Le chiese -
All'inizio del 1900, Napoli vantava 460 chiese, grandi e piccole, e 76 fra
conventi e monasteri.
Noi parleremo brevemente di alcune delle più note, cominciando da quella del
patrono della città: San Gennaro.
San Gennaro (Duomo) -
Questa chiesa, fra le più maestose di Napoli, fu edificata dove prima vi
erano due templi, dedicati ad Apollo e a Nettuno.
Voluta da Carlo I° d'Angiò e fatta costruire da suo figlio Carlo II su
disegno di Masuccio I. Distrutta dal terremoto del 1456, fu ricostruita da
Alfonso I d'Aragona.
La facciata del 1407 è stata poi restaurata dopo il 1860 a spese della
beneficenza dei Napoletani, riedificando ai due lati le due torri in
travertino, imitando il primitivo stile.
Nel 1870, dopo il prolungamento di via Duomo furono demolite le case ai lati
della chiesa, sostituendole con altri edifici simmetrici con portici.
In alto, sulla grande porta centrale, si vedono le tombe di Carlo I d'Angiò,
di Carlo Martello re d'Ungheria e di Clemenza sua moglie, erette dal viceré
C.Olivares nel 1599.
Il fonte battesimale è formato da un vaso di basalto d'Egitto, con base di
porfido, decorata di soggetti allegorici a Bacco.
La Cappella di San Gennaro, terza a destra, detta del Tesoro per la quantità
di gioie, statue, busti d'argento ecc., che vi si custodiscono.
Nel 1526-27, infierendo la peste, il popolo napoletano fece voto di elevare al
suo patrono una sontuosa cappella, ma per diverse vicende si potette
cominciare la costruzione solo nel 1608 su disegno del teatino Grimaldi.
La chiesa del Carmine -
Alcuni monaci tornati nel 1217, dal monte Carmelo, portarono con loro
un'immagine della Vergine, e dopo aver costruito un piccolo convento con una
chiesetta nella piazza detta del Mercato, la posero su un modesto
altare e la raccomandarono alla devozione dei napoletani.
Dopo la decapitazione di Corradino di Svevia, ordinata da Carlo I d'Angiò,
Margherita d'Austria, madre di Corradino, recatasi a Napoli per riscattarlo,
ottenne che le ossa di Corradino e di Federico d'Austria, che giacevano in una
fossa anonima fuori dalle mura, fossero ricoverate nella chiesetta del
Carmine.
Con le somme ricevute da Margherita d'Austria, la chiesa e il convento furono
ingrandite ed abbellite.
In memoria di Margherita i frati le innalzarono una statua nel chiosco, cui
misero in mano una borsa rappresentante l'oro che lei aveva portato per il
riscatto del figlio: statua che tolta all'inizio del 1800, si conserva ora nel
museo napoletano, mutilata del braccio destro.
Dopo varie vicende la cassa di piombo, contenente le ossa di Corradino, nel
1847 fu collocata nel bellissimo monumento erettogli, su modello del celebre
danese Torwaldsen, dal suo parente Massimiliano, principe ereditario di
Baviera.
Questa chiesa fu resa ancor più famosa per i fatti che accaddero al tempo
della rivolta di Masaniello, che vi è seppellito; come vi sono seppelliti il
viceré marchese Del Carpio, il cardinale Grimani, il conte di Galles e
Aniello Falcone, celebre pittore di battaglie.
Accanto alla chiesa c'è il famoso campanile architettato dal Conforto e
condotto a termine dal celebre Frate Nuvolo.
San Domenico Maggiore -
Venne fondata nel 721, e dedicata a San Michele Arcangelo detto di Monfiso,
dal nome di una famiglia a lui devota. Appartenne poi ai Basiliani con il
contiguo Cenobio, quindi ai Benedettini, e dal 1231 ai Domenicani, che
nell'ampliarla, la dedicarono al loro fondatore.
Carlo II d'Angiò, per voto fatto quando restò prigioniero di Ruggero di
Lauria, la fece ricostruire su disegno di Masuccio I, che lasciò intera la
piccola e antica chiesa, incorporandola nella nuova, nella magnifica forma a
croce latina, puramente gotica con tre navate sostenute da quattordici archi a
sesto acuto, poggianti sopra sedici pilastri con tre mezze colonne di
travertino addossate a tre lati interni e sormontate da capitelli gotici
dorati; in corrispondenza di ogni arco nelle navate minori sono aperte le
bellissime cappelle sfondate.
Deturpata da posteriori restauri, non prima del 1853 riprese la primitiva
eleganza, essendo stata dall'architetto Federico Travaglini ridotta a perfetta
unità di stile gotico, innovata e accresciuta di belle dorature, rivestita
dappertutto dove mancavano i marmi, di lucentissimo stucco, illuminate le
navate e le cappelle tutte di elegantissimi finestroni a sesto acuto e
circolari, guarniti di cristalli colorati a disegno.
Fra i numerosi monumenti primeggiano quelli di Galeazzo Prandoni, mirabilmente
scolpito dal Marliano e da Masuccio II, quelli di Filippo d'Angiò, di
Giovanni duca di Durazzo, di Bertrando del Balzo, di Mariano d'Alagni, di
Bernardino Rota e il cenotafio del Marini.
La bella sagrestia può dirsi il sepolcro dei principi Aragonesi, perché a
metà muro, tutto intorno, vi sono le casse contenenti i corpi, tutti
rivestiti di velluto e drappo rosso.
In un ostensorio si conservava il cuore di Carlo II d'Angiò fondatore della
chiesa e del vasto convento, in cui sull'entrata a destra si vede la sala dove
Tommaso d'Aquino dettava le sue lezioni, quando reggeva l'Università degli
studi.
Trinità Maggiore -
Nel palazzo che fu di Roberto Sanseverino principe di Salerno, venne fondata
su disegno del gesuita Pietro Nuvolo nel 1584 questo vasto e sontuoso tempio
ha forma di croce greca, con tre navi, e prima del terremoto del 1688 aveva
una magnifica cupola, dove dal Lanfranco era stata dipinta la gloria dei
beati; nell'occasione della ricostruzione della cupola, dipinta dal De Matteis,
venne anche demolita e sostituita l'attuale tazza con ornati di stucco.
La facciata è coperta di pietre e l'interno incrostato di bei marmi. Vi si
ammirano quadri del Giordano, del Ribera, di Bernardino Siciliano, del
Solimena.
San Severo - Il suo vero nome è Santa Maria della Pietà
-
Si chiama San Severo perché apparteneva alla famiglia di Sangro, dei principi
di Sansevero, che vi hanno la loro sepoltura.
E' una chiesa ragguardevole per ricchezza di opere e di sculture di marmo.
Fu edificata nel 1590, e nel 1766, Raimondo di Sangro la illustrò di
splendide opere d'arte, fra le quali spicca il Disinganno, posta sopra una
tomba e raffigurante un uomo che avviluppato in un'ampia rete cerca di
distrigarsene.
Il maggior pregio di questo lavoro, che fu eseguito da Francesco Querioli,
consiste nell'arditezza del concetto e nell'essere tutto in un unico pezzo di
marmo.
Vi sono poi la Pudicizia del Corradini e la Soavità di P. Persico, che
destano l'ammirazione dei visitatori.
Su tutte le sculture primeggia però la statua di Gesù morto, adagiata sopra
una coltre di porfido, con una finissima sindone che, gettatagli sopra, ne
involge le membra, le quali traspaiono in modo veramente meraviglioso.
Notevolissimo è pure l'altare maggiore di una rara magnificenza
architettonica, principale ornamento del quale è la deposizione della croce,
di Francesco Celebrano, con figure oltre il naturale e di stupenda finezza.
Santa Chiara -
Fondata da Roberto d'Angiò, all'inizio del 1300, fu consacrata e dichiarata
regia nel 1340.
La ultimò Masuccio II reputatissimo architetto di quell'epoca.
L'interno conteneva molti preziosi affreschi di Giotto, che scioccamente
furono fatti cancellare dal governatore spagnolo Barrionovo.
Di essi non rimane che una madonnina posta sopra un altare a sinistra.
Era questo il più grande tempio d'Italia, che ricordasse il vero stile
lombardo, ma poi per i successivi restauri, fu di molto alterato.
Per l'ampiezza, l'altezza dell'unica sua nave, per la ricchezza delle pitture
e degli ornamenti, è tanto sontuoso e magnifico, che pochi in Europa lo
eguagliano.
Oltre a molte tombe di uomini illustri: quelle di Carlo, duca di Calabria,
morto nel 1328, di Giovanna I, di Maria e d'Agnese, l'una sorella e l'altra
nipote di Giovanna, nella cappella detta dei regi depositi, vi sono le ceneri
dei Borboni di Napoli.
Dietro l'altare maggiore, alto quindici metri, si presenta il più sontuoso ed
ornato sepolcro marmoreo che si conosca, quello di re Roberto, fregiato di
pitture e fresco, d'infiniti ornamenti di marmo dorati, di mosaici e di
statuette di Santi.
Celebre è la torre campanaria, monumento del XV secolo, modello perfetto
sotto ogni rispetto di tal genere di costruzione, lavorata nel corso di oltre
tre secoli.
I castelli
Nel panorama di Napoli campeggiano 4 castelli: Castel Sant'Elmo,
Castel Capuano, Castel Nuovo e Castel dell'Ovo.
Domina tutta Napoli Castel Sant'Elmo, che sorge maestosamente
sulla collina del Vomero. Roberto d'Angiò ne ordinò la costruzione nel
1329 e fu terminato il 1343 sotto il regno di Giovanna I. Inizialmente era
solo il belforte, poi Castel Sant'Elmo, derivante evidentemente da
Sant'Erasmo. Nel gennaio del 1348, dopo l'efferrato eccidio di Andrea
d'Ungheria, il castello ebbe il battesimo del fuoco con il suo primo assedio
da parte di Ludovico d'Ungheria, giunto a Napoli per vendicare il fratello.
Nel golfo si ammirano Castel Nuovo e Castel dell'Ovo, mentre
Castel Capuano sorge nel centro storico della città.
Castel dell'Ovo -
Può ritenersi uno degli edifici più antichi della città, risalendo la sua
fondazione da Lucullo, ed essendo morto nelle sue mura Romolo Augusto, ultimo
imperatore Romano.
Federico II lo ultimò nel 1221, senza pensare certo che questo castello
sarebbe stato il carcere degli ultimi suoi discendenti.
Languirono in quelle mura, fino alla morte i figli di Manfredi, mentre sua
figlia Beatrice, fu liberata da Ruggero di Lauria, dopo la minaccia di
decapitare Carlo II d'Angiò, che era caduto nelle sue mani in seguito alla
battaglia navale nel golfo di Napoli del 5 giugno 1284.
Beatrice che aveva trascorso ben 18 anni in prigione, fu consegnata ai
Siculi-Aragonesi, che la condussero in trionfo a Messina, dove sua sorella
Costanza, moglie di Pietro d'Aragona, l'accolse fra le sue braccia come una
morta risorta.
Castel Nuovo -
E' il più imponente ed più grande monumento d'architettura di Napoli, qui si
trova il bellissimo arco di trionfo che Alfonso I di Napoli vi fece costruire
nel 1470.
Sorge sostenuto da colonne di ordine corinzio, fra due torri, e contiene
parecchi bassorilievi pregevoli, i quali si riferiscono all'ingresso di quel
re vittorioso in Napoli.
Le porte in bronzo sono opera di Guglielmo Monaco.
Castel Nuovo venne edificato da Carlo d'Angiò nel 1283 e a dire il vero,
furono opera degli Angioini i più cospicui edifici e chiese di Napoli.
Castel Capuano -
Fu fatto costruire dal Normanno Guglielmo I e terminato nel 1231 da Federico
II di Svevia, su disegno di Fuccia.
Fu residenza dei principi di casa d'Angiò.
Nel 1550 don Pedro di Toledo vi trasferì i tribunali, e lì sono rimasti fino
al 1995.
Poco lontana dal castello vi è la porta Capuana, che è la più bella del
risorgimento, con le sue due torri "Onore" e " Virtù". E'
opera di Giuliano da Majano ed è sormontata dallo stemma di Ferdinando I
d'Aragona, che la fece costruire nel 1484.
Nel 1535 in occasione dell' entrata in Napoli di Carlo V, fu decorata di
sculture marmoree.
Il Palazzo reale di Napoli.
Nel 1593, durante il vicereame del conte di Miranda, fu decisa la costruzione
dell'attuale Reggia, che però fu realizzata solo nel 1600 dal vicerè
conte di Lamos don Ferrante Ruiz de Castro y Andrada, che avrebbe dovuto
ospitare Filippo III di Spagna e la sua corte, in occasione di una sua visita
a Napoli. Poi il re disdisse la visita e la reggia divenne residenza dei
viceré.
La reggia era costituita originariamente da tre corpi principali, quello verso
il mare con finestre al primo piano, quello occidentale che dava sul largo di
Palazzo (attuale piazza Plebiscito) e quello settentrionale che dava più o
meno nell'attuale Teatro San Carlo.
Dal cortile principale del palazzo si accede allo scalone d'onore presso il
quale è stata esposta all'ammirazione del pubblico la porta bronzea di Castel
Nuovo, chiamata "la vittoriosa" per la raffigurazione di varie scene
delle imprese vittoriose di re Ferrante d'Aragona.
Salendo il maestoso scalone, ai cui lati si ammirano quattro statue
raffiguranti la Giustizia, la Fortuna, la Clemenza e la Prudenza, alla
sommità del quale vi è una loggia che gira intorno al cortile e dà accesso
all'appartamento storico, un tempo sede dei viceré e poi dei sovrani
borbonici; subito a destra vi è invece l'ingresso al Teatro di Corte.
L'appartamento storico è composto da 24 sale ricche di affreschi, dipinti e
mobili dell'epoca .
Nella facciata della reggia furono ricavate delle nicchie sotto gli archi
chiusi e per desiderio di Umberto I di Savoia furono poste le statue dei re di
Napoli, da sinistra si ammira Ruggero il Normanno di Emilio
Franceschi, Federico II di Svevia di Emanuele Caggiano, Carlo
I d'Angiò di Tommaso Solari, Alfonso I d'Aragona di
Achille d'Orsi, Carlo V di Vincenzo Gemito, Carlo di
Borbone di Raffaele Belliazzi, Gioacchino Murat di
Giovan Battista Amendola e Vittorio Emanuele II di Savoia di
Francesco Jerace.
La Reggia di Capodimonte -
Questo palazzo reale ha un vastissimo parco che per la sua fitta vegetazione
è chiamato "bosco di capodimonte".
Carlo di Borbone, accanito cacciatore, volle scegliere questa collina per
farne riserva di caccia per uccelli, fagiani, cervi, caprioli, cinghiali ed
altri animali.
Nel bosco secolare di circa sette chilometri di estensione egli volle farsi
costruire un "casino" di caccia, per appagare la sua passione
venatoria e pensò di affidare la realizzazione ad Angelo Carasale, lo stesso
appaltatore del teatro San Carlo.
Successivamente ci ripensò e decise di costruire un palazzo per poter
custodire le celebri collezioni di Casa Farnese, che aveva ereditate per parte
di madre.
La posa della prima pietra avvenne nel 1738, ma le difficoltà degli scavi e
l'impervio e tortuoso sentiero ne ritardarono la costruzione e dobbiamo
giungere al 1758 per vedere sistemate le collezioni Farnese.
Nel frattempo fu costruito nel 1743 nell'interno del bosco da Ferdinando
Sanfelice l'edificio adibito a fabbrica delle famose porcellane del tipo
Meissen che Maria Amalia di Sassonia aveva tanto a cuore.
Il palazzo fu realizzato con grandi archi e ampi cortili e con una doppia
imponente scala.
Nel 1799 le truppe di Championner sottrassero circa 500 dipinti, come
preda di guerra, dei 1783 esistenti.
Nel 1819 fu terminata la costruzione di un Osservatorio Astronomico, che era
stato iniziato per desiderio della regina Carolina Murat.
Nel 1828 il re Francesco I fece costruire la palazzina detta dei Principi, in
seguito con Francesco II si provvide a riprendere i lavori e si poté vedere
compiuto il palazzo con una magnifica scala d'onore in marmo di Carrara (con i
gradini di un pezzo solo) e colonne di marmo di Mondragone e la reggia poté
quindi essere adibita a dimora di Principi reali come il Conte d'Aquila, il
conte di Trapani e la Principessa Maria Carolina di Salerno, vedova di
Leopoldo di Borbone.
continua...