Pubblichiamo questo bell'articolo di Marco Giusti che narra la genesi del film:

"Aspettando di vedere, alla caduta definitiva di Berlusconi, il film mancante diretto da Massimo Ceccherini, mai uscito e da anni in giacenza-prigione nei depositi di Cecchi Gori, oscurato perché osa parlare di pazzi e del premier in modo non ortodosso, possiamo goderci questo buffo, povero, stravagante Tutti all'attacco, commedia calcistica diretta dal giovane Lorenzo Vignolo (regista di Cinquecento e di una marea di videoclip), ma soprattutto prodotta da Galliano Juso per la Meraviglia Film, nonché scritta da un team che vede il nostro Alberto Piccinini (certo come esordio nella sceneggiatura...), Paolo Mariconda (autore dei testi comici di Max Giusti a Quelli del calcio) e del più anziano Gino Capone (nome mitico dei film barzellettistici e «bassi» di fine anni `70 come La sai l'ultima sui matti?). Il film è nato l'anno scorso, in piena sintonia con Il ritorno del Monnezza, come sequel ideale di un successo banfiano, L'allenatore nel pallone di Sergio Martino, appena uscito in dvd con vendite paurose. Juso, produttore storico di commedie popolari a basso costo (I carabbinieri, il famigerato W la foca, ma anche i primi Nico Giraldi con Milian), aveva visto giusto. E, devo confessare, mi aveva leggermente coinvolto nell'operazione a livello, diciamo, teorico. In pratica gli avevo suggerito un regista, due sceneggiatori, Piccinini e Mariconda, che allora scrivevano in tv Stracult, un protagonista, Max Giusti, che sarebbe stato ideale per un ruolo comico calcistico visto il suo successo a Quelli che il calcio. Ma i fratelli Martino, coinvolti nel remake-sequel con Max Giusti al posto del mitico Oronzo Canà di Banfi, non avevano gran voglia di seguire Juso. Banfi si era infuriato e aveva giurato di prodursi lui stesso il remake. Al tempo stesso si erano defilati dall'operazione, oltre al sottoscritto, anche Max Giusti, non proprio convinto del progetto e era subentrato Massimo Ceccherini, per la prima volta protagonista di un film non diretto da lui. Giusto perché l'azione da romanocentrica si era trasformata in toscanocentrica, visto che Juso aveva avuto la possibilità di girare il film a costi irrisori in quel di Prato. In corso d'opera, Juso e soci scritturano una serie di attori e di comici di un certo livello popolare. Rosalia Porcaro, come moglie infedele e napoletana dell'allenatore Ceccherini, Alessandro Paci e Isabella Cecchi, come cognato e sorella del protagonista, il romano Dado come procuratore truffaldino, Giovanni Cacioppo e Claudio Batta, stelle di Zelig, come inviati di un tv miserabile toscana, Luis Molteni come direttore sportivo della squadra che deve allenare Ceccherini, Eva Henger e Sabrina Venezia, moglie di Juso, quindi a costo zero, come presidentessa. La regia passa al giovane Vignolo, che fa quello che può, fra un produttore onnipresente come Juso e un protagonista regista come Ceccherini.

Viste le premesse il film si apprestava a diventare uno dei massimi stracult della storia del cinema italiano, una perla targata Juso come nei bei tempi del nostro cinema comico. Invece Vignolo riesce a chiudere le riprese in maniera decorosa e la storiella, abbastanza divertente e ormai lontana dal sequel banfiano, alla fine funziona, anche perché ha due grandi idee. La prima aver fatto del protagonista, lo sfigatissimo Max Bernabei che si ritrova casualmente ad allenare una squadretta toscana, un fan sfegatato del grande Carletto Mazzone, tanto che si porta il suo ritratto perfino in campo. La seconda sfruttare il successo di un film bizzarro come Shaolin Soccer e il fatto dell'invasione cinese in Toscana, al punto che la squadra di Max Bernabei verrà salvata proprio da un quintetto di cinesi che parlano toscano.
La storia è quella che tutti si possono aspettare. Ovviamente c'è un cattivo che vuole che la squadra vada male per trasformare lo stadio e tutta la zona vicina in un centro commerciale, ci sono una serie di personaggi infidi e dei simpatici cialtroni. Ma gli attori funzionano, a cominciare da un sempre più stralunato Ceccherini, che sembra proprio non rendersi conto in che razza di cinema si stia muovendo, i non attori pratesi fanno ridere come ai tempi dei grandi generici romani. Il film, specialmente nella seconda parte, va un po' da tutte le parti, ma la scrittura è comunque stravagante e non da cinema italiano fighetto. E poi, il fatto che sia un film così povero e così difeso da Juso e soci, lo rende simpatico e originale probabilmente oltre il suo valore."

Marco Giusti, da il Manifesto del 22 Aprile 2005

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