Notizie dalla lotta di classe

Ottobre 2000

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

1 ottobre 2000

 

SIT IN CONTRO L'AMIANTO A MONFALCONE

Le donne cui le polveri d'amianto hanno ucciso per mesotelioma della pleura il marito, lavoratore della Fincantieri o dell'indotto, da giovedì pomeriggio, per almeno due mesi, tutte le settimane dalle 16 alle 18, manifesteranno davanti al Comune di Monfalcone, in provincia di Gorizia, a testimonianza di un'ingiustizia che pone mercato e profitto al di sopra del diritto alla vita e alla salute delle persone. E il loro silenzio pubblico parla per le vittime innocenti, per quel silenzio omertoso che per anni ha coperto chi non ha mai pagato per la loro morte.
Sono già una ventina le vedove monfalconesi costituitesi parte lesa nel processo penale intentato contro Fincantieri da tre mogli di vittime dell'asbestosi che accusano l'azienda di 'omicidio colposo plurimo, omissione di difesa e cautela contro gli infortuni sul lavoro e reato di "epidemia colposa".

Prossimamente prevedono un'assemblea con una rappresentanza dell'Associazione familiari vittime dell'amianto di Casale Monferrato, nel quadro di un movimento di solidarietà in grado di superare anche la stessa situazione locale, trasferendola in un contesto più generale di rivendicazione sociale.
A Monfalcone la "vicenda amianto" non nasce, come purtroppo talvolta accade, come "monetizzazione della salute" o "escamotage per prepensionamenti". Nel 1994 Duilio Castelli, ex dipendente delle ditte esterne di coibentazione in amianto sulle navi in costruzione presso i cantieri, malato di asbestosi dal 1970, fonda la sezione locale dell'Aea, con lo scopo prioritario di controllare la messa al bando dell'asbesto e tutelare i diritti di chi ne era rimasto vittima. Organizza e informa: in vent'anni nella cittadina dei cantieri, circa 30.000 abitanti, sono morte per mesotelioma della pleura quasi 500 persone. Racconta un anziano "picchettino", ammalato: "Una volta non c'erano mascherine o aspiratori. Scendevi nel camino e battevi per otto, nove ore, respirando le polveri a pieni polmoni.. Eppure già dagli anni '30 si conoscevano i rischi che si correva". A Monfalcone s'è continuato a sottovalutarli ben oltre la metà degli anni '80 e pertanto si è continuato a lavorare fuori dalle norme di sicurezza. Dati i tempi di latenza del mesotelioma, l'Aea prevede che vi saranno vittime dell'amianto almeno fino al 2020.
La legge del '92 ha riconosciuto dei diritti a tutti i lavoratori esposti all'amianto, ma viene applicata solo a quelle categorie che fanno riferimento all'Inail. Marittimi e ferrovieri, ad esempio, nonostante abbiamo lavorato a diretto contatto con l'amianto, ne sono esclusi.

Ricorda Radovini, dell'Aea di Trieste: "Ci battiamo non per monetizzare la salute, quella non si vende e non si compra. Ma la legge deve valere anche per chi stava a contatto con l'amianto in sala macchine di una nave, magari per più dei dieci anni previsti". E' pensionato, la sua è una battaglia in difesa del diritto.

 

3 ottobre ’00

 

LUCCHINI

Al termine dei 12 mesi di cassa integrazione la Lucchini di Settimo Torinese non ha attuato alcuno degli impegni che aveva sottoscritto in sede di trattativa al ministero del lavoro. Nessun investimento, né alcun aumento della produzione. Per 41 lavoratori, al contrario, è stato disposto dall'azienda il trasferimento a Potenza (più di 1000 km dalla sede di residenza!). A complicare la situazione è giunta la decisione della Uilm aziendale di accettare un accordo sulla "mobilità volontaria" per 25 di loro. Come possano accettare "volontariamente" un trasferimento così, a data fisa e a distanza enorme, è mistero che nessuno, in Uilm, riesce a spiegare. La Fiom ha invece emesso un comunicato in cui annuncia la volontà di opporsi in ogni sede alla scelta dell'azienda, tutelando legalmente i lavoratori che non vogliono accettare il ricatto

 

LSU IN PIAZZA IN SICILIA

I 35 mila LSU dipendenti direttamente dalla regione hanno manifestato a Palermo e in altre città siciliane. Sollecitano il pagamento delle retribuzioni (non ricevono stipendi da luglio) ma anche la regolarizzazione del posto di lavoro: molti lavoratori sono precari da 10 anni. La promessa della giunta è che alla riapertura dei lavori della assemblea (il 17 ottobre) sarà approvato un provvedimento che recepirà il decreto Salvi e un piano di fuoriuscita dalla condizione di Lsu che andrebbe a regime entro l'aprile del prossimo anno.

 

ZANUSSI

I tre sindacati metalmeccanici si sono incontrati per ridiscutere della vicenda Zanussi e per vedere come riprendere la trattativa. Un appuntamento con l'azienda è già fissato per la mattina dell'11 ottobre, e la sede è significativa del senso politico che si vuol dare al riaprirsi del confronto: i sindacati infatti dovranno andare a Roma a casa della Confindustria, per trattare sul contratto integrativo del gruppo Electrolux-Zanussi.
Fim e Uilm avevano controfirmato un accordo voluto dall'azienda , mentre la Fiom lo respingeva: il 19 luglio scorso con un referendum donne e uomini degli stabilimenti Zanussi hanno detto una sfilza di no - circa il 70% - alla richiesta aziendale/sindacale di inserire il "Job on call", lavoro su chiamata. La bocciatura ha rivelato le carenze di rappresentatività nel sindacato, la lontananza dalle esigenze e di operai e impiegati degli stessi delegati, giacché anche le Rsu avevano già detto di sì a maggioranza all'accordo.
A Susegana un delegato Fim che aveva sostenuto il no veniva dimesso dalle Rsu dalla sua stessa organizzazione; un po' dovunque lavoratrici e lavoratori reagivano viceversa ai delegati che avevano detto sì sostenendo: "loro non ci rappresentano, vogliamo eleggere altri nelle Rsu a ottobre".
Una prima presa di posizione comune dei tre sindacati è sul fatto che "l'11 la trattativa con l'azienda riprende sulla piattaforma di febbraio" - quella di partenza, approvata a suo tempo dai lavoratori -, e dunque "non c'è nessuna ipotesi di lavoro a chiamata".
La "chiamata", il job on call, è "una specie di lavoro interinale gestito direttamente dall'azienda, risparmiando anche il costo delle agenzie di intermediazione", l'aveva definito una delegata di Solaro. In effetti: uno sarebbe stato assunto a tempo indeterminato ma aveva lavoro garantito per circa 3 mesi; negli altri 9 mesi doveva restare a casa in aspettativa non pagata, ma a completa disposizione dell'azienda: poteva essere chiamato in ogni momento, con preavviso di 72 ore, per lavorare ore o giorni (e in quel caso essere pagato) o non essere chiamato mai. Tutto il suo tempo personale al comando dell'impresa.
Ma i delegati ieri ricordavano che non era questo l'unico punto rifiutato dai lavoratori - e lo confermavano anche le interviste dalle fabbriche -, giacché i No erano diretti anche contro i salari differenziati, l'erogazione dei premi, le pretese sull'aumento della produttività "al netto degli investimenti", ossia esclusivamente caricato sull'intensità dei ritmi di un lavoro che scorre sulla tradizionale catena. "Praticamente, sarebbe ritornare al cottimo puro, perché l'azienda voleva un aumento di produttività del 15% tutta addosso alle persone, che già fanno operazioni di pochi minuti, dunque un obiettivo impossibile - sottolinea Italo Zanchetta, di Susegana -, perciò, intanto non potevi riuscire mai ad avere i soldi del premio, e in più, addio contrattazione dei ritmi".
Il salario d'ingresso per i neoassunti è l'altro punto dolente: "io mi vergogno di lavorare accanto a uno che ha le mie stesse mansioni ma prende tanto salario in meno", così un'operaia aveva motivato il suo no nel referendum. A Rovigo "la discriminazione retributiva è altissima tra i lavoratori - insiste oggi Antonio Petruzzella, delegato -, ancora 15 giorni fa abbiamo chiesto di continuare la trattativa per rivedere le clausole sull'erogazione premi".

 

5 ottobre 2000

 

FIAT DI MELFI

Prosegue - per il terzo giorno consecutivo - il blocco degli autotrasportatori dello stabilimento Fiat di Melfi. Decine di autoarticolati impediscono l'entrata delle merci nello stabilimento, dov'è stata sospesa la produzione. Neanche a dirlo, sono finiti in cassa integrazione 6.400 lavoratori, ai quali vanno aggiunti quelli dell'indotto. La Fiat ha chiesto al tribunale di Melfi un provvedimento d'urgenza per poter riprendere la produzione e il prefetto ha ordinato lo sblocco degli accessi. Un provvedimento non semplice da realizzare in tempi brevi.
La protesta di "Assotutela trasporti meridionali", l'associazione degli autotrasportatori a cui aderiscono Anita, Fita, Confartigianato e Cai, nasce dal processo di razionalizzazione attuato dalla Fiat, anche se nei documenti non mancano richiami all'alto costo del carburante. In pratica, la Fiat che un tempo gestiva tutto o quasi direttamente, anche nel trasporto ha realizzato un processo di outsourcing affidandosi a "operatori logistici" esterni che debbono provvedere in tempi brevi (imposti dal just in time che garantisce riduzioni dei costi rispetto agli stoccaggi tradizionali) tutti i flussi in entrata e uscita delle merci.
Il coordinamento della logistica, però, non è cosa semplice, soprattutto se l'interlocutore è rappresentato da una massa di padroncini dell'autotrasporto che possono garantire prezzi competitivi, ma non una programmazione tempestiva dei flussi. Così, da un po' di tempo il gruppo torinese ha stretto accordi con grandi operatori della logistica (a Torino con il gigante Tnt e per lo stabilimento di Melfi con il gruppo Arcese) che sostituiscono la Fiat nell'opera di coordinamento della moltitudine di autotrasportatori. Questo preoccupa gli autotrasportatori, che temono di perdere spazi di autonomia e quindi economici e pertanto rivendicano maggiori garanzie dalla Fiat.

 

6 ottobre 2000

 

SCIOPERO ALLA FORD DI DAGENHAM CONTRO LA CHIUSURA

In un'affollata assemblea, i lavoratori dello stabilimento di Dagenham hanno approvato una mozione che chiede ai rappresentanti sindacali di procedere con la votazione sulle prossime azioni da intraprendere per protestare contro la decisione dell'azienda di cessare l'assemblaggio nella loro fabbrica. Nei fatti, significa la chiusura di una delle fabbriche più importanti del gruppo Ford nel Regno unito. I lavoratori hanno anche proposto l'organizzazione di assemblee interne alla fabbrica. La Ford ha negato di voler accelerare i tempi di chiusura di Dagenham, ma i lavoratori hanno già effettuato due ore di sciopero spontaneo per protestare contro trasferimenti giudicati non necessari dal reparto assemblaggio a quello motori. Attualmente a Dagenham lavorano 7.700 persone: oltre tremila posti di lavoro saranno a rischio, se i piani della Ford si realizzeranno. A febbraio l'azienda aveva annunciato il taglio di 1.500 posti di lavoro.
Mentre sindacati e lavoratori discutono le future azioni per salvare lo stabilimento, i vertici Ford sono stati nuovamente attaccati ieri per il pesante clima di razzismo e intimidazione nei confronti dei lavoratori non bianchi. In un'intervista alla BBC, infatti, Sukhjit Parmar, l'ex dipendente che per primo ha denunciato il razzismo in fabbrica, ha dichiarato che "parlando con i miei ex colleghi ho saputo che la discriminazione e gli atti di bullismo sono ancora presenti". Il mese scorso la Ford era stata minacciata dalla Commissione per l'eguaglianza tra le razze (Cre) della possibile ripresa dell'indagine formale, ordinata in seguito alle denunce di Parmar e sospesa dopo le assicurazioni dei vertici aziendali. La Ford aveva assicurato la commissione che "avrebbe rimesso in ordine le cose" e aveva concordato un piano di azione con i sindacati, oltre che con la stessa Cre.
Ma le cose stanno andando decisamente a rilento. La responsabile dell'ufficio legale della commissione, Barbara Roche, qualche settimana fa ha ribadito di non essere "per nulla soddisfatta del livello di progressi registrato negli stabilimenti in materia di lotta al razzismo e alla discriminazione".

LE CANTINE DI MILANO

Le chiamano "le cantine della new economy". Si tratta davvero di cantine che si trovano a Milano tra porta Genova e Piazza Sant'Agostino, dove lo sfavillante imprenditore Virgilio De Giovanni organizza il lavoro degli altri. E' uno scantinato di circa 120 metri dove lavorano circa 60 dipendenti in modo interamente precario. Il comitato contro la precarizzazione del lavoro ha organizzato una manifestazione, ma il padrone era occupato a fermare l'emorragia dei titoli in Borsa.

 

8 ottobre ’00

 

SEAT CONTRO L'OUTSOURCING

I sindacati e i lavoratori della Seat hanno cominciato a raccogliere i primi frutti della mobilitazione contro la decisione presa dai vertici dell'azienda, di spostare la sede sociale da Torino a Milano e di assegnare all'esterno alcune attività. I rappresentanti sindacali, obiettando la mancanza di un piano industriale e di prospettive strategiche chiare da parte dell'azienda di Lorenzo Pellicioli, hanno chiesto e ottenuto per il 13 ottobre una seduta del consiglio provinciale dedicata alla questione Seat, mentre il 21 il coordinamento nazionale delle Rsu sarà chiamato a discutere del problema all'interno della giunta comunale alla presenza del sindaco e dei parlamentari piemontesi. Rimane ancora da stabilire, invece, la data dell'incontro tra l'azienda e i sindacati.

SCIOPERO AL MC DONALD'S

Dove i sindacati non riescono nemmeno ad entrare fioriscono tutte le vessazioni del lavoro "liberato": prevaricazioni, insulti, part time ultra-elastici, anche punizioni corporali, mobbing. Ora qualcuno ha avuto il coraggio di ribellarsi. Sono i 18 ragazzi e ragazze che lavorano nel fast food della centralissima via Cavour a Firenze. Hanno scioperato per tutta la giornata, dalle 10 del mattino alle una di notte di domenica. In Italia è la prima volta che succede.
Quello di via Cavour è l'unico dei quattro Mc Donald's cittadini che abbia permesso a Cgil, Cisl e Uil di categoria di entrare, almeno per un'assemblea. I risultati sono scritti a chiare lettere nel comunicato congiunto con cui i sindacati spiegano il perché dell'agitazione: "I dipendenti sono stanchi di essere vessati dalle continue provocazioni, prevaricazioni, mobbing, cui sono costretti a sottostare da troppo tempo. A marzo erano quaranta, ora sono rimasti in diciotto con una netta prevalenza femminile. In meno di otto mesi una ventina di lavoratori sono stati costretti a dimettersi, perché impossibilitati a sostenere ulteriormente la situazione. Solo per alcuni il contratto a termine non era stato rinnovato".
La società che gestisce in franchising il fast food di via Cavour è la T.D.A.srl. L'eccessiva elasticità degli orari di lavoro - il decreto Salvi impone il part time rigido, oppure un'integrazione salariale in caso di flessibilità - aveva portato il titolare Stefano Govoni e i sindacati a discutere di come sanare la situazione. "L'azienda era disposta a pagare ai dipendenti 600mila lire a testa per quattro anni di lavoro - spiegano ancora i confederali - ma sia noi che i ragazzi abbiamo ritenuto inaccettabile la proposta".
Una ragazza di corporatura esile e di mansioni superiori si era rifiutata di scaricare alcune pesanti casse, e per punizione è stata costretta a rimanere per tre ore in piedi, davanti alla macchina timbratrice dei cartellini d'ingresso e di uscita. Poi c'era quella che aveva problemi di salute, e che si è dovuta dimettere perché veniva ugualmente mandata nella cella frigorifera a 18 sotto zero. E quell'altra che vorrebbe frequentare l'università, e immancabilmente finisce di turno al mattino. Per finire con la hostess addetta alle feste dei bambini finita a pulire i cessi perché solidarizzava con i delegati sindacali.
Questi i racconti, fatti da giovani che lavorano part time per un milione al mese, o con contratti a termine per cifre ancora inferiori, e che sono a distribuire volantini proprio davanti al loro posto di lavoro. Per spiegare ai cittadini quello che succede loro ogni giorno dentro un normale Mc Donald's.

 

10 ottobre ’00

 

SCIOPERO CONFEDERALE NELLA SCUOLA

Benchè i sindacati confederali e lo Snals avessero ormai disabituato i lavoratori della scuola alle manifestazione e alla lotta, piazza S. Apostoli a Roma si è rivelata troppo piccola per contenere il malcontento della categoria tradita dal centrosinistra.
Sono sfilati in centomila per bocciare il governo Amato e il ministro De Mauro: arrivati a Roma con 350 pullman e 3 treni speciali. Circa il 70 per cento dei docenti hanno scioperato, secondo i sindacati organizzatori.
"Per una scuola di qualità, caro ministro, ce devi pagà", è lo slogan in romanesco doc che va per la maggiore. Un altro consiglia al ministro di passare dalla grammatica (De Mauro è linguista, ndr) alla matematica. "Con i soldi che ci date non compriamo nemmeno i libri a rate", intona poi il corteo.
Di investimenti parla intanto il ministro Tullio De Mauro durante un convegno alla Luiss: "Ci vuole uno spostamento di risoerse pubbliche e private verso l'area della formazione", dice sottolineando i "passi avanti" che sarebbero stati fatti. Mentre è il titolare delle finanze Ottaviano Del Turco che prima del corteo lancia un messaggio radio di ascolto agli insegnanti: "Siamo al limite delle risorse - dice - Ma credo che dopo lo sciopero il governo debba tornare a riflettere".

Mc DONALD'S A LECCE

Mancava solo a Lecce. La grande emme arancione del signor Mc Donald's è sbarcata sulla piazza più importante del capoluogo salentino: piazza Sant'Oronzo, per l'appunto.
La polizia ha il compito di tenere a bada i ragazzi del Comitato No Mc Donald's, presenti con i loro striscioni e i loro volantini, mentre manifestano e rompono le palle (nel senso dei palloncini) ai ragazzi festanti nella piazza.
Sono comunisti, ambientalisti, della sinistra diesse, ragazzi di Pax Christi, dei centri sociali, di Amnesty international, dei collettivi antagonisti, delle associazioni di volontariato e di quelle del commercio equo e solidale. "In sintonia con centinaia di associazioni e migliaia di consumatori, o meglio consum-attori - dice Marco Povero del Comitato anti Mc Donald's - anche qui a Lecce informeremo e divulgheremo materiale di controinformazione affinché il nostro 'spendere' sia un gesto di consumo critico, capace di creare coscienza e resistenza all'apertura dei Mc Donald's".
Il patròn della emme arancione leccese si chiama Silvestro Colitti, che gestisce anche il Mc Donald's nato da poco più di un anno a Brindisi.
La società di cui è titolare si chiama Ristosi, anche se il nome si associa meglio a una patologia che ai servizi di ristorazione. "Vedete - tuona puntando l'indice verso i contromanifestanti - quelle sono le stesse persone che dicono che manca il lavoro al Sud. Io, invece, sono tra quelli che lo creo, dato che in questi 570 metri quadrati ci sono 46 dipendenti". Si ferma, riprende fiato, infine aggiunge: "Tutti salentini, ovviamente".

METALMECCANICI

Sono passati all'iniziativa gli operai della Pininfarina di Grugliasco, il più grande dei tre stabilimenti del presidente della Federmeccanica piemontese. Il 90% dei circa 1200 dipendenti hanno aderito a uno sciopero spontaneo in risposta alle proposte dell'azienda per il contratto integrativo: poco più di 400.000 lire completamente variabili per i prossimi tre anni. I sindacati avevano indetto una giornata di "mobilitazione e informazione" per giovedì 12 a sostegno della vertenza. I lavoratori hanno invece messo sul piatto una determinazione che ha sorpreso più di qualcuno.
Ma che qualcosa non vada più si coglie anche dalle dichiarazioni rilasciate dal segretario nazionale della Fiom, Claudio Sabattini, che presenta come abbastanza probabile l'ipotesi che si arrivi a una sorta di nuovo "autunno caldo" intorno al rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Il punto nodale della vertenza nazionale è come sempre nella vertenza in Fiat. "C'è il rischio di uno scontro molto duro e di una rottura degli accordi generali", aveva detto Cofferati. E la conferma è venuta da Sabattini, che spera "si arrivi a una conclusione positiva del contratto nazionale; ma può anche succedere che si apra un conflitto molto forte alla Fiat, con tutto quello che questo implica".
Pesa sul confronto anche il fatto che Federmeccanica, in Piemonte, è guidata da Pininfarina, molto legato al business Fiat ma anche molto determinato a battere in breccia le resistenze dei lavoratori.

GRECIA: SCIOPERI CONTRO LA FLESSIBILITA'

Il piano del governo socialista per "flessibilizzare" il mercato del lavoro è stato accolto dai sindacati con una serie di scioperi. Il piano fa parte di una serie di misure impopolari adottate per venire incontro alle direttive della Ue. Ieri hanno scioperato bancari e medii. Oggi sciopero generale nei servizi (scuole, tribunali, ferrovie, aerei, ec).

 

11 ottobre ’00

 

FINCANTIERI IN SCIOPERO

I lavoratori Fincantieri in sciopero giovedì 12 dalle 9 alle 11 e dalle 15 alle 17. Inoltre dal 12 sono sospese per una settimana tutte le forme di lavoro straordinario. Mentre su salario e relazioni sindacali si sono fatti passi avanti, la direzione non mostra alcuna disponibilità per altri punti essenziali della piattaforma: scelte strategiche di Fincantieri (c'è anche la portaerei di mezzo) condizioni di lavoro, soprattutto giovanili (mancato pagamento dei primi tre giorni di malattia ai contrattisti in formazione lavoro), sistema degli appalti, sicurezza nei cantieri e salute.

BELLELI SENZA SOLUZIONE

Presidio davanti al Tribunale di Taranto, una manifestazione ai cancelli e un'affollata assemblea in fabbrica; poi un direttivo del consiglio di fabbrica che dovrà valutare ulteriori forme di lotta e aumentare i livelli di vigilanza su possibili colpi di mano e uscite di materiali dai cancelli. La lunga vertenza della Belleli, che sembrava aver imboccato una via d'uscita con l'accordo del 5 ottobre al ministero dell'industria, sta ripiombando in un clima pesante di incertezze.
L'entrata in campo dei gruppi Fantuzzi e Marcegaglia, dopo un faticoso lavoro di ricerca di partner interessati a rilevare il colosso dell'impiantistica e della cantieristica off-shore, era stato proprio ratificato da quell'intesa ministeriale, che oggi rischia di saltare a causa delle diverse procedure fallimentari avviate dai tribunali di Taranto e di Mantova. "Da un lato troviamo - precisa La Cava, segretario della Fiom ionica - la ex-Belleli Spa, i cui materiali e macchinari vengono messi all'asta dal tribunale di Mantova con la motivazione che l'offerta di Fantuzzi e Marcegaglia è bassa per l'acquisto delle aree e dei capannoni. Dall'altro, il tribunale di Taranto che si dichiara unico interlocutore in relazione alle aree prese in fitto dalla Belleli Off-Shore International fino alla fine di gennaio del 2001. Queste procedure diverse rischiano di far saltare l'accordo. Abbiamo esercitato pressioni sul tribunale di Taranto e su quello di Mantova per lo snellimento delle procedure".
La faccenda si complica giorno dopo giorno, il tempo gioca a sfavore dei 1850 lavoratori interessati al passaggio societario. "Dobbiamo evitare che facciano uscire i macchinari dall'azienda", avverte La Cava "e che vendano a pezzi gli impianti". Il rischio che tutto possa saltare e Fantuzzi e Marcegaglia se ne tornino a casa è più che fondato. Per questo i lavoratori cercano di far sentire la propria voce e l'esasperazione accumulata in questi anni, dopo i tanti passaggi societari, dalla originaria Belleli alla cordata di multinazionali, la B.o.i., alla sua frantumazione e all'arrivo dei due nuovi gruppi. Il sindacato è sul piede di guerra, dopo il lungo lavoro di trattative e tavoli ministeriali e non intende rinunciare a un accordo che prevedeva il riassorbimento di 950 lavoratori (750 al gruppo Fantuzzi e 200 al gruppo Marcegaglia) e buone possibilità di ricollocamento per gli altri.

 

13 ottobre ’00

 

AUTOBUS E METRO IN LOTTA

Secondo i sindacati di base degli autoferrontravieri (Cnl, Slai Cobas, Rdb, ecc) la giornata di sciopero in quasi tutte le città italiane e andata meglio del solito. Anche le notizie provenienti da fonti "ufficiali" parlano di cifre più che rispettabili e comunque tali da restituire il senso di una rappresentatività "forte" di queste organizzazioni. Il 58% a Milano (riguardante solo le linee di superficie; ma i sindacati di base calcolano l'80%), il 25% a Torino, il 50% a Roma. Anche in questo caso la protesta mette al centro il problema dei contratti e dell'organizzazione del lavoro. Particolarmente polemici, tutti i comunicati, con la linea scelta fin qui dai sindacati "tradizionali": Cgil, Cisl e Uil.

Lsu/Lpu E PUBBLICO IMPIEGO

Il Cub-Rdb ha indetto per il 13 uno sciopero nazionale del pubblico impiego, scuola compresa, e una manifestazione nazionale dei lavoratori "socialmente utili". A fine ottobre scatta la norma secondo cui il 50% del salario corrisposto a questi lavoratori dovrà essere erogato dagli enti che li utilizzano. Una misura che - è scontato - porterà molti enti a rinunciare alla loro opera, pur avendo gravissime carenze di pianta organica. La vertenza riguarda 136.000 persone, impiegate da anni nelle amministrazioni centrali come negli enti locali, a copertura dei posti andati vacanti a causa del blocco del turn-over. Tra le richieste: il riconoscimento del lavoro prestato in questi anni, un piano nazionale di assunzioni nella P.A., il recupero dei lavoratori espulsi a causa del "pacchetto Treu".

SCIOPERO DELLA RICERCA SCIENTIFICA

Scioperano gli enti pubblici di ricerca. I dipendenti (impiegati e ricercatori) sono senza contratto ormai dal 31 dicembre del '97. L'agenzia governativa addetta alle trattative (Aran), è accusata di non voler neppure entrare nel merito delle richieste dei sindacati. La vertenza può essere considerata un esempio perfetto della distanza esistente in Italia tra le parole sull'"importanza della ricerca scientifica" e gli impegni concreti, anche di spesa, che lo stato è disposto a prendere su questo punto. Alla protesta partecipa anche l'Istat, l'Istituto centrale di statistica, con una piattaforma che comprende anche i problemi specifici di questo ente. Sotto accusa è la riorganizzazione portata avanti dal presidente Zuliani e dal responsabile delle "statistiche sulle imprese", Giovannini. La nomina, ad esempio, di 22 "dirigenti generali" - che comporta un salto di carriera e di retribuzione notevole per gli interessati - mal si sposa con il ricorso sempre più diffuso a contratti a tempo determinato. O addirittura a "esternalizzazioni" delle rilevazioni. Un modo di "produrre" che rischia di incrinare la credibilità stessa delle cifre elaborate dall'istituto a scadenza regolare (la qualità professionale dei rilevatori è infatti un presupposto della correttezza dei dati raccolti).

 

14 ottobre ’00

 

RIUSCITO LO SCIOPERO TELECOM

Stavolta qualcosa si è rotto davvero. L'equilibrio che sembrava ferreo - tra Telecom, governo e sindacati - mostra smagliature che presto potrebbero allargarsi ulteriormente. E l'accordo di "armonizzazione", che a molti era sembrato eccessivamente "compiacente" con l'azienda principale delle tlc, ora dovrà necessariamente essere ridiscusso.
Merito esclusivo dei lavoratori. L'impianto dell'accordo negoziato da Cerfeda è stato rifiutato - secondo le stime ufficiali - da oltre il 70% dei votanti. Le uniche sigle ad opporsi erano state quelle "di base" (Cobas, Flmu, più Fialtel e Snater). Dall'interno della Cgil, inoltre, il dissenso era arrivato dalla sinistra, che aveva invitato a respingere l'accordo firmato ad agosto a livello confederale. Come alla Zanussi la bocciatura della linea sindacale "ufficiale" è netta e senza appello. E mette in discussione un modo di concepire il ruolo del sindacato di fronte a liberalizzazioni, privatizzazioni, richieste continue di ulteriore flessibilità.
Lo sciopero nazionale indetto dai sindacati di base ha raccolto adesioni superiori alle attese (gli organizzatori parlano del 40%). E il corteo che ha attraversato Roma ieri mattina (circa 5.000 lavoratori) ha avuto forza sufficiente da raggiungere direttamente Montecitorio, una volta appurato che il ministro del lavoro, Cesare Salvi, non era al dicastero. Dal successivo incontro tra una delegazione e il ministro usciva, per la prima volta, l'impegno a "verificare con Telecom se ci sono le condizioni per l'immediato reintegro sul lavoro di 620 dei 700 cassintegrati" (gli altri 80 sono "volontari"). Era l'indizio di un cambiamento di clima, visto che fin qui l'atteggiamento dell'azienda era stato sprezzante e quello del governo silenzioso.
Quasi a dimostrazione, il direttivo del Slc-Cgil (l'organizzazione che è presente solo in Telecom, visto che Infostrada, Omnitel e Wind applicano ancora il contratto dei metalmeccanici) prendeva nelle stesse ore atto che la consultazione della categoria stava dando un esito talmente negativo da delegittimare di fatto l'accordo. Nei prossimi giorni la Slc chiederà agli omologhi di Cisl e Uil di riaprire la trattativa. Una decisione obbligata, ma che apre certamente un problema molto serio all'interno della Cgil.
Il contratto di "armonizzazione", infatti, doveva servire da modello per tutto il settore della new economy e delle tlc. Ma se è rifiutato in Telecom (nelle altre aziende tlc, come si è detto, non è mai stato siglato), è evidente che va tutto rimesso in discussione, coinvolgendo le scelte politiche delle segreterie confederali e le trattative che dovevano essere aperte anche con Infostrada, Omnitel, Wind, ecc..
Dopo il "no" della Zanussi, insomma, ne è arrivato un altro, forse ancora più sonoro (non è forse la new economy il regno di sperimentazione possibile di tutte le forme contrattuali che semplicemente ignorano storia e dinamiche del movimento operaio?). Vedremo nei prossimi giorni quanto sono efficienti le orecchie di chi dovrebbe raccogliere questa indicazione.

VEDERE COMUNICATO COBAS TELECOMUNICAZIONI SULLA RIUSCITA DELLO SCIOPERO SU http://WWW.GEOCITIES.COM/VERBANO/HOME.HTM

 

18 ottobre ’00

 

INTERINALE, INFORTUNI

Confinterim, la confederazione delle società del settore, ha comunicato che nei primi sei mesi dell'anno sono stati attivati 228.151 rapporti di lavoro interinale, con un fatturato di oltre 1.500 miliardi. Occupazione e fatturato hanno già eguagliato in sei mesi i risultati dell'intero '99.Per Enzo Mattina, presidente di Confinterim, considerando che l'ultimo quadrimestre è quello che fa registrare gli incrementi più elevati, la previsione di circa700 mila occupati nel 2000 potrà essere centrata Secondo l'osservatorio dell'Inail negli ultimi sette mesi (dal 16 marzo al 16ottobre) sono stati creati 738.347 nuovi posti di lavoro come sintesi di oltre3 milioni di nuovi assunti e 2 milioni 263 mila licenziamenti. Depurando la cifra delle duplicazioni (chi nel periodo è stato assunto e licenziato più di una volta) il saldo scende a 636 mila unità. Un numero in ogni caso elevato, anche se più che creazione di nuovi posti di lavoro si tratta spesso di regolarizzazione di posizioni precedentemente non denunciate all'Inail. I dati dell'Istituto evidenziano anche il dato negativo della sicurezza del lavoro: sul totale degli assunti degli ultimi sette mesi, 26.130 hanno subito un incidente. Di più: 1.368 si sono infortunati addirittura durante il primo giorno di lavoro

UNA VITA VALE 15 MINUTI?

A questo proposito i Sindacati Confederali hanno indetto per il 20 ottobre una fermata poco più che simbolica di un quarto d'ora - dalle 10 alle 10,15 - a sostegno della piattaforma per la prevenzione e la sicurezza nei luoghi di lavoro varata a Modena alla prima assemblea nazionale dei delegati per la sicurezza (Rls).In Emilia il quarto d'ora diventa un'ora e a Bergamo sarà invece sciopero generale. Quattro ore con corteo e manifestazione. La decisione di proclamare lo sciopero generale, Cgil, Cisl e Uil di Bergamo l'hanno presa il 10 ottobre, giornata nera in un anno nefasto, segnata da due infortuni mortali. Luigi Pegurri, elettricista di 28 anni, caduto da un'impalcatura nella zona industriale di Casazza; Tomas Trapletti, 22 anni, ucciso dallo scoppio di un autoclave alla Salf di Cenate Sotto. Nel '99 i morti in provincia erano stati 19; altrettanti nei primi dieci mesi del 2000,più altri 8 bergamaschi che hanno perso la vita lavorando fuori provincia (5edili, 2 autisti e 1 addetto all'agricoltura). Il 30% degli infortuni mortali nell'edilizia, quasi tutti gli omicidi bianchi in piccole aziende non sindacalizzate. Tra i 27 morti, un albanese, un greco e un marocchino. E un'unica donna, Marilena Abbondio, di 15 anni, precipitata in una botola al primo giorno di lavoro alla Valfluid di Rogno. Le scuole erano appena finite e Marilena in estate voleva dare una mano all'economia familiare lavorando con la madre in un'impresa di pulizie. Invece la Toscana - con una media statistica regionale di quasi due morti alla settimana - si fermerà il

 
20 ottobre ’00

Goodyear, solo parole

I lavoratori ex-dipendenti dalla Goodyear di Cisterna di Latina hanno occupato l'aula del consiglio comunale di Cisterna. Dopo sei mesi di attesa (e 130giorni di occupazione della fabbrica) lunedì scorso la task force guidata da Borghini aveva convocato i sindacati e una rappresentanza degli operai per comunicare che le due società candidate a rilevare lo stabilimento di Cisterna(la Manzoni e la Marangoni) sono ancora interessate all'affare. Ma, per l'appunto, questa era già la situazione di sei mesi fa. Di qui l'impressione che nulla in realtà si sia mosso e la conseguente decisione di "muovere leacque" e far scoprire le carte.

Comunicato radio/stampa

GLI OPERAI EX GOODYEAR... SU DUE RUOTE GLI OPERAI EX GOODYEAR IN CASSA INTEGRAZIONE DA SETTE MESI, CHIEDONO IL RISPETTO DELL’ACCORDO FIRMATO, DA GOVERNO/ GOODYEAR/SINDACATI, IL 5 APRILE 2000 E RIMASTO FINORA LETTERA MORTA. DOMANI 24 OTTOBRE ALLE ORE 9.00 UN CORTEO DI OPERAI IN BICICLETTA, PARTIRA’DAI CANCELLI DELLO STABILIMENTO GOODYEAR DI CISTERNA, PER RAGGIUNGERE LA SEDE DI GOODYEAR ITALIA ALL’EUR.APPUNTAMENTO ALLE ORE 12,30 DAVANTI ALLA SEDE GOODYEAR ITALIA A PIAZZA MARCONI ALL’EUR.COMITATO DI LOTTA OPERAI EX GOODYEAR - I LAVORATORI DEL COMITATO DISOLIDARIETA’ CON GLI OPERAI IN LOTTA ROMA

OTTOBRE 2000

 

EMMANUEL PRESSE MILANO

Il Giudice a scioglimento della riserva di cui al verbale udienza 21 Settembre2000esaminati gli atti e i documenti prodotti osserva il ricorso è fondato e deve essere integralmente assolto dichiara antisindacali le condotte di Emmanuel Presse s. p.a., consistente: a) nella mancata assunzione dei signori Vincenzo Acerenza, Dario Comotti e Damiano Corvino nonchè nell'esclusione dei medesimi dall'assemblea sindacale del 21/6/2000 e dall'incontro in Assolombarda del 23/6/2000, e in via di rimozione degli effetti ordina alla società resistente di provvedere all'immediata assunzione dei medesimi senza patto di prova e a tempo indeterminato. Milano, 30 settembre 2000
Nonostante la sentenza del giudice i padroni della Emmanuel Presse rifiutano di far rientrare gli operai in fabbrica

 

22 ottobre ’00

ROTTURA ALL'ILVA

I cassintegrati Ilva chiedono di rivedere l'accordo del 20 ottobre scorso, ritenuto illegittimo e discriminatorio, e l'immediato rientro sul posto di lavoro. I Cobas in particolare denunciano l'inesistenza dei presupposti necessari per la concessione della Cigs: ristrutturazione, riorganizzazione e conversione aziendale in concorso con l'esistenza di crisi aziendale. E invece all'Ilva di padron Riva l'unica ristrutturazione che i lavoratori conoscono è la selezione generazionale ratificata da quell'accordo, con l'espulsione di1.400 dipendenti e l'assunzione con contratti di formazione lavoro di 600giovani entro il 2001. Escono cioè dai reparti operai al massimo cinquantenni, con storia industriale ed esperienza sindacale alle spalle, per far posto a giovani non sindacalizzati e ricattabili, a bassi salari. Il tutto col consenso del sindacato. Lo Slai Cobas era insorto, ma i confederali avevano taciuto. Ora sia la direzione regionale che quella provinciale della Uil hanno chiesto a i sindacati di categoria (Uilm, ma anche Fim e Fiom) di ritirare la firma dell'accordo, per riprendere ex-novo una trattativa. Quell'accordo prevedeva tra l'altro un piano formativo biennale per la riconversione di 700 lavoratori e corsi di riqualificazione professionale (di cui non c'è più traccia), e impegni sul rinnovo dell'impiantistica, la manutenzione, la sicurezza. Aria fritta, ormai. Di fronte troviamo centinaia di lavoratori cassintegrati (molti dei quali "reclusi" nella famigerata Palazzina Laf, il reparto-confino diventato famoso con la gestione Riva).Una delegazione dello Slai-Cobas e una rappresentanza di lavoratori hanno incontrato la direzione dell'ufficio provinciale del lavoro, che ha confermato l'indagine ispettiva in corso all'Ilva, ordinata dal ministero circa l'esistenza dei presupposti per concedere la Cigs. Lo scopo della proprietà, denunciano i cassintegrati, è di portare la produzione dell'acciaio al massimo possibile, abbattendo i costi del personale e far crescere i profitti, senza rinnovare tecnologicamente né in termini di crescita professionale la qualità del lavoro in fabbrica. La riduzione drastica degli interventi di manutenzione ha al contrario comportato un rapido deterioramento degli impianti e un aumento degli infortuni. "Non si può concedere mobilità e cassa integrazione ad un'azienda che non rinnova i propri impianti", sostengono, né fare nuove assunzioni in presenza di licenziamenti e cassa integrazione.

 

25 ottobre 2000

CONTRATTO FIAT

La Fiat ha detto No alla piattaforma sindacale per il rinnovo del contratto aziendale. Dopo aver respinto le richieste su occupazione, orario e diritti, il gruppo torinese ha respinto anche la parte salariale. Fim, Fiom e Uilm hanno ufficializzato un giudizio totalmente negativo sullo stato del confronto e hanno proclamato il blocco degli straordinari a partire dal 27 ottobre(giorno seguente lo scadere della moratoria prevista dalle regole contrattuali) e un primo sciopero di due ore in tutte le fabbriche del gruppo per il 20 novembre. Nessun nuovo appuntamento tra azienda e sindacati è stato fissato. La Fiat ieri ha celebrato - in maniera definitiva - il suo funerale degli accordi del 23 luglio del '93, sostenendo che le richieste sindacali di aumenti salariali legate a produttività, redditività e qualità (2.200.000lire, un milione già al primo anno) "sono inaccettabili"; i dirigenti del gruppo torinese sostengono, infatti, che l'unico parametro di riferimento deve essere la redditività d'impresa e in base a tale ragionamento hanno anche annunciato che l'ultima tranche degli aumenti già previsti dal precedente contratto aziendale potrebbero essere non corrisposti se l'indice di redditività del capitale investito non aumenterà ulteriormente. Una minaccia che, per quanto aleatoria, fa capire che la Fiat ha scelto la linea dello scontro frontale col sindacato: se si afferma che "non ci sono soldi" - e con ciò si rispolvera l'antica pratica del blocco salariale - si fa saltare tutto il quadro contrattuale e, attraverso esso, ci si prepara a uno scontro generale. In questo modo la Fiat si propone di riconquistare la leadership del fronte padronale, proprio come fece vent'anni fa - nell'autunno'80, con le espulsioni di massa considerate unico strumento per il recupero della competitività. Il no sulle richieste salariali completa il gran rifiuto posto a tutte le rivendicazioni sindacali (il controllo e la limitazione del ricorso al lavoro precario, in affitto e a tempo determinato, le riduzioni d'orario per i turnisti, i diritti d'informazione e quelli per le Rsu). Uno sciopero aziendale su questioni contrattuali non veniva proclamato da molti anni - almeno dall'88 - e ora i sindacati dovranno dimostrare di saperlo reggere; soprattutto di essere preparati a uno scontro che va ben al di là degli orizzonti Fiat, con implicazioni su tutto l'assetto delle relazioni industriali e anche sul quadro politico. Appare infatti evidente la portata generale dell'impostazione che la Fiat sta dando alla vertenza: il più importante gruppo industriale italiano afferma che la contrattazione non esiste più, che il salario è una semplice variabile dei bilanci aziendali, che di aumenti in busta paga si può parlare solo se "avanza qualcosa" e che quel "qualcosa" lo decide solo ed esclusivamente l'impresa. Si apre uno scontro che va ben la di là dei confini degli stabilimenti Fiat e che si incrocerà - per i metalmeccanici - con quello che si prepara sul contratto nazionale di categoria.

 

26 ottobre 00

LAVORO MORTALE

Non c'è zona d'Italia che non registri un omogeneo tasso di mortalità tra i lavoratori, a riprova del fatto che non si tratta né di "fatalità" né di situazioni di "patologica arretratezza"; ma di una pura e semplice organizzazione del lavoro che fa della mancanza di sicurezza un elemento strutturale del profitto. Un operaio di 31 anni è morto a Tortoreto (Teramo) schiacciato da una lastra di cemento sganciatasi da un cavo di autogru. Luca Zani, albanese con regolare permesso di soggiorno e con assunzione altrettanto regolare, sposato, è deceduto sul colpo all'interno dell'azienda "Di Paolo Prefabbricati". A Genova, invece, in un magazzino di Calata Zingari, nel porto di Genova, un sub di 32 anni, dipendente della Barracuda Sud, è stato investito dall'esplosione della valvola di una bombola che stava caricando con un compressore di 200 atmosfere. A Reggio Emilia altro incidente mortale all'interno della Ceramica Graniti Fiandre di Castellarano. Un artigiano di 52anni è precipitato dal tetto della fabbrica, su cui stava eseguendo lavori di sistemazione della copertura. A Casale Monferrato, infine, nell'astigiano, un edile di 51 anni è caduto da un'impalcatura alta tre metri. Stava lavorando alla contro soffittatura di una mansarda. Trasportato in elicottero al Cto diTorino versa attualmente in coma.

SLAI COBAS CONTRO RIVA

Il ponte girevole che divide Taranto è stato bloccato ieri mattina da un centinaio di lavoratori dell'Ilva aderenti allo Slai-Cobas. La protesta era indirizzata contro Emilio Riva, padrone dell'Ilva, che non ha alcuna intenzione di reintegrare alcune centinaia di lavoratori posti in cassaintegrazione. Il traffico cittadino è stato deviato verso il ponte Punta Penna. La manifestazione, nonostante l'intervento massiccio di polizia e carabinieri, si è svolta senza incidenti.

PRECARI DEL GIUBILEO IN SCIOPERO

Il Coordinamento nazionale "giubilari" riunisce 1500 lavoratori precari addetti ai servizi di vigilanza assunti a tempo determinato dal ministero dei Beni culturali con la legge 494/99, con la quale sono stati aperti musei, aree archeologiche, archivi e biblioteche fino ad allora chiusi al pubblico. Il contratto scadrà alla fine di giugno, ma nessuna chiarezza è stata fatta sulla sorte di questi lavoratori, e, di conseguenza, sulla funzionalità dei siti aperti grazie a queste assunzioni (Villa Adriana, le Terme di Diocleziano, la Crypta Balbi, ecc). Per avere risposte chiare dal ministero i lavoratori "giubilari" scioperano oggi sui due turni, dalle ore 7alle 20. Alle 10,30 partirà dal Colosseo un corteo degli addetti ai servizi di vigilanza che dovrebbe raggiungere in piazza Madonna di Loreto.

CALO DELL'OCCUPAZIONE NELL'INDUSTRIA

A luglio, segnala l'Istat, si è registrato un calo dello 0,2% rispetto al mese precedente (-0,1% al netto della cassa integrazione) e del 2,5% nei confronti del luglio '99 (-2,6% al netto della cig). In termini assoluti, questa flessione si traduce in 20.700 posti di lavoro in meno in un anno. La situazione risulta pertanto peggiorata rispetto a giugno, quando si realizzò una discesa tendenziale del 2,3% (19mila posti di lavoro in meno).Di segno opposto, invece, le grandi imprese operanti nel settore dei servizi che segnano una variazione congiunturale nulla e un aumento tendenziale dell'occupazione dello 0,1% (+1.100 unità). Complessivamente, nei primi 7 mesi del 2000 la variazione media dell'occupazione segna una riduzione del 2,2% nel settore industriale e dello 0,1% in quello dei servizi. Nel settore industriale il calo tendenziale dell'occupazione resta elevato nella produzione di energia elettrica (-7,7%) e si è lievemente accentuato nelle attività manifatturiere (-1,6%). In quest'ultimo comparto le flessioni più forti si registrano ancora nella carta (-8,3%) e nelle industrie alimentari (-6,5%). Variazioni negative più accentuate del mese precedente anche nella produzione dei mezzi di trasporto (-2,3%) e nelle raffinerie di petrolio (-2,6%).Andamenti positivi invece nelle altre industrie manifatturiere (+2,1%),negli articoli in gomma (+1,3%), nella lavorazione dei minerali non metalliferi (+1,0%), nei metalli (+0,5%) e nella produzione di apparecchi meccanici (+0,4%). Quanto ai servizi, l'occupazione frena negli alberghi e ristoranti (+6,5%) e nelle altre attività professionali (+3,0%), mentre accelera nel commercio dei beni di consumo (+8,1%). Una variazione tendenziale negativa si registra ancora nel settore dei trasporti (-3,3%).

 

28 ottobre 00

LICENZIAMENTI ALLA CROUZET

"E' una truffa faremo di tutto per impedirla", dicono i 160 lavoratori della Crouzet di Bollate (Milano), dove si producono timer per lavatrici. La multinazionale americana Emerson Electric vuole chiudere la fabbrica. A settembre ha annunciato di non essere in grado d'attuare il piano industriale sottoscritto nel '99 al ministero del lavoro. Però, per un anno ha incassato i contributi pubblici per tenere in cassa integrazione a rotazione i dipendenti, in prevalenza donne. Un sacrificio - salario ridotto a un milione e 300 mila lire al mese - accettato dai lavoratori pur di evitare la chiusura, che ora torna ad incombere. La nuova collocazione, dove la forza lavoro costa meno, è in Slovenia. Qui si producono i timer di bassa gamma. Contravvenendo ai patti, la multinazionale ha attrezzato lo stabilimento sloveno per produrre anche quelli di gamma alta. Le intenzioni, dunque, sono più che esplicite. Il problema è come impedire che il classico copione della multinazionale che fugge dopo aver munto la mucca precipiti in un epilogo disastroso per lavoratrici e lavoratori italiani. Da alcune settimane si fanno scioperi articolati, con un qualche effetto sulle consegne della merce. E però le Rsu sanno che la partita non si gioca in fabbrica. Si gioca al ministero del lavoro dove le parti sono convocate per il 6 novembre. Le soluzioni, a questo punto, possono essere solo due: trovare un partner o un nuovo acquirente che si impegni a rispettare il piano industriale. Giacomo Ferrari, delegato della Crouzet, sa che la storia può essere guardata anche da un altro punto di vista, quello dei lavoratori sloveni. "Noi non siamo in guerra con loro, ma i posti di lavoro qui li dobbiamo difendere". E l'unico modo per farlo sono "regole severe" per contrastare le politiche "coloniali" delle multinazionali. "Non è giusto che una multinazionale sfrutti noi e il nostro paese e poi chiuda baracca e burattini senza che dover rispondere di nulla", dice la delegata Rosa Paloscia. Che aggiunge: "La situazione non è facile, ma non siamo disposti a mollare niente"

 

29 ottobre 00

PININFARINA BLOCCA IL CONTRATTO INTEGRATIVO

Alla Pininfarina di Torino, la fabbrica del presidente di Federmeccanica, si tratta da quattro mesi per il rinnovo del contratto aziendale. Ora è incorso il blocco degli straordinari e sono state fatte 2 ore di sciopero. Pininfarina non vuole discutere con il sindacato del premio di risultato, avanzando proposte inaccettabili che bloccano la vertenza. Gli incrementi che l'azienda è disponibile a trattare sarebbero pari a 455.000 lire nei prossimi quattro anni, erogati solo nel caso in cui gli indici presi in considerazione (redditività, produttività, qualità) si alzeranno rispetto all'anno precedente, quindi se 100 è la base di calcolo, bisognerebbe raggiungere almeno 101 e andare oltre il massimo del vecchio premio di risultato. Considerando che negli anni precedenti tali indici hanno raggiunto una quota inferiore a 100, risulterebbe difficile per i lavoratori arrivare a livelli di produttività tali da ottenere la quota salariale proposta dall'azienda. In sostanza per raggiungere l'importo massimo di450.000 lire bisognerebbe avere un incremento che si aggira intorno al 120%del vecchio premio. Pininfarina sta seguendo la linea ostruzionista della Fiat, sulla linea di bloccare la vertenza interna e indicare così la strada a tutte le grandi fabbriche metalmeccaniche italiane. Tutto questo, per rimettere in discussione il doppio livello contrattuale, per cancellare di fatto quello aziendale e, di conseguenza, escludere la redistribuzione della produttività. Questo blocco non può essere risolto fabbrica per fabbrica, bisogna costruire una mobilitazione di tutti i lavoratori. Una delle due ore di sciopero è nata spontaneamente, mentre la seconda, quella indetta dal sindacato, è stata fatta tre giorni dopo. Segno che è presente un grande malcontento. Ciò è dovuto a vari motivi, uno è senza dubbio legato alla vertenza aziendale, gli altri all'organizzazione del lavoro. Pininfarina, mentre affitta 140 interinali e chiede lo straordinario per alcuni reparti che hanno più ordinativi, fa ricorso alla cassaintegrazione negli altri. Inoltre, vi è stato uno spostamento di operai dallo stabilimento di Grugliasco a quelli di Bairo e San Giorgio, parecchi lavoratori anziani sono costretti a percorrere molti chilometri per arrivare sul posto di lavoro. Tutto ciò provoca malessere che si manifesta con gli scioperi spontanei che hanno avuto una grande adesione, intorno al 90% tra gli operai e non solo nello stabilimento centrale di Grugliasco ma anche a Bairo eSan Giorgio.

CAPORALATO "LEGALE"

Giurano che la loro prima preoccupazione è la "dignità del lavoratore". Temporaneo, certo. Ma del resto "sono proprio i lavoratori a esprimere un bisogno crescente di flessibilità". Ormai abusato leti motiv che nulla ha che vedere con la realtà. Su ogni persona che collocano temporaneamente al lavoro, prendono una percentuale; ma lo fanno per "combattere la disoccupazione". Sembra di stare con Alice nel paese delle meraviglie, dove tutte le regole e i valori sono rovesciati. Invece è l'hotel Excelsior di Roma, al convegno organizzato da Manpower, la principale agenzia di lavoro interinale presente sul mercato europeo. L'occasione è un rapporto sullo stato dell'arte dell'"industria del collocamento privato", che ha avuto tra i suoi esperti Innocenzo Cipolletta, ex direttore generale di Confindustria e ora presidente della Marzotto. Inevitabile, dunque, sia un forte tono ideologico nell'impostazione del discorso che una richiesta precisa sul piano pratico: la sostituzione degli uffici di collocamento pubblici, con le agenzie private già operanti. "Serve una deregolamentazione non selvaggia - dice Maura Nobili, di Manpower Italia -e per questo chiediamo al governo un tavolo di concertazione fra tutte le agenzie di lavoro temporaneo, e il blocco di nuove licenze". Insomma: vogliono flessibilizzare al massimo il mercato del lavoro, ma chiedono che il governo impedisca la nascita di nuove "agenzie private di collocamento". La concorrenza più desiderabile è sempre quella che riguarda gli altri. Il sogno è chiaramente quello di un lavoro universalmente precarizzato. Non perché nella produzione reale occorra davvero cambiare continuamente manodopera, ma per l'assenza di conflittualità cui i lavoratori saranno a quel punto costretti. Cipolletta ammette che l'abolizione dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori (possibilità di licenziamento senza "giusta causa") è un obiettivo prioritario della Confindustria, e anche un punto di programma del Polo. Ma lo dice minimizzando ("non ci sarebbe un'ondata di licenziamenti"), anche perché "un'azienda che vuol mandare via i lavoratori ha già tante possibilità di farlo" (cigs, mobilità, prepensionamenti, ecc). Sacra verità! Insomma: si tratterebbe solo di "un altro piccolo passo avanti". Ma gli eccessivi entusiasmi "precarizzanti" sollevano qualche preoccupazione anche in chi, da destra, si prepara a governare il paese. Antonio Marzano, responsabile economico di Forza Italia, riconosce di voler restituire alle imprese la possibilità di licenziare senza freni; rivela che i "contratti individuali" promessi da Berlusconi altro non sono che le forme di precarizzazione già note e applicate (interinale, part time, ecc); ammette che il "lavoro temporaneo" è uno "strumento indispensabile" per "creare occupazione"; esemplifica citando le consegne "tempestive" legate alla diffusione dell'e-commerce (quasi un peana al pony express su scala planetaria). Ma invita anche a non esagerare: "Nelle fasi di mancata crescita economica, il lavoro temporaneo si riduce a sostituzione di lavoro a tempo indeterminato". E invita a inquadrare anche questo "strumento" in una "visione più ampia, in una politica economica orientata alla crescita". Perché "senza crescita, la flessibilità non risolve". E il sindacato? cosa dice di questa corsa alla flessibilità che ne mina alla radice ruolo, funzione, rappresentatività? Gianni Principe, coordinatore delle politiche del lavoro per la Cgil, trova che la "normativa attuale sia equilibrata", una via di mezzo tra "chi voleva liberalizzare senza regole echi temeva che il lavoro temporaneo avrebbe significato la precarizzazione totale". Una difesa della concertazione e dei suoi risultati ("se la normativa sul lavoro temporaneo diventasse il modello di tutte le altre forme di lavoro flessibile, si farebbe addirittura del bene"). Insomma la politica del meno peggio!