FEDERICO II  HOHENSTAUFEN  DI SVEVIA (1194-1250)

Premessa storica sul Sacro Romano Impero 

i Comuni  e il Papato (1123-1197)

Nella lotta per le investiture i duchi di Sassonia e Baviera i Welfen, da cui il termine guelfi) sostengono il Papato, mentre i duchi di Svevia (gli Hohenstaufen, proprietari del castello di Waibligen, da cui il termine ghibellini) appoggiano l'imperatore. Alla morte di Enrico V (1125) si apre una crisi dinastica, durante la quale Welfen e Waibligen si contendono la corona.
Il guelfo Lotario di Suppliburgo (1125-1137) viene spodestato dal ghibellino Corrado III, che resta al potere fino al 1152, pur subendo la concorrenza del guelfo Enrico il Leone. Nel 1152 l'ascesa al trono di Federico I di Hohenstaufen, detto il Barbarossa, appiana i contrasti tra le due fazioni.
Per le continue lotte tra Guelfi e Ghibellini il controllo degli imperatori sul Regno italico è limitato; in Italia centro settentrionale riescono a svilupparsi i Comuni, mentre in Italia meridionale si afferma la dominazione normanna.
Il Papato è indebolito dalle lotte tra le famiglie romane che controllano l'elezione del pontefice.
Nel 1130 la doppia elezione di Innocenzo II (appoggiato dai Pierleoni) e di Anacleto II (appoggiato dai Frangipani) provoca uno scisma che dura fino al 1138 e si risolve con il successo di Innocenzo II.
Nel 1145 le più potenti famiglie e gli uomini d'affari si ribellano al papa Lucio II e fondano il Comune Romano, retto dal Senato presieduto da un membro dei Pierleoni.
Arnaldo da Brescia, riformatore politico e religioso che sostiene la necessità che il Papato abbandoni il potere temporale perché la Chiesa torni alla povertà evangelica, va a Roma e caccia il nuovo papa Eugenio III con la collaborazione del Senato.
Federico Barbarossa, per sottomettere l'Italia all'Impero, si allea con Eugenio III (patto di Costanza, 1153), promettendogli di sconfiggere il Comune romano e il regno normanno in cambio della corona imperiale.
Federico I riunisce la prima Dieta di Roncaglia (1154), nella quale enuncia la sua intenzione di recuperare i diritti usurpati dai Comuni, che spettano a lui in qualità di re d'Italia, il diritto esclusivo di battere moneta, di riscuotere le imposte e di dichiarare guerra.
Le città dell'Italia settentrionale rifiutano queste imposizioni e gli resistono con le armi.
Federico I incendia Asti, distrugge Tortona e ottiene un parziale successo contro Milano.
Nel 1155 arriva a Roma, dove imprigiona Arnaldo da Brescia e lo consegna al nuovo papa Adriano IV. Questi  lo manda al rogo come eretico e incorona Federico Imperatore; ma in seguito timoroso di un eventuale successo del Barbarossa contro i Normanni, che provocherebbe l'accerchiamento del territorio della chiesa da parte dell'Impero, il papa si allea con Guglielmo I detto il Malo riconoscendolo re di Sicilia.
Le tensioni tra il Papato e Impero si manifestano alla Dieta di Besançon(1157), dove il legato pontificio Ronaldo Bandinelli e il cancelliere imperiale Rainaldo di Dassel si scontrano pubblicamente.
Il Bandinelli difende idee teocratiche di origine gregoriana, mentre l'inviato del Barbarossa afferma che l'imperatore dispone anche dei poteri ecclesiastici.
La discesa in Italia si apre con la seconda Dieta di Roncaglia (1158) dove Federico I emana la Costitutio de regalibus.
Dopo aver consultato i giuristi dell'Università di Bologna, l'imperatore conferma i decreti della prima Dieta di Roncaglia e dispone che i Comuni accolgano un podestà di sua nomina. Milano e Crema si oppongono, ma vengono sconfitte e rase al suolo.
Rolando Bandinelli viene eletto papa con il nome di Alessandro III (1159-1181). Il Barbarossa che considera tale elezione una provocazione, gli oppone l'antipapa Vittore IV (1159-1164), aprendo così un nuovo scisma.
Alessandro III che appoggia i Comuni, scomunica Federico I e il clero tedesco. 
I Comuni alleati con Alessandro III contro l'Imperatore, fondano la Lega Lombarda (1167), ricostruiscono Milano e erigono, in onore del Papa, la città di Alessandria, che viene assediata invano durante la V discesa in Italia di Federico I.
Questi non ottiene dal guelfo Enrico il Leone l'aiuto militare sperato e viene sconfitto a Legnano (1176).
Con la pace di Venezia (1177) il Barbarossa, costretto a porgere l'omaggio ad Alessandro III, firma una tregua con i Comuni e con il Regno di Sicilia.
La pace di Costanza (1183) sancisce la fine del conflitto con i Comuni, ai quali Federico I riconosce il diritto di eleggere i consoli e di riscuotere le regalie entro la cinta delle mure urbane, riservandosi il diritto di esigere un tributo dai Comuni stessi e di confermare ogni cinque anni l'elezione dei consoli.
Nel 1186 il Barbarossa torna in Italia per celebrare il matrimonio tra suo figlio Enrico VI e Costanza d'Altavilla, figlia di Ruggero II, il Normanno, re di Sicilia.
L'anno seguente il Saladino toglie ai cristiani Gerusalemme. Federico I il Barbarossa decide di partire per la III Crociata, durante la quale annega nel fiume Salef, in Cilicia.
Enrico VI ottiene dunque la corona imperiale e quattro anni dopo, in virtù dei diritti acquisiti sposando Costanza, diventa re di Sicilia, realizzando l'unione personale dei due domini che tanto temeva il papa. 

FEDERICO II

Federico II nacque a Jesi (Marche), sotto un tendone appositamente eretto nella piazza del mercato, il giorno di S.Stefano del 1194.
Sua mamma, Costanza D'Altavilla (1154-1198) figlia di Ruggero II, avrebbe voluto chiamarlo Costantino, ma suo padre Enrico VI, gli impose il nome di Federico Ruggero, in memoria dei suoi nonni.Federico.gif (96392 byte)
Quando muore Enrico VI, Federico non ha ancora tre anni. L'imperatore l'anno prima lo aveva fatto eleggere re in Germania.
Nel settembre 1197 suo zio Filippo di Svevia, fratello di Enrico VI, era in viaggio in Italia per venire a prendere il bambino per l'incoronazione. Quando in riva al lago di Bolsena venne raggiunto dalla notizia della morte di suo fratello, pensò bene di tornarsene indietro.
Costanza imperatrice, in Sicilia, non sa che farsene dell'impero e odiando i germanici che trovava rozzi e violenti, cerca di rimettere insieme per il figlio il regno normanno in Sicilia licenziando tutta quella gente che aspiravano alla reggenza, che era scesa in Sicilia assieme a EnricoVI.
Per quest'ardua impresa conta su un potente alleato: il pontefice, un alleato che non mancherà di rivelarsi anche esigente.
Lotario dei conti di Segni, papa Innocenzo III, divenne una specie di "padre putativo" di Federico, quando il giovane sovrano, dopo essere rimasto orfano del genitore, perse nel 1198 anche la madre Costanza.
Il papa da Roma gli nomina un consiglio di reggenza di vescovi, con Gualtieri di Pelaria cancelliere e da incarico al cardinal legato Cencio Savelli di vegliare sull'incolumità di Federico.
Dieci anni di reggenza coincidono con una sequenza di lotte e intrighi, danni e rovine per le genti di Sicilia e di Puglia.
Federico si forma in un ambiente come la Sicilia: un miscuglio di razze e civiltà diverse, dimostrando una innata intelligenza e una straordinaria eloquenza, per la sua giovane età.
Nel 1202 il papa lo fidanza con Sancha, sorella del re d'Aragona, poi lo sfidanza e rifidanza con un'altra sorella dell'Aragona: Costanza, vedova recente del re d'Ungheria, che ha dieci anni più di lui.
Il 26 dicembre 1208, il giorno stesso in cui compie 14 anni è proclamato maggiorenne.
Nel 1209 si celebrano le nozze con Costanza, giunta dalla Spagna col fratello Alfredo di Provenza.
A Federico comincia a pesare la tutela e nonostante le rimostranze papali, si sbarazza di Gualtieri di Pelaria, deciso a regnare in proprio.
Quel giovane ardito e robusto di statura forse lievemente inferiore alla media, di pelo biondo rossiccio come il padre e il nonno, ampia la fronte e il corpo snello e muscoloso, gran cacciatore e buon cavaliere, ha imparato molto, perché tutto gli ha insegnato la vita.
In Germania intanto Filippo di Svevia viene eletto re, ma i principi renani eleggono dal canto loro il giovane Ottone di Brunswick, nato in Normandia durante l'esilio del padre, Enrico il Leone, avversario del Barbarossa.
Morto Filippo di Svevia, Ottone rimane il solo padrone del campo e viene eletto con voto unanime ad Aquisgrana.
Dopo una lunga cavalcata pacificatrice dalla Germania all'Italia viene incoronato imperatore a Roma il 1209.
Molto precisi i suoi impegni col papato; troppi e pesanti ora a colui che è imperatore.
Già Innocenzo teme che voglia sottrarvisi e glielo rinfaccia, ma questi gli risponde sprezzante:" pergamene per i vostri archivi".
In ogni tempo come si vede, i trattati potevano essere solo dei pezzi di carta.
La crisi precipita quando nel 1210 Ottone attacca il regno normanno, marciando su Capua, Napoli e Salerno.
Questo è troppo per Innocenzo, che del regno è sommo feudatario.
Piove la scomunica su Ottone, ma a distorglierlo dall'impresa vale soprattutto il drammatico annuncio che lo raggiunge a metà ottobre del 1211: un certo numero di principi e vescovi tedeschi riuniti a Norimberga l'hanno deposto.
Gli contrappongono ora il figlio di Enrico VI, il giovane biondo "aquilotto" Federico, nipote del Barbarossa.
E' l'asso nella manica che Innocenzo III getta sul tappeto al momento giusto e perché prevalga il suo pupillo non esita a mettere in piedi una guerra europea, la prima della storia, è lecito dire.
Federico il 17 marzo del 1212 raggiunge Roma dopo essere sbarcato a Gaeta e riparte con la benedizione ed i pochi mezzi che gli ha potuto fornire il papa. Sbarca a Genova e da lì raggiunge Coira in Svizzera dove l'attende il vescovo e si radunano i principi fedeli alla sua casata.
A Vaucouleurs si incontra con il figlio di Filippo Augusto (futuro Luigi VIII) e con lui stringe l'alleanza di non concludere pace separata.
La grande avventura comincia a diventare realtà. Federico II è ormai lontano dalla Sicilia e si è lasciato alle spalle il piccolo Enrico, natogli pochi giorni prima di partire.
Nel 1214 un complicato gioco di alleanze favorisce la candidatura di Federico alla corona imperiale.
Suo massimo sostenitore sarà il re di Francia Filippo Augusto, che spera in tal modo di contrastare più validamente l'influenza inglese sul continente.
Ottone, attaccato da ogni parte, fiaccato dalle energie fisiche più ancora nelle risorse morali, sopravvive alla disfatta e si ritira con la moglie, prima a Colonia e poi in Sassonia dove muore all'età di 36 anni, nel 1218.La dinastia sassone è così tramontata.
Finalmente sta per compiersi per Federico quell'incoronazione a re "dei Romani", premessa e anticipazione di quella imperiale, che suo padre aveva prevista per lui tanti anni prima.
Federico proclama Aquisgrana capitale e sede dei re di Germania...perché in questa città i re dei Romani sono stati incoronati e consacrati... seconda soltanto a Roma medesima.
Decide di datare l'inizio del suo regno dal luglio 1215, nel suo ventesimo anno di età.
Si è deciso di far coincidere l'incoronazione con la traslazione dei resti di Carlomagno in un'urna d'argento decorata degli apostoli e degli imperatori del Sacro Romano Impero, compreso Federico II, anche se non è stato ancora incoronato.
Viene aperta l'urna affinché contempli il fondatore dell'impero. Poi oppone con le sue mani i chiodi che la suggellano.
Sigfrido, legato pontificio e arcivescovo di Magonza impone il diadema d'argento sul capo di Federico, che ascende al trono di Carlomagno.
Ma Federico non ha finito di stupire, preso la croce dalle mani dell'arcivescovo, proclama, quale re dei Romani, per l'onore e la gloria di Cristo, dinanzi al Padre al Figliolo e allo Spirito Santo, di condurre una crociata per liberare i Luoghi Santi dall'infedele.
Intanto a Roma Innocenzo III col IV Concilio lateranense dove presenziarono più di 1500 delegati, celebra il trionfo del papato e ignorando il gesto di Federico, bandiva la crociata fissandone il termine entro un anno.
Il Concilio conferma Federico imperatore non senza aver prima deposto definitivamente Ottone.
Il 16 luglio del 1216 muore papa Innocenzo III, gli succede Cencio Savelli, che prende il nome di Onorio III.
Il Savelli è una vecchia conoscenza di Federico, sulla cui vita era stato incaricato di vegliare, da cardinal legato.
Alla notizia della sua nomina Federico dovette sentirsi sollevato dalla lunga tutela a cui il precedente papa lo aveva assoggettato.

Alcune curiosità   di vita giustizia e religione ai tempi  di Federico II

Allo spergiuro e al bestemmiatore si bucava la lingua con un ferro rovente.

Le donne pettegole venivano scaraventate più volte nei corsi d'acqua, e, se colpevoli di un delitto, dovevano essere sepolte vive.


Il movimento eretico di maggiore portata fu quello dei Catari (o puri), che ebbe il suo centro principale a Albi, in Provenza (per questo i suoi componenti furono chiamati Albigiesi).
Essi sostenevano che il mondo era retto da due potenze contrapposte: il Bene e il Male; negavano quindi la divinità di Cristo e ripudiavano i sacramenti e le istituzioni della Chiesa.
La crociata che Innocenzo III indisse nel 1208 contro questi eretici fu crudele e spietata e segna una pagina triste nella storia della cristianità.


Chi faceva testamento doveva lasciare qualcosa in eredità alla Chiesa, in caso contrario era sospettato di eresia e gli si poteva negare la sepoltura in terra consacrata.
Nel 1170 papa Alessandro III stabilì che i testamenti dovevano essere stilati in presenza di un sacerdote pena la nullità dell'atto. I notai che non avessero tenuto conto di questa ordinanza, sarebbero stati scomunicati.


A chi partiva per l'Oriente per affari si consigliava di farsi crescere la barba e se possibile portarsi dietro una donna graziosa, che propizi gli animi e gli affari.


Prima del 1238 la chirurgia era praticata dai barbieri. Erano i barbieri che strappavano i denti, curavano ferite, effettuavano iniezioni e salassi.


Per costruire il Duomo di Firenze vennero espropriate molte case, un solo proprietario si oppose, pretendendo una cifra esagerata. Un giorno, non si sa come, queste case presero fuoco e lo speculatore dovette accontentarsi di quello che gli proponevano: Questo signore si chiamava BISCHERO.
Da allora il termine Bischero è entrato nella lingua fiorentina quale sinonimo di malaccorto. Ancora oggi si dice "non fare il bischero" per sottolineare un atteggiamento imprevidente e sciocco.

Gli Amalfitani perfezionarono la bussola " il bossolo" e la sospensione cardanica, che consentiva di restare immobile anche se la nave beccheggiava.

Uno scritto di Arcimatteo, De instructione medici, diffuse nel XII secolo le norme di comportamento cui avrebbero dovuto uniformarsi i medici nello esercizio della professione. Stabilito che il medico doveva essere necessariamente un uomo retto e pio, lo si invitava a curare molto l'abbigliamento e la bardatura del cavallo, in quanto soltanto un medico dall'abito sfarzoso può chiedere un onorario elevato.
Visitando un ammalato doveva consigliarlo, prima di tutto, di confessare i suoi peccati a un sacerdote, se l'avesse fatto dopo si sarebbe certamente spaventato.
Tastato il polso ed esaminate con attenzione le urine, avrebbe dovuto rassicurare l'infermo dicendogli che sarebbe guarito con l'aiuto di Dio. Ma ai familiari era meglio dire che si trattava di un caso gravissimo, così  la guarigione sarebbe stata suo merito, e nello stesso tempo non avrebbe avuto responsabilità se le cose fossero andate per il peggio.
All'ammalato, inoltre, doveva sempre prescrivere una cura, anche se, in effetti, non aveva niente. In caso contrario nessuno avrebbe avuto un'eccessiva stima di lui.  

Federico, alcuni giorni prima che morisse Innocenzo III, gli scrisse da Strasburgo, che non appena incoronato imperatore avrebbe perfezionato la rinuncia al Regno di Sicilia.
Il figlio, Enrico, già incoronato re, sarà emancipato.
Il governo del reame, finche Enrico non raggiunge la maggiore età, toccherà ad un consiglio di reggenza nominato d'accordo con il papa.
Solo a queste condizioni, Innocenzo III consente alla moglie e al figlio di raggiungere la Germania.
Un primo passo per sciogliere quei nodi sempre più gravosi, fra Federico e il papa, è l'investitura di Enrico a duca di Svevia era un dominio ereditario, che comunque va oltre i patti.
Onorio III appare più indulgente del suo predecessore.
Al nuovo e anziano papa, preme più di tutto la crociata. Purché Federico parta, è disposto a passar sopra a certe inadempienze, ma Federico non parte, rimanda a più riprese perché prima vuole stabilizzare il suo impero.
Sistemata la Germania, cala in Italia come uomo di pace e viene incoronato a Roma nella basilica di San Pietro, Il 22 novembre del 1220 da papa Onorio III. Dopo l'incoronazione, Federico incontra grossi ostacoli per la sua politica unificatrice, ed è costretto a sguainare la spada per riconquistare il regno di Sicilia che i baroni si erano divisi in sua assenza.
Frattanto Costanza, prima moglie dell'imperatore moriva a Catania il 23 giugno del 1222.
Federico convolò a nuove nozze il 9 novembre 1225 con Jolanda, figlia di Jean di Brienne, re di Gerusalemme. Un motivo in più per andare in Terra Santa.

Iniziative culturali e quotidianità

Federico, nell'ambito della sua politica culturale, promosse la fondazione dell'università di Napoli (1225), sede delle scuole di filosofia, diritto, matematica e lingue.
Fonte di scienze, seminario di dottrine, che dev'essere centro di vita culturale del regno e fucina dove preparare giuristi e uomini della cancelleria che gli si obbligavano come re e come imperatore.
Era la prima istituzione del genere, statale e decisamente laica, aliena da ogni influenza Monastica e rispecchia lo spirito di novità del suo fondatore.
A Napoli giunsero da ogni parte illustri maestri: per le lettere latine Anello da Gaeta, per la filosofia Arnaldo Catalano, per il diritto, ch'era il perno degli studi universitari, Benedetto d'Isernia e Roffredo di Benevento sono i nomi di
maggior spicco.

Strano a dirsi, proprio da quella scuola in cui presto i chierici avversari di Federico avrebbero visto ed additato uno strumento del diavolo doveva uscire un uomo di chiesa della statura di Tommaso d'Aquino, che lì s'era abbeverato agli insegnamenti d'Aristotele, rimessi in auge dalla scuola napoletana.

Dal 1231 viene battuta una moneta aurea chiamata augustale di Federico II.

A Federico si deve anche il riordino della famosa scuola medica di Salerno.

e la costruzione dei castelli in Sicilia e nelle Puglie, il più famoso: Castel del Monte (Andria).

Nel 1224 San Francesco scrive il primo testo poetico in volgare della letteratura italiana, il Cantico di frate sole.

Proseguono intanto le traduzioni dall'arabo in latino degli scritti di 

Aristotele e Averroè da parte di Michele Scoto, astrologo di corte.

Nel 1240-1248 Federico scrive il De arte venandi cum avibus, dove illustra le modalità della caccia con il falcone.

Nella vita quotidiana, il benessere economico fa nascere la professione del sarto. Con l'apparire del bottone si restringe la manica dell'abito femminile. La veste delle donne si stringe per mettere in risalto la vita sottile. Lo sfoggio di ricchezza si riflette nell'abbigliamento maschile che comprende il guarnello (tunica di cotone), la gonnella, di solito in tessuto più pregiato, e la pelle (sopravveste di pelliccia). Molto diffuse sono le mutande e le calze dette solate, perché munite di una suola sotto il piede. Gli uomini cominciano a rasarsi il volto da un barbiere di professione, che taglia anche i capelli all'epoca di lunghezza media e con frangia.

Secondo l'usanza medioevale, a corte si mangia in tavoli separati.
Federico siede con diciassette commensali, mentre nel vicino tinello pranzano centosessantadue convitati raggruppati per rango.Sulla tavola imperiale stanno vasellami d'oro, d'argento e di cristallo, nelle case dei sudditi si usano oggetti di legno, peltro e ceramica.
I calici durante il banchetto passano di mano in mano, mentre le scodelle dei cibi liquidi e i taglieri per i cibi solidi sono posti fra due convitati.
I ceti abbienti si possono permettere cibi freschi, mentre i poveri si nutrono con alimenti a lunga conservazione: legumi secchi, pesci salati.
Mentre i potenti dell'alto medioevo dimostravano la loro vigoria mangiando e bevendo più di tutti, Federico II per mantenersi in 

salute mangia poco e prende un solo pasto al giorno.
La caccia con il falcone è il divertimento preferito dell'aristocrazia, che perfeziona anche il cerimoniale di corte, inserendovi giochi che coinvolgono dame e cavalieri.
Si costruiscono finti castelli di legno che devono essere conquistati nel corso di battaglie combattute lanciando fiori e frutta.

 

 

Il papa preme ancora su Federico per liberare i luoghi Santi, e questi giura per la quinta volta che partirà entro il mese di agosto del 1227, ben sapendo che pende sul suo capo la scomunica se non manterrà la parola.(bolla di Onorio III, che minaccia di scomunica chi ostacoli la crociata).
Il 18 marzo del 1227 muore Onorio III.
Federico ormai non può più tergiversare ed imponendo sacrifici a tutti, riesce a mettere insieme 50 navi che salpano nel mese di agosto 1227.
Anche l'imperatore salpa da Brindisi, ma tre giorni dopo approda a Otranto e ne scende ammalato.
L'epidemia, che già aveva diradato le file dei crociati prima della partenza, non l'ha risparmiato. Proseguono altri, guidati da due uomini esperti.
L'imperatore invia subito messaggeri a spiegare quel caso di forza maggiore al nuovo pontefice.
Il nuovo papa era Ugolino dei Conti di Segni, che assunse il nome di Gregorio IX.
Se Onorio non era stato quel debole che pareva, questo papa non era disposto a sentire ragioni. Infatti, senza nemmeno ricevere gli inviati di Federico lo fulmina con la scomunica, già ventilata.
Federico si rimette in sesto e proprio quando la sua giovane moglie (lei aveva 14 anni e lui 31 quando si sposarono), gli ha dato un figlio (Corrado), riparte per la Santa impresa, senza curarsi della scomunica, avendo ricevuto informazioni favorevoli sull'andamento della guerra in Gerusalemme essendo defunto il sultano Malik Moadham.
Siamo nel 1228 Jolanda è morta durante il parto, il 28 giugno Federico salpa con cinque navi da Brindisi.
Federico vuole vincere con la diplomazia la dove altri hanno perso con le armi, manda messi al papa per far revocare la scomunica e ambasciatori al nuovo sultano Malik al-Kamil per stipulare un accordo, in considerazione che ora Federico si è impadronito anche del titolo di re di Gerusalemme del suocero
(Jean di Brienne).
Nel febbraio del 1229 Federico e Malik si incontrano segretamente, unico testimone fra i crociati Ermanno di Salza, Gran Maestro dell'Ordine Teutonico. Gerusalemme col Santo Sepolcro è ceduta all'imperatore, i maomettani sono liberi di rimanervi padroni delle maggiori moschee.
In più l'imperatore ottiene i territori di Nazareth e Betlemme, con una strada d'accesso al mare e facoltà di fortificarla.
Si erano incontrati due uomini geniali, fatti per capirsi.
A Federico avrà giovato i ricordi di quando ragazzo bazzicava fra i musulmani di Palermo.
Federico invitando a gioire per l'avvenuta liberazione del Sepolcro di Cristo, là nella chiesa che custodisce quel sepolcro, di sua mano s'incorona re di Gerusalemme.
Questo accadeva il 18 marzo 1229 a Gerusalemme, in cui grava l'interdetto dal papa.
Intanto si accaniscono contro di lui i Francescani e l'Ordine dei Mendicanti, che sono attivi megafoni del pontefice.
Egli riparte da Antiochia, accompagnato dalle maledizioni della gente aizzatagli contro dai predicatori, con un figlio natogli da una donna siriana che prenderà il nome di Federico d'Antiochia.
In Sicilia, durante la sua assenza, bande armate ed eserciti, uno dei quali quelli del suocero Jean di Brienne, mettono in grave pericolo la corona del regno. Basta che l'imperatore si presenti il 10 giugno 1229 davanti alle coste pugliesi perché di li a non molto la situazione si rovesci, quelli che prima erano nemici ora sono amici.
Ristabilita la sovranità ora occorre trattare per far togliere la scomunica.
Le trattative durano oltre un anno, finche il 23 luglio del 1230 si giunge alla riconciliazione, con pesanti imposizioni da parte del papa.
Fra queste lo sgombero dei territori della Chiesa occupati dagli imperiali, la restituzione dei beni confiscati, l'amnistia ai partigiani del papa che hanno invaso le terre del regno o si sono levati in armi contro l'impero e numerose altre, che solo in parte riesce ad attenuare.
La grande riconciliazione fra Federico e il papa, trova il suggello finale nel "santo bacio" con cui il 1° settembre 1230, Gregorio IX accoglie nella sua residenza di Anagni, colui che di colpo era diventato il più caro figlio del pontefice.
Anche nella fase più acuta della lotta con Gregorio IX il Regno Germanico era rimasto fedele a Federico.
I guai dovevano venirgli dal figlio Enrico, messo sul quel trono dieci anni prima.
Quanto più Federico s'era fatto Siciliano, tanto più il figlio, lasciato a se stesso, era diventato tedesco.
L'impero era sempre in subbuglio e Federico cuciva e ricuciva come poteva. Nel 1232 convoca suo figlio ad Aquilea e gli impone di sottomettersi.
Enrico giura che seguirà i voleri paterni e Federico conferma le concessioni ai principi laici.
Enrico però tornato in Germania, riprende coraggio e il 2 settembre 1234 con un manifesto proclama l'aperta rivolta e l'alleanza con i comuni lombardi.    Con poco seguito e molto denaro Federico si imbarca a Rimini nell'aprile del 1235 col figlio Corrado, sbarca ad Aquilea e da qui risale la Germania privando Enrico della corona ed avendo facilmente ragione dei rivoltosi.
Tre mesi dopo (15 luglio 1235) celebra le sue terze nozze con Isabella, sorella di Enrico III d'Inghilterra, più giovane di lui di vent'anni, un matrimonio favorito dal papa.
Il figlio Corrado, eletto senza difficoltà re dei Romani, non viene incoronato, in modo da mantenere di fatto la posizione di vicario imperiale.
Il figlio ribelle Enrico sarà tenuto prigioniero di castello in castello in Puglia fino alla morte nel 1242.

Quasi soltanto con la presenza imperiale e col prestigio e il fascino personale, Federico aveva vinto la partita contro la rivolta del figlio: Più che mai in quella occasione parve più calzante per lui l'appellativo di "stupor mundi".

Alla corte di Federico, i sinuosi arabeschi delle danzatrici orientali, velate quanto basta a risvegliare gli esercizi censurabili della fantasia, s'intrecciavano spesso alle funamboliche contorsioni di saltimbanchi e prestigiatori.
Finché il sovrano, con gesto breve, ma imperativo, congedava musici, giocolieri e odalische, e chiamava a cerchio intorno a lui: poeti, filosofi e scienziati.
Regista impareggiabile della vita di palazzo, durante le geniali, curiose e spregiudicate discussioni con i suoi preferiti, Federico amava soprattutto vestire i panni del primattore, e non mancava mai di sorprendere lo scelto uditorio: sia che interpretasse le sue poesie d'amore, carezzando teneramente l'inseparabile falcone; sia che ordinasse di sezionare un uomo per verificarne scientificamente la digestione.

Tenero e crudele, violento e cortese, generoso e autoritario, Federico è l'ultimo imperatore medioevale e il primo signore di un'epoca nuova, laica e mondana.
Fragile nella scienza militare, il nipote del Barbarossa è un conoscitore profondo dell'arte diplomatica.

Contro l'opinione e il volere dei pontefici, e contro la mentalità imperante nel suo tempo, non pensa, ne crede, che la Provvidenza guidi meccanicamente la vita dell'uomo, benedica le crociate e le guerre sante; pensa piuttosto che l'uomo debba collaborare con la Provvidenza, se non addirittura sostituirla: costruendo liberamente il proprio destino.

"Fu uomo di gran cuore" scriverà Nicolò Jamsilla, uno storico del XIII secolo, amico del figlio Manfredi " ma la sapienza che molta era in lui temperò la sua magnanimità, in modo che mai non fu spinto a far niente per impeto, ma procedeva in tutto con la maturità della ragione...Erano nel felice tempo che egli governò pochi gli uomini dotti nel Regno di Sicilia, e l'imperatore stabilì nel Regno scuole di arti liberali e d'ogni approvata scienza, avendo chiamati, con la liberalità dei premi, maestri da tutte le parti del mondo e stabilito dal suo erario uno stipendio non solo ad essi ma anche agli scolari poveri, acciocché gli uomini di qualsiasi condizione e fortuna non fossero allontanati dallo studio della filosofia per ragioni d'indigenza...Similmente rispettò in tal modo la giustizia che a niuno era vietato con l'imperatore stesso contendere il suo diritto. Egli si studiava che nel suo Regno la giustizia fosse uguale per tutti. Né alcun avvocato dubitava d'intraprendere contro di lui la difesa di qualunque più povero si fosse, avendolo l'imperatore medesimo permesso, il quale stimava meglio che la giustizia fosse rispettata anche contro di lui piuttosto che avere vittoria nella lite. Ma se così rispettava la giustizia, pure ne temperò sovente il rigore con la clemenza."


Nonostante questo parere estremamente elogiativo dello storico Jamsilla, non bisogna tuttavia dimenticare che se Federico II fu grande nella virtù, fu altrettanto "grande" anche nelle deteriori passioni umane.
L'aquila sveva conosceva le vette più alte e abitava i cieli, ma non dimenticava, spesso e volentieri, di piombare rapacemente sulla terra.

 

Il suo soggiorno in Germania dura dal 1235 al 1237, riportando un pieno trionfo, in aperto dissidio con la Santa Sede che cova sotto la cenere, quando convoca una dieta generale a Piacenza che segni il ritorno dell'Italia del nord all'impero, perché dice questa parte intermedia dell'Italia è nostra per eredità, come tutto il mondo riconosce.
Il papa risponde che sono stati in perpetuo affidati al Romano Pontefice lo scettro e le insegne imperiali, assieme a Roma, e alle sue terre e all'impero tutto, e, rivolgendosi direttamente a Federico dice:
"Tu dimentichi che i sacerdoti di Cristo sono padri e padroni di tutti i re e di tutti i principi cristiani".
Pellegrini e viaggiatori possono andare in ogni dove, non mi avventurerò io, l'imperatore, nelle terre dell'impero? Con queste parole Federico varca il Mincio e mette a ferro e fuoco tutta l'Italia del nord, conquistando anche il Carroccio, che viene inviato a Roma perché sia posto in Campidoglio.
Trionfo romano della Roma antica. Federico infatti è Caesar, Caesar Augustus persino per le sue elargizioni ai romani, fra cui e popolare, anche per dispetto al papa, è reincarnazione dell'antico impero, oltre che imperatore modernissimo.
Ad aggravare la situazione con il papa fu la nomina del figlio naturale Enzo a re di Sardegna, avendo questi sposato Adelaisia, erede dei Giudicati di Torres e di Gallura.
Essendo la Sardegna destinata a diventare feudo papale, Gregorio IX non s'adatta a questa nuova usurpazione.
Federico contrattacca esortando i cardinali ad agire arrestando i progetti pericolosi del papa perché altrimenti sarà costretto a rispondere all'offesa per l'offesa e alla violenza con la violenza.
La risposta del papa non tarda: il 20 Marzo 1239, domenica delle Palme, Gregorio IX lancia la scomunica contro Federico e ribadisce la condanna il 7 aprile, ponendo l'interdetto su Padova, sede imperiale e convoca un concilio per deporlo.
I prelati cercano di raggiungere Roma sulle navi dei Genovesi, ma i Pisani, alleati di Federico, affondano la flotta presso l'isola del Giglio (1241) e catturano i cardinali.
A Gregorio IX succede Siniscalco Fieschi dei conti di Lavagna, con il nome di Innocenzo IV, che al concilio di Lione (1245) scomunica di nuovo Federico e lo depone.
I principi tedeschi si affrettano a sostituire il sovrano svevo eleggendo come re prima Enrico di Turingia, quindi Guglielmo conte d'Olanda, ma Federico resta di fatto al suo posto.
Nella guerra contro i Comuni italiani l'imperatore durante l'assedio di Parma, subisce una dura sconfitta ed anche suo figlio Enzo, che gli era andato in aiuto viene sconfitto dai Bolognesi a Fossalta e fatto prigioniero.Trascorrerà il resto della sua vita in prigionia a Bologna.
Nello stesso anno viene ordita una congiura contro l'imperatore, nella quale è forse coinvolto il fedele cancelliere imperiale Pier delle Vigne, che viene accecato e si suicida, per non subire ulteriori torture.
Federico ormai politicamente isolato, muore in Puglia nel 1250, sembra fatto avvelenare dal figlio naturale Manfredi (secondogenito avuto da  Bianca Lancia), perché era venuto a conoscenza che suo padre aveva designato quale suo successore il figlio legittimo Corrado che viveva in Germania. (Federico era stato padre di ben 18 figli, nati da nozze legittime e da relazioni extra-coniugali; di tutti questi, alla sua morte, l'unico figlio legittimo era Corrado).
Lo stesso trattamento Manfredi lo riservò al suo fratellastro Corrado IV, quattro anni dopo, il quale avendo intuito i suoi piani cercò di isolarlo togliendogli terre e potere, ma non vi riuscì e ci rimise la vita.
Alla sua morte l'erede al trono diventava suo figlio Corradino, che aveva due anni, ma Manfredi riprese la reggenza del regno.
Dopo un po' di tempo i suoi seguaci fecero circolare la voce che il piccolo Corradino era morto, per cui non essendoci altri eredi legittimi Manfredi si fece incoronare re di Sicilia, l'11 agosto 1258 a Palermo, usurpandone il trono.
Il papa Innocenzo IV, dopo aver tentato inutilmente di dare il regno siciliano a Edmondo, figlio del re d'Inghilterra Enrico III, è costretto a una trattativa con Manfredi, il cui potere in Italia cresce per le numerose alleanze strette con i ghibellini di diverse città.
Il Papato non può costruire un fronte antighibellino, poiché le sue tradizionali alleate, Genova e Venezia, sono in lotta per il controllo del commercio mediterraneo.
Frattanto Manfredi si allea con Pietro III, re d'Aragona, dandogli in moglie la figlia Costanza.
Papa Clemente IV, il francese Gui Foulques, eletto alla cattedra di San Pietro nel febbraio 1265 ( terzo pontefice romano dopo che Innocenzo era morto nel 1254, grande nemico degli Hohenstaufen), in cerca di appoggi per contrastare Manfredi, ottiene che Carlo D'Angiò, fratello di Luigi IX di Francia, intervenga militarmente nel regno di Sicilia.
Carlo D'Angiò, venuto in Italia con un forte esercito, sconfigge e uccide Manfredi a Benevento (1266).
Il giovane Corradino, figlio di Corrado IV, sceso in Italia per riprendersi il regno che fu di suo nonno Federico II, viene sconfitto e catturato nella battaglia di Tagliacozzo (1268) e il 29 ottobre dello stesso anno, gli Angioini, i nuovi regnanti designati, lo fanno decapitare nella piazza del Mercato a Napoli (Nonostante fosse stato affidato in tutela alla Chiesa, dall'età di due anni, per espresso desiderio di suo padre Corrado IV).
Qui termina la dinastia ereditaria degli Hohenstaufen e il passaggio del regno di Sicilia agli Angioini.

Torna alla Grande Napoli