Notizie dalla lotta di classe

Gennaio 2002

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Unire quello che il capitalismo divide.

 

2 dicembre 2001

FICOMIRRORS DI VENARIA

Capodanno in fabbrica per i lavoratori della Ficomirrors di Venaria, alle porte di Torino. L'allarme tra i dipendenti si era diffuso durante il week-end quando, riprendendo una vecchia prassi del padronato italiano, l'azienda aveva scelto il periodo festivo per smantellare due delle linee produttive portanti dello stabilimento. Il 31 dicembre, perciò, è stato messo in piedi un presidio davanti ai cancelli della fabbrica, che sfocerà il 2 gennaio in un'assemblea interna per decidere le ulteriori forme di lotta a difesa dell'occupazione.
La Ficomirrors produce specchietti retrovisori per auto, ed era una delle tante imprese dell'indotto Fiat che esistono nella cintura torinese. Era a un certo punto diventata un'azienda Fiat a tutti gli effetti, passando sotto il controllo della Magneti Marelli. Nel recente piano di dismissioni presentato dalla multinazionale dell'auto figurava in bella mostra l'assicurazione che, in Italia, non ci sarebbero stati licenziamenti, ma solo cessioni di parti d'azienda. Così, soltanto otto mesi fa, era stata conclusa la vendita della fabbrica di specchietti al gruppo spagnolo Ficosa, e lo stabilimento di Venaria aveva preso il nome che porta ora.
Si era capito abbastanza presto che si trattava di una svendita che andava a incidere direttamente sul tessuto produttivo e sull'occupazione. Gli spagnoli ponevano immediatamente il problema di 211 lavoratori in "esubero", e si avviava una lunga trattativa che coinvolgeva gli enti locali (regione, provincia, comune di Torino) per arrivare a soluzioni non traumatiche, che prevedessero un ampio uso degli ammortizzatori sociali.
Il 15 gennaio scade il periodo di mobilità, e per quella data occorrerà aver trovato le soluzioni per i 211 lavoratori a rischio.

I NUOVI POVERI

Ricerche, inchieste, studi dicono che in Italia otto milioni di italiani vivono in condizioni "precarie". L'ultimo censimento della commissione parlamentare di indagine sull'esclusione sociale rincara la dose: quasi tre milioni di famiglie vivono con un milione e mezzo (775 euro) al mese mentre altre 950 mila possono contare su meno di un milione (516 euro). Ad essere fortemente penalizzati sono soprattutto i nuclei familiari che hanno dai due ai tre figli. La lotta per la sopravvivenza interessa sempre di più le persone giovani, se non giovanissime. Hanno meno di cinquant'anni i 17 mila barboni che si aggirano per le strade delle nostre città.
Ben più pessimista l'Osservatorio di Milano, secondo il quale il popolo dei cartoni che soggiorna nelle stazioni ferroviarie, sui marciapiedi, baracche o fabbriche abbandonate, comprende ben 60 mila persone. Ed è un esercito di minori, un milione e 700 mila, a dover fare i conti con una famiglia che vive in condizioni disagiate tanto da non riuscire a permettersi i beni di prima necessità.
E' lo stesso mercato del lavoro a partorire i "nuovi poveri". Secondo uno studio della Banca d'Italia negli ultimi dieci anni i lavoratori sarebbero ormai soggetti a due trattamenti del tutto opposti: da un parte chi ha un'occupazione tutelata e sicura, dall'altra chi è sottopagato, vive nell'instabilità professionale e non ha alcun tipo di protezione. Un fenomeno che investe anche persone che hanno una lunga esperienza professionale alle spalle, un titolo di studio di medio-alto livello o percorsi formativi consolidati. Di questo mercato assai poco rassicurante molto probabilmente fanno parte coloro che lavorano con "contratti atipici".
Nel nostro paese i collaboratori autonomi sono soggetti a ogni forma di sfruttamento e a remunerazioni decisamente basse. In buona parte dei casi i redditi non superano i 24 milioni annui. Negli anfratti della miseria finiscono sempre più spesso gli anziani. L'Istat ricorda che in Italia ci sono ben sei milioni di pensionati che percepiscono meno di un milione al mese. Si sta consumando nel totale silenzio la notizia che, sulla testa di 120 mila anziani delle undici principali metropoli, pende un provvedimento di sfratto. Che fine faranno dal momento che non hanno redditi diversi dalla pensione?
Il Nord d'Italia ha una concentrazione più bassa (5,7 per cento) rispetto al Sud (24) di famiglie costrette a tirare la cinghia. Al Centro l'incidenza di povertà passa dal 6 al 10 per cento.

 
3 dicembre 2001

LAVORATORI IMMIGRATI

Gli uffici provinciali del lavoro di mezz'Italia sono stati presi d'assalto ieri notte dai datori di lavoro che sperano di riuscire a rientrare nelle quote per la regolarizzazione degli immigrati. Il decreto legge dovrebbe uscire a marzo, ma le prenotazioni inziano a gennaio. Gli uffici, però, non hanno accettato le domande. Questo ha creato momenti di forte tensione. Un migliaio di persone a Vicenza ha presidiato per tutta la notte gli sportelli, assistiti dalla Croce Rossa che ha distribuito té e coperte. File notturne anche a Padova, Roma e Pesaro, dove alcune persone sono state colte da malore.
Firenze, due immigrati muoiono bruciati dal fuoco che avevano acceso per scaldarsi. "Al momento non emergono circostanze tali da far ritenere che si tratti di un fatto doloso", dice il prefetto Achille Serra al termine di una riunione straordinaria del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica. Si pensa che una delle vittime fosse un immigrato nordafricano. Il secondo corpo potrebbe essere di un italiano, originario della Sardegna. Un altro dei tanti "senza fissa dimora" che non avevano trovato rifugio nei centri di accoglienza, quelli allestiti dal comune quando l'inverno diventa davvero rigido.

 

4 dicembre 2001

CONTINUA LA PROTESTA CONTRO LA SCUOLA PRIVATA

L'ondata di occupazioni contro la bozza Bertagna non si sono concluse con le vacanze di Natale. E'ancora occupato, ad esempio, il liceo scientifico cagliaritano Pacinotti. "La riforma scolastica è ancora lì in agguato, l'attacco allo statuto dei lavoratori è già in corso, l'età pensionabile presto arriberà a 100 anni, la guerra in Afghanistan lascerà solo ciottoli di pietra fusi e scusateci tanto per i morti civili. E' il momento più sbagliato per abbassare la guardia" dicono gli studenti. Ancora occupate a Parma le scuole Ulivi e Bocchialini, rispettivamente uno scientifico e un agrario:"Alla faccia di chi dice "i giovani d'oggi" e che gli occupanti sono tutti dei lavativi. Evidentemente, non tutti.

GRAN BRETAGNA: SCIOPERO NELLE FERROVIE PRIVATE

Per le migliaia di passeggeri inglesi che si sono recati alle stazioni principali nel sud ovest del paese la sorpresa è stata amara. In un evento decisamente raro di questi tempi in Gran Bretagna, ieri il sindacato Rail Maritime and Transport ha confermato lo sciopero di 48 ore (indetto a partire dalla mezzanotte di mercoledì) dopo che la vertenza con l'azienda è collassata.
Lo sciopero riguarda soprattutto la compagnia South West Trains (con treni da e per il sud ovest del paese) che ha confermato di non poter garantire nemmeno un treno su dieci. Prendendo in parola la società molti dei 350mila pendolari che ogni giorno viaggiano utilizzando la South West Trains hanno preferito rimanere a casa, come ha dimostrato lo scarso aumento del traffico stradale. Allo sciopero hanno aderito quasi tutti i duemilasettecento dipendenti della società. I lavoratori e i sindacati hanno anche dichiarato che lo sciopero si concluderà oggi, ma dopo un weekend 'normale', i treni si fermeranno nuovamente: per lunedì e martedì prossimi infatti sono state proclamate altre quarantotto ore di astensione dal lavoro.
La Rail Maritime and Transport Union ha rifiutato l'offerta dell'azienda di un aumento salariale del 7.6% in due anni: i sindacati chiedano che l'aumento venga raggiunto in 18 mesi. Ai picchetti organizzati nelle stazioni londinesi (specialmente quella affollatissima di Waterloo) i lavoratori sottolineavano che la vertenza con l'azienda non riguarda solo gli aumenti salariali ma anche le condizioni di lavoro e la questione sicurezza. A questo proposito molti sindacalisti ricordano che uno dei leader della union che ieri ha organizzato lo sciopero ha pagato caro il suo ruolo e la sua tessera: è stato trasferito ad altre mansioni (è stato declassato) dopo un'aspra vertenza sulla sicurezza.
L'azione di ieri riporta drammaticamente in primo piano la questione trasporti e in particolare la disastrosa situazione delle ferrovie. Dopo la privatizzazione voluta dai Tories che ha frammentato il controllo sia della rete ferroviaria che dei treni in mille pezzi, il governo Blair si è trovato di fronte alla decisione di rinazionalizzare di fatto le ferrovie, riassumendo il controllo diretto della gestione delle linee ferroviarie. Non è un caso dunque che i quotidiani britannici di inizio anno dichiarassero senza esitazione che il 2002 sarà per il new Labour l'anno della 'rivolta dei treni'.
Commentando lo sciopero di ieri la presidente del comitato parlamentare dei trasporti, la laburista Gwyneth Dunwoody, ha ribadito che "il governo deve usare il pugno di ferro con le compagnie. Non parlo solo di Railtrack - ha aggiunto riferendosi alla compagnia che gestiva, prima della rinazionalizzazione le linee ferroviarie -ma anche di tutte le società che gestiscono i treni".
Ricerca dopo ricerca emerge sempre più la disastrosa realtà delle ferrovie britanniche e la conseguente disaffezione degli utenti: secondo la stessa Railtrack almeno il 10% della linea ferroviaria e della segnaletica è arrivato o ha già superato i limiti di sicurezza. Almeno il 30% dovrà essere cambiato entro cinque anni. Un rapporto sulla sicurezza conferma "il fallimento sistematico" nell'avviare i lavori di conservazione e le ispezioni inadeguate: due aspetti della gestione 'leggera' di Railtrack.
Quanto poi al servizio fornito dalle compagnie che gestiscono i treni, le statistiche offrono un quadro davvero desolante. Tra aprile e ottobre 2001 le aziende sono state multate qualcosa come 42milioni di sterline per le cosiddette 'poor performance', ovvero la scarsa qualità del servizio fornito. L'anno scorso, per lo stesso periodo, le multe erano state di 6milioni di sterline.
Delle 25 compagnie che gestiscono i treni in circolazione nel paese, soltanto due hanno migliorato in termini di puntualità. Ben 21 hanno fornito servizi molto inferiori all'anno precedente e soltanto 6 società hanno ricevuto quest'anno meno reclami dell'anno scorso. La puntualità rimane uno dei grossi problemi di tutte le compagnie, con situazioni drammatiche come quella della Virgin Cross Country (la compagnia di Richard Branson) che 'vanta' un 59.1% di treni puntuali. Poco meglio fa la Virgin West Coast (compagnia sorella) con il 66%.
Arrivare in orario è un problema anche se si prendono i treni della Great Western (68.8%), della Gner (61.4%), della South West Trains (quella coinvolta nello sciopero di ieri, 73.6%) e della Thameslink (74.7%).

DATI ISTAT

I dati provvisori diffusi dall'Istat sui prezzi al consumo confermano una leggera impennata a novembre, con uno scarto rispetto alle previsioni più ottimistiche. L'ultimo mese dell'anno ha fatto registrare un aumento dei prezzi dello 0,1% con una inflazione ferma al 2,4%. Le previsioni degli analisti erano state però diverse dato che si pensava a una sostanziale stabilità del dato dell'inflazione e quindi a una discesa dei prezzi.
I prezzi invece ricominciano a crescere. Non è ancora chiaro se questa inversione di tendenza rispetto ai mesi passati sia da legare alle difficoltà della conversione della lira in euro o ad altri fattori economici. L'Istat - che presenterà i dati definitivi il 17 gennaio prossimo - può essere certo solo del livello degli errori nella conversione dei prezzi. Il monitoraggio specifico dell'Istat rileva che gli errori sono stati solo l'1,7% a novembre. Non si hanno altri elementi statistici per legare il fenomeno degli "arrotondamenti" dei prezzi al dato dell'inflazione. Gli analisti sostengono inoltre che l'effetto del changeover si vedrà in modo più netto con dicembre e ovviamente con i dati di gennaio, mese con il quale è cominciata la vita reale dell'euro in Italia.
Sull'Euro crescono le polemiche. Molte associazioni dei consumatori continuano a rendere note precise irregolarità nell'andamento dei prezzi, mentre il presidente della Confcommercio, Sergio Billè, ribalta la frittata. Nel commercio, dice, le cose stanno andando fin troppo bene. "Se qualcuno ha fatto il furbo - ha dichiarato Billè alla Stampa - mal gliene coglierà". Sui prezzi, casomai, "è lo Stato che ha dato il cattivo esempio come mostrerebbero i ritocchi di fiammiferi, lotto, medicine, tabacchi, pedaggi autostradali".
Per ritornare ai dati dell'Istat c'è da segnalare che gli aumenti più rilevanti hanno riguardato finora gli alimenti, le bevande, gli spettacoli, le calzture e i pubblici esercizi. Il 17 conosceremo gli indici Nic (sull'intera collettività) e Foi, sulle famiglie di operai e impiegati.

L'EURO E I LAVORATORI

Sul fronte delle file alle Poste e nelle banche, per chi comunque non ne potrà fare a meno, si prevedono disagi anche per oggi. Soprattutto alle Poste, dove devono essere concluse le erogazioni delle pensioni. I lavoratori agli sportelli stanno facendo un surplus di lavoro, chiudendo spesso anche una-due ore dopo l'orario normale per smaltire le file. I vertici delle Poste hanno operato tagli al personale proprio in un momento così delicato, mentre si segnalano atti intimidatori, minacce e ritorsioni nei confronti di lavoratori e sindacalisti, episodi che si sono acuiti proprio nel periodo del changeover (basti ricordare la querela e la richiesta di risarcimento di 400 milioni di lire avanzate dall'azienda nei confronti di un sindacalista di Mantova che denunciava alcune carenze del servizio). I dipendenti della Banca d'Italia, dal canto loro, hanno scioperato per il rinnovo del contratto, con un'adesione del 60,5%, che ha costretto l'istituto a chiudere 62 filiali.

PENSIONI E TFR, OBIETTIVI DEL GOVERNO

Prima di Natale il governo ha varato la delega previdenziale, che inizia così il suo iter parlamentare. Vediamo che cosa consiste. La delega previdenziale, varata insieme a quella fiscale e subito dopo l'altra delega sulla riforma del mercato del lavoro, ruota attorno a due punti: (a) incentivi a lavorare una volta maturati i diritti pensionistici e (b) destinazione del Tfr ai fondi pensione (Fp) accompagnata dalla decontribuzione per i nuovi assunti ed aumento dell'aliquota contributiva per i parasubordinati. Poniamoci alcune domande intorno ad essa.
Quali sono gli obiettivi del governo?
L'obiettivo (a) è di procrastinare il pagamento delle pensioni di chi accetta di lavorare più a lungo. Si perdono i contributi di questo lavoratore (la cui pensione smette corrispondentemente di maturare), ma v'è un beneficio netto per i conti previdenziali. La Confindustria non desiderava una elevazione rigida dell'età di pensionamento per non privarsi del ricambio generazionale che è fisiologico per le imprese. La delega prevede infatti l'assenso delle imprese alla continuazione dell'attività lavorativa. Tale possibilità, sebbene con meno incentivi, già esisteva peraltro con la finanziaria 2001, ed è fallita (La Stampa, 23-12-01). A quanto affermano i tecnici, resta più conveniente, per chi ha l'interesse di continuare a lavorare, farlo in nero. Oppure cumulare pensione e reddito da lavoro; ciò viene consentito con l'obiettivo di far emergere il lavoro nero, ma incentivando così i pensionamenti anticipati. Non è invece passato il tentativo di Confindustria di introdurre misure fortemente penalizzanti nei confronti delle pensioni di anzianità, lasciando alle imprese libertà di collocare i lavoratori in pensione a loro piacere.
Attualmente gli effetti dell'allungamento della vita lavorativa sono di ritardare il turn-over di posti di lavoro fra giovani e anziani. In Italia milioni di giovani sono senza lavoro. Diversa sarebbe una situazione di piena occupazione, in cui il lavoro degli anziani non sottrae lavoro ai giovani e in cui la crescita dei salari consente copiosi flussi contributivi.
Attraverso le misure punto (b) della delega si crea la previdenza complementare?
L'operazione mira a compensare la diminuzione delle pensioni pubbliche dovuta alle scorse riforme imponendo il ritiro graduale dell'ex-Tfr, una volta in pensione, come vitalizio. Dunque si compensano le minori pensioni future utilizzando quattrini già dei lavoratori. Tuttavia col trasferimento del Tfr dalle imprese ai Fondi pensione non si crea il sistema a capitalizzazione, ma in prima battuta semplicemente si trasferisce la gestione di una forma previdenziale a capitalizzazione già esistente (il Tfr) dalle imprese alle banche e alle assicurazioni, dunque un favore fra amici.
Nella logica della delega la riduzione dei contributi - da 3 a 5 punti percentuali - versati dalle imprese a favore dei nuovi assunti a tempo indeterminato dovrebbe compensare le imprese; mentre l'aumento della contribuzione per i parasubordinati - dal 13 al 16,9% - assieme agli aleatori risparmi sub (a), andrebbe a compensare l'Inps per i minori introiti correnti. Ai giovani lavoratori verrebbero garantite le pensioni future accreditando loro in maniera virtuale i mancati versamenti contributivi delle imprese. Alla luce dell'analisi economica la contribuzione contrattualmente versata dalle imprese è parte del salario lordo. Il mancato versamento è dunque un regalo alle imprese - o a chi deterrà i titoli obbligazionari emessi dalle imprese per recuperare i flussi di finanziamento venuti meno con la cessione del Tfr. Chi da ultimo paga sono i parasubordinati che versano di più. Non è un bel risultato se il Tfr renderà di più ad alcune fasce di lavoratori, ma tale maggior rendimento è indirettamente pagato da altre fasce di lavoratori.
Una parte cospicua dei miglioramenti nei conti previdenziali, per circa 4.000 mld nel 1997-2000 e 8.500 mld previsti per il 2001-5, sono stati dovuti proprio ai risparmi dovuti al mancato decollo della previdenza complementare. Questa ha costi gestionali molto forti, per cui ci vogliono notevoli sgravi fiscali per renderla competitiva. Se essa parte, ci sarà un aggravio sui conti pubblici con tagli alla spesa sociale - nei fatti un ulteriore taglio dei salari. E non è detto che le imprese non chiederanno altri quattrini.
L'affermazione che i giovani lavoratori dipendenti non vedranno le loro pensioni future decurtate può ben essere smentita nel futuro. La quantificazione fornita di sua iniziativa dal Ragioniere Generale dello Stato, prof.Andrea Monorchio il 24-12-01, indica un aggravio futuro per il bilancio del sistema previdenziale pubblico di 13-14 mila miliardi di lire attorno al 2020-25. Qui si capisce la strategia di Confindustria e del suo esecutivo: il peggioramento futuro nei conti previdenziali farà ritenere inevitabile un attacco più radicale alle pensioni pubbliche (nella delega è scritto che la sua attuazione "non deve comportare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica").
Stefano Parisi, direttore generale della Confindustria, ha successivamente offerto l'interpretazione autentica della delega (Il Sole24 ore, 29-12-01). E' questa la medesima strategia della delega fiscale: inaridire le entrate per distruggere la spesa pubblica. E' una strategia ben nota al capitalismo.
Chi vedrà il Tfr passare ai Fondi pensione ci guadagnerà?
In prima battuta, se le imprese non ci perdono e il Tfr rende di più, qualcuno deve rimetterci, come si è visto. Secondo alcuni economisti è dal reinvestimento del maggior rendimento dell'ex-Tfr che verranno i veri guadagni (gli interessi sugli interessi). Questo implica, tuttavia, che dall'investimento finanziario di quei rendimenti scaturiscano investimenti produttivi, il che non è affatto assicurato. La finanza italiana spera in realtà in una qualche bolla borsistica nel capitalismo di rapina verso i paesi in via di sviluppo (vedi Argentina). Per i dipendenti pubblici il conferimento del Tfr ai Fondi comporta inoltre un aggravio diretto per lo Stato e questo dovrà tagliare altre spese sociali.

 
5 dicembre

BANCARI IN SCIOPERO

I lavoratori delle banche italiane si fermano lunedì per l'intera giornata. Un gesto di aperta protesta contro i banchieri e, indirettamente, contro il governo. Tra le motivazioni dello sciopero, che già era stato programmato per il rinnovo del contratto, ha assunto un ruolo centrale la disorganizzazione generale con cui è stata gestita l'introduzione dell'euro.
L'associazione delle banche italiane (Abi) ha rifiutato nei mesi scorsi la proposta avanzata dai sindacati dei bancari: misure speciali e aumento temporaneo dell'organico. Che ci sarebbero stati problemi era abbastanza prevedibile, considerata l'eccezionalità assoluta dell'evento; ma per l'Abi si trattava di inutili allarmismi.
Tutti i problemi del cambio di moneta si sono così scaricati sugli elementi terminali della catena organizzativa: gli impiegati agli sportelli e, naturalmente, i clienti. Una scelta "normale", in questo paese, dove si prova spesso a utilizzare l'eplodere di grandi problemi organizzativi per mettere in contrapposizione lavoratori e utenti (basti pensare al pubblico impiego o, ancora più chiaramente, a tutto il settore dei trasporti).
Consapevoli che gli interlocutori non mostrano di voler comprendere il discorso, le organizzazioni sindacali promettono che l'agitazione andrà avanti fino in fondo.

USA: CRESCE LA DISOCCUPAZIONE

Primi dati del 2002 e prime conferme che l'economia Usa e tedesca continuano a dare segnali di recessione. Questa volta è l'aumento della disoccupazione a preoccupare, in entrambi paesi. In Germania, a fine anno, si calcolano che i senza lavoro saranno 3,7 milioni mentre negli Stati uniti - dati pubblicati ieri - il tasso di disoccupazione è salito a dicembre al 5,8%, uno 0,1% in più rispetto al mese precedente.
Negli Stati uniti, dalla fine di marzo, hanno perso il posto di lavoro più di un milione e quattrocentomila persone, sia nel settore della manifattura che in quello dei servizi. La crisi, quindi, era scoppiata molto prima di quell'11 settembre che sembra semplicemente aver aggravato la situazione di recessione preesistente. Secondo il Dipartimento al lavoro il tasso del 5,8% di disoccupati è il peggiore risultato dall'aprile '95.

SINDACATI: CON O CONTRO I CITTADINI?

Incenerire i rifiuti a Roma? I cittadini non lo sanno, ma c'è chi lotta perché il comune faccia presto, magari prima che la popolazione insorga, con un via libera legislativo che ponga fine al dibattito tra i favorevoli e i contrari a un mastodontico brucia- rifiuti nella capitale. La questione è emersa grazie alle associazioni ambientaliste, con il sostegno dei Cobas e di Rifondazione. A puntare i piedi, stavolta, non è una lobby industriale ma i sindacati unitari dell'Ama, la municipalizzata addetta alla raccolta dei rifiuti a Roma: l'inceneritore "s'ha da fare", proclamano le Rsu, che addirittura hanno indetto uno sciopero per il 4 febbraio, contro i presunti boicottaggi di giunta e consiglio comunale ad un progetto che definiscono "fondamentale", in una delle metropoli più sporcaccione d'Italia.
L'emergenza rifiuti, a Roma, in realtà è fatto poco opinabile, viste le stime - tutte al negativo - redatte dall'Anpa, l'Agenzia Nazionale Ambiente. La quantità di rifiuti riciclati ha raggiunto nel 2000 solo la misera quota del 5 per cento sul totale, quasi venti punti in meno rispetto a quanto stabilito dalle leggi nazionali. Accanto alla megadiscarica di Malagrotta dovrebbe sorgere il nuovo inceneritore, aggravando la qualità dell'aria e della vivibilità per gli abitanti. Senza contare, poi, le procedure finora adottate per la raccolta differenziata, secondo il Wwf "le più inefficaci in assoluto" dice il comitato romano, con megacassonetti contenitori di ogni cosa, dalla plastica al vetro.
Ebbene, secondo Prc e ambientalisti - in primis Wwf, che ha scritto una lettera aperta al sindaco Veltroni, e "Verdi Ambiente e società" - è questo il nocciolo del problema, colposamente ignorato da chi caldeggia la costruzione dell'inceneritore: "Riciclare i rifiuti - afferma l'ingegnere Andrea Masullo dirigente Wwf - rende dieci volte meno che bruciarli. E ricordiamolo: nulla si distrugge. Rifiuti inceneriti vogliono dire solo due cose: acque inquinate e diossina nell'aria. La verità è che dietro il progetto ci sono interessi di altra natura".
Parole al vento, per le Rsu dell'Ama, che non usano neppure il termine obrobbrioso: niente "inceneritore", dunque, ma "termovalorizzatore", perchè "bruciare i rifiuti - dicono Cgil, Cisl e Uil - serve a produrre energia".
Peccato che la strana lotta sindacale nasconda fini ben poco collettivi: il mega brucia-rifiuti, infatti, se realizzato sarebbe gestito dall'Ama, azienda sulla quale pesa - come per tutte le altre municipalizzate - lo spettro di uno smembramento tra la gestione dei servizi e degli impianti, scritto nell'ultima legge finanziaria. "Il termovalorizzatore - spiega Massimo Cenciotti, dirigente della Cgil, membro dell'Rsu dell'Ama - garantirebbe il rafforzamento dell'azienda. Il rischio, altrimenti, è quello della sua parcellizzazione, e della conseguente scalata dei privati".
"Il sindacato dell'Ama si comporta da sindacato giallo - chiosa Sandro Medici, presidente della X circoscrizione - come il fumo giallo della diossina".

SCIOPERI NEI TRASPORTI E TRA GLI STATALI

Nuovo anno, nuovi scioperi. I fronti più caldi, quelli dei trasporti e del pubblico impiego: le organizzazioni confederali hanno stabilito le due date per i rispettivi scioperi generali. Nel mirino di chi protesta, le deleghe del governo su previdenza e mercato del lavoro, oltre al rinnovo dei contratti. Il 30 gennaio, per quattro ore, sciopererà il settore dei trasporti, mentre il 15 febbraio toccherà al pubblico impiego, scuola in testa. Inoltre, per i comparti del trasporto aereo e marittimo sono previste altre agitazioni in diverse giornate di gennaio. E ieri si sono anche concluse le 4 giornate di sciopero degli addetti alle ricevitorie sportive, che hanno protestato contro la decisione del governo di ridurre la percentuale per le ricevitorie, pur avendo aumentato il costo della colonna a mezzo euro. Gli incassi per i quattro giochi del Coni (Totocalcio, Totogol, Totosei e Totobingol), per Totip e Sisal si sono ridotti del 65% (da 30 a 10 miliardi di lire).
Il settore dei trasporti si fermerà il 30 gennaio per 4 ore, dalle 10 alle 14. Sono esclusi i lavoratori del trasporto pubblico locale, per i quali le quattro ore saranno stabilite a livello regionale nel periodo compreso tra il 14 e il 31 gennaio. Le agitazioni sono state proclamate per aderire allo sciopero generale proclamato da Cgil, Cisl e Uil contro la delega al governo per la riforma del sistema previdenziale. Nel comparto dei trasporti, però, lo sciopero assume un significato particolare visto lo stato di grave crisi strutturale di alcuni settori. Nel trasporto aereo, nell'indotto ferroviario e nel settore marittimo e portuale, sono in atto pesanti riduzioni di personale e senza risposte adeguate da parte del governo le conseguenze sulle attività e sul lavoro sono destinate ad aggravarsi ulteriormente". In più, i settori aereo e marittimo riservano un ricco calendario di scioperi a parte: l'8 gennaio, dalle 12 alle 16 incroceranno le braccia il personale e i controllori dell'Enav; il 18 gennaio, dalle 10 alle 18 sciopererà tutto il comparto aereo; il 28 gennaio dalle 12 alle 16 il personale Enav Crav Milano e Cav Linate; il 10 e 11 gennaio, per 24 ore in varie modalità, il personale della Tirrenia.
Il 15 febbraio, lo sciopero generale dei lavoratori del pubblico impiego e della scuola, che scenderanno in piazza, con una manifestazione nazionale a Roma. Lo sciopero generale verrà preparato con varie assemblee informative sui luoghi di lavoro in concomitanza con la mobilitazione generale già decisa dalle confederazioni tra il 14 gennaio e il 2 febbraio prossimi contro le deleghe del governo su previdenza, fisco e mercato del lavoro.
Oltre a protestare le deleghe al governo - sotto accusa principalmente la modifica dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori - i dipendenti del pubblico impiego si mobilitano anche per il rinnovo dei contratti: secondo Cgil, Cisl e Uil mancano 2400 miliardi in finanziaria.

MICRON DI AVEZZANO

A tecnici e operators del megastabilimento Micron Technology non piace la contrattazione di secondo livello, la piattaforma integrativa. Intendiamoci: non è che non gli piaccia perché le richieste del sindacato e della Rsu siano considerate un'elemosina. Tutt'altro. Ci troviamo in un mondo inimmaginabile per le lavoratrici e i lavoratori delle aziende europee. A tecnici e operators di Micron Technology, semplicemente, non piace il fatto puro e semplice che la piattaforma rivendicativa aziendale venga presentata. In generale, preferiscono che il contratto integrativo non ci sia affatto.
Nei giorni scorsi è stato reso noto il messaggio diramato da Sergio Galbiati, il plant manager fiduciario per l'Italia della multinazionale con sede in Idaho; che ha annunciato imminenti decisioni strategiche da parte del gruppo subordinandole al fatto che il sindacato accetti l'accordo esistente senza introdurre alcuna modifica.
Lo squallore della gestione americana è stato spinto a un tale punto che nei giorni scorsi, per azione dei module managers aziendali, centinaia di tecnici e operators hanno spedito a Sergio Galbiati ciascuno una e-mail di solidarietà. In cosa consiste la "solidarietà"? La stragrande parte di tecnici e operators impegnati in Micron vive come una iattura l'imminenza della presentazione della piattaforma integrativa, perché essa di per sé rappresenterebbe una minaccia; non solo nei confronti dello sviluppo degli investimenti, ma della stessa sopravvivenza del sito industriale Micron. Apportatrice di civiltà e sviluppo sarebbe dunque solo Micron Technology, e per essa il plant manager Sergio Galbiati - mentre il sindacato metalmeccanico, con il suo "vezzo" di contrattare, rischia di far chiudere la fabbrica.
D'altra parte, con l'attuale sistema di organizzazione del lavoro - imperniata sui noti turni di 12 ore che comportano due notti/settimana per ogni turnista - l'azienda ha conseguito un utile operativo che le ha consentito di versare nelle tasche dei dipendenti l'equivalente di 4 mensilità a titolo di premio di risultato. I dipendenti che hanno inviato e-mail di solidarietà a Galbiati, alla fine, non hanno fatto altro che ringraziarlo come un benefattore (in senso letterale), dicendo a chiare lettere che chi lavora contro lo sviluppo, la sicurezza del posto di lavoro e lo spessore delle buste paga è il sindacato metalmeccanico.
Dovrebbe essere chiaro che la massa di e-mail pervenute a Galbiati è il sapiente risultato dell'attivismo dei quadri, i module managers, addetti in questo caso a organizzare il comportamento dei dipendenti come se fossero una massa di giovani marmotte.
Questo è il punto d'approdo di una lotta sottile condotta contro il sindacato metalmeccanico che, per primo, quasi dieci anni fa, aveva disegnato lo scenario e il quadro dei rapporti tra l'allora Texas Instruments e i lavoratori. Questo sindacato era la Fiom. Il lavoro condotto, in Micron, contro la Fiom, ha puntato all'"ammaestramento" di buona parte dei dipendenti. Mancavano le e-mail di solidarietà dei lavoratori al fiduciario dell'azienda, per dare il senso compiuto della distruzione di ogni consapevolezza del proprio ruolo e dei propri diritti.

GIACOMELLI SPORT: SCIOPERO

Le ultime feste hanno portato con sé una serie di scioperi alla Giacomelli sport, grossa catena di articoli sportivi presente in tutta Italia e in molti paesi europei, decisamente in ascesa. L'agitazione, durante le tre domeniche natalizie, è stata decisa da Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs Uil per porre diverse richieste, prima tra tutte quella di una migliore retribuzione per il lavoro domenicale natalizio, sull'esempio di Coin, la Rinascente e la Standa, che trattano decisamente meglio i propri dipendenti.
La Giacomelli sport in pochi anni ha trasformato l'unico negozio che aveva in Emilia Romagna negli oltre 100 di oggi. Nel 1992, quell'unico negozio fatturava 2 miliardi e dava lavoro a 5 persone, a Rimini. Oggi, gli oltre 100 negozi fatturano (dati relativi al 2001) più di 500 miliardi, dando lavoro a 1500 persone in Italia e in Europa. Un +98,5% di crescita media annua (con un'espansione che peraltro non utilizza il sistema del franchising) che ha portato la società controllata dalle famiglie Giacomelli e Spada (che detengono il 53%) anche in borsa. E se una settantina di negozi della catena sono distribuiti in 17 regioni italiane, gli altri 30 si sono diffusi a macchia d'olio in 10 paesi europei, soprattutto nell'est: 10 punti vendita in Polonia, 5 in Ungheria, 2 nella Repubblica ceca e in Estonia. Ma anche 7 in Spagna, e vari altri in Francia, Germania, Belgio e Portogallo.
Per le domeniche natalizie, i dipendenti di Coin, Rinascente, Standa e Prénatal hanno un aumento di retribuzione in busta paga del 230% (due giornate di riposo più il 30%). Per questo motivo, la richiesta di aumento per le domeniche natalizie nel contratto integrativo aziendale (ancora, però, non è pronta una piattaforma) sarà di almeno il 130%.
Ma i problemi non si vedono soltanto di domenica. Lo sciopero è anche per attirare più generalmente l'attenzione dell'azienda verso i suoi dipendenti. Per il momento, tutte le energie vengono indirizzate verso lo sviluppo commerciale, il marketing e la pubblicità. Ma ci sono anche i problemi della sicurezza e della formazione. Per l'elezione del responsabile della sicurezza in molti negozi i direttori hanno fatto sapere che solo i dipendenti full time potevano essere eletti, mentre la legge dice che anche i part time sono eleggibili. I full time sono pochissimi, quasi tutti dirigenti e capi area, la maggior parte dei dipendenti sono giovani part time, di 24 o 20 ore, spesso poco informati sui propri diritti sindacali. Nell'azienda si diffondono, come ormai dappertutto, gli impieghi interinali e i contratti stagionali, soprattutto nei periodi di punta, ed è chiaro che il sindacato può agire con maggiori difficoltà dove sono presenti moltissimi giovani (il 95% dei dipendenti Giacomelli è sotto i 35 anni), parecchi part time che sperano in un passaggio a full time e altri "flessibili" di vario tipo.

 
6 dicembre 2001

ARGENTINA, PATAGONIA: ESPROPRIO DI FINE ANNO
Mancavano poche ore per chiudere con un anno difficile e di grande tensione sociale, a Comodoro Rivadavia, Argentina. In tutto il paese migliaia di argentini erano scesi in piazza prendendo d'assalto prima i supermercati e poi i palazzi del potere politico, nel sud la situazione era calma.
Tre uomini avevano occupato il supermercato "La salteña", ma scoperti da una guardia, si erano asserragliati prendendo i clienti come ostaggi. Cominciava così una lunga trattativa tra gli assalitori e il giudice della città recatosi nel posto insieme a centinaia di curiosi. I rapinatori hanno prima chiesto garanzie e chiamato alla stampa, poi, visto che le negoziazioni si protraevano, hanno trasformato il furto in rivendicazione popolare urlando richieste
di maggiore giustizia sociale e uguaglianza ed obbligando perfino gli ostaggi a cantare la "marcia peronista".
Il tempo passava e mentre si avvicinava l'anno nuovo lo spettacolo si trasformava in festa collettiva. Dall'interno del supermercato sono stati lanciati per aria, davanti alla folla che si era radunata, due sacchi colmi di banconote che hanno cominciato a sollevarsi spazzate via dal vento. Nel parapiglia non sono mancati feriti e litigi ma, poco dopo, l'esultanza univa in un coro comune i presenti.
I personaggi di questa rapina non si sono accontentati di rinunciare al bottino. Un giornalista è stato incaricato della distribuzione di generi alimentari di ogni tipo: latte in polvere, carne, formaggi, salumi, ecc. tra le persone che affluivano sul luogo attirate dalla diretta televisiva di una rete locale.
La rapina era ormai un'incontenibile tripudio quando il giudice, chiamato nel ruolo di mediatore, abbandonava il posto dichiarando che il caso era ormai "una questione di polizia". Ferma la trattativa, i briganti non si sono abbattuti anzi, esultanti dal loro successo hanno cominciato a sparare a man salva. Ormai erano le dieci di sera del giorno di capodanno e gli
spari, confusi con i fuochi d'artificio, non hanno impaurito nessuno. Quando mancavano pochi minuti al 2002 insieme ad una macchina che avrebbe permesso la fuga dei briganti con due ostaggi è arrivato un gruppo di poliziotti che ha aperto il fuoco dalla parte posteriore dell'edificio uccidendo due sul posto e ferendo il terzo in modo grave. Uno degli assalitori era Eduardo Chandia Tapia, già noto in Patagonia per le sue ripetute evasioni, quella più celebre era stata compiuta qualche anno fa nella stessa città dov'è stato ucciso. Rinchiuso in una cella, sembrava essersi finalmente rappacificato col mondo, ma poi si è scoperto dietro il manifesto del Boca, ogni giorno, il muro era stato pazientemente forato con un cucchiaio e i detriti buttati quotidianamente con la spazzatura. Una mattina è scomparso lasciando la foto della sua squadra del cuore ondeggiare appesa a sole due puntine. Ai morti dell'epopea di Comodoro Rivadavia si aggiungono quelli che hanno caratterizzato le ultime settimane dell'Argentina. Alcuni sono stati uccisi durante i disperati assalti ai supermercati, altri sono stati brutalmente caricati dalla polizia in Plaza de Mayo o davanti alla Casa Rosada. Per i politici argentini il progetto economico richiede il "lavoro sporco" della repressione, ma per il paese che ha occupato le strade in questi giorni i briganti di Comodoro Rivadavia più che ladri sono vittime del neoliberismo.

Dismissioni. La logica della Fiat
OSVALDO SQUASSINA * Segretario generale della Fiom di Brescia

La Fiat, nei giorni scorsi, ha presentato il suo piano di ristrutturazione e riorganizzazione.
Ora, anche se gli annunci "ufficiali" parlano di ricadute occupazionali limitate per gli stabilimenti italiani, in realtà molti sono i segnali preoccupanti per i lavoratori sui quali è bene fermarsi a riflettere, sia per quanto riguarda la tenuta dell'occupazione, sia per le conseguenze sulle condizioni di lavoro in fabbrica.
E' evidente che siamo in presenza di una crisi che la Fiat pensa di fronteggiare mediante:
chiusura di 18 stabilimenti nel mondo, di cui 2 in Italia; espulsione dalle fabbriche di circa 6.000 lavoratori; riorganizzazione dell'attività produttiva, mediante trasferimento di produzioni e flessibilizzazione totale dell'utilizzo del personale e degli impianti. [...]
Oggi la scelta immediata è quella di tagliare tutto ciò che viene considerato un costo per la Fiat e contemporaneamente, per reperire risorse economiche, viene varato un piano di cessioni che passa anche dalla vendita di intere società. La scelta di cessare l'attività in due importanti stabilimenti a Torino è esemplare per due ragioni: la prima perché corrisponde all'esigenza di reperire risorse mediante la vendita delle aree; la seconda, ancora più
importante, perché queste chiusure si collocano nel processo di progressivo abbandono degli stabilimenti collocati al nord, per concentrare progressivamente le attività produttive al sud d'Italia, dove le condizioni del mercato del lavoro rendono più ricattabili i lavoratori, dove il livello d'utilizzo degli impianti è maggiormente soggetto al potere discrezionale dell'azienda e dove i salari medi sono più bassi. Tutto questo in un ambiente dove la presenza del sindacato è più debole.[...] Dopo il sud d'Italia, ci sarà sempre un altro sud nel mondo [...] Sulla base di questa logica, non solo cambia l'organizzazione della fabbrica e del modo di produrre, ma la stessa localizzazione delle attività si modifica. Infatti, la scelta Fiat di esternalizzare parti del processo produttivo e dei servizi si muove nella stessa logica, quello che oggi viene fatto dentro gli stabilimenti, da società distinte dalla Fiat, domani potrebbe essere prodotto in altri paesi. [...]
Una strategia come quella delineata dalla Fiat significa meno prodotti di qualità, abbattimento dei costi a spese dell'occupazione e delle condizioni di lavoro, riduzione dei diritti e delle libertà individuali e collettive, perdita delle fasce di mercato.
[...]E' necessario valorizzare il lavoro degli operai e delle operaie assicurando loro una formazione professionale permanente, e nello stesso tempo i salari dei lavoratori dipendenti devono essere rivalutati e aumentati.
Bisogna riprendere con forza la strategia della riduzione degli orari di lavoro, affinché una parte dei benefici derivanti dall'innovazione tecnologica e dalla maggiore produttività vadano a migliorare la qualità della vita di chi lavora e, nello stesso tempo, a difesa dei posti di lavoro. [...] vorrei invitare tutti a riflettere sul fatto che in questi ultimi anni la Volkswagen, praticandola, ha guadagnato in competitività e in quote di mercato, mentre la Fiat scegliendo la strada opposta le ha perse. Il piano della Fiat, per essere seriamente respinto, necessita di una riflessione che coinvolga tutto il sindacato per costruire una piattaforma rivendicativa e avviare seriamente una lotta unitaria al fine di mettere insieme i lavoratori degli stabilimenti Fiat del Sud d'Italia - per migliorare le loro condizioni di vita e di lavoro - con i lavoratori del Nord d'Italia per respingere la chiusura delle aziende e la cancellazione di migliaia di posti di lavoro.

 

8 gennaio 2002

LE DELEGHE DI MARONI

Avvisaglie di opposizione anche da parte dei sindacati confederali e Ds. Dopo un incontro tra Cofferati e Fassino, si preannunciano iniziative contro le misure governative. Secondo i DS la decontribuzione per i neoassunti rischia di minare il sistema previdenziale, ovvero le pensioni di tutti. La riforma della doppia aliquota fiscale, è un provvedimento che premia gli alti redditi e penalizza gli altri, a meno di ridurre le entrate statali e quindi le prestazioni dello stato stesso. Bertinotti lancia una provocazione a Cgil, Cisl, Uil sostenendo che i sindacati debbono avere il coraggio di proclamare un vero sciopero generale.

GRAN BRETAGNA: PRIVATIZZAZIONI E SCIOPERI 

Lo sciopero dei ferrovieri non piace al governo che ha affidato al portavoce di Downing street il compito di rilasciare una dichiarazione in cui si sottolinea che "la vertenza in atto riguarda i sindacati e una compagnia privata, la South West Trains, ma il governo ritiene che i passeggeri non dovrebbero essere costretti a subire i disagi provocati dalla vertenza". Il sindacato Rmt (Rail Maritime and Transport) dopo il riuscitissimo sciopero di giovedì e venerdì scorsi ha confermato quarantott'ore di astensione dal lavoro anche per questo inizio settimana. Il Rmt ha deciso lo sciopero dopo che le trattative con l'azienda si erano risolte in un nulla di fatto: il sindacato chiede un aumento salariale maggiore rispetto a quello proposto dai vertici aziendali e condizioni di lavoro migliori. Uno dei sindacalisti più esposti in questa vertenza è stato punito dall'azienda con un cambio di ruolo. Alla protesta dei dipendenti della South West Trains ieri si è aggiunto anche lo sciopero spontaneo proclamato dai sindacati dei trasporti scozzesi che hanno praticamente bloccato almeno la metà dei treni che collegano i centri principali della Scozia. In questo caso la protesta riguarda gli straordinari per i macchinisti. Il comunicato del governo riporta alla ribalta il delicato rapporto tra esecutivo e sindacati. Sia conservatori che laburisti (almeno quelli del new Labour di Tony Blair) non amano gli scioperi. La differenza naturalmente sta nel fatto che il partito laburista è di fatto figlio delle unions britanniche, alle quali lo legano vincoli non solo ideologici e strategici ma anche economici. Una delle unions più importanti, la Gmb-Britain's General Union, ha confermato che non pagherà la tradizionale quota annuale al partito. Due milioni di sterline verranno così "congelati" in segno di protesta contro la politica di privatizzazioni sconsiderate alla quale si oppongono i maggiori sindacati. In realtà fino a questo momento è stata congelata soltanto la prima tranche dell'annuale pagamento, cioè duecentocinquantamila sterline. Gmb non è l'unica union sul piede di guerra. Contro i piani di privatizzazione di Blair si è schierato da tempo anche il sindacato con il maggior numero di iscritti, Unison (pubblico impiego) che ha lanciato in queste settimane una campagna video contro la svendita dei servizi pubblici. Lo spot viene trasmesso anche nei cinema, prima della proiezione dei film, ed è un appello diretto ed efficace rivolto al premier Tony Blair al quale i sindacati chiedono di rallentare la sua corsa alle privatizzazioni. 

ARGENTINA: FUORI DAL LIBERISMO, A DESTRA 
di JOSEPH HALEVI  (da il manifesto)

Per l'Argentina rientrare in un sistema monetario capitalista di produzione sarà molto difficile visto che ne è stata espulsa dalle forze, nazionali ed internazionali, ipercapitalistiche. La vicenda ha costituito una dimostrazione, purtroppo in negativo, del fatto che la "globalizzazione" - tanto per usare questo termine francamente idiota ma di cui si è ubriacata anche la cosiddetta sinistra - non assorbe, non omogeneizza, non trasforma il mondo in un'entità nazionale. Mai come oggi è assolutamente importante che il paese si dia un orientamento di politica economico-sociale avente un carattere prettamente nazionale. Mutatis mutandis - ma non tanto - il discorso vale anche per il resto dell'America latina.[...] In Argentina la pauperizzazione ha toccato strati vastissimi della popolazione e ciò ha formato il muro contro cui si sono infrante tutte le velleità di perseverare nelle politiche dell'iperdeflazione fanaticamente perorate, con l'appoggio del Tesoro di Washington e dal Fondo Monetario Internazionale, dall'ex super ministro dell'economia Domingo Cavallo [...] 
Le condizioni internazionali per un sostegno al paese non ci sono per cui l'Argentina dovrà aprirsi il cammino da sola. Un prerequisito essenziale ma non sufficiente è che il paese riappropri di strumenti volti a porre l'investimento al centro di politiche di sviluppo nazionale. Dato il livello di disarticolazione in cui sono state fatte piombare l'economia e la società le nazionalizzazioni diventano a loro volta una condizione minima benché non sufficiente. In questo caso però si può star certi che il paese si attirerà i fulmini del mondo del nord e forse soprattutto della Spagna e quindi dell'Unione Europea. Eppure nel non lontanissimo passato, quando era già iniziata l'era della privatizzazione globale, un paese eretto a modello del neoliberismo ha fatto proprio questo; ha rinazionalizzato. Si tratta dell' hermano - fratello - paese del Cile e per giunta durante Pinochet. Come ha lucidamente dimostrato Gregory Palast sull'Observer di alcuni anni fa, dopo il colpo di stato Pinochet privatizzò 212 imprese e 66 banche in un paese di circa 10 milioni di abitanti. Le banche pubbliche furono vendute ai privati con uno sconto del 40% sul valore nominale, la repressione fiscale si aggiunse a quella sociale e politica portando le finanze pubbliche in attivo. Il grosso cadde nelle mani di due conglomerati controllati da Javier Vial e Manuel Cruzsat i quali fecero la solita operazione speculativa di leveraging comprando aziende a prezzi stracciati con soldi presi a prestito dall'estero. Nel 1982, siamo già nell'era "liberatoria" del Mercato, il castello di carta crollò tirandosi dietro la produzione nazionale che calò del 19%. Anche in quelle circostanze, malgrado la feroce - provata - reputazione del regime, vi furono manifestazioni e proteste che, nei fatti, obbligarono l'odierno imputato di crimini contro l'umanità ad abbandonare i Chicago boys, a reintrodurre il salario minimo ed ad avviare un programma di mezzo milione di assunzioni nel settore del pubblico impiego. Inoltre banche ed industrie vennero nazionalizzate "su scala inimmaginabile durante Allende". Palast nel suo importante studio ha ragione di sottolineare che l'uscita dalla crisi del 1982-83 fu resa possibile da una medicina che con il monetarismo ed il libero mercato privatizzato hanno poco a che vedere. [...] 
Oggi una politica incentrata sulle priorità sociali nazionali da parte di Buenos Aires suonerebbe per tutto il continente sudamericano come una sfida all'essenza della globalizzazione; la privatizzazione ed il subordinamento delle condizioni di vita della popolazione alle esigenze delle rendita finanziaria e di monopolio. Il cammino che intraprenderà l'Argentina dipende principalmente da come si evolverà l'articolazione sociale interna. Nel caso la dinamica interna sfociasse in una politica fondata sul ruolo programmatico dello Stato e delle sue industrie e banche, altrimenti tutto si impantanerebbe in manovre effimere ora che, nei fatti, è implosa anche la moneta, l'appoggio all'Argentina dovrà manifestarsi specialmente a livello di opinione pubblica mondiale. In questo contesto è piuttosto deludente che sull'Argentina e sulla sua crisi-voragine così significativa, sia sui siti statunitensi critici del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, sia sullo stesso sito del Social Forum di Porto Alegre e dei movimenti ad esso collegati, vi sia molto poco per non dire nulla.

AMIANTO: OPERAI CONTRO IL GOVERNO 

Non si placa la lunga lotta dei lavoratori per ottenere i dovuti riconoscimenti per gli anni che hanno trascorso in fabbrica continuamente esposti all'amianto. Oltre cinquecento persone sono scese in piazza a Taranto per protestare contro l'intenzione del governo di tagliare i benefici dell'attuale normativa previdenziale. Dopo il danno, e le molte difficoltà per vedere riconosciuti i propri diritti e una legge che li tuteli, per gli operai dunque arriva la beffa. Il governo ha deciso di ridurre il coefficiente di abbuono dei benefici da 1,5 a 1,2. In base alla legge esistente per chi ha un riconoscimento di esposizione all'amianto superiore ai 10 anni, ha il diritto a 6 mesi di anzianità in più per ogni anno di esposizione (12 anni producono 18 anni di anzianità). Secondo la proposta avanzata dal sottosegretario al welfare, Alberto Brambilla, con 12 anni si dovrebbero produrre solo 15 di anzianità. Ma gli operai non ci stanno e annunciano battaglia. Già a novembre il governo voleva far passare il provvedimento nella finanziaria 2001 con l'aggravante che chi non era in possesso dell'attestato di riconoscimento dell'esposizione all'amianto entro il 28 novembre non maturava nessun diritto. In seguito alle numerose proteste e manifestazioni il governo aveva desistito e si era raggiunto l'accordo: sarebbe stato presentato un disegno di legge da discutere in commissione lavoro. Nel ddl però il provvedimento è rimasto invariato. Da qui la protesta di Taranto, che conta il 30% delle domande di prepensionamento per esposizione all'amianto a livello nazionale. I lavoratori dell'Ilva e della Bellini si sono dati appuntamento al ponte girevole, da cui è partito un corteo che ha presidiato la prefettura. I contenziosi sulla questione dell'amianto dall'avvio della legge in materia, che risale al '92: il problema ha riguardato 3.796 imprese e 110.220 lavoratori. Attualmente solo a 38.143 - di cui 4.265 lavoratori solo all'Ilva di Taranto - l'Inail ha certificato l'esposizione all'amianto mentre per oltre 64mila la richiesta al momento è stata respinta. 

BANCARI: PROSEGUE L'AGITAZIONE CONTRO GLI STRAORDINARI 

A 6 giorni dall'ingresso della nuova moneta, nella fase in cui il changeover cominciava a prendere velocità, un'improvvisa battuta d'arresto agli sportelli: i circa 90 mila bancari italiani hanno deciso di scioperare per il rinnovo del contratto e il sovraccarico di lavoro legato all'euro. Allo sciopero, secondo i sindacati, avrebbe aderito circa il 90% del personale e 9 sportelli su 10 sarebbero rimasti chiusi. L'Abi aveva detto no ad accordi su un adeguamento della forza lavoro nel periodo del changeover con assunzioni a termine e straordinari. "C'è stata una pressione esagerata sui lavoratori", dice il segretario della Fiba Cisl, Eligio Boni. "Ci voleva per questo periodo un potenziamento dell'organico che non c'è stato". E non è soltanto il troppo lavoro, eseguito con le forze di sempre, che ha messo in moto le proteste, ma anche il rinnovo del contratto, scaduto il 31 dicembre scorso. Per il nuovo contratto i bancari chiedono un aumento di circa il 5,8% comprensivo del 2,9% di inflazione programmata per i prossimi due anni e del 2,9% di divario tra inflazione reale e programmata nel biennio 2000-2001 (una cifra che dovrebbe valere in media 270 mila lire mensili). Le agitazioni continuano da oggi con il blocco degli straordinari 

TRASPORTI IN SCIOPERO 

Gennaio sarà un mese denso di scioperi per il settore dei trasporti. L'8 tocca agli uomini radar e ai dipendenti dell'Enav per protestare contro il vertice aziendale che continua a penalizzare i servizi operativi a totale discapito del buon funzionamento dell'assistenza al volo. I sindacati hanno ribadito la legittimità dello sciopero nazionale in contrasto con quanto affermato della commissione di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali che aveva chiesto alle organizzazioni dei lavoratori di revocare la protesta. 

PALERMO: DISOCCUPATO SI DA' FUOCO 

Un disoccupato di 39 anni si è dato fuoco a Palermo non lontano dalla stazione centrale. L'uomo si è prima cosparso di benzina e poi ha acceso un fiammifero. I soccorsi sono arrivati tempestivamente riuscendo a spegnere le fiamme e a condurlo all'ospedale civico. L'uomo in stato di shock ha riportato ustioni alle mani e al collo. 

LECCE: CASSAINTEGRAZIONE ALLA FIAT 

Cinquecento operai della Fiat Itac, che produce escavatori, a partire da oggi resteranno a casa per due settimane. La decisione secondo i dirigenti dell'azienda è stata presa per far fronte alla crisi del settore, ma i lavoratori chiedono una verifica sulla situazione reale della società. Per febbraio, infatti sono state preannunciate altre due settimane di cassintegrazione.
 

9 gennaio 2002 

SCIOPERO DEI CONTROLLORI DI VOLO 

Gli uomini radar hanno scioperato in massa contro l'attuale gestione dell'Enav, l'ente nazionale di assistenza al volo. Quattro ore di fermo, dalle 12 alle 16, che hanno causato la cancellazione e il ritardo di numerosi voli, mentre scali come Malpensa e Linate erano quasi deserti. L'adesione allo sciopero, secondo i sindacati, è stata di oltre il 90% dei controllori di volo. La stessa Enav spa ha dovuto ammettere che l'80% dei propri dipendenti non si è presentata al lavoro per protesta. Anpcat, Fit Cisl, Uiltrasporti, Cila-Av, Licta, Cisal, Ugl e Assivolo quadri hanno indetto lo sciopero anche per spingere il governo a risolvere l'attuale crisi dei servizi di assistenza al volo, che minacciano di essere "polverizzati". L'Enav anziché puntare alla qualità del servizio e alla tutela dei dipendenti, si sta dividendo al suo interno a causa di lotte per gestire il ricco portafoglio, con nomine di molti dirigenti assolutamente ingiustificate. Il bilancio dell'Enav è in effetti (almeno potenzialmente) una cassa che fa gola a molti, dato che, secondo i sindacati, sarebbe presto in arrivo un'iniezione di circa 1200 miliardi da parte dello stato per progetti vari. In più, a Fiumicino, come a Malpensa e Linate, si sta scatenando la battaglia per la gestione del servizio di controllo aeroportuale. Infatti, quello che fa oggi l'Enav, ossia controllare la sicurezza dei nostri voli, proviene da un contratto in esclusiva con il ministero dei trasporti (prima lo stesso Enav era pubblico, adesso è una spa). Ma Aeroporti di Roma, Sea e altri gestori aeroportuali privati vorrebbero mettere le mani su queste gestioni, declassando così l'Enav a un semplice subappaltante. Un disegno di legge che avrebbe in mente l'attuale maggioranza prevedrebbe appunto una concessione quarantennale dei servizi di controllo e sicurezza a gestori privati. I quali, poi, non avendo da parte loro il personale e il know how per gestire i servizi stessi, li appalterebbero a loro volta all'Enav e (perché no) a nuovi soggetti che potrebbero venire fuori. Una minaccia non soltanto alla stabilità dei livelli occupazionali, ma anche alla qualità e alla sicurezza. Elementi che non possono essere trascurati, soprattutto dopo il tragico incidente di Linate dell'anno scorso. I dipendenti dell'Enav sono circa 3500, di cui 2600 operativi sul controllo aereo. E circa 1600 sono i veri e propri uomini radar, che operano principalmente nei quattro centri di controllo di Ciampino, Milano, Padova e Brindisi. L'annunciata riforma degli enti di volo, che punta a unificare sotto un unico ente di controllo tutto il sistema della sicurezza, sarebbe di per sé una cosa buona, ma certo meno buona appare l'ipotesi di affidare la stessa nostra sicurezza a una serie infinita di scatole cinesi di appalti e subappalti.

PIGNONE: GENERAL ELECTRICS NON RIASSUME I LICENZIATI

General Electric non si ferma neppure di fronte alle ordinanze del tribunale del lavoro. Sono stati nuovamente licenziati 13 dei 14 operai del Nuovo Pignone che avevano dato vita al "comitato cassintegrati". Dopo essere stati inseriti per la seconda volta consecutiva nella periodica lista degli esuberi, i dipendenti erano ricorsi alla magistratura. Lamentavano il mancato funzionamento dell'outplacement, cui avevano diritto in base ad un accordo fra Ge e sindacati. In attesa della decisione di merito nell'agosto scorso i giudici avevano disposto il temporaneo reintegro. Tutto inutile: per loro i cancelli del Nuovo Pignone sono rimasti sbarrati. E dal 29 dicembre i tredici sono stati messi ancora una volta in mobilità. Mentre il quattordicesimo, Quintilio Cherubini, è già ricorso con successo. La Provincia di Firenze aveva cercato una mediazione. Ma una volta convocate le parti, la direzione del Nuovo Pignone ha ribadito "la necessità di procedere al licenziamento di tredici unità". Tutto questo in un'azienda con utili annui di centinaia e centinaia di miliardi, quasi duemila dipendenti, e un flusso piccolo ma costante di assunzioni e corsi di formazione. Di fronte a quella che ormai Ge sembra considerare una questione di principio, la Rsu del Pignone ed i sindacati confederali hanno messo a verbale "di non condividere la decisione aziendale di procedere al licenziamento di ulteriori tredici unità".

GENERAL MOTORS TAGLIA 5000 POSTI DI LAVORO

Durante il Salone internazionale dell'auto di Detroit un portavoce della General Motors ha dichiarato che il gruppo inaugurerà nel 2002 il programma di tagli al personale. Ai colletti bianchi impiegati nelle attività nordamericane del colosso automobilistico con più di 50 anni sarà "proposto" il prepensionamento. Il mercato comanda e agli impiegati non resta che un "buono uscita". Nel 2001 la compagnia di Detroit aveva già tagliato il numero degli impiegati del 12%. Per quest'anno si parla di un ulteriore 10%, per un totale di circa 5.000 dipendenti.

MORTO IN CANTIERE

Un giovane operaio di appena 17 anni, Savino Capacchione, è morto L'8 gennaio mentre era al lavoro in un cantiere navale di Margherita di Savoia (Fg). Il ragazzo stava lavorando alla chiglia di un peschereccio che improvvisamente si è rovesciato schiacciandolo. A nulla sono valsi i soccorsi degli altri operai, il ragazzo è morto durante il trasporto al vicino ospedale di Barletta.

EX UNITA' EDITRICE

L'assemblea dei redattori dell'Unità ha dato mandato ai legali del Sindacato dei giornalisti di predisporre le istanze di fallimento dell'Unità editrice multimediale (editrice della vecchia Unità). La società aveva violato gli accordi sindacali e non pagando gli ultimi stipendi ai lavoratori cassaintegrati, ai dimissionari e ai redattori passati alle dipendenze del nuovo editore dell'Unità.

ENICHEM: MINISTERO PARTE CIVILE

Il ministero dell'ambiente si costituisce parte civile nel processo per la morte di 17 operai all'Enichem di Manfredonia. L'ha annunciato ieri il titolare del dicastero dell'ambiente Altero Matteoli: "Saremo sempre presenti nei processi contro le industrie che con il loro carico di veleni nel corso degli anni hanno messo a rischio la salute degli italiani". Il veleno, in questo caso, è l'arsenico. Imputati per omicidio colposo plurimo, disastro e lesioni colpose 12 dirigenti dell'ex Enichem. Nell'udienza di oggi il gup di Foggia, Maria Rita Mancini, decide sulle costituzioni di parte civile (la richiesta è già stata avanzata, oltre che dagli enti locali, da alcune associazioni ambientaliste). L'inchiesta è partita dalla denuncia di un ex operaio, Nicola Lo Vecchio, poi deceduto nel '97 per tumore ai polmoni. Nel '76 all'Enichem di Manfredonia un incidente a una torre di lavorazione causò la fuoriuscita di 10 tonnellate di arsenico. Secondo l'accusa, l'azienda non ha provveduto correttamente alla bonifica e i lavoratori esposti all'arsenico per anni hanno contratto tumori alla vescica e alle vie respiratorie.
 

10 gennaio 2002


 DISOCCUPAZIONE IN GERMANIA

In Germania il numero dei senza lavoro è aumentato per il dodicesimo mese consecutivo, salendo a dicembre a quota 3.963.500; 174.600 persone in più rispetto a novembre. Lo ha reso noto l'Ufficio federale di statistica: il tasso è passato al 9,6% contro il 9,2% del mese scorso. Si tratta dell'aumento maggiore registrato a dicembre da tre anni. Secondo i calcoli degli analisti nei prossimi mesi la soglia dei 4 milioni potrebbe essere ampiamente superata. Per Andreas Scheuerle, un economista della Dgz DekaBank, "il picco di disoccupazione sarà raggiunto a metà del 2002, con un aggiustamento stagionale di 4,1 milioni; ovvero del 9,8%". Nel dicembre del '97 i disoccupati erano 4,5 milioni, mentre nel '98 erano 4,2. La situazione economica del paese non è delle più rosee. Il governo tedesco starebbe per annunciare una nuova revisione al ribasso delle stime di crescita per il 2002. I dati saranno ufficializzati nel rapporto economico annuale a fine gennaio, ma molte voci sembrano confermare che il Pil quest'anno potrebbe non salire oltre lo 0,75% (contro la previsione dell'1,25%). Lo scenario occupazionale del paese inoltre è critico, e ha subito un ulteriore peggioramento negli ultimi mesi con i ridimensionamenti operati da molte aziende, tra cui SGL Carbon e Deutsche Bank. Quest'ultima ha di recente annunciato che taglierà altri 2100 posti di lavoro, dopo i 7100 "esuberi" del 2001.

MORIRE SUL LAVORO

Un operaio è morto a Cagliari cadendo da un'altezza di 10 metri all'interno della caserma militare Buoncammino dove stava svolgendo un lavoro edile. Si chiamava Enrico Gerina e aveva 61 anni. A Milano, sempre ieri, è morto un geometra che stava seguendo i lavori edili in uno stabile. L'uomo sarebbe precipitato da un lucernario.

DISOCCUPAZIONE NEGLI USA

"Qualcuno dovrà andarsene. Tornate alle vostre scrivanie e aspettate. Quelli che saranno licenziati, riceveranno una telefonata". Così i dirigenti di una Internet start-up di Marina del Rey (California) comunicano in un giorno di fine primavera del 2001 a Melanie Terrell e ad altri 50 dipendenti che per molti la corsa sarebbe finita lì. Melanie, 40 anni, da appena 10 mesi responsabile del servizio clienti, riceve la telefonata pochi minuti dopo, entrando così di colpo e inaspettatamente nelle fila di quel milione e più di americani licenziati nel corso di quest'anno, ultimi arrivati di un esercito che conta oggi negli Stati uniti 8,2 milioni di senza lavoro. Il quotidiano americano Usa Today del 13 dicembre 2001 ha seguito per cinque mesi le vite di tre licenziati middle-class durante una esperienza, diversa per luoghi e lavori, ma simile nelle tappe: i risparmi che sfumano, i prestiti, la ricerca ansiosa di un nuovo lavoro, le lacrime ingoiate durante colloqui umilianti, porte che sembravano aprirsi chiuse in faccia all'improvviso, la paura (soprattutto dopo l'11 settembre) che la situazione sarebbe stata assai più dura. Per tutti, alla fine, un nuovo lavoro, meno qualificato e remunerato. Per la Tarrel il lavoro infine arriva a novembre, nel settore rapporti con la clientela per una società di alta tecnologia e telecomunicazioni. Un'occupazione a tempo determinato e lo stipendio assai più basso di quello precedente (30mila dollari l'anno in meno) ma lei si ritiene fortunata. La recessione, iniziata a marzo e peggiorata dopo l'11 settembre, ha devastato la vita di tanta gente: giovani appena laureati incapaci di trovare un lavoro all'altezza della loro preparazione e dunque neppure in grado di pagare l'affitto della loro prima casa; pensionati che vedono i loro redditi ridursi; immigrati che diminuiscono l'invio dei soldi a casa o stringono la cinghia; un numero crescente di esponenti della middle class che, avendo perso il lavoro o i benefits o gli aumenti, rivedono il loro stile di vita depennando spese di lusso e cene fuori.
 

 
11 gennaio 2002

"L'Argentina è in guerra"
Victor De Gennaro, leader del sindacato di sinistra (Cta) - da il manifesto

Per Victor De Gennaro, sindacalista e segretario generale della Cta, il 2001 è stato un anno tragico - e questo è ovvio, visto lo stato semi-comatoso in cui si dibatte il paese - ma allo stesso tempo anche storico e perfino, da un certo punto di vista, straordinario. "Nel 2001 le mobilitazioni di massa sono state spettacolari, c'è stata l'espulsione di De la Rua dalla presidenza e di Cavallo dall'economia, ma soprattutto si è rotto il meccanismo dell'uso del terrore come strumento di paralisi della gente. Era un meccanismo che durava da 25 anni in Argentina, ma quando in dicembre De la Rua ha imposto lo stato d'assedio la popolazione anziché chiudersi in casa si è riversata nelle strade e nelle piazze, fino alla Plaza de Mayo, sotto la Casa Rosada". Nel '92 lui a altri ruppero con la Confederacion general de los trabajadores, quando la rivoluzione neo-liberale e conservatrice del presidente peronista Menem e dell'uomo per tutte le stagioni Cavallo rese chiaro che non ci poteva più essere alcun collateralismo possibile. La Cta fu riconosciuta tuttavia solo nel '97, grazie anche a una campagna di solidarietà internazionale. Oggi la Cta conta quasi 800 mila iscritti contro i due milioni dichiarati dalla Cgt nella sua doppia veste, quella "oficial" di Rodolfo Daer e quella "disidente" di Hugo Moyano. Che giocano alla parte del blando e del duro ma sono entrambi travolti dall'ondata di discredito e dalle (documentate) accuse di corruzione che hanno travolto tutto l'establishment argentino.
Moyano della Cgt ha una casa comprata per 650 mila dollari... mentre in Argentina oltre alla disoccupazione intorno al 18% che diventa il 40% se si considera la sottoccupazione, il salario medio dei lavoratori è di 550 dollari al mese - ma più della metà dei salariati ne guadagna in realtà meno di 500 a fronte di una soglia di povertà fissata a 490 dollari mensili -, i pensionati prendono in media 350 dollari al mese, l'84% dei posti di lavoro creati nella decade del miracolo economico menemista è stato contrattato in nero con salari medi di 400 pesos al mese, il salario minimo legale è fermo dall'agosto '93 a 200 pesos mensili (o 1 peso l'ora), salari e pensioni sono stati ulteriormente tagliati da De la Rua-Cavallo - sotto la spinta di Usa-Fmi - del 13 e del 20% in nome degli infiniti piani di riaggiustamento e del mitico "deficit zero". Tutti dati validi fino a che un peso valeva un dollaro e che ora che è passata la linea della svalutazione - sempre sotto la spinta di Usa-Fmi -non si sa ancora bene se nei fatti debbano essere tagliati della metà.
La Cta è molto critica nei confronti del programma economico del governo Duhalde: "Finora l'unica cosa che abbiamo visto è la svalutazione, e la svalutazione di per sé non basta - dice De Gennaro -. Forse serve per riassestare la crisi del blocco egemonico e permettere di 'tirare dentro' altri settori produttivi finora esclusi a favore di quelli finanziari, banche e transnazionali dei servizi. Non abbiamo visto invece, perché non c'è, nessuna politica seria per cambiare il modello economico e quello di una ridistribuzione meno iniqua dei redditi. E niente per la democratizzazione reale del paese e risolvere la spaventosa crisi di rappresentatività". De Gennaro ha un passato peronista, come quasi tutti i sindacalisti argentini. "Politicamente sono stato peronista fino al '90", ma poi, dopo che Menem, appena arrivato alla Casa Rosada, concesse l'indulto ai militari genocidi e si tuffò nel neo-liberalismo selvaggio, è uscito dal Giustizialismo e dalla Cgt, è rimasto senza partito e ha fondato un nuovo sindacato. Democratico e non corporativo, autonomo e non più collaterale, molto attento ai nuovi soggetti deboli indotti dalla libertà di mercato e dalla globalizzazione - i disoccupati, i marginali, i nuovi poveri, gli immigrati clandestini o "extracomunitari" che in Argentina sono i boliviani, i paraguayani, gli ecuadoregni -, non più disponibile a fare sconti di alcun genere al governo peronista così come non li ha fatti - a suon di scioperi generali - al precedente governo "di centro-sinistra" dell'Alianza De la Rua-Frepaso.
"Un solo dato: si calcola che a maneggiare e usare la massa finanziaria in circolazione in Argentina siano all'incirca 5 milioni e mezzo di persone o gruppi. Bene, di quei 5.5 milioni, 1.220 persone o gruppi da soli hanno usufruito del 48% della massa circolante e fra i primi cento debitori delle banche che adesso piangono miseria e dicono di non avere più i soldi dei risparmiatori da restituire, ci sono tutti i grandi nomi del gotha finanziario dell'Argentina menemista, a cominciare dalle transnazionali che si sono accaparrate i servizi pubblici privatizzati. Qui da noi la concentrazione della ricchezza è qualcosa di inimmaginabile, monumentale". [...]
Di una cosa è certo tuttavia, "che il neoliberalismo ha già perso la battaglia sul piano culturale e del consenso". Per questo il 2001 argentino è stato insieme tragico e straordinario. Per il resto bisogna procedere passo per passo: come battersi contro la fame ("in un paese come questo la fame bisognava inventarla perché ci fosse, ed è quello che ha fatto la classe dominante") e per un "salario sociale" a ogni famiglia (che "dia uno choc alla scandalosa distribuzione del reddito").

 CONTRO IL MINISTRO MARONI

Il ministro Maroni è stato chiarissimo nel rompere ogni ulteriore trattativa, eppure i sindacati anche se reagiscono non rompono formalmente la trattativa. Continueranno la manfrina degli incontri tecnici? O a chiedere a questo governo - come nel documento di Cgil, Cisl, Uil per l'assemblea dei delegati del sud di sabato a Palermo - l'avvio di "un tavolo di concertazione per il mezzogiorno"? Il rischio che, come avviene per il centrosinistra, anche nei sindacati ci siano troppi che ancora si cullano nella residua speranza di una fase di emergenza, una "nottata" da passare, è un rischio ancora presente. I metalmeccanici della Fiom sono stati i primi a rispondere. Il segretario piemontese Giorgio Cremaschi insiste che "occorre rompere il confronto anche formalmente e andare rapidamente allo sciopero generale". E, rivolto "all'opposizione parlamentare", chiede "l'ostruzionismo per impedire la ratifica delle deleghe". Zipponi dice: "A questo punto, nelle 4 ore di sciopero generale delle principali regioni il 29 gennaio, chi parlerà dovrà dire se questo è l'inizio di una fase di scioperi generali a sostegno di obiettivi che riguardano milioni di lavoratori, cioè il ritiro delle deleghe su mercato del lavoro, pensioni, fisco, e difesa integrale sui licenziamenti. E' un percorso che presuppone un patto con questi milioni di lavoratori: si va avanti finché non si ottengono i risultati. Ed è evidente che chi ha più rappresentanza ha più responsabilità, quindi la Cgil in primo luogo". Sabattini avverte che al congresso nazionale della Cgil la Fiom chiederà di "estendere lo Statuto dei diritti dei lavoratori anche alle aziende sotto i 15 dipendenti, e la convocazione a marzo di una grande assemblea di 10mila quadri per aprire la fase dello scontro".
 

SCIOPERO IN INDIA

Un intero stato indiano, il Bengala occidentale, si è bloccato ieri per un grosso sciopero che ha interessato almeno 325 mila impiegati di vari settori del mondo del lavoro. La protesta contro il governo "comunista" dello stato è stata organizzata dai socialisti del Suci (Socialist Unity Centre of India) e dall'estrema sinistra del Communist Party of India Liberation (di impostazione marxista-leninista). Ci sono stati anche momenti di tensione e di scontro tra la polizia e alcuni gruppi di manifestanti, mentre le forze dell'ordine hanno ordinato il fermo di almeno 1300 scioperanti. Lo sciopero generale è stato indetto perché il governo ha innalzato nello scorso dicembre le tariffe degli ospedali e dei colleges pubblici di oltre il 30%, mentre il Cesc, l'azienda privata che rifornisce Calcutta di energia elettrica, ha aumentato le sue tariffe del 2,5%. In molte strade della capitale si sono viste soltanto squadre della polizia. "La reazione allo sciopero è stata spontanea", ha commentato Amitabha Chatterjee, portavoce del Suci. "I treni e gli autobus sono in funzione, ma sono quasi completamente vuoti. E la polizia sta eseguendo arresti a caso". Nonostante abbia soltanto due rappresentanti nell' assemblea parlamentare del Bangladesh (che conta in tutto 294 deputati), il partito socialista del Suci ha grande seguito tra la gente. E mentre a Calcutta e in tutto il Bengala occidentale si scioperava contro il governo, anche una provincia del sud dell'India, quella di Kerala, si è bloccata a causa di uno sciopero organizzato contro il governo locale: i dipendenti dell'amministrazione statale hanno incrociato le braccia per l'intera giornata contro il progetto di differire il pagamento dei loro salari.
 

 

12 gennaio 2002
 

GRAN BRETAGNA: BLAIR RINAZIONALIZZA LE FERROVIE

Il ministro dei trasporti Stephen Byers, sostenuto da Downing street, continua a sostenere che l'uscita del ministro per l'Europa Peter Hain ("le ferrovie inglesi sono le peggiori d'Europa perché gli investimenti sono stati tardivi e pochi") è fuorviante ed errata, ma intanto corre ai ripari e batte cassa nella speranza di arrivare alle prossime elezioni con una rete un po' più attrezzata dell'attuale. Il governo, nonostante l'apparente tranquillità con cui ha finora respinto critiche e accuse per l'inarrestabile deterioramento delle ferrovie, ha deciso di correre ai ripari prima che sia troppo tardi. Inoltre Downing street non poteva certo continuare a ignorare le proteste dei sindacati che, ed è la prima volta da anni, hanno organizzato scioperi anche di quarantott'ore consecutive. E siamo solo all'inizio, promettono le Unions. Dopo i due giorni di sciopero (che ha praticamente paralizzato il sudovest) proclamati lo scorso weekend dai dipendenti di South West Trains (una delle decine di compagnie private che gestiscono il servizio ferroviario) i lavoratori hanno incrociato le braccia per altre quarantott'ore, lunedì e martedì scorso. Ieri i sindacati hanno confermato che un nuovo sciopero (anche questo di due giorni) si svolgerà il 24 e 25 gennaio a meno che non ci siano sviluppi positivi durante le trattative con l'azienda, che proseguono. Le Unions hanno anche proposto agli ingegneri in forza a South West Trains di aderire alle prossime azioni dei macchinisti: il voto per aderire o meno allo sciopero è iniziato ieri. I lavoratori della South West Trains stanno protestando per le condizioni salariali e di lavoro. Anche in Scozia i sindacati hanno optato per lo sciopero: nei giorni scorsi i dipendenti di Scot Rail e Arriva Trains Northern si sono fermati spontaneamente, paralizzando le linee ferroviarie principali. Particolarmente colpita la linea Edinburgo-Glasgow. Anche in Scozia le Unions stanno trattando con l'azienda questioni salariali e di condizioni di lavoro: se l'azienda non accetterà le richieste dei lavoratori, i sindacati hanno confermato che nuove astensioni sono previste per il 24 e 25 gennaio e quindi per il 5 e 6 febbraio. La disastrosa realtà delle ferrovie britanniche e la conseguente disaffezione degli utenti è sintetizzabile nella decisione del governo di riprendere il controllo diretto di Railtrack, la compagnia che gestiva la maggiore rete ferroviaria britannica. Una "rinazionalizzazione" di fatto, una scelta quasi obbligata di fronte alla situazione drammatica delle ferrovie: secondo la stessa Railtrack almeno il 10% dei binari e della segnaletica è arrivato o ha già superato i limiti di sicurezza. Almeno il 30% dovrà essere cambiato entro cinque anni. Un rapporto sulla sicurezza conferma "il fallimento continuo" nella manutenzione e nelle ispezioni sistematiche: due aspetti della gestione "leggera" di Railtrack. Quanto poi al servizio fornito dalle venticinque compagnie che gestiscono i treni, le statistiche offrono un quadro desolante. Tra aprile e ottobre 2001 le aziende sono state multate per qualcosa come 42 milioni di sterline per la scarsa qualità del servizio fornito. L'anno scorso, per lo stesso periodo, le multe erano state di 6 milioni di sterline.

 FICOMIRRORS

"Di sicuro i macchinari fuori di qui non li portano. O ci danno la cassa integrazione oppure da qui non ci muoviamo". Con queste parole, dette con voce tremante per il freddo, un operaio della Ficomirrors ha chiuso l'assemblea spontanea tenutasi in fabbrica ieri pomeriggio, dopo l'annuncio della rottura della trattativa sindacale in corso. L'assemblea si è tenuta davanti ai cancelli dell'azienda specializzata nella realizzazione di specchietti retrovisori con sede a Venaria, città della prima cintura torinese. Poche ore prima, infatti, la proprietà della Ficomirrors, al termine di una riunione svoltasi presso la Regione Piemonte, aveva rifiutato di siglare un accordo che, grazie alla realizzazione di un piano di ricollocazione e alla partenza di un anno di cassa integrazione, avrebbe consentito di salvaguardare la possibilità per i lavoratori di avere una nuova opportunità occupazionale, la conservazione dei diritti acquisiti e l'avvicinarsi della pensione. Sono 211 i dipendenti dell'azienda in procedura di mobilità, i cui termini scadevano alla mezzanotte di ieri, che adesso rischiano il licenziamento. Immediata la scelta dei lavoratori di convocarsi in assemblea straordinaria davanti ai cancelli della fabbrica che dal 31 dicembre scorso, proprio la notte dell'ultimo dell'anno, è presidiata di continuo. Sempre nel pomeriggio di ieri, appena venuti a conoscenza della notizia, sono scesi in sciopero i lavoratori del vicino stabilimento della Magneti Marelli silenziamento. Fino ad otto mesi fa anche questa fabbrica faceva parte del gruppo Fiat, come Divisione Specchietti Retrovisori Magneti Marelli. Si tratta di un settore non in crisi. L'azienda è stata venduta al gruppo Ficosa con sede a Barcellona. Nonostante le importanti promesse fatte all'inizio dal nuovo padrone, ben presto ci si è accorti che la vera intenzione era quella di chiudere i battenti e spostare altrove la produzione. I lavoratori hanno deciso ieri di proseguire l'assemblea permanente per ottenere la cassa integrazione, un provvedimento su cui sia il Ministero del Lavoro sia la Regione Piemonte hanno già dato parere favorevole. Intanto, davanti ai cancelli della fabbrica posta proprio di fronte alla storica Reggia Sabauda di Venaria, i lavoratori anche ieri sera hanno continuato il presidio, combattendo contro il freddo stringente e la disperazione crescente. "Come gli alberi che vediamo qui intorno resistono al freddo, stando fermi, anche noi dobbiamo continuare e non andare a casa". Così un'operaia ha sottolineato la voglia di non mollare sua e di tutti i colleghi. Una capacità di resistenza che, nei prossimi giorni, dovrebbe essere supportata da una manifestazione di solidarietà, organizzata dai sindacati, degli altri lavoratori della zona.

FORD TAGLIA 35.000 POSTI

Dagli Usa l'amministratore delegato William Clay Ford Jr. ha fatto sapere che i licenziamenti, fino a qualche giorno fa a quota 20 mila, saliranno invece fino a 35 mila, 22 mila dei quali soltanto in Nord America. A chiudere saranno in tutto 5 impianti di produzione. Il taglio è una conseguenza del bilancio in rosso (il primo dal 1992) registrato nel 2001: 2,5 miliardi di dollari di perdite. La produzione annua registrerà un taglio altrettanto traumatico, da 5,7 milioni di veicoli a 4,8 milioni. Il piano di ristrutturazione ha il costo di 4,1 miliardi di dollari nel quarto trimestre del 2001, mentre sono stati tagliati anche i dividendi trimestrali, scesi del 10%, da 30 cents per azione a 15 cents.

FIAT: CRISI ARGENTINA

Dodici mila vetture nel 2002, meno della metà di quelle prodotte nel 2001. Un'inezia rispetto alla capacità produttiva dello stabilimento argentino della Fiat, a Cordoba, costruito per sfornare 400 mila automobili l'anno. Questi numeri sono lo specchio della crisi che ha piegato l'Argentina e, insieme, i sogni dei produttori occidentali incantati dal miracolo liberista e dal cambio fisso peso-dollaro. La fabbrica è ferma da mesi e i 1.000 operai sopravvissuti al repulisti della Fiat hanno accettato di restare per sei mesi con uno stipendio dimezzato. Il valore irrealisticamente alto del peso ha ridotto a zero la capacità esportativa dell'Argentina, soprattutto verso il Brasile dove la Fiat ha il suo insediamento principale, dopo quello italiano. Nonostante la ripresa del mercato brasiliano dell'auto e la conquista della poll position da parte della Fiat - che per la prima volta ha scavalcato la Volkswagen - i dipendenti a Betim, nel Minas Gerais, sono scesi da 24 mila a meno di 10 mila.

OCCUPAZIONE IN CALO NELLE GRANDI IMPRESE

Secondo l'Istat, dati riferiti ad ottobre, in un anno sono stati persi 25 mila posti di lavoro. La responsabilità è tutta delle imprese del settore industriale, che hanno registrato una perdita di 28 mila posti, parzialmente confermato da dall'aumento di 3 mila posti registrato nelle imprese dei servizi. Nei primi dieci mesi dell'anno, la variazione media è stata pari a -2,7%, dato che si trasforma in un più pesante -2,9% se si considera la netto dei cassaintegrati.

TRASPORTO AEREO: SCIOPERO RIDOTTO?

Vita dura per i lavoratori in sciopero. Lo sciopero generale aereo del 18 gennaio prossimo è stato "censurato" dalla commissione di garanzia, che chiede che sia ridotto a un massimo di 4 ore, rispetto alle 8 proclamate dai sindacati. In più, aggiunge la commissione, lo sciopero dell'intero settore dei trasporti del 30 gennaio prossimo non dovrà coinvolgere il settore aereo.

MEDICI DEL LAVORO IN PIAZZA

Duecento medici del lavoro hanno protestato ieri in Piazza Montecitorio per difendere la propria professione. Hanno consegnato alle commissioni competenti di Camera e Senato la richiesta di cancellare la norma che estende anche ai medici igienisti a ai medici legali le competenze in materia di sicurezza (art. 1 bis del d.l. 402 del 12 nov. 2001). "Il medico del lavoro ha un titolo riconosciuto in Europa, le altre due specializzazioni no - spiegano i medici del lavoro - e per questa nuova legge l'Italia rischia di finire davanti alla Corte europea. Inoltre, c'è un grave rischio per la salute dei lavoratori, che verranno seguiti da medici non specialisti in materia". Se il governo non interverrà, verrà organizzata una manifestazione nazionale con lavoratori e sindacati, ugualmente interessati al problema.

MCDONALD'S: SCIOPERO

Hanno scioperato il 9 e 10 gennaio i dipendenti del McDonald's di via Bravetta a Roma. Mentre la multinazionale chiede gli hamburger sempre caldi, i ragazzi al bancone e i clienti sono costretti a stare in cappotto per il freddo. Il locale, ricavato da una terrazza chiusa a vetri e coperta da un tendone di plastica, manca infatti di un impianto di riscaldamento. Il licenziatario, nonostante le lamentele, nicchia e rimanda tutto alla company. Che non si muove.

ASSEMBLEA A MILANO DI RSU E SINDACALISMO DI BASE

Con il governo Berlusconi non si tratta; dopo la rottura su fisco, previdenza e mercato del lavoro è ancor più necessario costruire lo sciopero generale a sostegno di una piattaforma che unifichi il mondo del lavoro. E' il succo del documento approvato dall'assemblea nazionale di delegati e delegate delle Rsu tenutasi L'11 a Milano. Circa 500 i partecipanti, non solo come in passato delegati della sinistra Cgil, ma anche del sindacalismo di base (Cobas scuola, Cub, Sin.Cobas). E' stata proposta da Piero Bernocchi della conf. Cobas la "generalizzazione dello sciopero del pubblico impiego del 15 febbraio, con manifestazione a Roma da Piazza Esedra a San Giovanni". Proposta fatta propria dall'assemblea che invita lavoratori pubblici e privati, precari, studenti, movimenti antiglobalizzazione all'appuntamento romano. Cremaschi pensa ad azioni dirette non violente, blitz per rendere impraticabile il campo ai ministri "ovunque vadano".

13 gennaio 2002

SCIOPERI

La Puglia apre la serie degli scioperi generali regionali, dopo l'assemblea di Palermo, dove i leader sindacali hanno promesso rose per il futuro del Sud, incalzati dai delegati che chiedono iniziative pressanti e "presenti". Domani nelle province pugliesi presidi davanti alle sedi delle Associazioni industriali, a Foggia manifestazione in piazza Vittorio veneto con il segretario nazionale Uil Lotito. Il 25 gennaio scendono in sciopero generale tutte le categorie di lavoratori in Friuli Venezia Giulia, Marche, Abruzzo, Calabria, Sardegna. Mentre Lazio e Umbria hanno fissato gli scioperi generali per il 31 gennaio e il 1 febbraio si fermeranno Trentino Alto Adige, Liguria, Veneto e Molise. Il 29 gennaio è il giorno in cui si fermano tutte le fabbriche del centronord negli scioperi generali di Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Basilicata, Campania Gli scioperi nazionali di categoria vedono fermarsi il 30 gennaio tutti i trasporti (tranne quelli locali) dalle 10 alle 14. Mentre il 15 febbraio il mese di lotta contro i provvedimenti del governo su pensioni e lavoro, per i contratti, riunisce a Roma in piazza San Giovanni la manifestazione nazionale del pubblico impiego e della scuola in sciopero per 8 ore.

 MICRON DI AVEZZANO

"Chiediamo la permanenza (per almeno 10 anni) dell'attuale organizzazione del lavoro (12 ore e 4 squadre) per garantire gli investimenti nel sito produttivo di Avezzano": è quanto richiesto alcuni giorni dalla direzione della Micron. Da sottolineare l'espressione "almeno per 10 anni": in fondo il Celeste impero concesse alla Gran Bretagna Hong Kong per molto più tempo. L'incontro era stato convocato dall'azienda. Il sindacato di fabbrica e quelli di categoria che volevano aprire la discussione sulla piattaforma integrativa hanno fatto presente a Micron che la posizione aziendale è pretestuosa: l'organizzazione del lavoro richiesta è operante e nessuno l'ha disdetta. Il sindacato ha pertanto proposto di aprire la trattativa "proprio per andare incontro alla richiesta aziendale", cioè proprio per discutere del rapporto tra organizzazione del lavoro nello stabilimento e piano industriale, ma il management Micron ha giudicato insufficiente la disponibilità sindacale a trattare ed ha comunicato "che deciderà unilateralmente il percorso da seguire". Da parte loro Rsu e organizzazioni sindacali hanno annunciato l'intento di aprire il confronto sulla piattaforma integrativa elaborata unitariamente: presenteranno entro due settimane il documento di contrattazione di secondo livello ai lavoratori e all'azienda. Dietro la cronaca, e senza grandi sforzi di fantasia, appare chiaro che la direzione della Micron con il suo annuncio della decisione unilaterale del percorso da seguire vuole instaurare un clima di ordine. Peraltro è ovvio chiedersi - dal momento che il ccnl di una categoria viene firmato a livello centrale - quale sia la ragione di esistenza di sindacati territoriali e delle rappresentanze sindacali di fabbrica elette.

OCEAN: FABBRICHE A RISCHIO

E' iniziata il settembre scorso, quando il consiglio d'amministrazione di Moulinex-Brandt, a seguito di una guerra tra azionisti, ha depositato i libri contabili presso il tribunale di Nanterre, la crisi del terzo gruppo europeo del settore elettrodomestici: 21 mila dipendenti, di cui 1300 nei due stabilimenti italiani di Brescia e La Spezia. I commissari francesi hanno già venduto le attività dei piccoli elettrodomestici "salvando" solo 3.600 posti di lavoro su 8.800. Ora sono chiamati a cedere le attività di Brandt - circa 14 mila dipendenti di cui 5.400 in Francia. Più si approfondisce la vicenda economico-giudiziaria del gruppo Brandt, e più ci si rende conto che attorno ad essa si sta ridisegnando la distribuzione delle quote di mercato, e delle produzioni del settore degli elettrodomestici, che rischia di produrre ricadute devastanti sull'industria italiana, con pesanti tagli occupazionali.

ECUADOR: SCONTRI CONTRO IL CARO BENZINA

Uno studente ecuadoriano di 16 anni è morto durante una manifestazione contro l'aumento del prezzo del carburante a Cuenca, 340 chilometri a sud della capitale Quito. Il ragazzo, Damian Pena Bonilla, è stato ucciso da un colpo di pistola davanti all'università, dove un autobus era stato dato alle fiamme dai dimostranti che protestavano contro l'impennata dei costi della benzina, che provocano aumenti dei prezzi al dettaglio pagati dalle classi povere. La polizia, che aveva lanciato lacrimogeni sulla folla, ha confermato la morte di Pena Bonilla, senza chiarirne le cause.

15 gennaio 2002 

FRANCIA: DIRITTO A LICENZIARE 

Il Consiglio costituzionale francese ha "censurato" la parte della legge sulla modernizzazione sociale che riguarda la regolazione dei licenziamenti. In nome della difesa del principio della "libertà di impresa", sarebbero anti-costituzionali le norme che limitano i licenziamenti solo a tre casi: quando le difficoltà economiche dell'impresa non possono essere sormontate diversamente, quando delle mutazioni tecnologiche mettono in causa l'esistenza stessa dell'impresa e quando è necessaria una riorganizzazione in mancaza della quale l'impresa farebbe fallimento. Questa parte della legge, approvata a dicembre dal parlamento, era stata voluta dal Partito comunista e Lionel Jospin l'aveva imposta ai socialisti in maggioranza scettici. Contro la limitazione dei licenziamenti si erano scatenati da un lato la destra, che ha promesso di abolire tutta la legge sulla modernizzazione sociale se vincerà le elezioni, e dall'altro il Medef, la Confindustria francese. Il Pcf aveva lottato per introdurre le norme sulla limitazione dei licenziamenti, dopo che la Francia era rimasta scossa dai metodi adottati dalla Moulinex e da Mark & Spencer, cioè liceziamenti di massa e decisione di chiusura sotto la pressione della Borsa. Le reazioni sindacali sono più tiepide. La destra esulta, il padronato sottolinea che il Consiglio costituzionale ha già "censurato" otto volte il governo e sempre lo ha fatto su leggi "sociali" (la penultima censura riguarda, per esempio, il finanziamento delle 35 ore, mentre in precedenza erano state nel mirino dei saggi alcune parti delle leggi Aubry, sia quella contro l'esclusione che quella sulla riduzione del tempo di lavoro). Breve considerazione: la Francia è un paese all'avanguardia quanto a legislazione sociale, nonchè per combattività nelle rivendicazioni; eppure il padronato ha ancora buon gioco a sopprimere diritti elementari. Come si può pensare, da noi, che la richiesta di "reddito di cittadinanza" o simili possa trovare audience in un governo (visto che di richiesta si tratta)? 

DUCATI: ASSUNZIONE DEGLI INTERINALI 

L'opposizione paga più della concertazione. Il piccolo ma significativo successo alla Ducati di Bologna sembra esserne una dimostrazione. La Fiom era dovuta ricorrere - da sola - alle vie legali. Il 16 gennaio dell'anno scorso i tre sindacati confederali avevano raggiunto con l'azienda un accordo per l'assunzione in pianta stabile dei lavoratori interinali, che in alcuni casi avevano lavorato anche per due anni di seguito all'interno dello stabilimento bolognese. A fine contratto, invece, la Ducati aveva pensato bene di liberarsene, senza alcuna spiegazione o motivazione, licenziandoli (o "non rinnovando il contratto"). Scattava perciò la denuncia per violazione dell'art.28 dello Statuto dei lavoratori - comportamento antisindacale per violazione degli accordi in essere. Venerdì scorso, nella sede del tribunale, l'azienda si piegava a un nuovo accordo: riassunzione, in tempi scaglionati, di tutti i lavoratori interinali che si erano rivolti alla Fiom; e rafforzamento degli obblighi assunti dall'azienda un anno fa. Così anche una certa idea paralizzante di "unità sindacale" esce ridimensionata da episodi come questo. 

MICRON: ROTTA "L'UNITA'" SINDACALE 

Alla Micron di Avezzano si è arrivati alla rottura da parte della Uilm - un sindacato che in fabbrica conta una ventina di iscritti - sull'integrativo. In precedenza la Uilm aveva siglato con le altre organizzazioni e con la Rsu una presa di posizione critica verso il management aziendale. Comunque, scartata l'idea che la Uilm possa aprire una trattativa "per arrivare a un accordo da sottoscrivere unitariamente" - il che significherebbe che un sindacatino riapre il negoziato e gli altri mettono la firma su un accordo in cui è scritto che almeno per altri 10 anni non si fanno accordi sull'organizzazione del lavoro, che deve restare quella attuale imperniata sui turni di 12 ore su 4 squadre - resta l'affermazione "o, in caso di non condivisione, come singola organizzazione". "In un momento particolare (...) - ha dichiarato il responsabile locale della Uilm - occorre guardare agli interessi dei lavoratori e a quelli di chi ancora non è entrato nel ciclo produttivo". La Uilm si dice preoccupata degli "interessi dei lavoratori" e di quelli dei giovani disoccupati. Un sindacato generale, un sindacato politico, che prima firma una cosa e poi ne dice un'altra. Sergio Galbiati, plant manager del megastabilimento di Avezzano, dice di essere "profondamente deluso. Solo la Uil ha dimostrato di aver compreso il ruolo del sindacato". Prima s'era illuso, il manager? Ecco, ora le cose sono meritoriamente più chiare: quali siano il ruolo e la linea politica del sindacato deve essere l'azienda a dirlo, e per fortuna trova un interlocutore. 

OCEAN SAN GIORGIO 

Più di 200 dipendenti della Ocean San Giorgio, l'azienda spezzina in amministrazione controllata, hanno dato vita ieri ad una manifestazione di protesta davanti alla fabbrica. Oggi gli operai della San Giorgio, da un mese in cassa integrazione, si recheranno a Genova con cinque pullman e attueranno un sit-in sotto il Palazzo di via Fieschi, sede della Regione. TELECOM Il sindacato di base Flmu-cub ha indetto per oggi lo sciopero di un'ora a fine turno per tutti i lavoratori Telecom di Firenze. La protesta è stata decisa contro l'aumento dei ritmi di lavoro. 

ENERGIA ELETTRICA 

L'energia elettrica italiana è tra le più care d'Europa. Lo indica uno studio pubblicato dall'Ufficio statistico dell'Ue (Eurostat), condotto prendendo in esame 30 aree di fornitura all'interno dei quindici Stati membri, più alcune regioni tedesche e francesi. La bolletta degli italiani si conferma una delle più "salate", ed i consumatori tricolori sono - dopo i danesi - quelli che pagano di più per il consumo annuo di elettricità ad uso domestico per le categorie di consumo comprese tra i 1.200 ed i 7.500 kilowatt/ora. Per quanto riguarda l'energia elettrica per le industrie la situazione è più rosea, e la ricerca di Eurostat evidenzia una tendenza generalizzata verso il calo dei costi, soprattutto per le categorie di consumo annuo che vanno dai dieci ai settanta milioni di kilowatt/ora

 16 gennaio 2002 

CINA: MINIERE MORTALI 

Una miniera cinese che esplode facendo decine di morti è una storia sempre più comune, un evento pressoché quotidiano, come dimostra l'ultima serie di incidenti. Tre, in luoghi diversi, da domenica a lunedì, che hanno ucciso 50 minatori. L'ultimo nella contea di Wenshan (Yunnan) dove 25 lavoratori sono morti e 10 sono rimasti feriti per un'esplosione di gas in una delle migliaia di miniere illegali che in Cina operano senza licenza. Poche ore prima, stavolta nella provincia dell'Hunan, 18 minatori morivano di colpo, soffocati dal gas che aveva invaso il condotto dove stavano scavando, in una miniera di stato perfettamente legale. Il giorno prima, domenica, nel Jianxi, era toccato a sette lavoratori, uccisi da un'esplosione. La miniera, illegale, era stata chiusa e riaperta clandestinamente da poco. Nel settore minerario della Cina, come ricorda il China Labour Bulletin, si produce un terzo del carbone mondiale ma la percentuale di incidenti fatali è l'80% del totale di morti in miniera registrato in tutto il mondo: 11 volte più alte che in Russia, 15 volte quelle dell'India, 182 volte il numero registrato negli Stati uniti. Quante siano davvero ogni anno le vittime degli incidenti in miniera resta un mistero. Nei primi anni '80, questo tipo di statistiche era un segreto di stato. Oggi vengono diffuse cifre ufficiali, ma si ritiene che siano largamente sottostimate, almeno del 100%. Comunque, dando mostra di una capacità di dettaglio che vorrebbe suggerire precisione, le statistiche ufficiali dicevano che nei primi dieci mesi del 2001 erano morte nel settore minerario 4.547 persone in 2.378 incidenti. Ma il bilancio reale, dicono le fonti alternative, non è meno del doppio. E' prassi consolidata che i proprietari delle miniere, soprattutto quelle più piccole e più letali (il più delle volte illegali), diano ai parenti delle vittime una sorta di compenso (dai 15mila ai 20mila renminbi, cioè dai 3 ai quattro milioni di lire) purché tengano la bocca chiusa. Considerato che l'alternativa sarebbe non avere nulla, quando la morte fa venir meno un lavoro necessario alle famiglie per sopravvivere, si comprende come molti accettino. Nel giugno dell'anno scorso, dopo una serie di incidenti particolarmente gravi e letali (dall'1 aprile al 16 maggio in 62 incidenti erano morti 503 minatori), il Consiglio di stato emise un circolare che imponeva la chiusura di tutte le miniere più piccole fino alla fine di settembre affinché fossero sottoposte ad ispezioni. L'aumento dei prezzi del fossile induce alla spregiudicatezza. La corruzione alimenta la complicità delle autorità locali. Anche se nelle ultime disposizioni, il governo centrale ha cominciato ad arrestare i funzionari locali, governatori inclusi, come responsabili delle condizioni di lavoro al di sotto degli standard minimi di sicurezza. Ma è assai dubbio che l'ordine governativo venga osservato. Ad esempio, come riportato dal China News Service il 22 novembre dello scorso anno, i responsabili della miniera di Tianlong, nello Shanxi, dove morirono 48 minatori in un colpo solo, sono ancora tutti al loro posto. 

CONGO: MORTE IN MINIERA 

Trenta minatori sono morti quando una miniera è crollata la settimana scorsa nella parte orientale della Repubblica democratica del Congo controllata dai ribelli. Lo riferiscono fonti ufficiali. L'incidente è avvenuto il 7-8 gennaio scorso nel distretto di Masisi, nella provincia del Kivu settentrionale, territorio a 50 chilometri a nord-ovest di Goma, sul confine ruandese. Il bilancio approssimativo dei morti è stato diffuso da Jean-Pierre Lola-Kisanga, portavoce del gruppo di ribelli che controlla la zona. L'incertezza deriva dal fatto che non si sa il numero di quanti fossero effettivamente al lavoro in quel momento ma è sicuro che nessuno avrebbe potuto salvarsi. Da quel sito minerario si estrae coltan, mistura di colombite e tantalite color grigio-acciao. Un metallo lucente e assai prezioso in quanto viene utilizzato nei telefoni cellulari, nei filamenti delle lampadine e per costruire parti di un reattore nucleare. Nel Congo orientale si trova l'80% di riserve di questo particolare metallo. I profitti provenienti dalla sua estrazione servono ora a finanziarie l'attività dei ribelli della regione. L'incidente mortale del 7 gennaio non è certo il primo. Almeno 70 persone sono rimaste uccise nel marzo dello scorso anno quando un'altra miniera di coltan è crollata. La strategicità del materiale e la sua concentrazione nell'area contribuisce a spiegare ulteriormente (qualora ve ne fosse ancora bisogno) la lunga e sanguinosa guerra in corso da tre anni in questa tormentata parte dell'Africa. 

MOULINEX 

Sarà il gruppo israeliano Elco ad acquisire la Brandt in Francia, in joint venture con la spagnola Fagor (che entra al 10% nel capitale). Il tribunale di Nanterre ha deciso di affidare le sorti del leader francese degli elettrodomestici bianchi (quinto in Europa) al conglomerato israeliano per una ragione: il progetto della Elco mantiene il 78% dell'occupazione nelle sette fabbriche francesi della Brandt (5344 dipendenti). Il governo ha assicurato che "veglierà alla riqualificazione" dei lavoratori che perderanno il lavoro. In Francia, il progetto della Elco aveva il favore dei sindacati, anche se ieri il giudizio era contrastato: in alcuni siti è stata espressa preoccupazione per i cambiamenti previsti dalla Elco, che prevede una specializzazione di alcune fabbriche e nuovi progetti. La decisione del tribunale di Nanterre non dispiace alla Fiom di Brescia, che però chiede garanzie sui posti di lavoro in Italia legati al rapporto di fornitura dei prodotti della Ocean (sempre della El.Fi) alla Brandt. A Brescia e a La Spezia, la Ocean occupa 1300 persone. I sette stabilimenti francesi dovrebbero continuare a funzionare, con la parziale eccezione per quello di Lesquin, nel nord vicino a Lilla. La Elco è un gruppo diversificato, che in Israele produce principalmente condizionatori d'aria. La Elco prevede un investimento di 318 milioni di euro per riportare Brandt all'attivo. Ma resta il problema della dimensione critica per un'industria di elettrodomestici che, su scala mondiale, resta un nano rispetto ai coincorrenti. La Brandt se la cava, ma resta l'amaro per la sorte della casa madre Moulinex, con cui si era realizzata una fusione nel 2000. 

CONTRATTI DI APPRENDISTATO 

Secondo l'Isfol i contratti di apprendistato hanno raggiunto nel 2000 quota 435.000, 15.000 in più rispetto all'anno precedente (3,5%). Il settore prevalente di utilizzo di questi giovani resta quello metalmeccanico (15%) ma cresce il numero di coloro che sono impegnati nei nuovi settori. I contratti di apprendistato sono ormai più diffusi di quelli di formazione lavoro e sono aumentati in tutte le aree ad eccezione del Mezzogiorno. Le aziende coinvolte sono 200.000. Resta ancora troppo scarsa comunque la sensibilizzazione sul contenuto formativo del contratto. Il 20% degli apprendisti ignora chi sia il suo tutore (colui che dovrebbe formarlo all'interno dell'azienda, nella maggior parte dei casi lo stesso imprenditore) mentre quattro giovani su 10 non conoscono l'esistenza dei corsi di formazione 

ENRON: LA GRANDE TRUFFA DEI FONDI PENSIONE 

La vicenda mette in evidenza come i tanto decantati strumenti finanziari mettano seriamente a rischio i soldi dei dipendenti. Per molto tempo l'affare Enron popolerà gli incubi dei teorici dell'ultraliberismo. Non solamente per gli squallidi retroscena dell'ennesimo scandalo che vede affari e politica conniventi, con tutto il suo corollario di documenti distrutti e finanziamenti illeciti distribuiti a piene mani. E nemmeno perché, come l'Argentina, la Enron era un "modello" di ultraliberismo, soprattutto dopo l'assalto all'economia virtuale che l'ha trasformata, di fatto, da impresa produttiva in una vera e propria società finanziaria. L'affare Enron è, in realtà, il fallimento della cosiddetta "rivoluzione dei fondi pensione" prospettata, negli anni '50, da Louis Kelso, in un libro furbescamente intitolato The Capitalist Manifesto che prometteva la condivisione del profitto da parte dei lavoratori. Gli analisti economici ortodossi si sono accorti perfettamente del pericolo tanto è vero che si affrettano a buttare acqua sul fuoco. Amity Shlaes, dalle colonne del Financial Times, si sforza di dimostrare che lo spirito "kelsoniano" della suddivisione dei profitti «ha danneggiato migliaia di lavoratori della Enron ma ne ha arricchiti milioni». Nel suo articolo dall'eloquente titolo Non disturbate la rivoluzione della suddivisione del profitto sostiene che il vero problema, alla Enron, è di non essere stati abbastanza kelsoniani. Esattamente come qualcuno sostiene, senza ironia, che la rovina dell'ultraliberista Argentina è stata quella di non essere abbastanza liberista. Se si fossero rispettate le regole, scrive la Shlaes, e gli impiegati costretti a convertire i fondi pensione in azioni fossero stati liberi di giocare in borsa come gli azionisti, non si sarebbero ritrovati in una situazione così disastrosa. Ma è davvero possibile rispettare le regole? Sembra, al contrario, che il piano pensionistico kelsoniano, denominato 401(K) e ormai diffuso fra i lavoratori dipendenti statunitensi, convenga alle aziende soltanto quando sono queste a dettare le regole secondo la propria convenienza. Ai lavoratori dipendenti, invece, non conviene affatto. In primo luogo appare chiaro che legare il proprio ammortizzatore economico - pensioni e liquidazione - all'azienda in cui si lavora è molto pericoloso in quanto espone il dipendente al doppio rischio di perdere lavoro e risparmi contemporaneamente. E' esattamente quello che è accaduto agli impiegati della Enron: quando, una volta perso il lavoro, finalmente è stato loro concesso di ritirare i propri risparmi e si sono ritrovati in mano poche decine di dollari, anche dopo vent'anni di anzianità. Qualsiasi analista finanziario sa bene che la diversificazione degli investimenti è l'abc di ogni risparmiatore, e che concentrare tutti gli investimenti in una sola azienda è sempre sconsigliabile, figuriamoci poi se è la stessa che ti dà lo stipendio. Le restrizioni alle vendite delle azioni da parte dei lavoratori dipendenti sono moltissime, così come le penali che servono a impedire agli impiegati di disporre liberamente dei loro "profitti suddivisi". Il piano pensionistico della Enron, come i piani di numerose aziende statunitensi, prevedeva che i fondi fossero quasi totalmente investiti nelle azioni della compagnia, azioni che sono passate nell'arco di pochi mesi da 80 dollari a meno di un dollaro l'una, polverizzando i risparmi dei lavoratori. La rivoluzione kelsoniana più che «rendere i lavoratori in grado di controllare i loro capitali» è riuscita solo a centrare il secondo obiettivo «legare gli impiegati al destino dell'azienda». E colare a picco insieme a lei.

 

17 gennaio 2002

NIGERIA: SCIOPERO E SCONTRI 

Violenti scontri tra polizia e lavoratori hanno caratterizzato la prima giornata di sciopero generale in Nigeria convocato per protestare contro il rincaro della benzina. Un assurdo per un paese che è tra i maggiori produttori di greggio. Lo sciopero indetto dalle organizzazioni sindacali a Abuja ha avuto un esito tragico quando la polizia ha attaccato i manifestanti con un fitto lancio di lacrimogeni e con violentissime cariche. Anche il leader del Congresso del Lavoro Nigeriano, Adams Oshiombolo, è stato arrestato mentre stava arringando la folla a rinserrare i picchetti contro i dipendenti del settore pubblico che volevano andare a lavorare nella capitale. Tuttavia la protesta ha avuto efficacia e numerose scuole, negozi e banche di Abuja e Lagos sono rimasti chiusi. 

ESUBERI A ITALTEL

 La direzione annuncia una chiusura dello stabilimento di Palermo (circa 300 lavoratori), di Milano (circa 36 lavoratori) e nella sede di ricerca di Torino (circa 40 dipendenti). I licenziamenti avvengono nei settori di punta dell'azienda (Ricerca&Sviluppo, catalogo aziendale iMss) e secondo i sindacati sono del tutto ingiustificati. Pertanto Fiom, Fim e Uilm hanno annunciato due (!) ore di sciopero in tutte le sedi, durante le quali si dovranno tenere assemblee ed altre forme di lotta. 

UCS CHIEDE RISPETTO DEL DIRITTO DI SCIOPERO 

Oltre 10 mila firme per la difesa del diritto di sciopero. Per la precisione 10.441. Le ha raccolte l'Ucs, il sindacato autonomo ferrovieri, che attacca l'ultimo accordo siglato dal gruppo Fs e le organizzazioni Filt Cgil, Fit Cisl, Uil-Trasporti, Ugl-Ferrovie e Sma: "Le nuove procedure concordate per lo sciopero festivo - dice Vincenzo Macaluso, coordinatore nazionale Ucs - limitano ancor di più un diritto continuamente messo in discussione e sempre più oggetto di un feroce attacco da parte dei poteri forti". L'Ucs traccia il percorso del restringimento progressivo del diritto di sciopero. Centrale, dopo vari altri "giri di vite" negli anni '90, è la legge 83 del 2000 (che ha modificato la precedente 146 del 90): ha stabilito che si può scioperare garantendo il 50% dei servizi con il 30% del personale, ha dato poteri maggiori alla Commissione di garanzia e prevede multe per i lavoratori dissenzienti da un minimo di 500 mila lire a un massimo di 1 milione, mentre per le organizzazioni sindacali le sanzioni possono raggiungere anche i 100 milioni al giorno. "Da allora - scrive in una nota l'Ucs - gli scioperi in ferrovia sono quasi del tutto scomparsi ma, come se ciò non bastasse, il 29 ottobre 2001 le organizzazioni 'maggiormente rappresentative' hanno stipulato con le Fs un accordo peggiorativo: la possibilità di scioperare durante il giorno festivo a sostegno della vertenza per il rinnovo del contratto viene decurtata di altre 3 ore e bisogna garantire 43 treni a lunga percorrenza. Nel momento in cui i ferrovieri necessitano, viste le gravi problematiche in atto, dell'unico strumento efficace di tutela dei propri diritti questo viene completamente svuotato di ogni significato". Nell'inviare le 10.441 firme alla Commissione di garanzia, i ferrovieri dell'Ucs chiedono "l'attivazione delle procedure previste dall'art.14 della legge 146/90 così come modificata dalla legge 83/2000. 

FIUMICINO: PROTESTA LAVORATORI "LAOS" E "PAOLETTI" 

Protesta ieri all'aeroporto di Fiumicino di una decina di addetti delle ditte di lavaggio e pulizia "Laos" e "Paoletti" che si sono arrampicati poco prima di mezzogiorno sulle piattaforme di un pilone pubblicitario, incatenandosi. Le ragioni del blitz sono legate a stretto filo alle vertenza del catering "Ligabue". «Siamo preoccupati - hanno spiegato alcuni dei 78 lavoratori fra Laos e Paoletti - per il nostro futuro occupazionale: da quarantasei giorni non percepiamo gli stupendi, sul nostro fronte non s'intravedono spiragli di soluzione. Le ditte di pulizia erano infatti impiegate nello stabilimento catering Ligabue, messo in liquidazione e chiuso dal primo dicembre scorso ed in attesa ancora a sua volta di una risoluzione della vertenza che coinvolge in tutto oltre trecento addetti, fra cuochi, impiegati ed autisti». Sotto il pilone, a sostenere la protesta che - spiegano i manifestanti - proseguirà ad oltranza, un presidio che raccoglie anche la solidarietà dei lavoratori del catering Ligabue.

 

18 gennaio 2002

PRESIDI OPERAI ALLA FICOMIRRORS

 Lunedì 21 gennaio si asterranno dal lavoro da due a tre ore i metalmeccanici dell'area ovest della cintura torinese che comprende aziende quali la Comau, la Bertone e la Pininfarina. E' prevista la partecipazione di oltre 15.000 operai. Lo stabilimento Ficomirrors apparteneva, fino a otto mesi fa, al gruppo Magneti Marelli ed è stato ceduto alla società spagnola che, in breve tempo, ha proceduto ai licenziamenti e alla chiusura della fabbrica. Durante la fermata per le vacanze di Natale la proprietà ha iniziato lo smantellamento dell'azienda e i lavoratori, in risposta, hanno fatto partire il presidio della fabbrica che continua tuttora. Ieri mattina, durante l'assemblea straordinaria organizzata per fare il punto della situazione, gli operai Ficomirrors hanno confermato la loro intenzione di continuare nella battaglia intrapresa. Solo nel 2001 la Fiat ha licenziato 4000 precari, contratti a termine e interinali in tutt'Italia, mentre ha messo in mobilità altri 2000 lavoratori. D'altra parte, con la terziarizzazione di importanti stabilimenti che erano del gruppo la Fiat terziarizza i licenziamenti, li appalta ad altre società che poi li eseguono per conto suo, come avviene alla Ficomirrors. Se si pensa che il piano di ristrutturazione della Fiat prevede la cessione di aziende per 4000 miliardi, si capisce che il destino dei lavoratori della Ficomirrors può essere quello riservato a molte migliaia di altri lavoratori della Marelli e di altre realtà del gruppo. 

AIRBUS: 6000 LICENZIAMENTI 

Airbus non ha neppure avuto il tempo di assaporare la vittoria sulla rivale Boeing: 274 ordinazioni sicure di aerei quest'anno per il costruttore europeo contro 272 per l'americano, 54% del mercato in volume e 61% in valore. Airbus ha annunciato una ristrutturazione con 6mila tagli ai posti di lavoro, nelle fabbriche di Tolosa e Saint Nazare in Francia, di Amburgo in Germania e di Chelster in Gran Bretagna. Non ci saranno licenziamenti "secchi", ma un migliaio di dimissioni volontarie (in gran parte pre-pensionamenti), i contratti a tempo determinato non verranno rinnovati, gli straordinari annullati e il resto dei tagli verrà fatto pesare sulle imprese che lavorano in subappalto. Questo per il 2002. Ma se le previsioni negative verranno confermate per il 2003, ha precisato il presidente di Airbus, Noël Forgeard, "al di sotto di 265-270 ordinazioni dovremmo procedere a licenziamenti" e un "giro di vite supplementare" il prossimo anno "se la produzione cade al di sotto di 300 unità". La cura dimagrante di Airbus è meno dolorosa di quella di Boeing, che ha deciso di disfarsi di 30mila dipendenti, il 30% del personale. Airbus avrà pero' una produzione più o meno simile a quella di Boeing, ma con solo 40mila dipendenti rispetto ai 70mila del costruttore americano. 

GERMANIA: CRESCITA ZERO, DISOCCUPATI 4 MILIONI 

La locomotiva tedesca è sull'orlo della recessione. Le cifre pubblicate ieri dall'Ufficio federale di statistica parlano chiaro: la crescita del Pil nel 2001 si è fermata allo 0,6% contro una previsione del +0,75%, ben sotto il 3% del 2000. Nel 2001 le esportazioni hanno registrato un aumento di appena il 5,1%, contro il 13,2 del 2000, mentre le importazioni sono cresciute solo del 2%, contro il 10% dell'anno precedente. Questi dati negativi producono due conseguenze immediate: portano il deficit pubblico fino al 2,6% del Pil (53,8 miliardi di euro, in termini assoluti) e gonfiano le file dei disoccupati. Il risultato del debito supera di oltre un punto percentuale le previsioni, e preoccupa non poco Bruxelles in vista del mantenimeno degli obiettivi di stabilità. Il dato è destinato tuttavia a peggiorare ancora nel futuro: le stime per il 2002 indicano un 2,7%. Sul piano del lavoro la situazione è ancora peggiore. Per gennaio si prevede il superamento della soglia dei 4 milioni di disoccupati. 

FORD ANNUNCIA 35.000 LICENZIAMENTI 

William Clay Ford, pronipote del grande Henry e fama di ambientalista gentile, ha deciso in un colpo il licenziamento di 35.000 persone, il 10 per cento della forza lavoro, la chiusura di almeno cinque fabbriche in Nordamerica, la fine di quattro modelli considerati obsoleti, la caduta di diverse teste nel top management. Ma non è solo la Ford su questa strada. All'inizio del 2001, i padroni tedeschi della Chrysler avevano annunciato il taglio di 26.000 posti di lavoro, il 20 per cento della forza lavoro, e la chiusura di sei siti produttivi su 41. Alla General Motors, la prima delle Big Three di Detroit, sono andati perduti altre migliaia di posti di lavoro; nell'ultimo trimestre del 2001, gli utili Gm sono diminuiti del 58 per cento, ma l'anno è stato salvato, finanziariamente parlando. Senza scampo, invece, altre decine di migliaia di lavoratori legati ai fornitori dei tre grandi marchi. Una strage. Ora al quartier generale della Ford la parola d'ordine è back to the basic. Nasser è stato cacciato via in ottobre perché aveva allontanato il gruppo dal suo centro di gravità, cioè l'automobile. Troppi accordi dedicati all'e-commerce e a settori diversi, troppa distrazione verso il prodotto, che perdeva fatalmente qualità. Lo scontro frontale con la Firestone per la fornitura in Nordamerica di milioni di pneumatici considerati difettosi - al punto da provocare più di 200 morti in incidenti - si è poi mangiato 3 miliardi di dollari. E ha causato la rottura di un sodalizio fra Ford e Firestone datato 1895; non a caso i colloqui sono ripresi dopo l'uscita di Nasser.

"GLI IMMIGRATI CI SERVONO. REGOLARI" 

Se il ministro del lavoro Maroni ha pronta una delega per l'emersione delle colf, con la possibilità di concedere anche l'agognato permesso di soggiorno, è pure vero che non tutti gli immigrati clandestini che lavorano in Italia sono colf. Molti anzi sono operai, muratori, pizzaioli, e braccianti agricoli. Tutti i lavoratori di queste ultime categorie, come d'altra parte gli stessi italiani irregolari, secondo i provvedimenti Tremonti sull'emersione dal lavoro nero varati nei primi 100 giorni, possono già uscire dal sommerso. Di fatto, però, nessuno li farà emergere perché non è ancora previsto che contestualmente venga anche concesso il permesso di soggiorno. In più, anche se si verificasse quest'ultima possibilità, ci sono molti dubbi sul fatto che le nuove regole favoriscano davvero gli immigrati. Si dicono interessati alla regolarizzazione gli imprenditori agricoli: dalla Cia alla Confagricoltura, alla Coldiretti, chiedono di poter dare lavoro a immigrati in regola, perché la manodopera manca e rischiare non conviene. A spiegare nel concreto la posizione di molti produttori è Ercole Sacchi, direttore tecnico del consorzio Apo di Salerno (40 cooperative e 50 aziende nel foggiano, con una produzione annua di 2.200 mila quintali di pomodori). "Bisogna precisare immediatamente che un immigrato irregolare, pagato in nero, costa alle aziende quasi quanto uno in regola. Il lavoro di solito viene pagato a cottimo, a seconda dei cassoni di pomodori riempiti in una giornata. I lavoratori irregolari, almeno a quanto ho potuto osservare, prendono un massimo di 70-80 mila lire al giorno, circa 8 mila lire a cassone, per 10-11 cassoni. Il lavoro regolare, pagato anche quello a giornate secondo il contratto dei braccianti agricoli, con tutti i contributi non raggiunge il costo di 100 mila lire al giorno. La differenza, mettendoci solo dal punto di vista dell'imprenditore, è tutta nel rischio di essere scoperti dall'ispettorato del lavoro: è un'ansia continua. Se gli immigrati vengono presi, ricevono il foglio di via, mentre il titolare dell'azienda paga delle multe e ha anche conseguenze penali. Molti miei colleghi hanno dovuto presentarsi più volte davanti alle forze di polizia, e non è certamente una cosa piacevole. Eppure il bisogno di manodopera è fortissimo, gli italiani non vanno più nei campi e quindi, di fatto, tantissimi clandestini lavorano in nero. Le macchine, a cui molti di noi stanno dovendo necessariamente ricorrere pur di non far lavorare i clandestini, sono molto dannose per la qualità del raccolto. La placenta del pomodoro, soprattutto di quelli lunghi, viene traumatizzata, cosa che non accade con la raccolta a mano. A noi servono soprattutto immigrati regolari per i contratti stagionali, da fine luglio a settembre. Se avranno il permesso di soggiorno, quegli stessi immigrati potranno lavorare comunque tutto l'anno: i cavolfiori, i broccoletti e i finocchi, ad esempio, vengono raccolti nei mesi più freddi". 

INFORTUNI SUL LAVORO 

Andrea Ianna Morelli, un operaio di 35 anni, è morto ieri mattina precipindo da una impalcatura di una palazzina in ristrutturazione sulla via Aurelia a Roma. Gianni Orzini, un volontario della protezione civile dell'Associazione Alfa di Aprilia è morto ieri mattina a Frosinone. Insieme a un altro volontario, rimasto ferito, è scivolato con lo spartineve, con il quale stava lavorando per ripristinare la viabilità dopo una abbondante nevicata, in una scarpata a causa del ghiaccio. 

SCIOPERO TRASPORTO AEREO 

Aeroporti e voli saranno paralizzati il 18 gennaio per lo sciopero nazionale del trasporto aereo proclamato da 9 organizzazioni sindacali dei dipendenti delle compagnie aeree nazionali e straniere, il personale di terra e di volo, gli addetti ai servizi aeroportuali e le aziende dell'indotto. La mobilitazione generale è stata indetta per richiedere al governo misure straordinarie di sostegno all'occupazione colpita dalla crisi che si è aggravata dopo l'11 settembre. 

NIGERIA; ARRESTATO LEADER SINDACALE 

Adams Oshiomhole, leader del sindacato dei lavoratori nigeriani che era stato scarcerato (su cauzione) mercoledì, dopo la formalizzazione dell'accusa di organizzazione di sciopero non autorizzato, ieri è stato di nuovo arrestato. Secondo quanto riferito da John Odah, segretario generale del Congresso dei lavoratori, l'arresto è avvenuto ad Abuja mentre tentava di raggiungere Lagos dove era convocato un vertice del sindacato per decidere nuove manifestazioni. Arrestati anche altri 20 dirigenti 

FIAT DIVERSIFICA GLI INTERESSI 

Non arrivano ai padroni Fiat le notizie sulla situazione in cui versa Ford e le scelte di tornare al "core business"? La Fiat ha perduto quote di mercato non solo in Europa (in pochissimi anni la multinazionale torinese è scesa dal 2 al 6 posto), ma anche in Italia. Perdere quote di mercato, vendere meno vetture, subire gli effetti delle crisi che hanno colpito paesi in cui la Fiat è presente con importanti insediamenti industriali (Argentina, Turchia, India, Polonia), ecco i titoli dell'indebitamento che ha spinto il Lingotto all'intervento draconiano annunciato in dicembre: rastrellamento di danaro fresco sul mercato azionario, outsourcing attraverso la vendita a terzi di pezzi importanti, sempre più vicini a quello che una volta si chiamava core business e chiusura di (18) stabilimenti con annessi (6.000) licenziamenti. Ma a tutti questi titoli se ne devono aggiungere almeno altri due: 1) la politica degli sconti, dei benefit, degli optional gratis per difendere le proprie quote di mercato ha contribuito a far crollare la redditività; 2) il ritardo strutturale con cui la Fiat si presenta sul mercato delle vetture di fascia C, conseguenza della scelta di continuare a competere sulle fasce più basse - A e B - su cui si sono lanciate tutte le case automobilistiche, ha fatto il resto, soprattutto nei ricchi mercati europei. Cantarella difende l'accordo con General motor e torna a negare che la Fiat intenda esercitare il put per cedere l'intero settore automobilistico agli americani. Una rassicurazione, questa, che non convince i sindacati, così come quella secondo cui non sarebbe a rischio l'occupazione in Italia ma soltanto all'estero. Tanto per cominciare, nell'area torinese è stata decisa la chiusura di un altro stabilimento, quello di Rivalta, per concentrare tutta la produzione automobilistica a Mirafiori. Nessuno crede che l'operazione possa avvenire a costo zero. Tanto per dirne un'altra, la vendita di interi scomparti nella componentistica auto si sta già trasformando in licenziamenti di massa: è quel che rischia di accadere alla Ficomirrors, ceduta dalla Fiat a una società spagnola determinata a disfarsene. Cantarella non nega lo spostamento del centro di gravità della Fiat dall'auto ai settori finanziari, ai servizi, all'energia, alla telefonia, alle assicurazioni. Settori a più alta redditività, in cui la quantità di lavoro necessaria è sempre più bassa. E' questo insieme di fatti che rende poco credibile il futuro italiano e automobilistico della Fiat. 

SENZA STIPENDIO I DIPENDENTI DELLA VIENNE GALLERIE 

Privi di stipendio dal mese di dicembre, i dipendenti della Vienne Gallerie srl, impegnati nella costruzione della galleria dell'ultimo lotto dell'autostrada del Monte Bianco (Morgex-Courmayeur), hanno incrociato le braccia. Per tutta la giornata di ieri si sono astenuti dal lavoro. Oggi si riuniranno in assemblea per decidere le modalità di prosecuzione dell'agitazione. «I quaranta dipendenti della Vienne Gallerie, subappaltatrice dei lavori - si legge in una nota di Franco De Gattis, segretario regionale della Filca/Cisl - non intravedono soluzioni per una situazione che di giorno in giorno si fa sempre più difficile». La Vienne Gallerie srl è nata dalla cessione di un ramo d'azienda della Vienne Costruzioni. La Federazione Lavoratori delle Costruzioni della Valle d'Aosta chiede ora «l'intervento immediato delle società subappaltanti: Ati Impregilo - Coperativa Muratori e Braccianti, in quanto garanti dell'applicazione dei trattamenti economici e normativi».

 

19 gennaio 2002

FICOMIRRORS 

Duecentoundici lettere raccomandate firmate dalla direzione Ficomirrors. I destinari sono gli operai e le operaie dell'azienda che fabbrica specchietti retrovisori per automobili. Sulla tuta hanno ancora appiccicato il logo della Magneti-Marelli, cioè Fiat, che ha venduto impresa e lavoratori alla spagnola Ficosa. Non è la Fiat, dunque, a licenziare i 211 dipendenti, la società torinese ha le mani pulite. Gli spagnoli, invece, hanno subito dimostrato di voler tirare diritto, obiettivo la chiusura della fabbrica. Ogni ammortizzatore sociale e ogni soluzione concordata con sindacati, governo e istituzioni sono stati rifiutati dai nuovi padroni. Una ristrutturazione per dimezzare il debito, rastrellando soldi sul mercato, vendendo pezzi di produzione e chiudendo stabilimenti in giro per il mondo. La Fiat promette di non licenziare i lavoratori italiani ma solo quelli stranieri - argentini, magari turchi e polacchi. Contemporaneamente, fa a fette il suo apparato produttivo, lo vende a tranci e lascia ad altri, ai nuovi padroni, il compito sporco di tagliare gli organici italiani e, dove serva, di smantellare intere fabbriche. Se si vendono meno automobili è ovvio che di specchietti retrovisori ne servano di meno, così come di marmitte, filtri, plance, fari... Allora è altrettanto ovvio che le aziende devono ridurre la forza lavoro e le spese. I 211 lavoratori della Ficomirrors di Venaria hanno reagito alla notizia che la proprietà ha spedito loro le lettere di licenziamento con la possibilità che l'assemblea permanente, nelle prossime ore, si trasformi in un'occupazione dello stabilimento. Davanti ai cancelli dello stabilimento ex Magneti Marelli l'aria è pesante. Se ieri l'altro era stata di un qualche aiuto la conferma della manifestazione di solidarietà dei sindacati, organizzata per lunedì prossimo, alla quale si presume parteciperanno oltre 15.000 metalmeccanici della zona, dopo l'annuncio dell'avvio dei licenziamenti gli operai hanno manifestato tutto il loro disappunto. Dei 211 licenziati ben 140, in maggioranza donne, non hanno i requisiti necessari per la pensione. Aumentano i segnali, intanto, che la crisi alla Ficomirros non sia un caso isolato. La Filtrauto di Sant'Antonino di Susa, che produce filtri per auto da poco acquisita dal gruppo italiano Sogefi di proprietà della famiglia De Benedetti, ha annunciato durante un incontro con il sindacato, la presenza di 100 esuberi su 340 addetti. Passata da 560 agli attuali 340 dipendenti, l'azienda ha visto succedersi tre procedure di questo tipo negli ultimi 4 anni, durante i quali ha subito una serie di cambi di proprietà. 

TRASPORTO AEREO: SCIOPERI E MOBILITA' 

La condizione dei lavoratori del settore aereo è sempre più nera, e l'esasperazione ieri si è toccata con mano: lo sciopero di 8 ore (dalle 10 alle 18) è perfettamente riuscito, con 229 voli cancellati a Malpensa e Linate e 236 nel solo scalo di Fiumicino. E poi 2000 persone, tra hostess, steward e personale di terra dell'Alitalia, in borghese e in divisa, hanno sfilato a Fiumicino dalle 11.30 alle 14.30, lungo il percorso che dalla mensa porta davanti ai tre terminal del Leonardo da Vinci. Oltre 200 lavoratori hanno manifestato davanti all'aerostazione di Malpensa, gridando slogan contro il ministro del lavoro Maroni. Il presidente dell'Alitalia, Fausto Cereti, ha ufficialmente annunciato che sono state avviate le procedure di mobilità per 2500 dipendenti. Il ministro delle infrastrutture Lunardi ha convocato i sindacati per un tavolo non-stop lunedì, martedì e mercoledì prossimi, in attesa del tavolo interministeriale - tesoro, attività produttive, infrastrutture e politiche comunitarie - di mercoledì pomeriggio a Palazzo Chigi, presieduto dal sottosegretario Gianni Letta. La commissione di garanzia intanto si scatena, dopo i ripetuti interventi sulle agitazioni precedenti, anche su quello di ieri aveva dettato la sua legge: non più di quattro ore, otto sono troppe. I sindacati e i lavoratori, esasperati da una situazione che ha ormai superato i limiti del sopportabile, hanno risposto un secco no, beccandosi così l'apertura di un "procedimento d'infrazione", per il quale rischiano pesanti sanzioni (ai singoli possono essere comminate multe dalle 500 mila lire a un milione, le organizzazioni sindacali possono arrivare a pagare multe fino a 100 milioni di lire). 

COREA DEL SUD: ARRESTO DI LEADER SINDACALI 

Cofferati ha scritto una lettera al presidente sud coreano Kim Dae-jung, nella quale chiede di rispettare i diritti dei lavoratori e di fare tutto quanto in suo potere per il rilascio dei leader delle organizzazioni sindacali del paese, Ktcu e Kmwf, e di tutti i sindacalisti arrestati. Cofferati annuncia che "la Cgil si unirà, il prossimo 22 gennaio, ai sindacati di tutto il mondo che, in nome dei loro iscritti, condannano questa ingiustizia nei termini più risoluti". In Corea del sud, nel 2001, sono stati arrestati 218 sindacalisti e repressi violentemente gli scioperi.

 SCIOPERO PER IL SETTORE GAS ACQUA 

In seguito alla rottura delle trattative per il contratto unico di settore gas-acqua, i sindacati hanno proclamato lo stato di agitazione, il blocco degli straordinari e 16 ore di scioperi articolati dal 29 gennaio al 15 febbraio, a livello territoriale. Causa della rottura, la controproposta "offensiva" delle associazioni imprenditoriali agli aumenti salariali richiesti. 

PIAGGIO 

Mercoledì prossimo a Pontedera si svolgerà l'assemblea dei lavoratori della Piaggio. All'ordine del giorno il lodo del ministero del lavoro che impone l'avvio dei processi di mobilità per gli impiegati e gli operai (tra l'altro con un differente metodo perché per i primi la scelta della mobilità è volontaria). Ieri i rappresentanti delle Rsu hanno bocciato all'unanimità il lodo ministeriale. 

RICCHI PIU' RICCHI POVERI PIU' POVERI 

Che la "globalizzazione" sia sempre più cosiddetta, anche in certi esercizi futuristici, diventa ormai fatto comune. Dice RAGOZZINO su "il manifesto" del 19/01/02: "Quell' oggetto misterioso che è la globalizzazione ha comunque una data di nascita, il 1989, quando, essendo caduto per qualche motivo - che non tocca a noi indagare - il Muro divisorio, il mondo è automaticamente diventato globale. E' quindi interessante confrontare il prima e il dopo, quando la globalizzazione non c'era e quando è arrivata". E vediamo cosa succede prima e dopo. L'opportunità la offre uno studio pubblicato dall'Economic Journal, la rivista della reale società degli economisti inglesi. Nei cinque anni intercorsi tra 1988 e il 1993 la disuguaglianza globale è cresciuta circa del 5%, "lo stesso tasso con il quale è aumentata la disuguaglianza in Inghilterra, durante gli anni della Thatcher". In sintesi lo studio mostra "come il mondo sia divenuto un posto più ingiusto, con un divario crescente tra famiglie ricche e povere". La ricerca di Milanovich, effettuata per conto della Banca mondiale, ne affianca un'altra, di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, presentata all'inizio di questa settimana a Washington. Ora, poichè nessuno può credere che improvvisamente l'89 ha provocato un qualche taglio netto, dobbiamo intendere si tratti di un processo che "inizia nell'88" e che è pari a quanto avveniva con la Thatcher qualche anno prima. A Washington sono convinti che il rapporto tra globalizzazione e povertà è positivo; la povertà si riduce, duecento e passa milioni di persone sono entrate nel mercato mondiale e ne hanno ricavato notevoli benefici. L'altro studio, quello inglese dice che è certo però che le differenze tra ricchi e poveri aumentano. E con un esame che copre a campione l'84% della popolazione mondiale e il 93% del reddito, si rileva che l'1% che sta in alto ha un reddito più elevato del 60% delle famiglie raccolte in basso, a raschiare al fondo di quell'unico barile. Nei cinque anni presi in considerazione il reddito complessivo mondiale è cresciuto in termini reali del 5,7%: un ottimo risultato. Solo che il 20% in alto ha visto il proprio reddito crescere mediamente del 12%; qualcuno è andato in pari; il 5% più povero ha perduto un quarto del proprio reddito. Dunque la cosiddetta globalizzazione, termine assolutamente insignificante da qualsivoglia lato lo si guardi, produce aumento di povertà per molti e di ricchezza per pochi: esattamente ciò che si prefigge il capitalismo, e casomai si tratta di una necessità del capitalismo in crisi che lo riconduce ai suoi primordi, quando la capacità di spesa (=ricchezza) delle classi salariate era molto bassa, e l'accumulazione primitiva molto alta. Niente di nuovo. Un processo quindi iniziato con la crisi strutturale e sicuramente arricchitosi di svolte e tornanti.

ITALIA: AL 10% DELLE FAMIGLIE IL 50% DELLA RICCHEZZA 

In Italia il 10% delle famiglie possiede quasi il 50% della ricchezza nazionale, secondo l'indagine sui "Bilanci delle famiglie italiane" relativi al 2000 pubblicata da Bankitalia. Al vertice della scala della ricchezza c'è un 10% delle famiglie che possiede il 47,1% delle attività reali e delle attività finanziarie. E la distribuzione della ricchezza risulta ancora "più concentrata" di quanto sia la distribuzione del reddito. Per attività reali, l'indagine, intende gli immobili, le aziende e gli oggetti di valore, mentre le attività finanziare sono costituite dai depositi bancari, dai titoli di stato, dalle azioni. La ricchezza familiare al netto delle passività (mutui e altri debiti) nel 2000 aveva un valore medio di 92.962 euro (circa 180 milioni). Dietro il valore medio si nasconde, tuttavia, una distribuzione fortemente sperequata: poco meno del 20% delle famiglie possiede mediamente "ricchezze" per meno di 10 mila euro (meno di 20 milioni). All'opposto, c'è un 22% delle famiglie che in media possiede una ricchezza superiore ai 200 mila euro, 20 volte di più di quelle meno ricche. E naturalmente le medie vanno interpretate, perchè tendono ad appiattire disuguaglianze gigantesche. Un peso preponderante nelle attività reali ha la proprietà di abitazioni: il 68,3% degli italiani è proprietario della casa nella quale ha la residenza, mentre il 20,9% risulta in affitto e il 10,1% occupa una casa a altro titolo (usufrutto, uso gratuito). Tra le case in affitto è in discesa la quota di abitazioni locate a equo canone e quella di affitti con patti in deroga. In forte discesa anche la quota di abitazioni di proprietà pubblica. Quanto al reddito, nel 2000 la famiglia media ha guadagnato al netto delle imposte e dei contributi previdenziali, 26.098 euro (50,5 milioni di lire). La media sale a 30.678 euro al Nord e scende a 19.380 euro nel Meridione. Il 10% delle famiglie alla base della piramide sociale percepisce appena il 2,1% del reddito totale, mentre al vertice c'è un 10% delle famiglie che si è messo in tasca il 26,6% del totale. Il numero di persone che vive in famiglie a basso reddito (inferiore alla metà della media) è pari al 13,3%, contro il 14,2% del 1998.

IL 77% DEGLI SCIOPERI FORZOSAMENTE REVOCATI

Ben il 77% degli scioperi revocati, senza contare le sanzioni a raffica, l'imposizione di differimenti e riduzioni e, per finire, le intenzioni bellicose, stando alle dichiarazioni del vicepresidente, professor Giulio Prosperetti, contro lo stesso sciopero generale. Per essere un organismo di prevenzione piuttosto che di repressione, come è scritto nella Relazione sull'attività presentata ieri in pompa magna nella sala della Lupa a Montecitorio davanti al presidente della Repubblica, la Commissione di Garanzia si dà abbastanza da fare. Nel trasporto ferroviario, dopo l'accordo del 23 novembre del '99 che limitava fortemente i giorni feriali, si è giunti al restringimento anche per la domenica nonostante non vi sia il problema dei pendolari. Nel trasporto locale, oltre alla famigerata rarefazione oggettiva, si intende raddoppiare i periodi di conciliazione e i tempi fra uno sciopero e l'altro. Nel trasporto aereo si conteggia il 50% dei servizi da garantire togliendo dal calcolo le fasce da rispettare e si riduce pesantemente la possibilità di lotta attraverso il meccanismo dei bacini d'utenza. Non basta, nel trasporto marittimo ormai può scioperare non più di un terzo delle navi e in alcune tratte addirittura nessuna.

BREDAMENARINIBUS: A RISCHIO 240 POSTI

Sono a rischio 240 posti di lavoro su un totale di circa 480 alla Bredamenarinibus, azienda bolognese produttrice di autobus da giugno controllata al 100% da Finmeccanica. Il 2001 si è chiuso con solo 280 pezzi venduti ed una perdita di 26-27 miliardi su un fatturato di 130-140 miliardi. Da qui la richiesta che la proprietà ha avanzato ai sindacati metalmeccanici di ridurre la gamma concentrandola sui pezzi più evoluti e ridurre anche il personale di circa la metà degli addetti per adeguare la capacità produttiva (cinquecento autobus) alla reale produzione. I rappresentanti sindacali di Fim Fiom e Uilm e le rsu respingono la "ricetta" proposta da Finmeccanica che a loro avviso punta a rendere l'azienda più appetibile per essere venduta (a suo tempo ci furono delle trattative poi finite in nulla con Volvo) e rilanciano chiedendo a Finmeccanica un piano di sviluppo industriale.

 
23 gennaio 2002

VALEO LICENZIA

La Valeo, azienda di Mariglianella, Napoli, impegnata nella produzione dei cavi per auto della Fiat ha comunicato l'intenzione di licenziare i 153 lavoratori, cessando, in questo modo, le attività. I lavoratori non avrebbero nessun'altra opportunità di impiego, anche perché il 95% delle maestranze soffre di gravi malattie.

LICENZIAMENTI FICOMIRRORS

Oltre 5.000 lavoratori metalmeccanici hanno manifestato a Venaria in solidarietà coi 211 operai della Ficomirros, ex Magneti Marelli, a cui sono state recapitate le lettere di licenziamento. Uno sciopero di due ore organizzato per rispondere all'attacco portato dalla proprietà ai diritti dei lavoratori; una decisione presa nel momento più drammatico di una vertenza nata in seguito ai provvedimenti voluti dalla multinazionale spagnola che solo otto mesi fa aveva acquistato dalla Magneti Marelli, ossia dal gruppo Fiat, il comparto specchietti retrovisori. Il corteo ha visto una folta partecipazione di lavoratori delle fabbriche della zona ovest di Torino e da tutta la provincia. Una soluzione positiva della vicenda, rifiutata dagli spagnoli, prevedeva, secondo la proposta del ministero del lavoro sostenuta dalla Regione Piemonte, un anno di Cig e un piano di ricollocazione per quei lavoratori che non raggiungevano la pensione. L'azienda avrebbe chiuso, ma non ci sarebbe stato impatto sul reddito e sul piano sociale.

ARTICOLO 18: REINTEGRO ALL'AVICOLA MONTEVERDE DI ROVATO

Licenziamento senza giusta causa, quindi illegittimo (ai sensi dell'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, che destra e padroni vogliono cancellare). Il tribunale di Brescia ha accolto in pieno il ricorso di Antonella Barbi, licenziata a marzo dall'Avicola Monteverde di Rovato, ordinandone l'immediato reintegro nel posto di lavoro. Ieri mattina, però, la direzione ha proibito ad Antonella di entrare in azienda: "Impugneremo la sentenza; nel frattempo, la pagheremo per stare a casa". L'operaia era stata licenziata "a causa" dei fegatini di pollo. Per guadagnare tempo e denaro, il caporeparto aveva ordinato di chiudere un occhio sul controllo di qualità dei fegatini. La lavoratrice si era rifiutata e aveva segnalato la cosa al veterinario. La sua "insubordinazione" era stata sanzionata con la massima punizione, il licenziamento. All'Avicola Monteverde non ci sono Rsu. La Flai Cgil, a cui Antonella è iscritta, ha sostenuto il suo ricorso alla magistratura e farà di tutto per farla rientrare al lavoro.

 

24 gennaio 2002

ITALTEL

Era un'azienda con oltre tremila dipendenti. L'unica industria manifatturiera nel settore delle telecomunicazioni che l'Italia potesse vantare a livello mondiale. Tutto finito. Gli ultimi scampoli delle fabbriche e dei lavoratori che ancora le abitano, sono andati in malora a mano a mano che cambiavano i padroni delle telecomunicazioni in Italia: La Stet-Sip, la Telecom di Colaninno e di Tronchetti Provera, la Siemens, la Cisco. Adesso l'Italtel sarà ceduta a una ignota società a responsabilità limitata bolognese, tale Selcom srl che i dipendenti sostengono essere di proprietà dello stesso amministratore delegato dell'Italtel, Barbieri.

SI PREPARA LO SCIOPERO DEL PUBBLICO IMPIEGO

Si è tenuto il settimo congresso della Funzione pubblica Cgil, un sindacato che in questi giorni prepara lo sciopero categoriale del 15 febbraio. Il sindacato della funzione pubblica della Cgil dovrebbe avere coscienza di un compito importante nella più generale battaglia contro le "riforme al contrario" del governo liberista di Silvio Berlusconi. Praticamente tutti i terreni dello scontro sociale in atto coinvolgono infatti in qualche maniera i settori dei pubblici dipendenti dato che in gioco non c'è solo un attacco ai diritti sindacali con la delega sul lavoro e il "Libro bianco" di Maroni e relativa sospensione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, ma anche un attacco mirato e ben costruito all'intero sistema del welfare. Però la CGIL FP sembra porsi rispetto allo sciopero generale in contrasto con le altre componenti sindacali che per il 15 hanno ritenuto di dover far confluire più lavoratori possibili in una scadenza che non può essere solo di settore.

Punto centrale della battaglia dei dipendenti pubblici in questo periodo è sicuramente il rinnovo del contratto nazionale per cui il governo ha deciso di non stanziare risorse. Ma lo sciopero del 15 febbraio assume una valenza molto più ampia dato che si svolgerà in piena corsa delle tre deleghe governative in parlamento su lavoro, fisco e pensioni. Ci sono poi ovviamente dei motivi di contrasto con il governo che hanno la loro specificità di settore. Un esempio è la reintroduzione dell'area della vicedirigenza pubblica. Una decisione che farà aumentare ulteriormente l'adesione allo sciopero generale del pubblico impiego. Il segretario della Fp-Cgil ha ricordato infatti che il ministro Frattini aveva concordato con Cgil, Cisl, Uil sulla necessità di non istituire l'area della vicedirigenza.

Dal congresso della Fp-Cgil emerge poi un altro dato che dimostrerebbe che solo negli enti locali l'occupazione di dipendenti a tempo indeterminato full time ha registrato una flessione del 13%, pari a circa 3000 unità. In altri comparti, come per esempio la sanità, crescono i contratti part time, un rapporto di lavoro scelto soprattutto dalle donne. Da questi e dagli altri dati della ricerca del sindacato emerge dunque un'immagine dello statale e in generale dei lavoratori occupati in tutte le amministrazioni pubbliche anche locali molto diversa dal passato.

La nuova immagine del dipendente pubblico è emersa anche dai vari interventi. Filo conduttore è il senso di grande confusione che pervade oggi una pubblica amministrazione, bloccata nel suo processo di modernizzazione. Si parla di scelte burocratiche e amministrative all'insegna del pressapochismo o della volontà di smantellare il più possibile il "pubblico" per lasciare il massimo dello spazio al "privato". In Sicilia si tenta di smantellare la sanità pubblica per dare spazio a scorribande della sanità privata del nord.

FRANCIA: SANITA' IN FERMENTO

Per la prima volta in Francia, i medici generici, liberi professionisti, hanno scioperato e tre studi su quattro sono rimasti chiusi. La giornata "sanità morta" arriva dopo un mese di sciopero delle guardie mediche, dopo la manifestazione di infermieri e infermiere liberi professionisti martedì e dopo una giornata di protesta negli ospedali, dove le manifestazioni riguardano l'introduzione delle 35 ore e le nuove assunzioni. Vale a dire che tutto il settore della sanità è in agitazione. Ma il governo Jospin, in dirittura finale prima delle presidenziali di aprile-maggio e delle legislative di giugno, evita di intervenire direttamente nel conflitto.

I medici generici chiedono, prima di tutto, un aumento degli onorari convenzionati con la Sécurité sociale. La Cassa nazionale dell'assicurazione malattia (Cnam) ha accettato, dopo un mese di braccio di ferro, un piccolo aumento: da 17,53 euro la consultazione in studio passa a 18,5 euro (aumenta in proporzione anche la visita a domicilio, che era a 20,58 euro). I medici chiedevano 20 euro. La cifra è bassa, se paragonata agli onorari italiani, per esempio. Ma i 60 mila medici generici, liberi professionisti convenzionati con la previdenza sociale, sono la base del sistema francese, generalmente considerato uno dei migliori nel mondo: il paziente va dal medico che gli pare, tutte le volte che vuole, paga il prezzo convenzionato e poi, nel giro di poco tempo, è rimborsato dalla Sécurité sociale (al 75%, il resto, per chi ce l'ha, lo mettono le mutue di categoria). Gli specialisti, alcuni dei quali erano in sciopero ieri, hanno onorari che vanno fino a tre volte quelli dei generalisti. In media, i medici generici dichiarano in Francia un reddito medio intorno ai 50.800 euro (dopo le tasse), ma per arrivarci lavorano, sempre in media, cinque giorni e mezzo la settimana, 10,30 ore al giorno. La Cassa malattia replica che già con l'aumento a 18,5 euro ci sarà un esborso pari "alla somma destinata alla copertura malattia universale", che permette a chi è fuori dal lavoro e in difficoltà di avere una copertura sanitaria come gli altri. E i conti della Sécurité sociale sono tornati al rosso.

 

25 gennaio 2002

SCIOPERANO I LAVORATORI DEL PORTALE WEB VIRGILIO

Sito internet e fischietti, tutti i mezzi sono buoni per lottare contro il padrone. Ma il migliore resta lo sciopero, anche nella net economy. E i trecento dipendenti della Matrix, produttori invisibili del portale Virgilio, ieri al debutto hanno dimostrato di saperlo usare. Adesione al 99%. Sono entrati solo i manager. I lavoratori e le lavoratrici sono tutti sotto i 30 anni, gridano slogan come: "Www, il posto non c'è più", "Tute arancioni, il bello di essere mandati a casa", "Virgilio siamo noi", "Tronchetti pensa alle gomme".

Arancione è il colore del portale Virgilio, ripreso da cappellini e fasce legate al braccio, i lavoratori hanno virato in arancione anche il Quarto stato di Pellizza da Volpedo (connubio di old e new). Tronchetti Provera è il nuovo padrone di Telecom, che controlla Seat che a sua volta controlla Matrix che fa Virgilio. La bolla della net economy si è sgonfiata proprio in coincidenza con l'arrivo di Tronchetti e il rimedio a cui si è pensato è stato decisamente vetero: tagliare. 114 esuberi su 309 lavoratori. Vetero anche la tattica: convocazione dei "nominati" nella sala Quake (dal nome di un videogioco) e offerta di qualche mensilità di buonuscita in cambio delle dimissioni "volontarie". Una tegolata sul "giochiamo tutti nella stessa squadra", riunione d'emergenza al parco Sempione, toc toc alla porta del sindacato. Il sindacato si è spinto fino a "ricordare" che "anche per licenziare occorre seguire alcune procedure"!

Poi sono venute le assemblee, la nomina delle Rsa, la decisione di opporsi ai licenziamenti e di non accettare il piatto di lenticchie gentilmente offerto dalla Seat. Si è scoperto che il comparto dei servizi non è coperto dalla cassa integrazione; non ci saranno ammortizzatori sociali per i 114 messi in mobilità, anche se Matrix ha versato i contributi (per questo oltre a lottare contro Seat-Telecom, c'è da premere sull'Inps).

Hanno scioperato tutti, sia i "nominati" che quelli che, per ora, non rischiano il posto. "Ero certo che sarebbe andata bene", dice Andrea, settore vendita pubblicità, "ci hanno spiegato per anni che i rapporti umani sono la forza di Virgilio. Adesso la coesione tra di noi la usiamo come un boomerang contro di loro". Una ragazza ammette d'aver cambiato idea sul sindacato e sull'organizzazione: "Ero convinta che net economy e sindacato fossero due rette che non si sarebbero mai incontrate". A tutti piace da matti il lavoro che fanno. "Qui si sono fatte migliaia di ore di straordinario non pagate in modo oserei dire gioiso", racconta Roberto Peia, redattore. Sì, ci sarà pure stato qualche yuppie in ritardo che voleva diventare ricco. "Ma la maggior parte di noi fa questo lavoro credendoci e, per molti aspetti, ci crede ancora". La bolla della net economy doveva scoppiare, interviene Gabriele Battaglia, "ma internet non muore oggi, la posizione di mercato di Virgilio resta buona, il problema per tutti i portali è che le inserzioni pubblicitarie sono state inferiori alle previsioni". "I pezzi grossi che hanno cannato il business adesso si stanno arredando i loft da 400 metri quadrati, chi ci va di mezzo sono quelli che Virgilio l'hanno fatto", dice un grafico, "per questo è giusto scioperare, anche se non si è tra quelli a rischio di licenziamento". Al presidio sono venuti anche ex lavoratori di Virgilio, fa notare Susanna, area marketing, "significa che ci avevano messo cuore e anima nel realizzare un prodotto di qualità. Ora, invece, si guarda ai numeri".

Per far circolare notizie e stabilire contatti con altri che rischiano di bruciarsi nel fuoco di paglia della net economy, i lavoratori della Matrix hanno costruito il sito www.tutearancioni.cjb.net.

ACCORDO SU ALITALIA

Dieci organizzazioni sindacali, il governo - rappresentato da Letta, Lunardi, Maroni e Siniscalco come vice di Tremonti - e il vertice della compagnia di bandiera hanno impiegato oltre otto ore per arrivare a una conclusione che è difficile considerare realmente positiva.

Il governo - lo stato detiene ancora il pacchetto azionario di maggioranza, e quindi è l'"azionista di riferimento" - ha approvato il piano industriale per i prossimi due anni predisposto dal consiglio di amministrazione. E ha garantito la copertura finanziaria relativa, approvando la ricapitaliazzazione e l'emissione di un prestito obbligazionario da 1,2-1,4 miliardi di euro entro i prossimi sei mesi. Data la sua posizione di "proprietario", non è che avesse molte altre scelte. Ha invece respinto completamente la richiesta di dichiarare lo "stato di crisi" del settore, che avrebbe consentito di estendere al trasporto aereo le procedure per la cassa integrazione (attualmente ne è escluso). Il che apre diversi problemi nella gestione degli "esuberi" dichiarati dall'azienda: 2.500 previsti dal piano, 900 "esodi incentivati" e 1.000 dipendenti dalle società in dismissione.

In più, il governo confermerà gli sgravi fiscali decisi all'indomani dell'11 settembre, nella misura in cui la Ue lo consentirà. Pesanti invece le conseguenze sul salario. Oltre alle uscite concordate, infatti, si farà ricorso ai "contratti di solidarietà" - ovvero a riduzioni d'orario e di stipendio - per cui Maroni ha individuato un fondo disponibile pari a 126 milioni di euro. Le procedure di messa in mobilità, invece, saranno definite entro il 15 febbraio. Per l'azienda, alla fine, il taglio del costo del lavoro equivarrà a un risparmio di 360 milioni di euro nel biennio 2002-2003.

Nove delle dieci sigle sindacali hanno sottoscritto questa intesa: Filt-Cgil, Uilt, Fit-Cisl, Anpac, Ugl, Anpav, Up, Sinpa e Atv. Tra le richieste unitarie c'erano il blocco della privatizzazione e una crescita della partecipazione azionaria dei dipendenti Alitalia. Ma è saltato l'impegno esplicito a non privatizzare (al massimo una conferma della "missione strategica di Alitalia come vettore"), così come per la riqualificazione dell'azionariato dei dipendenti.

Contrario il Sulta, unico - "con rammarico" - a non firmare l'accordo. Preoccupazione per le ricadute occupazionali, il sostegno "fragile" alla sola Alitalia (mentre esiste una crisi "di tutto il settore"); e manca anche una qualche "verifica e controllo dell'operato del management". Ritiene perciò "non condivisibile il percorso intrapreso dalle altre organizzazioni sindacali", che "determina la conclusione dell'attuale vertenza generale". Il Sulta deciderà cosa fare dopo "una seria riflessione interna e soprattutto una consultazione dei lavoratori attraverso assemblee".

COMINCIANO GLI SCIOPERI CONTRO LE DELEGHE GOVERNATIVE

Parte oggi la lunga tornata di scioperi generali di 4 ore indetti da Cgil, Cisl, Uil contro le deleghe del governo. I sindacati hanno organizzato le proteste per regioni: oggi tocca all'Alto Adige, Friuli, Marche, Abruzzo, Calabria e Sardegna. Poi la prossima settimana le altre regioni, tra cui la Lombardia e il Piemonte che scioperano martedì 29. L'agitazione coinvolgerà tutte le categorie, con l'esclusione dei dipendenti pubblici che sciopereranno invece il 15 febbraio.

Il tema centrale della manifestazione di martedì 29 sarà la difesa dei posti di lavoro. Una questione molto sentita a Torino: la ristrutturazione annunciata dalla Fiat lascia presagire momenti difficili per i lavoratori metalmeccanici e dell'indotto auto. Un rappresentante degli operai della Ficomirrors di Venaria, licenziati la scorsa settimana, parlerà martedì prossimo al comizio che concluderà lo sciopero.

 

26 gennaio 2002

L'ARTICOLO 18 NON SI TOCCA

Ieri in mezza Italia manifestazioni contro "l'attentato" allo Statuto dei lavoratori. La massiccia adesione allo sciopero, a Monfalcone e nelle altre piazze d'Italia, dimostra che il governo ha fallito nel suo obiettivo di dividere il sindacato. Ed è anche fallito il tentativo di minare la solidarietà tra generazioni, che è alla base del sistema pensionistico. Le migliaia di giovani che stanno manifestando assieme ai vecchi operai e ai pensionati sono la migliore risposta. Oltre il 90% di adesioni tra tutte le regioni in cui lo sciopero generale era programmato, da Vico Equense a Carbonia, da Ascoli Piceno a Rimini, da Potenza ad Assisi. Il Friuli-Venezia Giulia si è fermato per quattro ore: dalla Zanussi Electrolux di Pordenone, con il 70% delle astensioni, all'Ansaldo di Monfalcone dove, mentre il Presidente della Repubblica partecipava alla cerimonia del varo di una nuova nave, la Star Princess, prodotta da Fincantieri, l'astensione raggiungeva il 100%. Si sono astenuti anche i lavoratori della Illy Caffé di Trieste e quelli della prefettura di Udine, il cui corteo si è saldato con quello degli studenti delle superiori. E per quattro ore si sono fermati anche i lavoratori dei poli calzaturiero nelle Marche e tecnologico in Abruzzo; della Sardegna, dalle cartiere di Arbatax al terziario di Cagliari, passando dalle aree dove massima, da molti anni, è la crisi industriale: i marittimi di Olbia, i minatori di Carbonia, fino al petrolchimico di Porto Torres che l'Eni sta svendendo agli arabi della Sabic. Otto le ore di sciopero in Calabria, con tre manifestazioni a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Considerevole il successo della protesta unitaria: hanno aderito allo sciopero il 70% dei lavoratori della forestazione e dell'industria. Si sono avute punte del 90% tra i tessili e del 100% tra i meccanici. Oltre ai sindacati confederali, promotori degli scioperi generali regionali, hanno aderito alle manifestazioni, partecipando ai comizi e ai cortei, anche la Confsal, l'Ugl e l'intera diaspora delle rappresentanze di base.

TRASPORTO AEREO: CORTEO A FIUMICINO DEI LAVORATORI LIGABUE

I dipendenti del Catering ovest (poi Ligabue) dell'aeroporto di Fiumicino hanno messo in piedi un corteo interno che ha attraversato l'impianto, fino a occupare simbolicamente lo spazio delle partenze internazionali. A scatenare la protesta è stata una lettera della Ligabue, recapitata il 25 ai lavoratori, per annunciare che a gennaio non verrà corrisposto lo stipendio. Il Catering ovest era stato privatizzato alcuni anni fa e acquistato da Ligabue, ex parlamentare europeo di Forza Italia. Affare straordinario, per lui: con una società dal capitale dichiarato di soli 500 milioni si metteva in tasca oltre 16 miliardi e mezzo di liquidazioni dei dipendenti (21 dei quali, dirottati alcuni mesi fa ad Abela, non hanno però ancora visto il becco di un quattrino). Avviate le procedure di liquidazione, i lavoratori sono tornati - tramite il "tavolo prefettizio" - a percepire lo stipendio dall'AdR, ma con busta paga fatta da Ligabue. Ieri mattina, la sorpresa: la società non si riteneva vincolata all'accordo firmato solo due mesi fa, considerava i dipendenti "in ferie" e quindi a gennaio prenderanno lo stipendio solo i pochi che non avevano ancora superato il tetto massimo. Da lì è partito spontaneamente il corteo che ha provocato molta agitazione tra le forze dell'ordine presenti per garantire le "misure antiterrorismo" in aeroporto. Ma la situazione non è degenarata grazie alla responsabilità dei protagonisti e all'intervento del direttore dell'aerostazione. Il 29 dovrebbe esserci una nuova riunione al tavolo del prefetto, da molti criticato per la sua latitanza. La condizione dei dipendenti Ligabue sono davvero drammatiche: sono a questo punto senza stipendio e senza liquidazione. "Dalla prossima settimana, chi aveva lo stipendio accreditato in banca, si vedrà bloccare i conti e ritirare i bancomat. E a quel punto che facciamo?". I lavoratori considerano la loro vicenda emblematica di come sono state impostate le privatizzazioni nel trasporto pubblico: senza regole. "E quando le esternalizzazioni sono senza regole - dice un delegato - gli imprenditori lasciano spazio alla fantasia. Vorremmo sapere, dalle aziende che tagliano i lavoratori, di quanto hanno aumentato le spese per consulenze legali. Non c'è più una trattativa a cui non si presentino con un codazzo di avvocati".

CHIUDE LA LEBOLE DI AREZZO

La Marzotto ha avviato le procedure di cessazione dell'attività per lo stabilimento Lebole di Arezzo, col conseguente licenziamento di 250 lavoratrici. E' la cancellazione di un marchio storico, e il fallimento della lunga serie di piani di rilancio concordati col gruppo. La Filtea Cgil ha dichiarato che "la Marzotto dovrà concordare con le organizzazioni sindacali un percorso di salvaguardia delle condizioni delle lavoratrici".

FICOMIRRORS: RITIRATI I LICENZIAMENTI MA COMINCIA LA CASSINTEGRAZIONE

Stop ai licenziamenti per i 211 lavoratori della Ficomirrors di Venaria, ex Magneti Marelli retrovisori, che una settimana fa avevano ricevuto la lettera di licenziamento. L'intesa raggiunta tra sindacati e azienda è stata ratificata dal voto unanime dei lavoratori riuniti in assemblea (da 25 giorni) davanti ai cancelli della fabbrica. La Ficomirrors ha rimosso la liberatoria che prevedeva il licenziamento di tutti i dipendenti, un atto che avrebbe compromesso il ricorso alla Cig con la possibilità della ricollocazione dei licenziati in altri stabilimenti. L'accordo prevede un anno di cassa integrazione, la collocazione in mobilità di chi ha i requisiti per raggiungere la pensione e un piano di ricollocazione, al quale è finalizzata la Cig per i 140 operai che dovranno cercarsi ora un nuovo lavoro.
Ad aspettare davanti ai cancelli della fabbrica di Venaria, i delegati e i rappresentanti sindacali che avevano appena firmato l'accordo in regione c'erano proprio tutti i lavoratori coinvolti. Nonostante il freddo e l'ora tarda ci sono state vere e proprie scene di giubilo, tra suono di clacson e bandiere al vento. Essere riusciti a fermare i licenziamenti Ficomirrors è un buon punto di partenza per le prossime vertenze. Va' però notato come altre volte nei comflitti operai, il padrone era partito con i licenziamenti per ottenere poi la cassintegrazione, che grava solo in parte sulle sue spalle. E' il caso, storico, dei "35 giorni" alla Fiat nell'80.
Sono stati senz'altro respinti gli estremismi padronali, che puntavano a fare di questo caso un esempio della libertà di licenziamento. Il patrimonio di solidarietà e unità che si è espresso sulla Ficomirrors non va disperso: è una risorsa importante per difendere il lavoro e i suoi diritti, a partire dallo sciopero generale del 29 in Piemonte contro il governo.

FIAT: MUORE UN OPERAIO INTERINALE

All'Iris-Bus (ex Iveco) della Valle dell'Ufita un incidente domenica scorsa ha ucciso Giovanni Roberto, trentottenne, operaio con contratto interinale, sposato con due figli. Dicono gli operai che "è' una vergogna che nel 2002 in una fabbrica moderna si possa morire sul lavoro".
Giovanni Roberto, a fine turno, intorno alle 21 di sabato scorso, stava lavorando nella buca di controllo delle sospensioni del pullman. Il suo collega che stava lavorando al di sopra della buca ha sentito un rumore e ha visto Giovanni riverso a terra e sanguinante. Subito è iniziata la corsa all'ospedale, dove, dopo una notte in coma, Giovanni Roberto non c'è l'ha fatta.
La magistratura ha aperto l'inchiesta e già i risultati dell'autopsia sembrano escludere la caduta e lo scivolamento, ipotesi che l'azienda, in un primo momento, tentava di accreditare. Invece, quel che è risultato è che Giovanni ha avuto il cranio massacrato in più punti, il che fa immaginare che non di una semplice caduta si sia trattato, ma di uno schiacciamento, dovuto forse alla caduta di qualche pezzo a cui il giovane stava lavorando. Quest'ultima ipotesi aprirebbe inquietanti interrogativi sulla qualità del lavoro e della sicurezza nello stabilimento campano della Fiat-Iveco.
Il lungo braccio di ferro tra le parti, dopo l'incidente e il successo dello sciopero di un'ora proclamato per la morte del giovane, si sta acutizzando. I sindacati confederali provinciali e il consiglio di fabbrica dello stabilimento di Flumeri, il più grande del gruppo Iris-Bus con i suoi 1300 addetti (di cui 108 interinali), stanno preparando le prossime iniziative.
I sindacati confederali provinciali hanno deciso di mettere in cantiere lotte più dure sugli omicidi bianchi che si espandono a macchia d'olio, e non solo sui cantieri (è di oggi la notizia della morte di un operaio che lavorava a Cervinara alla copertura metallica di alcuni capannoni): il prossimo sciopero generale nazionale di 4 ore di martedì 29 gennaio, in Irpinia sarà raddoppiato a 8 ore.

 

27 gennaio 2002

LAVORATORI DEL WEB E LORO ORGANIZZAZIONE: IL CASO VIRGILIO

Costretti loro malgrado a scoprire il sindacato e l'organizzazione collettiva dei propri interessi, i giovani dipendenti di Matrix hanno creato un sito Internet, "Tute Arancioni", essendo quello il colore di Virgilio (http://web.tiscali.it/tutearancioni/). La tuta rimanda all'abito da lavoro degli sfruttati dell'epoca industriale. Ulteriore richiamo alla memoria, il sito adotta come copertina l'immagine del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, cui si sovrappongono invece titoli in caratteri moderni.
Tra i lavoratori di questo settore si era fatta strada l'idea che il sindacato fosse "old". Il sito Decoder, alternativo e battagliero, nell'occasione ha lanciato un mini sondaggio. "Virgilio sta licenziando metà del personale. Come si dovrebbero comportare i licenziati?". La risposta "Occupare Virgilio" è quella che raccoglie i maggiori consensi" (54%), mentre "Delegare al sindacato" si prende solo l'8%". "Sindacato" è spesso considerato una parolaccia nei nuovi settori, cui si associa, quasi automaticamente, un'idea di inutilità, o di burocrazia. La cattiva fama delle organizzazioni sindacali in parte è storia vera, verificata di propria mano, in buona misura è perà stata montata dagli avversari.
Le Tute Arancioni utilizzano quindi i simboli storici della lotta operaia. La testimonianza di uno dei Matrix, che circola in rete, suona così: "tute copre un immaginario che accomuna Stefano ('io, prima, facevo l'operaio a Udine') a Leo ('mio padre tornava dalla fabbrica e aveva il coraggio di guardarsi allo specchio mentre faceva la barba'), al sottoscritto che ha preso le botte a Genova". La frase dice molto, soprattutto per la sottolineatura della dignità del fare l'operaio e del guardarsi allo specchio. Il richiamo al passato è un utile e fondamentale esercizio di memoria collettiva, ma nello stesso tempo sembra suggerire che nei momenti difficili non esista altra identità che quella di prima.
Negli Usa, dove pure la crisi della Nuova Economia ha prodotto l'anno scorso 100mila licenziamenti, gli unici a portare a casa vittorie sono stati finora i lavoratori delle mansioni basse. Gli altri, tecnici e softwaristi, hanno dato vita per ora solo a esperienze ristrette, di solito in forma para-sindacale. Come Washtech.org, che somiglia al sindacato, ma si muove più come  libera associazione che socializza informazioni e offre consulenze. I lavoratori di Matrix, in realtà tutti noi, siamo chiamati a usare le difficoltà dell'oggi per non perdere il buono della rete, e fondendolo con la memoria e le forme storiche dell'agire di classe e come classe.

ARGENTINA: ANCORA PROTESTE E SCONTRI

Il presidente Eduardo Duhalde non ha più molto tempo per scegliere in che direzione muoversi. Le sue affermazioni e smentite hanno avuto un effetto inedito nel paese: la contemporanea mobilitazione sociale degli esclusi e delle classi medie, che venerdì hanno manifestato un po' ovunque in Argentina e dai quartieri di Buenos Aires hanno marciato verso Plaza de Mayo.
Duhalde ha paura. Paura delle imprevedibili reazioni del "paese finanziario", delle lobby delle imprese privatizzate, delle opinioni ogni volta più sfiduciate del Fondo monetario internazionale - al quale il governo dedica ossequi umilianti - e forse anche, ultimo ma non meno inquietante, paura della gente che in modo imprevisto è diventata il principale critico di questo sistema. La gente - definizione che ha sfrattato il termine popolo - ha acceso una miccia che pare incontrollabile. Non solo le proteste contro il "corralito" che ha praticamente confiscato i risparmi di tutti. Anche la protesta contro l'indifferenza e l'avidità della classe politica, contro la Suprema corte che avalla le sue scelte, contro la fame di 14 milioni di persone sotto la soglia della povertà. Problemi che attraversano la società in modo orizzontale, e riguardano tutti.
Dunque la manifestazione di venerdì, che ha riunito 25mila persone in Plaza de Mayo, è stata il corollario di una rabbia che dal 19 dicembre ha fatto saltare due presidenti, una rabbia senza leader o etichette politiche, montata a forza di "cacerolazos" (manifestazioni rumorose a suon di pentole), bandiere argentine e striscioni sarcastici. Hanno marciato dai propri quartieri a partire dalle otto di sera del venerdì, confluendo verso Plaza de Mayo con bambini in braccio o nel passeggino, con amici e vicini di casa.C'era un clima di aspettativa nelle strade porteñe in cui la gente ha marciato, con l'emozione di sentirsi insieme a esprimere una furia contenuta, nonostante la pioggia che cinque ore più tardi ha costretto la manifestazione a sciogliersi pacificamente.
In Plaza de Mayo e nei dintorni del Congreso (il parlamento), dove era concentrato il più ampio spiegamento di polizia degli ultimi tempi, con caschi, scudi, cani addestrati e mezzi blindati con idranti, che ha preso di mira un gruppo di giovani che stranamente non era identificato dalle insegne del loro quartiere come gli altri manifestanti, anche se le loro azioni erano del tutto simili a quelle del resto della piazza. Il saldo è una dozzina di poliziotti e di giovani feriti e una trentina di arresti.
A differenza di altre manifestazioni questa è stata largamente annunciata, convocata da assemblee che hanno cominciato a riunirsi nelle strade dei singoli quartieri. In queste assemblee sono discussi, approvati e pianificati tutti i passi successivi, secondo la pratica largamente dimenticata di una democrazia viva che attraversa tutti gli strati sociali.
Nel governo la preoccupazione è evidente. "L'insegnamento che ci hanno lasciato gli altri 'cacerolazos' è che il popolo ha bisogno di esprimersi perché la situazione si sgonfi un po'", hanno detto prudenti i collaboratori del ministro della sicurezza Juan Jose Alvarez. Il vero fenomeno di questa protesta è l'autoconvocazione: per internet, per fax, per telefono o in assemblee di quartiere. I temi della protesta sono stati molti, e non solamente l'eliminazione del "corralito". Dalla moratoria del debito estero alla nazionalizzazione delle banche fino alla proposta di lanciare campagne per l'acquisto di prodotti argentini. "Bisogna fare caso al codice a barre: se comincia con 0779 è locale, se comincia con 0789 è del Brasile" viene detto nelle assemblee alludendo all'invasione di prodotti brasiliani che negli ultimi anni hanno sfrattato persino i prodotti di base argentini.
Mercoledì la Banca centrale ha reso pubblico l'elenco delle eccezioni al "corralito": potranno rompere il blocco le persone di 75 anni, chi percepisce un'indennità o ha problemi di salute. Naturalmente il permesso non arriva facilmente, bisogna presentare tutti i documenti e le istituzioni finanziarie avranno cinque giorni lavorativi per accreditare i fondi. Ma il beneficiario non avrà mai il denaro in contanti, dovrà disporne attraverso trasferimenti bancari o entro i limiti di prelievo imposti dal "corralito".
Mentre l'indice di attività dell'edilizia si è abbassato in dicembre del 34,2% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, nelle ultime settimane sono stati chiusi ventimila esercizi commerciali ed è totalmente interrotta la catena dei pagamenti.

POSTINI INGLESI IN LOTTA CONTRO I LICENZIAMENTI

Con il tradizionale furgoncino rosso della Royal Mail e il cappellino blu, Postman Pat, di buon mattino consegna lettere e cartoline. Per migliaia di Postman Pat in carne ed ossa lavorare alle poste britanniche rischia oggi di diventare un incubo. Consignia, la compagnia che una volta si chiamava Post Office, ha infatti confermato per i prossimi diciotto mesi un taglio di 30mila posti di lavoro. Un colpo durissimo per i lavoratori e per i sindacati, giustificato dall'azienda con la necessità di uscire dal rosso. Il direttore esecutivo di Consignia, John Roberts, spera che "i tagli si raggiungano volontariamente". Ma i postini hanno fatto sapere, tramite i sindacati, di essere pronti a "difendere il posto di lavoro con qualunque azione necessaria". La prospettiva di uno sciopero nazionale non è così lontana: si parla di marzo, se le trattative non porteranno a nulla. Il mese scorso Consignia ha dichiarato di aver perso 281 milioni di sterline tra maggio e ottobre 2001, il doppio di quanto aveva perso nei sei mesi precedenti. Ma lo shock è arrivato in parlamento, di fronte alla commissione dell'industria, quando il direttore di Consignia ha confermato il taglio di 30mila posti per raddrizzare il bilancio. Da aggiungere ai diecimila esuberi del 2000. Oggi i dipendenti sono circa 200mila (un postino porta a casa sulle 250 sterline, circa 750mila lire, per una settimana lavorativa di sei giorni, o 41 ore e mezzo). Per ridurre i costi l'azienda ha anche annunciato che una buona parte della distribuzione pacchi dovrà essere affidata a compagnie esterne. Le perdite sono state giustificate con i ritardi e i costi del trasporto ferroviario, e con lo stato generale dell'economia.
Consignia è di proprietà statale (le poste sono uno dei pochissimi servizi pubblici sfuggiti alla privatizzazione selvaggia dell'era Thatcher) e negli ultimi dieci anni ha registrato profitti per 350 milioni di sterline all'anno. Negli ultimi due anni però perdite rilevanti si sono accumulate ad altri fattori immergendo inesorabilmente il Post Office inglese nel rosso più profondo. La concorrenza privata, specie nel settore della consegna di pacchi, si è fatta sempre più pesante e i prezzi di Consignia sempre meno competitivi. Secondo l'azienda poi mantenere uffici postali in zone rurali e aumentare gli stipendi dei dipendenti sono stati due fattori cruciali nel tracollo.

DATI: LAVORATORI INTERINALI IN ITALIA

Sono quasi 400mila i lavoratori interinali in tutta Italia registrati nel 2000. Rispetto all'anno precedente gli occupati "in affitto" sono più che duplicati evidenziando un utilizzo sempre più crescente di questo strumento da parte delle imprese. E' questo il risultato di una ricerca elaborata dal Centro Studi degli artigiani Cgia di Mestre sulla base di dati forniti dal Ministero del Welfare, Confinterim e Istat. Il lavoro interinale è in uso soprattutto tra i giovani e, da un punto di vista geografico, nel triangolo industriale del Nord-ovest. I giovani, stando alle analisi, sembrano essere i veri protagonisti del lavoro interinale con un 8,58% sul totale degli occupati. E il popolo del lavoro in affitto giovanile vince soprattutto, appunto, nel mercato del lavoro del Nord-ovest (12,66%). Sono soprattutto la Valle d'Aosta, il Piemonte e la Lombardia a evidenziare i risultati migliori con percentuali pari rispettivamente al 14,10, 13,34 e 13,12. Il meridione d'Italia, invece, ha evidenziato i risultati più contenuti, segnando un indice pari al 5,14%, inferiore di 3 punti percentuali rispetto alla media nazionale (8,58%).

MORTE SUL LAVORO

Finisce in tragedia il primo giorno di lavoro per due uomini di nazionalità romena. Avevano quasi finito il turno e stavano scendendo dalla piattaforma aerea che si trova ad una quindicina di metri di altezza ma arrivati intorno ai dieci metri, il cestello si è sganciato dal braccio telescopico e sono precipitati. Uno dei due operai, di circa 30 anni ma non ancora identificato, è morto e un suo connazionale, Gino Popa, di 31 anni, è rimasto ferito. L'incidente è accaduto in un cantiere per la realizzazione del progetto infrastrutture "Città Mercedes" in via Zoe Fontana. Gino Popa, soccorso in eliambulanza e trasportato al policlinico Umberto I, avrebbe le gambe fratturate.

 
29 gennaio 2002

MICRON: ACCORDO SEPARATO DELLA UILM

Nonostante l'allarme fosse stato lanciato e voci dicevano che la Uil e la Uilm nazionali avevano strigliato a dovere la Uilm-Micron per via della sua disponibilità a un accordo separato con l'azienda, con cui si sarebbe venuti incontro alla richiesta aziendale di una moratoria contrattuale "almeno per dieci anni", la Uilm-Micron il suo accordo separato con la controparte lo ha firmato e sabato in azienda si è tenuta un'assemblea dei dipendenti che lo ha ratificato.Tecnici e operators hanno ascoltato i termini dell'accordo tra Uilm e Micron: Micron Technology si impegna a effettuare investimenti, la Uilm ad accettare l'attuale sistema di turnazione imperniato sulle 12 ore sino al 2011. Sono dieci anni esatti nei quali, secondo la Uilm, non si dovrà più contrattare sull'organizzazione del lavoro. Alla votazione i lavoratori hanno risposto per alzata di mano e in modo plebiscitario a favore dell'accordo, alla presenza di managers e quadri d'azienda. Peccato che l'assemblea non si sia conclusa con una cena offerta dalla direzione a lavoratori così volonterosi nell'aderire alle richieste aziendali. Non si capisce che cosa ci facessero managers e quadri nell'assemblea dei dipendenti indetta dalla Uilm, se non perché invitati per controllare il voto dei dipendenti. Nelle aziende italiane il voto dei lavoratori sugli accordi - quando viene concesso dai confederali! - è a scrutinio segreto (ma non sempre). Quale norma (di legge o pattizia) ha abolito il voto segreto alla Micron? Il management Micron ha sempre deciso unilateralmente in relazione alle conferme o non conferme dei contratti di formazione-lavoro. Nel megastabilimento Micron lavorano in questo momento 450 giovani a contratto di formazione-lavoro.

In questo modo UILM aspira a gestire, in modo clientelare, questi contratti a termine. La Uilm potrà accampare inoltre ottenere qualche "distaccato" (cioè a qualche dirigente di categoria che prenderà lo stipendio, dispensato dal lavoro).

Fiom, Fim e Fismic presenteranno la piattaforma integrativa e nel frattempo, potrebbero denunciare alla direzione provinciale del lavoro la Uilm e l'azienda, perché l'accordo separato pretende di rendere nullo l'accordo di due anni fa, che venne presentato, firmato e fatto votare da quattro (Fiom, Fim, Uilm, Fismic) organizzazioni sindacali.

PIAGGIO: REFERENDUM NON VALIDO?

Schede arrotolate in un unico pacchetto e infilate nell'urna. Commissari di seggio che per regolamento dovrebbero essere almeno due, e che due non erano. Un numero complessivo di votanti che già ad un primo esame è risultato essere inferiore a quello dei voti. Per la Fiom ce n'è abbastanza per chiedere l'annullamento del referendum organizzato alla Piaggio sulla proposta ministeriale di mobilità incentivata per 315 impiegati e operai, di cui 281 in forza allo stabilimento di Pontedera. La protesta della Fiom fa da contraltare, al "sì" alla bozza di accordo di Uilm, Fim e Ugl, che in teoria hanno ottenuto il 63,3% dei voti. Ma al ministero a firmare l'accordo i metalmeccanici della Cgil non ci saranno, perché aspettano di conoscere l'esito del ricorso alla commissione di garanzia nazionale, "per irregolarità riscontrate e certificate". Sullo sfondo, la crisi ormai antica di quella che era la più famosa industria italiana della due ruote ormai vittima di una escalation di ristrutturazioni e licenziamenti. Nel 2000 l'azienda è stata acquistata da Morgan Grenfall, fondo d'investimento legato a Deutsche Bank. Il management è rimasto lo stesso degli anni precedenti, ed il risultato non è cambiato.

PETROLCHIMICO DI BRINDISI

Oltre 2000 persone hanno manifestato nelle strade di Brindisi per protestare contro il disimpegno delle aziende chimiche che operano nell'area. L'obiettivo sindacale è aprire un "tavolo" di confronto con il governo sulla crisi. In particolare si è discusso dell'abbandono da parte della Evc e della decisione della Dow Chemical di chiudere i propri impianti, eliminando migliaia di posti di lavoro. Cgil, Cisl e Uil affermano che l'adesione allo sciopero è stata totale.

INFORTUNI SUL LAVORO: GUIDONIA

Un operaio disperso e tre altri feriti gravemente in un incidente sul lavoro avvenuto ieri mattina in una cava di travertino a Villalba di Guidonia (vicino Roma). A causare la tragedia sarebbe stato uno smottamento che ha fatto crollare una parete della cava di marmo, aprendo una falda d'acqua che ha inondato gli operai. I vigili del fuoco sono riusciti a trarre in salvo solo tre operai. Continuano le operazioni per cercare di salvare il quarto uomo, ma intanto si affievoliscono le speranze di trovarlo ancora in vita.

MORIRE DI INTERINALE

Allarme per il lavoro interinale: in due mesi sono morti tre operai in altrettanti incidenti avvenuti a Padova, Roma e Avellino. Cgil-Nidil, Alai-Cisl e Cpo-Uil, continuano a pensare possibile gestire il lavoro interinale chiedendo alle imprese di lavoro temporaneo di "programmare interventi formativi che assicurino ai lavoratori interinali un'adeguata prevenzione e tutela". Per i sindacati "Morire di lavoro è inaccettabile" eppure essi avallano il lavoro interinale, usando persino "organizzazioni di categoria" piuttosto che lottare per integrare questi lavoratori con gli altri.

CINA: ANCORA MORTI IN MINIERA

Aumenta il numero delle vittime in seguito a due esplosioni in una miniera nella provincia settentrionale cinese di Hebei. La prima ha ucciso 19 operai, mentre un secondo scoppio ha causato al morte di otto soccorritori. In una miniera a Chengde, a nordest di Pechino un minatore è morto e altri dodici sono rimasti feriti. A causa delle precarie condizioni di sicurezza nel 2000 sono morti 5.300 minatori; a novembre del 2001 erano oltre 5.000 le vittime di crolli e esplosioni.

FALLISCE LA GLOBAL CROSSING

La Global Crossing è fallita per bancarotta. Il gruppo, dopo aver accumulato un indebitamento di 11 miliardi di dollari nel tentativo di collegare con la fibra ottica Usa, Europa e Asia è stata anche colpita dal calo della domanda nel comparto telefonico. Tremano le migliaia di dipendenti legati a doppio filo alle sorti della Crossing.

ARGENTINA: CORTEI DI DISOCCUPATI

Sono gli aderenti al Polo obrero e alla Central de Trabajadores (uno dei tre maggiori sindacati argentini) i primi manifestanti ad entrare in Plaza de Mayo, a Buenos Aires, per la manifestazione dei disoccupati e dei sindacati partita dai quartieri industriali della capitale. Mentre la piazza si riempie della protesta per l'occupazione, il grosso dei manifestanti scende ancora lungo l'Avenida Rivadavia. Ma anche un altro corteo avanza dalla zona sud della città, per cui è bloccato il traffico sull'autostrada che porta a Buenos Aires. Altri cortei avanzano nel centro di La Plata, capitale della regione di Buenos Aires e nella città di Mar del Plata, a 400 km. dalla capitale. Al fianco dei disoccupati i comitati di quartiere, protagonisti delle proteste a suon di pentole e coperchi. Al passaggio dei cortei la gente e i piccoli commercianti applaudono, facendo intravedere una possibile alleanza tra i disoccupati e i ceti medi impoveriti dalla crisi. Il leader del Cta, Victor de Genaro, parla di «abbraccio solidale» della gente e di "un filo conduttore tra le assemble di quartiere della capitale federale e queste lotte". Secondo dati ufficiali, i disoccupati sono il 18,3%, ma dati extra-ufficiali parlano di almeno il 25%.

FICOMIRRORS: CONCLUSIONE VERTENZA

Hanno fatto una festa all'aperto, con grigliata, per festeggiare la fine della vertenza, dopo quasi un mese di presidio giorno e notte dello stabilimento, le lavoratrici e i lavoratori hanno ottenuto il ritiro delle lettere di licenziamento. Ora ci sarà la cassintegrazione, e la ricollocazione in altri posti di lavoro. La fabbrica chiuderà lo stesso. La fabbrica - ex Magneti Marelli della Fiat - è stata ceduta perché altri facessero quei licenziamenti con i quali la Fiat non voleva direttamente sporcarsi le mani. La dura lotta dei 200 licenziati della fabbrica di Venaria è stata sentita come propria da tutti i metalmeccanici torinesi. Centinaia, migliaia di metalmeccanici si sono alternati davanti ai falò dei picchetti. Elvira Nobile una donna minuta e timidissima, Rsu della Fiom nella fabbrica, è stata l'anima di questa lotta. Come tante sue compagne di lavoro, quando ha ricevuto la sua lettera di licenziamento, non è riuscita a trattenere le lacrime, ma non si è spostata di un millimetro dai cancelli della fabbrica. E alla fine assieme agli altri, ha costretto il padrone a tornare indietro. La solidarietà e la fermezza dei lavoratori possono essere più forti del padrone, e ci ricorda che le lotte sono fatte da persone in carne ed ossa, ma non si deve dimenticare che il padrone guadagna sempre, sia che licenzia sia che mette in CIG. Il governo e la Confindustria vogliono far saltare l'articolo 18 per poter licenziare ovunque i sindacalisti come Elvira e poi mandare a casa senza troppo fastidio tutti gli altri quando i profitti lo ritengono più opportuno. Per questo oggi dobbiamo fare i conti con la reale convenienza ad una lotta tutta di difesa: non sarà forse il caso di prenderci le fabbriche, almeno quelle piccole, autogestirle, perse per perse, sottraendo profitti al padrone? Non si potrebbe cominciare a ragionare su un "contropotere"?

ASSEMBLEA NAZIONALE SINCOBAS

A Fiuggi delegati e delegate da tutta Italia sono stati impegnati per tre giorni nell'assemblea nazionale congressuale del S.in.Cobas. Da Genova allo sciopero 15 febbraio, proprio con al centro questa scadenza si articola il documento conclusivo: «L'attacco padronale e governativo in atto contro il salario e contro i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, nativi/e e migranti, ha carattere generale e punta ad un salto di qualità. Ecco perché lo stesso sistema concertativo non serve più né ai padroni né al governo. Dopo aver eroso per un decennio il salario, i diritti e i rapporti di forza, la politica concertativa di Cgil, Cisl e Uil - continua il documento - si trova oggi di fronte al suo fallimento, al suo estremo approdo. La rinuncia fino ad ora allo sciopero ed alla lotta generale, la frammentazione degli scioperi, la riproposizione della morente concertazione, anche mediante la disponibilità ad indecenti accordi sull'articolo 18, pur di riottenere il posto al tavolo di trattativa, è espressione di questo fallimento. Oggi serve invece un'uscita dalla concertazione dal basso e a partire dalla condizione materiale del lavoro salariato. Serve una piattaforma generale che parta dalla necessità di allargare i diritti, di realizzare aumenti salariali veri e di rifiutare senza se e senza ma la guerra. Oggi serve lo sciopero generale e non è sufficiente invocarlo. Va costruito nella pratica con l'estensione e la generalizzazione degli scioperi, realizzando la più ampia alleanza con tutte le forze antiliberiste e anticoncertative del mondo del lavoro. […] i lavoratori e le lavoratrici del S. in. Cobas hanno assunto le mobilitazioni europee di Barcellona (marzo) e di Siviglia (giugno) perché la battaglia contro il precariato, per il salario ed i diritti deve avere una dimensione europea per poter rispondere a quella regressiva carta proposta dall'Unione Europea al vertice di Nizza come futura costituzione del vecchio continente".

MARCONI PLC: 4000 POSTI DI LAVORO A RISCHIO

La Marconi Plc, gruppo multinazionale con sede nel Regno Unito, ha messo in vendita il suo settore difesa, i cui stabilimenti sono concentrati in Italia a Genova, Firenze, Siena, L'Aquila, Chieti, Pomezia, Latina e Catania. L'intenzione della direzione britannica del gruppo sarebbe quella di vendere tali stabilimenti avendo come solo obiettivo il massimo ricavo. Di cosa succederà ai 4.000 addetti, lavoratori superspecializzati che ovviamente non hanno altro analogo sbocco lavorativo, nessuno si fa carico.

MOBILITAZIONI NEL SETTORE TRASPORTI

Nell'ambito delle manifestazioni convocate dai sindacati contro la politica del governo che tende e ridimensionare il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori e le garanzie per il mondo del lavoro e nella previdenza sociale, il 30 scioperano dalle 10 alle 14 i trasporti locali e dalle 9 alle 13 le Ferrovie dello stato. Nel settore aereo a Linate sciopero dei controllori di voli, per protestare contro il fatto che «il radar di terra di Linate non è ancora utilizzabile - si legge in una nota della Filt Cgil - e la nuova sala radar non entrerà in funzione prima della prossima estate, mentre l'Enav (L'ente nazionale per l'assistenza al volo) continua a tagliare posizioni operative». Lo sciopero generale dei trasporti fa parte della protesta contro il governo Berlusconi sull'intera materia che attiene alle condizioni prossime del mondo del lavoro, sempre più precarizzato e sempre meno tutelato, a cominciare dalla libertà di licenziamento.

GERMANIA: IG METAL CHIEDE AUMENTI SALARIALI

Il sindacato dei metalmeccanici tedeschi Ig Metal chiede aumenti salariali del 6,5%. «Dopo i moderati aumenti degli ultimi anni, i lavoratori hanno bisogno di incrementare i loro salari in modo significativo», dice il presidente di Ig Metal, Klaus Zwickel.

MOBILITAZIONE DEI GIORNALISTI

La categoria dei giornalisti è mobilitata per il «grave attacco sferrato alla stampa», come denuncia in un comunicato l'Associazione Stampa Romana. «Si va dall'attacco alla Rai, alla fine del progetto di terzo polo che doveva essere rappresentato da La7; dalla chiusura improvvisa di Italia Radio alla disdetta unilaterale del patto integrativo del Messaggero» per citarne solo alcuni.

 

30 gennaio 2002

 

GIAPPONE: DISOCCUPAZIONE DA RECORD

La crescita della disoccupazione in Giappone continua la sua corsa: in dicembre il tasso ha segnato il 5,6%, livello mai raggiunto dal dopoguerra. Nell'ultimo mese del 2001 i disoccupati erano 3 milioni e 370 mila, 390 mila in più rispetto al dicembre 2000. Le prospettive non sono rosee: il numero dei disoccupati continuerà ad aumentare, perché le industrie stanno spingendo a fondo sulle ristrutturazioni. Il Giappone non riesce a uscire dalla recessione economica che lo attanaglia dalla metà dell'anno scorso. Basta guardare a un altro dato diffuso ieri, quello relativo ai consumi delle famiglie dei lavoratori dipendenti, ridotti a dicembre del 4,4% su base annua. L'unico dato col segno più sembra venire dalla produzione industriale, aumentata in dicembre del 2,1% sul mese precedente. Il dato annuale, però, resta comunque pesantemente negativo, dato che si è attestato sul -7.9% rispetto al 2000, la flessione maggiore dal 1975.

GRAN BRETAGNA: SCIOPERO DEI PASSEGGERI CONTRO LA PRIVATIZZAZIONE

Uno sciopero dei viaggiatori; un boicottaggio in piena regola dei treni per protestare contro il pessimo servizio ferroviario (privato) inglese: è l'azione di lotta decisa dal Better Rail Advisory Group, una associazione utenti, dopo l'incontro avuto qualche settimana fa con il ministro dei trasporti Stephen Byers. Per il momento i viaggiatori stanno effettuando delle 'prove tecniche' perché lo sciopero vero e proprio sarà quello del primo marzo. Intanto la stragrande maggioranza dei pendolari ha preferito starsene a casa durante le sei giornate di sciopero complessive proclamate dai dipendenti della South West Trains. I viaggiatori hanno preferito rinunciare ad una giornata di lavoro. Un atto di solidarietà con i dipendenti della South West Trains? I sindacati che hanno organizzati gli scioperi credono di sì e ringraziano, confermando il loro sostegno alla giornata di boicottaggio dei treni prevista per il primo marzo. Quanto a loro, gli utenti ribadiscono che l'incontro con il ministro Byers si è concluso con qualche stretta di mano ma un nulla di fatto in termini concreti. Il gruppo 'Better Rail' (ferrovie migliori) ha presentato al ministro un piano di azione in dieci punti per migliorare il disastroso servizio ferroviario. I ferrovieri continuano la loro vertenza con le diverse aziende che, negli anni della privatizzazione selvaggia voluta dai conservatori, hanno acquistato pezzi di servizio, frammentando le ferrovie in centinaia di pezzetti diventati ormai ingestibili e soprattutto inaffidabili. I lavoratori chiedono migliori condizioni di lavoro e una maggiore sicurezza.

BIRMANIA: LA TRIUMPH CHIUDE

La Triumph International, una multinazionale della biancheria intima di lusso, ha annunciato che chiuderà tutte le sue fabbriche in Birmania. Questo il risultato di una grossa campagna d'attenzione - delle organizzazioni dei lavoratori e dei gruppi birmani in esilio - sulle pessime condizioni di lavoro dei dipendenti. La Triumph è accusata di usare lavoro forzato e di aver impiegato bambini operai per costruire gli stabilimenti. Ci sono inoltre prove poi che la compagnia sostenga economicamente il governo militare. Intanto in questo gioco saranno circa 1000 i dipendenti che perderanno il posto. La Birmania detiene uno dei peggiori record in violazione dei diritti umani sul lavoro, ed è stata più volte condannata dall'Onu e dall'Oil ( l'organizzazione internazionale del lavoro).

CONTRO L'ATTACCO ALL'ART. 18, PRIME MOBILITAZIONI

"Sciopero, sciopero, generale" è stato lo slogan più urlato nei due grandi cortei che sfilano nel centro di Bologna. Lo gridano i giovani dei centri sociali insieme agli studenti medi, che partecipano in massa, i lavoratori del pubblico impiego e i metalmeccanici, i pensionati dello Spi, le commesse dell'Ikea alla loro prima manifestazione, e gli interinali della Tim. L'unico a non dirlo, di fronte ad una piazza Maggiore al limite della capienza, è il segretario della Cgil Sergio Cofferati. Per i cinquantamila di Bologna, - che hanno sfilato dietro lo striscione "Non c'è futuro senza diritti" - e per gli altri centomila che hanno invaso le piazze degli undici appuntamenti previsti in Emilia Romagna, l'obiettivo della difesa della rigidità dei lavoratori rispetto all'attacco padronale, è soprattutto necessario. Lo spiegano i liceali che fin dalle prime ore del mattino affluiscono in piazza Venti settembre. «L'articolo 18 è una cosa che ci riguarda perché non vogliamo essere i discriminati di domani». In piazza ci sono quasi tutte le categorie e moltissimi striscioni delle varie aziende della provincia: Fiat, Magneti Marelli, Casmatic, Breda Menarini bus, Asl di Bologna, Beghelli, Comune di GD, Redi, Ducati, Ikea. Anche loro gridano: sciopero generale. «Contro il governo dei padroni licenziamo Berlusconi». In piazza anche i lavoratori delle cooperative. «Ci riprenderemo l'articolo 18»; hanno scritto su uno striscione firmato "Akkop". «E' giusto centrare la battaglia sull'articolo 18 - sottolinea un interinale della Tim - ma va sconfitto tutto l'impianto a partire da tutte le tipologie di lavoro. Estendere i diritti e aprire una battaglia per il salario sociale».

A Milano hanno manifestato precari insieme con le tute blu, in oltre 50mila, 15mila a Brescia. Hanno sfilato in tutte le piazze della Lombardia: pensionati e operai, bancari, giovani apprendisti dei call center, precari e web workers, i lavoratori della Rete.

Due cortei a Torino con oltre 50mila persone. Assieme ai metalmeccanici, anima "forte" della mobilitazione, anche un folto gruppo di bancari e di dipendenti "atipici", interinali, a tempo determinato delle società di servizi. E con le lavoratrici e i lavoratori, regolari e no, giovani e no, c'erano almeno cinquemila studenti delle scuole superiori, scesi in piazza per protestare contro la ministra Moratti Tutte oltre la media delle astensioni: altissima alla Fiat, dove la fermata degli stabilimenti ha raggiunto il 90, addirittura il 100% delle adesioni. E ancora: dappertutto fabbriche vuote, uffici silenziosi, negozi desolati. A Novara, dice qualcuno, la manifestazione è la più grande degli ultimi vent'anni. Lo stesso ad Alessandria, Asti, Verbania.

NEW HOLLAND: LA STORIA DI FRANCESCO

Francesco, operaio della Fiat New Holland di Modena, la seconda produttrice di trattori a livello mondiale, rimanda all'art. 18 che si vuole abolire. Senza di esso sarebbe senz'altro un disoccupato discriminato dalle ferree leggi aziendali che non ammettono il dissenso. E' stato reintegrato dai giudici per la seconda volta nel suo posto di lavoro. La Fiat cerca ancora di tenerlo lontano, «con ogni mezzo», dice. Francesco si era battuto, insieme ad un gruppo di colleghi di lavoro, contro i sabati lavorativi. I lavoratori bocciarono il tentativo di accordo. Alla fine Francesco venne licenziato con la scusa di scarso rendimento. «Ora deve rientrare - dicono i suoi colleghi che distribuiscono un volantino a firma "Operai Contro" - e bisogna sconfiggere i disegni della Fiat».

 

31 Gennaio 2002

 

PRECARI MCDONALD'S

Abdel Mabrouki, 29 anni, ex fattorino della McDonald's oggi lavapiatti sempre in un ristorante della multinazionale del fast food, ha un progetto: creare una "rete del precariato" a cui possano rivolgersi per difendere i diritti sindacali tutti i dipendenti della grandi catene, dalla McDonald's fino alla Virgin, passando per Kiabi, Maxi Livres ecc. Abdel Mabrouki è riuscito a organizzare il più lungo sciopero contro la McDonald's in Francia. Il ristorante del boulevard Saint Denis è chiuso dal 24 ottobre scorso e i lavoratori in sciopero hanno organizzato vari blitz di protesta in altre sedi della McDonald's a Parigi, obbligando a chiusure temporanee. All'origine c'è una storia sordida: il gestore (in franchising) del ristorante di boulevard Saint Denis ha licenziato in tronco e denunciato alla magistratura cinque dipendenti, con l'accusa di aver rubato 150 mila euro nella cassa. I licenziati, che avevano preso contatto con il sindacato, affermano di aver subito una rappresaglia, una "discriminazione sindacale". Il tribunale, con una sentenza di primo grado il 24 gennaio scorso, contro la quale il gestore e la McDonald's France hanno fatto appello, ha dato loro ragione. Adesso sono in attesa della sentenza di appello. "Per vincere l'omertà - spiega Abdel Mabrouki, che è iscritto alla Cgt ed è anche membro di Attac - bisogna aprire il movimento verso l'esterno". Mabrouki è fiero di aver "scritto una pagina di storia sindacale dove non c'era nulla". Forte dello sciopero di 14 giorni che aveva contribuito ad organizzare nel Natale 2000 al McDonald's di boulevard Saint Germain e dei 30 giorni di blocco del Pizza Hut dell'Opera nel gennaio 2001, vuole continuare a sindacalizzare i lavoratori precari delle grandi catene multinazionali. Non è cosa facile, spiega, perché la maggior parte di loro sono o studenti o ragazzini che cambiano spesso lavoro, in Francia molti sono neri o arabi, "perché i gestori non trovano nessun altro". Per Abdel Mabrouki bisogna trasformare "la solidarietà che si costruisce nel lavoro-galera" in un'offensiva sui diritti.

ITALGAS: OCCUPATA LA SEDE DI ROMA

Per due giorni gli operai dell'Italgas hanno occupato la sede romana di via del Commercio. La lotta paga. La protesta infatti - nata principalmente per ricordare che da 37 mesi 50.000 lavoratori delle 750 imprese del settore gas-acqua in tutta Italia sono senza contratto - ha dato i suoi primi risultati. Ieri il prefetto di Roma, Emilio Del Mese, ha telefonato personalmente gli occupanti per informarli che l'Italgas è pronta a far fronte ad alcune richieste. In particolare la compagnia è disposta a pagare i premi di produzione per gli anni 2000 e 2001 che non erano stati ancora versati, nonché le 150.000 lire annue che servono a coprire i costi del conto corrente dove i dipendenti ricevono il salario. Soddisfatti gli operai che hanno poi abbandonato l'occupazione, ma rimane ancora aperto il contenzioso per il rinnovo del contratto. Da lunedì partiranno con il Lazio due ore di sciopero giornaliero, che si inseriscono nel pacchetto nazionale di 16 ore e articolato dal 29 gennaio al 19 febbraio in tutte le aziende pubbliche e private del settore. Le aziende hanno proposto solo 100.000 per il biennio, comprensive delle 17.000 lire di vacanze contrattuali, e un 1.200.000 lorde.

SCIOPERO DI TRENI E TRAGHETTI

Contro i progetti del governo su lavoro, fisco e pensioni si è fermato con successo il settore dei trasporti. Esclusi i trasporti locali e gli aerei, il blocco ha riguardato soprattutto treni e traghetti. L'adesione dei ferrovieri, dalle 9 alle 13, ha superato, secondo fonti sindacali, l'80% in tutti gli impianti. Sui binari, quindi, solo quelli garantiti dagli accordi attuativi della legge sui servizi essenziali. In Emilia Romagna l'azione di lotta ha bloccato anche il trasporto regionale. A Bologna e nelle altre stazioni le biglietterie sono rimaste chiuse. In Puglia, per i sindacati, l'adesione allo sciopero ha registrato percentuali tra il 70% nelle ferrovie, il 60% per Anas e Autostrade e il 70% nei porti. Sul fronte marittimo, lo sciopero ha provocato il fermo di traghetti e aliscafi della Caremar, dalle 10 alle 14, nei collegamenti del Golfo. Lo sciopero non ha provocato invece annullamenti delle corse delle compagnie private.

L'Orsa, il sindacato autonomo delle ferrovie, minaccia nuovi scioperi. In una nota la segreteria della stessa organizzazione sindacale parla di inevitabilità della ripresa degli scioperi «vista l'assenza di iniziative da parte del governo in tema di regole per la liberalizzazione della rete ferroviaria e di norme contrattuali che tutelino i lavoratori del settore, dalla concorrenza al ribasso di manodopera, reperita senza i necessari requisiti di professionalità e di sicurezza che, invece, debbono essere alla base di un sistema complesso e delicato come quello ferroviario».

EDILI: RINNOVATO IL CONTRATTO

Rinnovato il contratto collettivo di lavoro per 1.100.000 lavoratori edili. L'accordo ha confermato l'impianto degli accordi del 23 luglio '93, con il riconoscimento dei due livelli contrattuali e del differenziale d'inflazione. L'aumento del secondo biennio è pari a 65 euro mensili a regime, mentre l'elemento economico territoriale è del 14% a regime, pari a 90,75 euro.

ALITALIA: SCIOPERO DELLA FAME A ALGHERO

E' ripreso lo sciopero della fame dei dipendenti Alitalia di Alghero (SS). La decisione di ieri del Consiglio di stato di riassegnare alla compagnia Air One le tratte Alghero-Roma e Alghero- Milano, mette a rischio il lavoro di 200 persone. Il Tar aveva invece accolto il ricorso di Alitalia, Meridiana e Volare, che si erano opposte all'assegnazione delle due tratte alla Air One.