Notizie dalla lotta di classe

Marzo 2001

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

 1 marzo ’01

 

UNISYS: DUE LICENZIATI IN ITALIA

Un irraggiungibile computer centrale - situato non si sa bene dove e operante con parametri che non è dato conoscere - può decidere che sei un "low performer", uno che produce poco, e far scattare subito il licenziamento. Senza giusta causa. Così è accaduto a due dipendenti italiani.
della UNISYS, una delle aziende leader nel mondo per la fornitura di consulenza nel campo dell'informatica. In Italia, il colosso dell'informatica dà lavoro a circa 500 persone, e nell'ultimo anno ha realizzato una crescita del 30% del fatturato (era di 200 miliardi nel '99) e del 27% di ordinativi, con il costo del lavoro invariato. Dal 1998 ci sono state anche un po' di assunzioni: 120 giovani, con un alto turn over. Un'ottantina di loro sono già emigrati verso altri lidi, in cerca forse di migliori opportunità lavorative.
Ma la storia aziendale degli anni Novanta è tutta costellata di cassa integrazione e incentivazioni ai dipendenti per la buona uscita: con questi metodi "soft", è stato tagliato metà del personale, che ammontava a 1000 lavoratori. Per strada, la UNISYS è stata anche condannata per cassa integrazione irregolare, messa in atto ai danni di 18 dipendenti sindacalisti.
Ecco cosa raccontano i due licenziati: "Alla fine di ogni lavoro spediamo via Internet i codici relativi all'attività e al progetto che abbiamo seguito. Un computer centrale stabilisce poi, per tutti i dipendenti mondiali, quali siano i livelli di produttività raggiunti, ma a noi non viene mai fornita nessuna cifra. E' assurdo licenziarci perché abbiamo prodotto poco: siamo semplici dipendenti, non liberi professionisti. Ad assegnarci il lavoro sono i dirigenti, e pertanto sta esclusivamente a loro stabilire quanto lavoriamo. Negli ultimi 6 mesi mi è stato assegnato circa il 60% del lavoro che faccio di solito. Poi, i capi mi hanno chiamato e mi hanno detto che avevo lavorato poco. Lo stesso è avvenuto per il mio collega".
I colleghi dei licenziati hanno organizzato una sottoscrizione, perché i due lavoratori non si sentano costretti a patteggiare nel caso che si arrivasse a una causa. Per il momento, le Rsu e la Fiom Cgil hanno chiesto la revoca dei licenziamenti.

CARBONIA: OPERAIO IN MOBILITA' SI SUICIDA

Un operaio in mobilità dell'Alcoa di Portovesme, attivo sindacalista della Uil, si è tolto la vita ieri con una fucilata in pieno viso nella sede del sindacato a Carbonia, assillato dai debiti e in coincidenza con le difficoltà delle ultime ore a istituire il parco geominerario che sembrava ormai cosa fatta, quasi sola speranza per le migliaia di lavoratori espulsi dalle miniere e dalle fabbriche del Sulcis in questi anni di interminabile crisi.
Era stato posto in mobilità nell'agosto scorso dall'azienda che produce alluminio, che aveva annunciato nei giorni scorsi un'ulteriore stretta, il licenziamento graduale di alcune altre centinaia di operai.
Per il recupero dell'immenso patrimonio delle miniere smesse, è chiuso in un pozzo da 116 giorni un consigliere regionale dei Ds, Giampiero Pinna, nel pozzo Sella della miniera di Monteponi alle porte di Iglesias. Gli fanno compagnia a turno gli operai socialmente utili, a 800mila lire al mese, in attesa della stabilizzazione legata al recupero ambientale e architettonico dell'intera area.
Ieri era l'ultimo giorno utile stabilito dalla legge istitutiva per l'intesa stato-regione e per il varo del comitato di gestione. Tonino Pisanu non era di questa schiera, non direttamente tra i lavoratori interessati alle attività post-minerarie: aveva ancora meno speranze, e gli stessi, pochi soldi.
Nel Sulcis vivacchiano in questo modo, sempre sulle soglie del dramma, 1200 operai. Tremila sono gli Lsu in Sardegna, quel che resta della deindustrializzazione senza riconversioni, che ha lasciato il deserto, quasi dovunque nelle aree industriali. Sono operai anche specializzati passati da due milioni di salario, prima al milione e mezzo della mobilità, poi alle 800mila lire al mese e per di più a termine, fino al prossimo giugno.

 

2 marzo ’01

 

750 OPERAI LICENZIATI IN POLONIA DALLA FIAT

A Bielsko Biala, nel cuore della Slesia e a due passi da Auschwitz, c'è lo stabilimento "storico" della Fiat in Polonia. Talmente storico che sta diventando obsoleto: con l'apertura della nuova fabbrica di Tychy, Bielsko Biala ha perduto tutta la produzione "competitiva" destinata ai ricchi mercati occidentali (la Seicento), nonché gran parte dei modelli della world car, che viene fabbricata con fortune alterne dall'America latina all'Asia, dall'Africa all'est europeo.
La Fiat ha annunciato il licenziamento di 750 dipendenti, proprio nello stabilimento di Bielsko Biala. In Polonia non esiste la cassa integrazione. I sindacati polacchi sostengono che i licenziamenti sono inaccettabili in quanto non giustificati da alcuna crisi economica o finanziaria. Gli stessi sindacati polacchi chiedono il sostegno solidale dei sindacati e dei lavoratori di tutti gli stabilimenti Fiat nel mondo. E' in preparazione un'iniziativa che ha già coinvolto militanti sindacali brasiliani (a Belo Horizonte, nel Minas Gerais, c'è la più grande fabbrica non italiana di automobili della Fiat) e italiani.

METALMECCANICI IN SCIOPERO CONTRO GLI INFORTUNI

 

Due ore di sciopero in tutte le fabbriche metalmeccaniche della provincia di Brescia. Lo stillicidio di infortuni più o meno gravi, che da tempo sta colpendo tutta la zona, ha infine trovato una prima risposta. Troppe aziende, dice il comunicato sindacale, "per ridurre i costi non salvaguardano la sicurezza dei lavoratori, subordinandola ai loro interessi di profitto". Non che sia una novità (se non esiste una pressione operaia o un controllo statale efficiente sulle condizioni di sicurezza, è più che ovvia una "sottovalutazione" delle imprese in materia). Ma negli ultimi tempi - complici anche i contratti "atipici" che tanta mano libera hanno dato all'imprenditoria nostrana - è diventato evidente che le misure previste dalla legge 626 sono un "optional" di cui ogni imprenditore cerca di fare a meno.
ci sono stati una serie di presìdi davanti alle portinerie dei principali stabilimenti: Fiat Iveco, Innse, Ideal Clima, Santoni, Atb, Fomb, Etrredi Gnutti, Idra, Cena, Pietra, Alfa acciai, Ori Martin, Redaelli, Timken, Beretta, Federal Mogul, Lanfranchi, Italpresse e decine di altre.
Alla Lucchini di Sarezzo la durata dello sciopero è stata di otto ore.
Davanti alla Fiat Om si è invece tenuta un'assemblea dei lavoratori dei primi due turni, in cui esponenti delle segreterie di Cgil, Cisl e Uil hanno riferito ai lavoratori della rottura delle trattative verificatasi l'altro ieri, per colpa della Fiat, al ministero del lavoro.

 

CASSINO: PROSEGUONO GLI SCIOPERI

Prosegue l'agitazione alla Fiat di Cassino, dove ogni turno sciopera per mezz'ora contro l'organizzazione del lavoro che l'azienda prova a introdurre senza neppure tentare di contrattare col sindacato. Nei primi giorni della settimana il Fismic (l'ex sindacato aziendale che prima si chiamava Sida) si è sfilato dalla protesta. Ma non ha minimamente influenzato l'adesione degli operai allo sciopero. Anzi, il ritiro sta provocando discussioni interne allo stesso Fismic, che vede drasticamente ridursi la sua area di consenso tra i lavoratori. La contromisura della Fiat è stata la "messa in libertà" degli operai per l'intero turno. Con questo l'azienda prova a tagliare le gambe alla protesta. La "messa in libertà" significa infatti fa perdere un'intera giornata di salario a fronte di uno sciopero di solo mezz'ora. Il sindacato ha consultato i legali per arrivare a una denuncia dell'azienda per "comportamento antisindacale".

 

3 marzo ’01

 

MELFI: FIAT LICENZIA 300 GIOVANI "IN AFFITTO"

La multinazionale italo-americana ha abbattuto la mannaia su Melfi: a 300 ragazze e ragazzi che lavorano da 15 mesi sulle linee di montaggio della Punto e della Lancia Y è stato annunciato che il contratto è scaduto e che da domani dovranno togliere l'incomodo. E' questo il bello della flessibilità: quando ci sono i picchi della domanda si compra o si affitta forza lavoro, quando il mercato si deprime si rimandano a casa i ragazzi. Lo dice la legge che si può fare, e se i contratti si chiamano a termine ci sarà pure una ragione. E però, a Melfi come alle carrozzerie di Mirafiori - dove ancora ieri i 147 giovani contrattisti "scaduti" presidiavano la porta 2 e volantinavano sotto la neve agli operai in entrata e in uscita - la Fiat vuole mandare un messaggio chiaro e forte ai lavoratori, al sindacato, al governo: qui comando io, la concertazione è roba che andava bene un secolo fa, di contrattazione non se ne parla, di contratto integrativo ancor meno. Tutti parlano di flessibilità, la Fiat la impone, la pretende. I tempi si fanno duri, le prospettive non sono rosee e la General Motors chiede conti positivi, costi quel che costi. Del resto, la GM dà il buon esempio svuotando le sue fabbriche dai lavoratori, perché la sua dependance italiana non dovrebbe fare la stessa cosa?
La dinamica della tempesta che si è abbattuta su Melfi, fiore all'occhiello della Fiat nel Mezzogiorno, è quella ormai classica: improvvisamente, dopo le promesse dei mesi scorsi ai contrattisti e ai sindacati sul futuro praticamente certo in azienda, ecco la comunicazione del licenziamento per fine contratto. L'azienda ha preso dallo stato 3 mila miliardi per costruire questa fabbrica, impegnandosi a dare lavoro a 7 mila persone. Ce ne sono 6 mila, di cui 570 scaricati al Comau, alla Marelli, alla Fenice.
Ma c'è una differenza tra i 147 ragazzi di Mirafiori e i 300 di Melfi: i primi erano assunti dalla Fiat con contratti a termine, i secondi sono "interinali". Mentre per quelli di Mirafiori non è più possibile un rinnovo del contratto a termine e quindi andrebbero assunti a tempo indeterminato, i 300 giovani affittati a Melfi possono rimanere con un semplice rinnovo del contratto d'affitto. Appena la notizia dei 300 licenziamenti è arrivata in fabbrica, la Fiom ha chiamato a uno sciopero di un'ora a cui non hanno aderito le altre organizzazioni, Fim, Uilm e Fismic-Sida.

 

MINATORI RUMENI IN LOTTA

 

Più di 700 minatori di cinque miniere del bacino di Campulung, 120 chilometri a nord di Bucarest, hanno occupato le loro gallerie per ottenere aumenti salariali. Lo hanno reso noto i sindacati rumeni dei minatori. Il salario medio rumeno, secondo l'istituto nazionale di statistica di Bucarest è stato, a gennaio, di 2,74 milioni di lei (pari a 100 dollari, ovvero 210 mila lire, 107 euro). Il potere d'acquisto è diminuito del 6% rispetto al mese precedente.

 

POMIGLIANO: CONTRO I LICENZIAMENTI

I lavoratori di Pomigliano non hanno digerito i 56 licenziamenti annunciati dalla Fiat alle "tecnologie", che provocherebbero lo allo smantellamento dell'intero gruppo di lavoro che ha messo in produzione i modelli 156 e 147 e ha industrializzato e seguito la Palio e il Doblò, come ci scrivono le Rsu. Mercoledì, durante l'ennesimo sciopero, i lavoratori "hanno accompagnato con cartelli e slogan il direttore dello stabilimento di Pomigliano durante la visita guidata di una delegazione della General Motors al reparto verniciatura.

 

04 marzo ’01

 

FIAT MELFI: 300 LICENZIAMENTI

300 giovani interinali assunti 15 mesi fa sono liquidati. La spiegazione data è laconica: siccome il picco è calato, non rinnoviamo l'affitto dei 300 operai. Forse saranno riassunti in seguito, si vedrà. Invece, ciò che già si vede è l'angoscia di giovani a cui erano state fatte promesse, che avevano dato l'anima (oltre al resto) all'azienda e messo in cantiere progetti di vita attorno a questo lavoro.
Un giovane operaio interinale, dopo l'annuncio del licenziamento, si è sentito male ed è stato trasportato in ospedale. Un'altra ragazza è scoppiata in un pianto dirotto: "Ci hanno sfruttato per 15 mesi e adesso non ci spiegano neanche perché ci mandano a casa. Non è vero che l'azienda abbassa la produzione e vorremmo sapere come fa a mantenere il numero di vetture prodotte senza noi 300". "Siamo stati impiegati in ogni Ute, nelle postazioni più dure. Con una disponibilità ai limiti del sopportabile. E non c'è stato giorno in cui i capi non ci hanno ammonito: fate i bravi perché certamente sarete premiati. Molti di noi avevano già organizzato la propria vita confidando su questo lavoro".
La Fiom ha organizzato un corteo interno nel turno di notte di venerdì: per due ore, i delegati e una sessantina di operai hanno attraversato le unità di montaggio per sensibilizzare gli operai. Poi, un'ora di sciopero nei turni di sabato, con tentativi di mobilitazione davanti alla Sata. Ma sia lo sciopero che la manifestazione non sono andati bene. Scarsa l'adesione degli operai "ordinari" e solo pochi interinali sono andati a sfogare la loro amarezza. Per gli altri pesa un clima di ricatto e di promesse di riassunzione.

Per Fim, Uilm e Fismic, l'atteggiamento Fiat è naturale e non c'è nulla da chiedere, anzi ben 300 giovani hanno avuto per 15 mesi un'opportunità di lavoro.

 

06 marzo ’01

 

UCS E IL DIRITTO DI SCIOPERO IN FERROVIA

 

Con una lettera alle massime autorità dello stato (Ciampi, Mancino, Violante) l'Ucs - il sindacato di base che raccoglieva inizialmente i capistazione - denuncia il tentativo di cancellare il diritto di sciopero dal novero dei diritti dei lavoratori delle ferrovie. In particolare, l'Ucs stigmatizza le recenti dichiarazioni del ministro dei trasporti Bersani, che teorizza la necessità di privilegiare il "diritto alla mobilità" su quello di sciopero (e quindi i "diritti del consumatore" rispetto a quelli del lavoratore). Ma ce n'è anche per i sindacati confederali, che "sembrano essere l'unico interlocutore del ministro", nonostante le "consistenti partecipazioni dei lavoratori agli scioperi" dichiarati dai sindacati di base. L'Ucs è tra i promotori dello sciopero nazionale delle ferrovie che dovrebbe svolgersi dalle 21 del 24 marzo e le 21 del 25.

PENSIONI, IL 37% SONO POVERE

Sono oltre 5 milioni i pensionati italiani il cui assegno, a fine mese, non supera le 728.314 lire. La percentuale delle pensioni integrate al minimo sul totale è molto alta: a non raggiungere le 730.000 mensili è il 37% dei pensionati. Lo rivela uno studio della Ragioneria centrale dello stato. Ad essere "integrate" sono soprattutto le donne: quasi 4 milioni contro poco più di 1 milione di uomini.

SPEEDLINE: 900 LAVORATORI IN CIG

I lavoratori della Speedline, industria di fabbricazione di ruote in lega, hanno manifestato contro la messa in cassa integrazione di 911 lavoratori. L'azienda ha in tutto 1600 dipendenti e 4 stabilimenti in Italia. Da tre anni è di proprietà dell'americana Amcast. Il piano aziendale prevede 450 esuberi e una riduzione degli stipendi del 15%. Secondo i sindacati, sarebbero stati previsti anche pochi investimenti.

AGIP: STATO DI AGITAZIONE

Stato di agitazione anche tra i lavoratori dell'Agip petroli. E come per tutte le altre situazioni di conflitto sindacale nessun media si interessa di queste vicende, a meno che non esplodano nel settore dei trasporti. Questo deve spingere le realtà di base, i compagni più o meno organizzati a far conoscere e diffondere ogni più piccola notizia.
Lo stato d'agitazione all'Agip coinvolge anche i "quadri", gli impiegati di livello medio-alto, quelli che quasi per deinizione dovrebbero essere "garantiti" all'interno di un'azienda che negli ultimi cinque anno a accumulato un risultato operativo di oltre 5.000 miliardi e, nonostante questo, ha perso per strada quasi 4.000 lavoratori (quasi tutti in Italia). L'agitazione attualmente si traduce nel blocco degli straordinari per gli impiegati, nella "forte limitazione" a superare i limiti dell'orario di lavoro anche per i "quadri", nell'indisponibilità alle forme di reperibilità non espressamente previste dagli accordi sindacali vigenti.
Un'azienda in piena salute, di proprietà pubblica ma in via di privatizzazione (mediante collocazione di pacchetti azionari sul mercato), si ristruttura e elimina quote significative di forza-lavoro. Con in più un piano di deindustrializzazione, evidente agli occhi dei lavoratori.
L'analisi delle mosse dell'azienda, fatta dai lavoratori Agip, evidenzia un orientamento alla dismissione degli assets (raffinerie, depositi, impianti stradali), al disimpegno industriale (lavorazione del greggio, trasporto, vendita) e un conseguente "disimpegno occupazionale", che si concretizza in incentivi all'autolicenziamento, mobilità, cessione di risorse e competenze. Tra il 2000 e il 2003 l'Agip conta di "razionalizzare" le sue attività liberandosi di altri 2500 lavoratori, scendendo da 10.356 a 7.800 circa. A causa di una crisi? No. Nell'anno appena chiuso l'Agip stima di aver raccolto un utile di 2.000 miliardi. L'idea sembra essere quella di privilegiare l'upstream (ricerca e estrazione di petrolio, a livello planetario) rispetto al downstream (raffinazione, trasporto e vendita dei prodotti petroliferi) sul mercato nazionale. Le conseguenze sulla struttura dell'azienda sono drastiche: la parte commerciale della società verrebbe "divisionalizzata"; quella industriale, invece, sarebbe "terziarizzata" e privatizzata. In questo progetto (che viene fatto risalire al vertice dell'Eni), dell'Agip non resterebbe che una piccola "divisione" che "interfaccia" il mercato nazionale.

 

07 marzo ’01

 

FIAT, ANCORA SCIOPERO

"Come fanno a non vergognarsi? Chiudono i bilanci con un aumento del fatturato e il raddoppio degli utili e dei dividenti agli azionisti, mentre con noi si comportano come i morti di fame, piangono miseria". Sono parole tanto semplici quanto chiare, quelle pronunciate da un operaio delle carrozzerie di Mirafiori durante una delle assemblee svoltasi in preparazione dello sciopero generale del gruppo Fiat di domani.

Parole semplici, che però racchiudono anche l'arretramento ideologico di questi anni: era ormai patrimonio comune della classe operaia che i padroni sfruttano ogni situazione per aumentare i profitti e che l'aumento di questi non porta automaticamente al miglioramento delle condizioni dei lavoratori. Oggi si deve recuperare anche questo arretramento, ma ciò verrà spontaneo visto il peggiorare dei rapporti di classe in modo più evidente per tutti, benchè i rapporti di classe siano sempre stati cattivi, come è naturale all'interno di una società capitalistica.

Alla Fiat, i motivi di preoccupazione sono moltissimi: i mancati rinnovi dei contratti a 147 giovani a Mirafiori e a 300 giovani interinali a Melfi, la cassa integrazione a zero ore per 170 dipendenti della Comau Stampi, le settimane sempre più numerose passate a casa degli operai delle meccaniche di Mirafiori, il pugno di ferro sull'organizzazione del lavoro a Cassino, la pretesa di portare da 18 a 19 i turni settimanali a Melfi e Pratola Serra, i licenziamenti di sindacalisti ad Avellino e di impiegati a Torino e a Pomigliano. Un quadro sconcertante e aggravato dalla progressiva vendita delle aziende terziarizzate dell'indotto, la Magneti Marelli e presto anche il Comau. La Ferroviaria era già passata in mani francesi alcuni mesi fa.
Le assemblee di questi giorni sono affollatissime, attente, in tutte le fabbriche in cui si sono potute fare.


ANSA: BOCCIATO IL CONTRATTO

L'assemblea della più grande agenzia di stampa italiana, l'Ansa, ha bocciato l'ipotesi di accordo per il rinnovo del contratto nazionale dei giornalisti. Con questa bocciatura che si unisce a quelle di altri settori, come Mondandori per esempio e alla mancata firma di rappresentanti di importanti cdr, come quello della Stampa, fanno presagire un esito finale negativo, nonostante i tanti sì alla bozza. I rappresentanti del cdr dell'Ansa hanno annunciato ieri le loro dimissioni.

TIREA: IN SCIOPERO DA 2 SETTIMANE

Le 170 lavoratrici della Tirea di Francavilla Fontana (Brindisi), che produce camicie per grossi marchi nazionali e internazionali, non entrano in fabbrica ormai da 15 giorni. E non vedono una lira da oltre tre mesi. La produzione si è fermata il 19 febbraio scorso, e sono cominciati scioperi e presìdi di fronte ai cancelli. L'azienda dei fratelli Di Coste, nata nella metà degli anni'80, rischia intanto di perdere le commesse di firme note come Dior, Hugo Boss, Iceberg.
Ma perché le camiciaie hanno deciso di non mettere più piede in fabbrica? Risponde una di loro: "Da due anni la situazione alla Tirea è molto critica. L'azienda ci deve 8 mensilità arretrate e da dicembre scorso non veniamo pagate. Da poco sono partite le prime 38 lettere di licenziamento. Abbiamo deciso di scioperare quando i capi ci hanno fatto un'offerta che ci è sembrata ridicola: dicendo che la produttività era stata troppo bassa, erano disponibili a liquidarci soltanto il 10% della mensilità di dicembre". Meno di 140 mila lire, dato che uno stipendio lordo si aggira intorno a 1,4-1,5 milioni di lire.
La giornata di una camiciaia è fatta di 8 ore, passate sulla macchina da cucire: chi assembla le maniche, chi i colli; bisogna cucire la parte anteriore, e poi quella posteriore. La camicia va rifinita e stirata. E, particolare che non va dimenticato, la marca viene apposta già nello stabilimento brindisino e il prodotto consegnato ai committenti bell'e pronto per la vendita. Insomma, il lavoro delle donne di Francavilla, visto il prestigio delle marche rifornite, non deve essere di basso profilo. E i guadagni maturati nei vari passaggi della merce, dalla Tirea ai nostri armadi, non devono essere poi così trascurabili. Per le camiciaie, però, la vita è comunque magra.
"Non abbiamo molte alternative - continua l'operaia -. Alla Tirea lavoriamo per 9 mila lire lorde all'ora, ma almeno sono regolari, abbiamo tutti i contributi. In un periodo in cui l'azienda ci aveva lasciato a casa, ho cercato lavoro fuori. Ci sono tante altre aziende, più piccole, che confezionano camicie. Lì mi veniva offerto un lavoro completamente in nero, per 40 mila lire al giorno".

09 marzo ’01

 

LA FIAT CHIEDE I DANNI PER LO SCIOPERO

La Fiat ha sporto denuncia nei confronti di 216 lavoratori del reparto montaggio dello stabilimento di Cassino. Vuole essere risarcita dei danni derivanti dagli scioperi articolati (mezz'ora al giorno, da una decina di giorni): la Fiat vuole proprio recuperare i "mancati profitti"! Giacché c'era, ha anche chiesto al pretore del lavoro di intimare al sindacato la sospensione immediata di ogni agitazione all'interno dello stabilimento. Una prima risposta l'ha avuta subito: il pretore ha rispedito al mittente la pretesa di abolire il diritto di sciopero su richiesta "datoriale". Per i danni, invece, se ne discuterà in una udienza al tribunale di Cassino, il 16 di questo mese.
Una seconda risposta l'azienda l'ha avuta dai lavoratori: invece della solita mezz'ora, i turni della mattina e del pomeriggio si son fermati per un'ora e mezza. La vertenza in corso a Cassino ha un punto particolare rispetto alla vertenza generale sul contratto. La Fiat, qui, vuole far passare una nuova organizzazione del lavoro e delle pause senza neppure contrattarla con i lavoratori. E così era iniziata la serie degli scioperi quotidiani, per costringere l'azienda ad accettare la trattativa.
La consapevolezza della posta in gioco, e dell'atteggiamento Fiat, ha fatto sì che lo sciopero nazionale di quattro ore di ieri vedesse un'ampia partecipazione in tutti gli stabilimenti. A Pomigliano d'Arco, dove tra l'altro sono stati licenziati 56 impiegati degli Enti centrali, si è comunque fermato il 60% dei lavoratori. Un corteo ha prima attraversato i reparti dell'ex Alfa per poi riversarsi nelle strade circostanti, fino alla stazione della Circumvesuviana. A Pratola Serra (Avellino) lo sciopero si terrà in un'altra data. A Brescia, invece, i lavoratori dell'Iveco hanno dato vita a un corteo di 1500 persone che ha attraversato la città.

 

10 marzo ’01

 

MCDONALD'S DECLASSA CHI E' SINDACALIZZATO


Ti sei iscritto al sindacato? Allora torni dietro il bancone, non puoi più dirigere il personale. Conciliare gli interessi del Big Mac con la tutela dei diritti deve essere proprio difficile ad Avellino, visto che due trainee manager (manager in formazione) hanno dovuto scegliere tra la tessera sindacale e la carriera. Il prezzo: declassati a semplici crew (banconisti tuttofare).
Nella città campana ci sono due fast food della catena nordamericana, in mano a un licenziatario, la Community Cooking Leader di Luigi Snichelotto, e vi lavorano 40 giovani. Il 20 febbraio di quest'anno, 22 ragazzi decidono di iscriversi alla Filcams Cgil, essendo peggiorati, a loro parere, i rapporti con il nuovo gestore, subentrato a fine anno alla Company.
Appena saputo dell'iscrizione la direzione ha fatto di tutto per dissuaderli. Quattordici ragazzi, molti crew con contratti di formazione lavoro, temendo di non essere assunti alla fine dei due anni hanno stracciato la tessera. Ai manager in formazione è stato detto che dovevano scegliere tra gli interessi dell'azienda e il sindacato e che il corso per la promozione era a rischio, ma hanno deciso di non cancellare l'iscrizione al sindacato. E così sono tornati dietro il bancone.
A passarsela male sono anche le hostess, cui non viene risparmiato nulla: una, definita 'hostess panchinara' perché ricopriva il ruolo solo nei momenti di punta, una volta è stata cronometrata mentre gonfiava i palloncini. Ad un'altra è capitato di peggio: in occasione di una festa di compleanno, un pasticciere sbagliò a fare una torta: le fu addossata la responsabilità del fatto e imposto di comprare, di tasca sua, un regalo di 50.000 lire al festeggiato!
A livello nazionale il ministero del lavoro ha convocato McDonald's Italia e sindacati per il 29 marzo. Si parlerà del primo contratto aziendale.

OPERAI GOODYEAR

Alcuni operai della ex Goodyear hanno dato vita ad una associazione denominata ASSOCIAZIONE DEI FAMILIARI DELLE DITTIME DELLA GOODYEAR tra le finalità... proteggere coloro i quali sono stati esposti per anni ad agenti cancerogeni quali le ammine aromatiche, amianto e altre sostanze nocive. Gli ex dipendenti della multinazionale fanno appello agli operai che lavorano in cicli produttivi simili(produzione pneumatici), ai lavoratori, agli organismi sindacali, politici e scientifici affinchè contribuiscano con notizie, suggerimenti ecc

Associazione dei familiari vittime della Goodyear
per contatti comcompre@hotmail.com

 

 13 marzo ’01

 

Licenziati sulla Salerno-Reggio

Giorno di lotta nei cantieri della A3 Salerno-Reggio Calabria, dove i 160 lavoratori hanno protestato contro i 57 licenziamenti annunciati dalla ditta Astaldi, occupando gli uffici dell'Anas. I sindacati incontreranno il ministro dei Lavori Pubblici Nesi, e il 22 marzo toccherà all'azienda. Franco Carvelli, della Uil, ha detto che "l'azienda non può procedere alla riduzione della manodopera prima che sia stato raggiunto almeno il 70% delle opere da realizzare".

CONTRATTO GIORNALISTI

Il direttivo dell'Associazione stampa romana (Asr) ha respinto l'ipotesi di accordo per il contratto nazionale dei giornalisti. E' passato il documento critico che respinge l'ipotesi di accordo e, pur rinnovando la fiducia alla FNSI, chiede la riapertura della trattativa: 10 sì, 9 contrari e un astenuto.
L'Associazione della stampa umbra ha approvato l'ipotesi di accordo che "coraggiosamente riforma la concezione di tutela e allarga l'area della contrattualizzazione di chi svolge attività giornalistica". Il direttivo umbro, presieduto da Franco Arcuri, ha spiegato che una bocciatura del contratto - per certi versi "strumentale" - determinerebbe "una situazione di gravissimo rischio per l'occupazione, negando a centinaia di colleghi la possibilità di vedere riconosciuti contrattualmente i propri diritti".
Contro il testo siglato c'è un nutrito "fronte del no" composto dai cdr e dalle assemblee dei più grandi quotidiani. Contro l'ipotesi di accordo si è schierata anche l'associazione degli inviati (dato che con il nuovo contratto si prevede il superamento di una delle figure professionali storica del giornalismo italiano). Difficile capire, almeno per ora, che cosa succederà nel vasto mondo della "rete". Le sedi di discussione dei nuovi giornalisti "on-line" sono infatti frammentate, così come lo sono, soprattutto, i rapporti tra redattori stessi e proprietà. Altro punto su cui c'è ancora scontro è la questione della flessibilità del lavoro e dell'utilizzo dei prodotti giornalistici per più testate, all'interno degli stessi gruppi o tra testate di cui i proprietari hanno cointeressi o partecipazioni anche di minoranza. Per molti giornalisti che stanno votando no c'è anche la questione economica: le 280 mila lire di aumento (senza una tantum) non soddisfano molti redattori che magari - per scioperare - hanno perso un milione in un anno.

 

14 marzo ’01

 

ALFA: CRESCE IL LAVORO ATIPICO

Il 6 febbraio 55 impiegati e un operaio dello stabilimento di Pomigliano d'Arco vengono licenziati dalla Fiat. Sul tavolo della dirigenza non si scorgono, però, solo quei provvedimenti di licenziamento, di lettere ce ne sono anche altre. Sono quelle indirizzate ai giovani che i vertici Fiat intendono assumere. Di ragazzi da impiegare con contratti di formazione, a termine, in affitto, il maggiore gruppo industriale italiano ha bisogno. Sono 1400 i ragazzi entrati nella fabbrica di Pomigliano dal gennaio dello scorso anno: 800 con formazione e contratti a termine, 400 con l'interinale e 200 che, finito il periodo di prova, hanno visto trasformarsi il loro contratto a termine in un rapporto a tempo indeterminato. E' questo il paradosso di Pomigliano: si assume e si licenzia contemporaneamente.
Ad andare via sono gli addetti alla progettazione delle auto, i tecnici, gli specializzati, mentre a entrare in fabbrica solo ragazzi rapidamente addestrabili a svolgere mansioni povere di montaggio. Una conferma del temuto trasferimento della progettazione e dell'innovazione tecnologica in Germania e Usa. Una strategia elaborata in conseguenza della joint-venture tra il gruppo torinese e la Gm. Agli stabilimenti italiani resterebbe l'assemblaggio delle automobili, un compito da poter affidare ai giovani di Pomigliano. Operai da assumere finché il mercato delle "Alfa" continuerà a tirare e la produzione a crescere a ritmi elevati, com'è accaduto nell'ultimo anno.
Se, poi, il vento cambiasse e i modelli 156 e 147 dell'Alfa riscontrassero meno favori tra i consumatori, ci si potrà sempre avvalere della flessibilità e mettere fine all'esperienza di lavoro dei giovani atipici. Proprio quanto è accaduto ai 147 ragazzi di Mirafiori e ai 300 interinali di Melfi.
Si diversificano con questa strategia le richieste e le aspirazioni dei lavoratori che entrano ogni mattina negli stabilimenti Fiat. "Basta guardarsi un po' attorno, quando ci ritroviamo tutti a mensa", spiega il segretario comprensoriale della Fiom di Pomigliano, Luigi Nuzzi. E continua: "Ti accorgi dalle tute, ognuna di colore diverso, di quanto sia eterogeneo il mondo dei lavoratori Fiat". Su 8500 addetti, 5300 sono dipendenti Fiat e più di 3000 gli assunti dalle ditte, alle quali sono affidate parti consistenti della lavorazione dell'auto. E tra quei cinquemila, ben il 30% è costituito da giovani entrati con contratti a termine, i soggetti più deboli nei confronti della proprietà.


MOTOROLA TAGLIA 7000 POSTI.

Ha creato la prima auto radio. Durante la seconda guerra mondiale, ha fornito l'"handie-talkie" portatile alle truppe americane. Nel 1969, attraverso un suo trasmettitore, Neil Armstrong, ha potuto parlarci dalla luna. Ha anche prodotto il primo telefono cellulare della storia. Oggi, il gruppo Motorola, taglia 7000 posti di lavoro proprio dalla divisione cellulari.
La Motorola dopo 73 anni ha cercato di traghettarsi dalla vecchia alla nuova economia. Fino a dieci anni fa Motorola vendeva oltre la metà dei cellulari del mondo, oggi si deve accontentare di una quota di mercato pari al 13%. Nel 1998, la perdita di un miliardo di dollari, oltre a 20.000 licenziamenti .
Ammontando i suoi dipendenti attuali a 133.000 in tutto il mondo, il gigante dell'Illinois ha già fatto fuori - tenendo conto anche dei 9000 licenziati dallo scorso dicembre - ben oltre il 10% del proprio personale in quattro mesi.
Anche in Gran Bretagna, infine, il settore delle telecomunicazioni è in sofferenza, dato che la compagnia Cable & Wireless ha annunciato il taglio di 4000 posti di lavoro nei prossimi 12 mesi.

 

 
16 marzo ’01

 

FIAT CASSINO: ACCORDO SEPARATO

A Cassino, Fim, Uilm, Fismic-Sida e azienda hanno firmato un accordo che accetta, con lievi modifiche, lo stravolgimento dell'organizzazione del lavoro e dei tempi preteso dal gruppo torinese e contro cui hanno scioperato per alcune settimane, tutti i giorni, i lavoratori di Cassino.
L'incontro richiesto da settimane alla direzione dai sindacati, proprio per discutere una modifica dell'organizzazione del lavoro da tutti contestata, è stato voluto dall'azienda il giorno prima dello sciopero di 4 ore previsto per il 16. E solo dopo la clamorosa decisione di denunciare alla magistratura 216 lavoratori e delegati, rei di aver provocato danni all'azienda con i loro scioperi di mezz'ora. La Fiat ha convocato i segretari di Fim, Uilm e Fismic-Sida e ha ottenuto la loro firma su un testo che prevede alcune novità rispetto alle modifiche iniziali dell'organizzazione del lavoro e delle pause contro cui erano stati indetti gli scioperi. Un testo che la Fiom aveva dichiarato di non poter firmare al buio, senza verificare la consistenza e l'effetto delle annunciate modifiche. La Fiat ha voluto questo accordo separato per cambiare l'organizzazione del lavoro e appesantire i ritmi di produzione.

Dal Lingotto confermano che contestualmente all'accordo, i firmatati hanno deciso di ritirare le denuncie, la Fiat quella contro i lavoratori, Fim, Uilm e Fismic-Sida quella contro l'azienda per antisindacalità. Altro aspetto dell'accordo, l'azienda risarcirà i lavoratori mandati a casa come ritorsione degli scioperi di mezz'ora, ma facendo ricorso alla cassa integrazione.
Brutti segnali, dunque, mentre si continua a scioperare per l'integrativo e contro le modifiche unilaterali dell'organizzazione del lavoro (ieri alla Teksid di Carmagnola e alla Magneti Marelli di Venaria). Inoltre due giorni fa, come risposta all'articolo 28 per antisindacalità fatto dalla Fiom alla Iveco di Torino sugli straordinari, la Fiat ha risposto citando come testi a sua difesa i delegati di Fim, Uilm e Fismic-Sida. E a Melfi, a organizzare gli scioperi è rimasta la Fiom da sola. Oggi non ci sarà lo sciopero a Cassino, ma la Fiom si riunirà alla presenza di Sabattini per decidere come andare avanti.

BELLELI

Che fine faranno i 1700 lavoratori della ex Belleli di Taranto, da tre anni in cassa integrazione per il fallimento dell'azienda? L'ennesimo colpo, incassato due giorni fa, dopo che il gruppo Fantuzzi ha deciso di non acquistare l'impresa, li ha portati ieri a occupare la strada provinciale per Statte, di fronte alla storica industria leader nella costruzione di piattaforme per l'estrazione di petrolio a grandi profondità marine.
Prima di Fantuzzi, già una cordata di multinazionali, la Boi (Belleli Off-Shore International), formata da Abb, Halter e Itainvest, due anni fa aveva affittato impianti e stabilimento, avviando grosse commesse poi sfumate, con la promessa di assumere 1000 operai. A metà del 2000, il primo forfait: la Boi si ritira.
Saltato anche l'Eni, non restavano che Fantuzzi e Marcegaglia. Ma Emilio Riva, proprietario dell'Ilva si è sempre opposto al gruppo Marcegaglia, suo concorrente nell'acciaio, mentre era interessato all'ipotesi Fantuzzi, per utilizzare le grosse gru del gruppo, situate proprio nella zona di carico e scarico materiale dell'Ilva.
Fantuzzi firmò un primo accordo col governo che prevedeva l'assunzione di 950 lavoratori. Altri 400-500 sarebbero entrati all'Ilva, il resto in mobilità e prepensionamento. "Il gruppo aveva già installato le gru e i capannoni nella zona portuale - dice Vincenzo Conte, ex delegato Slai-Cobas - stavolta pensavamo davvero che saremmo tornati al lavoro. In due aste ha offerto prima 20 e poi 40 miliardi per comprare lo stabilimento, ritenendo la cifra di 70 troppo alta".
L'improvvisa rinuncia di Fantuzzi potrebbe essere una mossa per abbassare il prezzo della Belleli. Adesso si è rifatto avanti anche il gruppo Marcegaglia, mentre i lavoratori hanno deciso di premere per un'eventuale nuova proposta Eni. Sperando che non debbano tornare a illudersi, perché il prossimo 31 dicembre cesserà la cassa integrazione, e partirà la mobilità.

CGIL DICE SI' AL LAVORO INTERINALE

Il contratto nazionale dei metalmeccanici non contempla assunzioni al secondo livello, si parte dal terzo. Ciò nonostante, i 42 lavoratori affittati da Manpower alla Cip idropulitrici di Quistello (Mantova) sono inquadrati al secondo: paga oraria inferiore di 800 lire rispetto al terzo, soldi "risparmiati" dal gigante mondiale del lavoro interinale e dall'azienda tedesca che produce elettrodomestici. E' un colpetto che Manpower cerca di mettere a segno anche in altre aziende in Italia, a Mantova ieri c'è stata la prima iniziativa di contrasto. L'ha organizzata la Cgil-Nidil: un presidio durato tutto il giorno, al mattino davanti alla filiale di Manpower, al pomeriggio sotto l'Associazione degli industriali mantovani.
Ieri era giorno di paga a Manpower e molti interinali si sono fermati a parlare con la cinquantina di manifestanti. "Non siamo contro il lavoro interinale in sé - dice Alessandro Calanca del Nidil - ma contro le agenzie che non rispettano i contratti, che pur di acquisire commesse abbassano le retribuzioni. Danneggiano i lavoratori e fanno concorrenza sleale alle altre società". Alla Cip ci sono altri 9 lavoratori affittati dall'Adecco, con le stesse mansioni di quelli Manpower, ma inquadrati al terzo livello.
Ecco quindi il terreno arretrato su cui si muove la CGIL, che non promette niente di buono per l'organizzazione dei lavoratori "atipici": infatti la loro caratteristica è la ricattabilità della loro condizione, non tanto il fatto che possano essere sottoinquadrati. Anche nell'ambito del lavoro "tipico", dei lavoro a tempo indeterminato ci sono differenze di salario come di inquadramento ingiustificate: è la sostanza della modalità di sfruttamento che permette l'agibilità delle agenzie e delle imprese loro clienti in campo lavorativo, ricattando continuamente e in ogni forma i lavoratori.

A Mantova e provincia operano 8 agenzie interinali con 15 filiali. Si stima che l'anno scorso i lavoratori affittati nel mantovano siano stati circa 3 mila. Nidil - che significa Nuove identità di lavoro - a Mantova ha 330 tesserati, quasi tutti interinali. All'Iveco di Suzzara, da un paio d'anni ci sono 300 interinali, molti vengono dal Sud. Pochissimi hanno fatto il salto dall'affitto all'assunzione diretta.

 

17 marzo ’01

 

FIAT: LO SCIOPERO CONTINUA

In fabbrica, dopo l'accordo separato tra il padrone e FIM-UILM-FISMIC, parte lo sciopero di due ore alla fine del primo turno. Lo ha dichiarato la sola Fiom. In contemporanea - stessa ora, stesse modalità, ma senza alcuna convocazione comune - ha indetto lo sciopero anche lo Slai-Cobas. Riesce. La partecipazione è "molto buona", dicono i delegati che arrivano trafelati dallo stabilimento. Specie al montaggio e alla verniciatura, i più toccati dall'introduzione della nuova "metrica" voluta dalla Fiat e dalla conseguente riorganizzazione del lavoro. E' un buon segnale, e i delegati sospendono la riunione per andare a fare un presidio davanti ai cancelli.
Il giorno dopo è quello della rabbia per il "tradimento" di Fim e Uilm, dopo 50 giorni di scioperi articolati, cortei interni e per le vie della città. Eppure bisogna ragionare. La "trattativa" è stata per loro una vera "truffa": un intero pomeriggio e una notte di colloqui sprecati davanti a un muro di gomma.
La situazione è seria. La Fiom ha il problema di non aggravare le dimensioni di una frattura sindacale localmente devastante. C'è in piedi la trattativa sia sul contratto nazionale che sull'integrativo Fiat. E c'è un'azienda che non vuole più trattare nulla, che immagina relazioni industriali fondate su un modello diverso di "concertazione": la Fiat mette sul tavolo le sue imprescindibili esigenze e firma accordi solo con i "sindacati che ci stanno". Proprio come aveva detto Cantarella la scorsa settimana. Nonostante questo atteggiamento, gli scioperi sono continuati come prima, segno di un conflitto fondato su bisogni reali.

Il nuovo sistema di misurazione dei tempi si chiama Tmc2, ma non è una tv di Cecchi Gori. E' la "metrica" con cui la Fiat misura i tempi di lavoro necessari per eseguire i movimenti fondamentali del lavoro. La sua introduzione è alla base, tra l'altro, dei 50 giorni di agitazione a Cassino. Secondo l'accordo del '71, la metrica su cui si fonda la contrattazione sui tempi è l'Mtm, elaborata e certificata da un consorzio internazionale; nata dagli Usa, si era poi diffusa in Europa nel dopoguerra. In pratica: i cronometristi prendevano il tempo su operazioni "reali", ne estrapolavano un "tempo medio" moltiplicandolo per un "coefficiente di correzione", su cui si stabiliva - contrattualmente - la quantità "normale" di lavoro, il valore del cottimo, ecc. Discutibile, certamente, ma comunque un metodo con una base scientifica accettata.
Ora la Fiat si è letteralmente "inventata" il Tmc2 (ma non è neppure sicuro che la metrica introdotta a Cassino sia davvero una variante del Tmc, a sua volta modificazione dell'Mtm). Le operazioni fondamentali sono di meno; la situazione concreta di lavoro è ricostruita al computer. All'operaio si chiede perciò di tener testa, come velocità, al suo doppio "virtuale". La base scientifica, paradossalmente, è scomparsa. Nel manuale del Tmc2 si continua a dire che deriva dall'Mtm Usa, ma la parte che "traduceva" quella metrica nella nuova è stata abolita. Su quale base scientifica la Fiat ha adottato la metrica inventata dall'ing. Besusso? E chi lo sa. L'importante, per la Fiat, è che in tal modo ognuno produca dal 10 al 20% in più nella stessa unità di tempo.
Ci sono comunque anche altri problemi: la Fiat, tramite l'Isvor, vende su questa base "formazione" alle aziende. Ma non si tratta più della metrica "doc". Cosa vende, allora? E perché? Probabilmente - suggeriscono gli addetti ai lavori - non passa più per il consorzio internazionale.

 

 

18 marzo 2001

 

SCONTRI A ANKARA TRA OPERAI E POLIZIA

La gravissima crisi finanziaria turca comincia a incrinare quel simulacro di "pace sociale" militarizzata che caratterizza il regime attuale. Ad Ankara, furibondi scontri si sono verificati tra lavoratori del settore pubblico (organizzati nel Kesk) e la polizia. Le cariche sono partite poco prima di una assemblea che doveva presentare le iniziative di protesta contro il piano economico che il governo ha intenzione di applicare per fronteggiare la crisi. Tutti i manifesti sono stati sequestrati dalla polizia. Secondo l'agenzia di stampa Anatolia gli scontri sarebbero iniziati quando i lavoratori hanno tentato di raggiungere un'altra manifestazione sindacale in corso davanti al parlamento. Uno dei maggiori dirigenti del Kesk, Cafer Apkinar, è rimasto ferito alla testa.
I dimostranti hanno comunque diramato un comunicato in cui promettono proteste nazionali quotidiane per tutto il mese se il governo ignorerà il loro appello. La manifestazione è stata sciolta solo quando il governo ha promesso di elaborare un piano economico alternativo.
In Turchia le principali organizzazioni sindacali si sono recentemente riunite sotto le insegne della "Piattaforma del lavoro" per protestare contro le linee di politica economica preparate dal governo sulla base delle indicazioni del Fondo monetario internazionale.

 

20 marzo ’01

 

AIRBUS: 3000 LICENZIAMENTI

La società Eads, il gigante aeronautico che costruisce tra l'altro l'Airbus, ha deciso di ridurre "in maniera significativa" i dipendenti della sede centrale e di altre divisioni. La misura dovrebbe riguardare 3.000 persone da qui al 2002. L'annuncio è stato fatto nel corso della presentazione di una ristrutturazione generale delle divisioni difesa, civile, spaziale e sedi sociali.

 

21 marzo ’01

 

SCIOPERO ALL'ERIDANIA

Lo sciopero degli zuccherifici del gruppo Eridania ha raggiunto, secondo la Flai Cgil, fra il 90% e il 100% delle adesioni. L'astensione dal lavoro è stata proclamata dai sindacati di categoria Cgil, Cisl e Uil e dalle Rsu per protestare contro il piano di riassetto industriale del gruppo, che prevede una riduzione del 35% degli organici. I lavoratori interessati sono oltre 1500 tra operai e impiegati, a cui devono essere aggiunti 2000 stagionali.

FIAT DI CASSINO


"Vi siete venduti i nostri 45 giorni di lotta". Questo gridano gli operai ai segretari nazionali della Fim e della Uilm, che non riescono neppure a parlare, spiegare perchè hanno firmato un accordo redatto dalla Fiat, in cui si sancisce una modifica peggiorativa dell'organizzazione del lavoro in fabbrica, la riduzione delle pause e l'aumento della produttività (e quindi dello sfruttamento) fino al 20%. Qualche tessera sindacale Fim e Uilm viene strappata e gettata in faccia a Di Maulo (Uilm) e Regazzi (Fim). Ci sono momenti di tesione, il clima è esasperato. Solo un rappresentante della Fiom riesce prendere la parola per quindici minuti e spiega le ragioni per cui in calce a quell'accordo manca la firma della sua organizzazione.
Sul fatto che quell'accordo non andava firmato nessuno ha dubbi, soprattutto dopo la spiegazione tecnica della nuova "metrica" fatta da Cesare Cosi, un dirigente della Fiom che da decenni si occupa di organizzazione del lavoro. Stesso copione alle presse e alla Verniciatura: il rappresentante della Fiom spiega le ragioni del no, chiede di firmare per il referendum e raccoglie i consensi dei presenti.
Alle assemblee del secondo turno si è ripetuta la stessa scena, con le medesime tensioni: grande consenso sulla posizione della Fiom, sia alla verniciatura che alle presse, mentre al montaggio ai rappresentanti di Fim, Uilm, Fismic-Sida "titolari dell'assemblea" è stata riservata la solita bordata di fischi: "Avete venduto la nostra lotta".

SCIOPERO DEI CONTROLLORI DI VOLO

Alcuni giornali (Corriere della sera in testa) avevano attaccato duramente lo sciopero degli uomini radar, ironizzando sul fatto che una molteplicità di sigle con pochi iscritti riesce a bloccare i voli solo grazie alla concentrazione delle agitazioni nello stesso giorno. Ma è il risultato dei processi (e delle leggi) che quelle stesse testate hanno caldeggiato per anni: privatizzazioni, scorpori e limitazioni al diritto di sciopero nei trasporti. Abbiamo ora che ogni aeroporto è una società privata, che magari ha scorporato varie funzioni (dalla ristorazione al carico bagagli, ecc); e i controllori di volo che dipendono da società diverse (Enav, Alitalia Team, Aeroporto di Padova, ecc). La crisi dei sindacati confederali nel comparto ha provocato una frammentazione delle sigle che si è sommata a quella delle società "datoriali". Le limitazioni per legge degli scioperi hanno seguito la via della "rarefazione" delle agitazioni, attraverso complesse procedure di "raffreddamento" delle vertenze e la salvaguardia di periodi di "franchigia" (Natale, Pasqua, ecc). Conclusione: si può scioperare solo in certi giorni e, necessariamente, tutti quelli che decidono di farlo sono obbligati a "concentrarsi" lì. Nessun problema, nessuna vertenza viene affrontata con logica positiva. Si lascia marcire il conflitto, contando sull'aiuto dei media per trasformarlo - alla fin fine - in un problema di ordine pubblico.
Ma tutto questo non interessa. Come non interessano le ragioni per cui centinaia di lavoratori decidono di perdere intere giornate di stipendio. L'Enav, l'ente recentemente privatizzato, finora si è distinto per due cose: ha disatteso tutti i punti previsti dal contratto firmato nel dicembre 2000 e ha drasticamente aumentato stipendi, premi e gettoni di presenza per consiglio di amministrazione (700 milioni l'anno per l'amministratore delegato). L'Enav ha violato il contratto in ben 11 punti, propone tagli occupazionali sulle posizioni operative mentre la pianificazione fatta è inefficace. E in più propone regole antisciopero peggiori della recente legge. Poi cè la questione della sicurezza: a Milano lavorano con tecnologie degli anni '80; a Padova hanno appena aggiornato le macchine, ma sono indietro nella formazione del personale e nella copertura radar del norditalia.
Stessi discorsi arrivano dal Sulta, il sindacato di base presente in Alitalia Team. "Il contratto è stato firmato il 16 dicembre del '99, ma è stata applicata solo la parte che riguarda l'azienda. Siamo al quarto sciopero, ormai".

C'è, evidentemente, un'intenzione politica che supera anche le ragioni economiche. E il ministro Bersani l'ha spiegata spesso, da quando è ministro dei trasporti: il "diritto alla mobilità" dovrebbe diventare prioritario, il diritto del "consumatore" dovrebbe prevalere su quello del "lavoratore". E per dar forza al suo ragionamento, ieri sera, ha stabilito d'autorità che lo sciopero dei ferrovieri - indetto per 24 ore, dalle 21 di sabato alla stessa ora di domenica - dovrà interrompersi alle 14,30 della domenica: "per garantire il diritto alla circolazione dei cittadini".

 

 

22 marzo ’01

 

OCCUPAZIONE IN CALO NELLE GRANDI IMPRESE

Nel dicembre del 2000 le rilevazioni dell'Istat segnano 18.000 posti in meno, persi nel corso di tutto il 2000. Il calo è stato dello 0,2% su base mensile, e del 2,2% tendenziale (numeri più pesanti rispetto a quelli di novembre, che registravano rispettivamente un calo dello 0,1% e del 2%). Le flessioni più marcate si sono realizzate nei comparti della produzione di energia elettrica, gas e acqua (-6,1% tendenziale) e nelle attività manifatturiere (-1,5%). Bilancio molto negativo per carta, stampa ed editoria (-9,2%), industrie alimentari, bevande e tabacco (-4,5%), nella fabbricazione del coke e nella raffinazione del petrolio (-4,7%). Cresce invece l'occupazione nel settore del commercio e riparazione dei beni di consumo (+9,9%) e negli alberghi e ristoranti (+5,7%).

 

FIAT CONTINUA LA RISTRUTTURAZIONE

Mentre tutto resta fermo sul terreno contrattuale, sul versante della ristrutturazione interna del gruppo Fiat i movimenti sono quanto mai frenetici. Continua lo streeptease della Magneti Marelli, il colosso della componentistica Fiat messo in vendita dal Lingotto. Come previsto, non sarà un unico acquirente ad aggiudicarsi l'intera parte di torta rimasta in mano Fiat (si era parlato dell'americana Visteon che lavora per Ford o della società della General Motors): la strada è quella dello "spezzatino", e ieri è stata annunciata la vendita della Mmss (Sospensioni e ammortizzatori di Magneti Marelli) alla Thyssenkrupp Automotive. La Thyssenkrupp ha 40 mila dipendenti nel mondo, distribuiti in 120 impianti e un fatturato di 12 mila miliardi di lire, mentre la Mmss è presente in Italia, in Polonia, negli Stati uniti e in Brasile con 15 stabilimenti e 5.500 dipendenti, di cui 2.800 in Italia (1.000 a Torino, 900 a Sulmona e i restanti sparpagliati in altri stabilimenti). Il fatturato della Mmss previsto nel 2001 è di circa 3.000 miliardi di lire. I dipendenti Magneti Marelli "venduti" provengono in larga parte dalla Fiat Auto e sono il prodotto di una terziarizzazione fatta, dicevano all'ora al Lingotto, per allungare "la catena del valore", definendo questo settore addirittura il core business dell'automobile.

 

23 marzo ’01

 

SCIOPERO VINCENTE IN UNA COOPERATIVA

"Barabino ha firmato!", il primo accordo per i soci della Cooperativa B.B. Service è fatto. Senegalesi, somali, marocchini, meridionali, bergamaschi si abbracciano e si baciano.
Non è frequente assistere a un conflitto di lavoro, in un settore tutt'altro che "garantito", che finisce bene.
Il Centro del Rondò è una capannone lungo lungo, in mezzo alla ferrovia e al camino della Dalmine. Da qui passano tutte le merci, eccetto gli alimentari, vendute da Rinascente, Iper, Upim, Brico Center. 70 camion e 60 mila colli "lavorati" al giorno. Solo una trentina i dipendenti diretti di Rinascente, che funzionano da "testa" del magazzino. Le braccia, 150-200 persone a seconda delle esigenze, ce le mette la Cooperativa B.B. Service, presidente Gianluca Barabino, sede ad Alzano Scrivia (Alessandria). La B.B. Service ha quasi 800 soci e cinque o sei grossi appalti. Come da prassi consolidata e ovunque invalsa, spirito cooperativo zero, sfruttamento tanto. All'ingresso un centinaio di lavoratori, età media sotto i trenta, 80% Africa nera e marrone, il resto italiani. Sarebbero i "soci", virtuali, della coop. Qualcuno manco sa il nome del presidente.
Perché stanno scioperando? Samba Khouma, senegalese: "Perché qui ora si esagera. Punto primo, la mancanza di rispetto. Secondo, non siamo informati di niente. L'unica cosa che sappiamo è l'ora in cui entriamo. Non si sa mai quando si esce, questo è sequestro di persona. Ti costringono a lavorare 12 ore al giorno dal lunedì al venerdì e 8 al sabato. Terzo, invece di andare avanti si va indietro, in tutto. Si fa lo stesso lavoro, ma le paghe sono differenti. A uno danno 10 mila lire lorde all'ora, all'altro 10.500, all'altro ancora 11.500. E poi Barabino non ci vuol pagare le festività e la liquidazione che ci spetta per il cambio di nome della cooperativa. Siamo di nazionalità diverse ma siamo tutti sulla stessa barca. Quindi scioperiamo tutti, eccetto i 23 traditori che sono entrati". Fanno lavorare la gente in prova e non la pagano, ripetono in tanti. Chi si rifiuta di lavorare la dodicesima ora il giorno dopo lo mandano a casa, perde la paga per punizione. Sembra che la cooperativa su ogni collo lavorato prenda mille lire; i lavoratori ogni giorno muovono 4 mila colli e prendono 10 mila lire l'ora. Arriva il presidente, che qualcuno chiama il "proprietario". Tutti corrono attorno alla macchina. C'è un po' di agitazione, ma niente di più. La trattativa si fa in ufficio, la delegazione - per scelta degli scioperanti - è composta in modo tale da rappresentare tutte le nazionalità. Barabino, dopo due ore al tavolo, costretto dalla situazione, ha mollato. Sgancerà 280 milioni per pagare festività e liquidazioni. Le festività saranno pagate in due tranche, la prima entro la fine di maggio, la seconda entro la fine di giugno. Il tfr sarà corrisposto a partire da luglio e non oltre dicembre, con precedenza per chi ha più anzianità di servizio. L'orario scende da 12 a 10 ore dal lunedì al venerdì, da 8 a 6 ore al sabato. Nessuno sarà costretto a lavorare più di 10 ore al giorno, lo potrà fare - diciamo così - per libera scelta. La paga oraria aumenta di 500 lire per i soci in forza da più di tre mesi. L'aumento è di mille lire per chi ha più di 6 mesi di anzianità. E' difficile fare salti di gioia quando un accordo fissa l'orario a 10 ore. Ma poiché nella vita tutto è relativo, ieri i salti ai cancelli li hanno fatti.

COOPERATIVE, LA NUOVA LEGGE

Una delle ultime leggi approvate in via definitiva dal parlamento è stata quella che ridefinisce la posizione del "socio lavoratore" all'interno delle cooperative. La legge interviene su due punti fondamentali: la possibilità di tutela sindacale del socio e la possibilità di differenziare la forma contrattuale che regola la prestazione lavorativa.
Sul primo punto la legge incrina quella "corresponsabilizzazione", spesso solo formale, per cui il socio non può di fatto vantare diritti individuali in quanto ogni decisione è teoricamente stata presa con la sua partecipazione. Chiunque ci sia passato sa che - specie nelle coop più grandi - il diritto al voto del singolo spesso sparisce nel meccanismo delle "deleghe", analogo per molti versi alle tecniche dei "signori delle tessere" di democristiana memoria.
Sul secondo, invece, è deregulation totale. Per la prima volta si ammette - per legge - che la stessa prestazione lavorativa, nel medesimo posto, possa essere regolata con "un rapporto di lavoro in forma subordinata, autonoma o qualsiasi altra forma". Confindustria plaude a un precedente che "contribuisce a modernizzare - almeno metodologicamente - l'intero diritto del lavoro".
Ma non è finita qui. Anche sul piano retributivo la legge autorizza a disattendere i "minimi" retributivi definiti dalla contrattazione collettiva. La possibilità, infatti, di configurare una qualsiasi prestazione come "lavoro autonomo" o "collaborazione non occasionale" porterà con sé l'autorizzazione a riferirsi "ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo". Ossia ai "prezzi di mercato".
E' insomma finita l'epoca delle cooperative come rifugio produttivo autogestito dai lavoratori. Diventano imprese e si candidano a rimodellare, sulla base di questa legge, l'intero diritto del lavoro. Saremo certamente "vetero", ma ciò che è ottimo per il padrone non può che restare pessimo per il lavoratore.

VIGILI DEL FUOCO IN LOTTA MANGANELLATI

E’ finita con tafferugli tra polizia e vigili del fuoco la manifestazione di ieri a Roma indetta dalle "RdB protezione civile" contro i provvedimenti di riforma del governo. Provvedimenti, afferma il sindacato di base, che non solo lasciano la categoria priva di strumenti moderni e adeguati per assicurare il servizio ordinario di soccorso e di protezione civile a favore della popolazione, ma che hanno pure trasformato i pompieri in "manovali" al seguito della polizia per eseguire lavori "sporchi" come sfratti, sgomberi ecc. Il problema è sorto con il passaggio del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, da sempre asse portante della sezione protezione civile del ministero dell’Interno, alle dipendenze della difesa civile. Responsabile di questa scelta è il ministro Enzo Bianco, che ha imposto la riforma per decreto, senza passaggi in Parlamento. Per dimostrare a Bianco tutta la loro "riconoscenza", i circa mille pompieri scesi in piazza ieri avrebbero voluto arrivare in corteo fino al Viminale per recapitare un "regalino" che simboleggiasse lo scarso interesse del governo verso la categoria: un elmetto "Gallett", in dotazione ai vigili del fuoco francesi. Leggero, resistente, moderno, "garantisce molta più protezione di quelli che abbiamo in dotazione da 50 anni". Ma evidentemente anche l’ironia, come accade per la satira in Tv, non viene vista di buon occhio da chi è impegnato in un dura campagna elettorale. E così il pacifico tentativo dei rappresentanti RdB di ottenere dal questore il permesso per arrivare sotto il ministero ha ricevuto come cortese risposta i calci e i manganelli della polizia, che all’altezza di Piazza Esquilino ha sbarrato la strada ai manifestanti allontanandoli con la forza. "Un comportamento ignobile, che non ha giustificazione se non quella di dimostrare una smisurata arroganza", il duro commento della RdB.

 

 

25 marzo ’01

 

MOTOROLA: ANCORA LICENZIAMENTI

Altri 4000 posti tagliati da Motorola, il secondo produttore mondiale di telefoni cellulari. Il gruppo ha deciso di ricorrere di nuovo ai licenziamenti dopo un primo taglio di dimensioni ancora più pesanti a causa del rallentamento dell'economia americana. Complessivamente ora i tagli decisi da Motorola sono 23 mila e riguarderanno in particolare le unità wireless e a banda larga. Naturalmente, dopo l'annuncio dei nuovi tagli è risalito il titolo in borsa.

LICENZIA ANCHE LA PROCTER

Procter & Gamble, uno dei colossi mondiali dei prodotti per l'igiene e la pulizia della casa e dei prodotti specializzati per bambini e neonati, affronta la crisi ricorrendo ai tagli occupazionali. Il gruppo ha deciso infatti un taglio di 9.600 posti, ovvero il nove per cento del totale dei dipendenti. I licenziamenti erano già stati annunciati a suo tempo e fanno parte di un piano del gruppo che vuole ridurre i costi. Altri 7.800 licenziamenti erano stati infatti annunciati nel 1999. Negli Stati uniti, nel corso della settimana che si è chiusa ieri, si era parlato di un taglio tra il 10 e il 20 per cento dei dipendenti che complessivamente, nel mondo, sono oggi 110 mila.