.S.I. www.esispa.com

Per la casa editrice Armando www.armando.it